Da sempre tra i medici esiste la diatriba tra chi considera la nostra professione una scienza e chi un’arte.
I primi vorrebbero poter applicare regole il più possibile semplici in modo da rendere più agevole il nostro lavoro; se tu hai il sintomo A e quello B avrai la malattia C; gli altri, ovviamente ritengono l’intuito un elemento imprescindibile nella loro attività quotidiana.
Gli scores sono fortemente seguiti dai primi ed osteggiati e ritenuti inutili dai secondi.
Sappiamo da qualche anno, che l’ABCD2 score sarebbe in grado di predire il rischio di ictus nei pazienti che si presentano in pronto soccorso a causa di un attacco ischemico transitorio (TIA) come riportato dai lavori di Josephson su Sroke nel 2008, di Johnston su Lancet nel 2007
Lo score sarebbe in grado non solo di predire il rischio di ictus, ma servirebbe anche a differenziare il vero TIA da quello che TIA non è, ma che si presenta con sintomi che ci possono trarre in inganno.
In questo score vengono presi in considerazione alcuni fattori di rischio quali: ipertensione, diabete ed età maggiore dei 60 anni e alcune caratteristiche cliniche quali deficit motorio e del linguaggio, nonché la durata dei sintomi.
Punteggio
- 0-3 basso rischio
- 4-5 rischio moderato
- 6-7 alto rischio
E’ stato recentemente pubblicato sul Canadian Medical Association Journal uno studio che ha contestato le conclusioni dei precedenti lavori. Sono stati arruolati oltre 2000 pazienti di 8 dipartimenti di emergenza canadesi con TIA ed è stato valutato il rischio di ictus a 7 giorni ( outcome primario) e a 90 giorni utilizzando l’ABCD2 score considerato ad alto rischio ( punteggio >5), e quello dell’American Medical Association ( punteggio >2).
Quali sono stati i risultati?
L’1,8% dei pazienti a 7 giorni e 3,2 % a 90 hanno sviluppato uno stroke.
La sensibilità dell’ ABCD2 score > 5 è stata 31,6% a 7 giorni e 29,6% a 90 giorni mentre quella dell’AMA con score > 2 è stata del 94,7% a 7 giorni con una sensibilità del 12,5%
Le conclusioni degli autori sono state che l’ABCD2 score non è sufficientemente sensibile per essere considerato l’unica fonte di valutazione del rischio ictale nei pazienti con ischemia cerebrale transitoria, d’altro canto il cut-off di 2 proposto dall’AMA, sebbene sensibile, è troppo poco specifico per essere utilizzato.
Nel gennaio 2011 era inoltre stato pubblicato sugli Annals of Emergency Medicine ,un lavoro che aveva valutato quanto lo score sarebbe potuto servire ad aumentare le nostre conoscenze sul rischio ictus in pazienti con TIA , sottoposti ad un workup diagnostico aggressivo mediante imaging cerebrale e carotideo Le conclusioni sono state che lo score in questi casi non aiuta.
Questo tipo di atteggiamento attualmente perseguito maggiormente rispetto al passato potrebbe essere la spiegazione dei differenti risultati ottenuti nei primi studi rispetto a quelli più recenti sull ABCD2 score; questo è almeno quello che sostiene Walter Himmel su Emergency Medicine Cases in una interessante puntata tutta focalizzata sullo stroke.
E allora?
E’ certo che l’ABCD2 non “veste” tutte le situazioni, in particolare non prende in considerazione le lesioni che interessano il circolo posteriore e può risultare falsamente negativo in alcune situazioni al alto rischio come quella di un paziente sotto i 60 anni, forte fumatore , normoteso, con disturbo del linguaggio, ma stenosi carotidea del 95% come riportato dall’altro esperto, Dan Selchen, nella stessa puntata di Emergency Medicine Cases.
Le conclusioni che possiamo trarre credo siano
- l’ABCD2 score è un strumento iniziale di lavoro ma non una regola assoluta
- basso rischio non significa assenza di rischio
- essere aggressivi nella diagnostica di solito paga
Mi aspetto numerosi interventi soprattutto da parte dei neurologi.
Letto ora l’articolo, il quale sostanzialmente afferma la scarsa sensibilità dello score per individuare i pazienti ad alto rischio di ictus a 7 e 90 gg.
Il problema attuale è che riusciamo oggi in tempi rapidi a garantire alcuni accertamenti diagnostici (ecodoppler TSA per esempio), ma alcuni pazieni ad alto rischio andrebbero ricoverati per garantire loro un completo e veloce screening diagnostico ed un corretto e rapido indirizzo terapeutico. Ciò spesso non è fattibile per i noti problemi di posti letto che in certi periodi sono assolutamente non superabili. La soluzione potrebbe essere l’organizzazione dei TIA clinics che prendono in carico il paziente è completano gli accertamenti in tempi rapidi ambulatorialmente. E, in considerazione dei costi, potrebbero essere sovrazonali (per esempio un unico per la citta di Torino).
E’ utopico?
Carmelo Labate
Carmelo,
sono pienamente d’accordo. L’idea di creare percorsi per alcune specifiche situazioni cliniche credo non debba essere considerato utopica, anzi ci dovremmo impegnare tutti per realizzarla. Aggiungo che non necessariamente questo percorso deve avere il pronto soccorso come porta di accesso.