E’una domenica mattina quando viene accompagnato in pronto soccorso un paziente sui 45 anni in stato soporoso. Ha l’aspetto dell’etilista cronico ed è stato trovato su una panchina . Le sue condizioni appaiono subito serie: ipoteso, pallido, l’emogasanalisi ci dice che è anemico e in acidosi e il suo fianco sinistro mostra i segni evidenti di un’ecchimosi. Cominciamo ad occuparcene mentre uno dei giovani colleghi dice” ma in un caso come questo non ci sarebbe indicazione ad usare l’acido tranexamico?”. Questo è l’argomento di oggi
Sono quasi passati due anni da quando su Lancet è stato pubblicato lo studio CRASH-2 che, nonostante abbia dimostrato che l’utilizzo dell’acido tranexamico è in grado di ridurre la mortalità nei pazienti vittime di trauma con significativa emorragia, al momento non sembra ancora molto utilizzato. Vediamolo più da vicino.
Lo studio ha randomizzato, entro 8 ore dall’evento traumatico, oltre 20.000 pazienti a rischio di importante sanguinamento in 274 ospedali di 40 paesi diversi. L’acido tranexamico è stato somministrato alla dose carico di 1 g in 10 minuti e di un altro grammo nell’arco delle successive 8 ore.
Obiettivo dello studio valutare la mortalità intraospedaliera a 4 settimane dal trauma. Sono state considerate le seguenti categorie di mortalità – sanguinamento, occlusione vascolare (infarto miocardico, embolia polmonare, ictus), insufficienza multiorgano, altre cause.
Nei 10.060 pazienti del braccio dell’acido tranexamico è stata osservata una significativa riduzione della mortalità per ogni causa (1463 [14,5%] contro 1613 [16%] del gruppo placebo).Sebbene fossero stati segnalati episodi comiziali in pazienti trattati con acido tranexamico sottoposti a cardiochirurgia ,dove però le dosi del farmaco erano notevolmente superiori, nel CRASH-2 trial non ci sono stati eventi avversi significativi.
Una successiva analisi dello studio ha focalizzato l’attenzione sull’effetto dell’antifibrinolitico sulla mortalita per sanguinamento e sul timing di somministrazione:The importance of early treatment with tranexamic acid in bleeding trauma patients: an exploratory analysis of the CRASH-2 randomised controlled trial.
Le conclusioni sono state che un trattamento molto precoce (entro 1ora dal trauma) riduceva in modo significativo la mortalità per sanguinamento , tale beneficio si manteneva quando il farmaco veniva somministrato tra la 1a e la 3a ora, mentre la mortalità aumentava quanto l’acido tranexamico veniva infuso dopo le 3 ore dal trauma. Gli autori concludevano che il farmaco dovrebbe essere somministrato il prima possibile e che ovviamente la somministrazione tardiva non solo non poteva essere utile ma dannosa.
A conclusioni analoghe giungeva una revisione sistematica della Cochrane pubblicata a gennaio del 2011: Antifibrinolytic drugs for acute traumatic injury. In questa pubblicazione i revisori della Cochrane enfatizzavano anche il fatto che i risultati del CRASH-2 trial non protessero automaticamente estendersi anche ai pazienti con trauma cranico isolato
Un ulteriore supporto all’uso di questo antifibrinolitico nel paziente gravemente traumatizzato ci viene dal MATTERS study dove è stato usato nella popolazione militare. Questo lavoro sebbene retrospettivo ha dimostrato un significativo beneficio nella sopravvivenza dei pazienti trattati, sopratutto in quelli che hanno richiesto un elevato numero di tarsfusioni.
Cercando di riassumere:
l’acido tranexamico andrebbe usato nei pazienti traumatizzati a rischio di importante sanguinamento entro le 3 ore dall’insorgenza dal trauma alla dose di 1 g in 10 minuti e 1 g nelle restanti 8 ore.
Ma chi sono i pazienti da considerare a rischio di sanguinamento e quindi eligibili per il trattamento?
Non ci sono criteri precisi. Nel CRASH 2 trial sono stati considerati pazienti con una pressione arteriosa < 90 bpm o una frequenza cardiaca >110 oppure quelli considerati a rischio in base al giudizio clinico.
L’importanza di non affidarsi, nella valutazione iniziale, a dei parametri precisi ma al giudizio del medico che esamina il paziente è stato sottolineato anche da Tim Coats uno degli autori dello studio in un interessante podcast di EMCrit sull’argomento.
Infine ancora due considerazioni:
– il fatto che il farmaco sia di maggiore utilità quando usato molto precocemente lo renderebbe ideale per un suo iniziale utilizzo sulla scena del trauma, considerato che parrebbe esercitare il suo effetto positivo soprattutto grazie al bolo iniziale;.ma per questo sono necessari ulteriori studi.
– Il farmaco non è costoso e questo in genere fa piacere a tutti.
Per chi volesse approfondire questo il link della pagina ufficiale del CRASH 2