Dicembre 2021. Il pronto soccorso saturo di pazienti covid positivi che hanno preso residenza nelle mura di questo locale. Come se incredibilmente solo qui potessero stare senza esseri ricoverati. Una sorta di stato di mezzo. Non a casa, non in reparto. In pronto soccorso. Non vi è posto In nessun altro Posto. Strano per la malattia più nota dell’ultimo secolo, che ci fa compagnia ormai da due anni.
Ed in queste condizioni, con stupore e quasi incredibilità che il mio primario mi rivela con pathos e segretezza l’arrivo degli anticorpi monolocali nell’armadio dei farmaci del Pronto Soccorso. Ma davvero? Ma di cosa stiamo parlano?
Background
Una, se non la principale, sfida della pandemia COVID19 è stata la mancanza di terapie autorizzate. Sforzi estensivi ed intensivi sono stato investiti nella ricerca, con scarsi o nulli risultati (azitromicina, colchicina, acido acetilsalicilico, plasma iperimmune, i più saltuari antivirali): unica eccezione, il desametasone, che lo studio RECOVERY ha dimostrato capace di ridurre la mortalità nei pazienti in ossigenoterapia o con necessità di ventilazione meccanica.
Anti-corpi Anti-virus
Gli Anticorpi mirati verso le proteine spike SARS-CoV2 sono una componente fondamentale nella riposta immunitaria alla infezione COVID19.
L’Infezione virale naturale stimola la risposta immunitaria producendo una risposta anticorpale policlonale contro tali proteine. I vaccini producono risultati simili e studi recenti hanno dimostrato come tale risposta anticorpale stimolata sia persino più robusta rispetto alla infezione naturale.
Questi anticorpi si legano a numerosi siti sulle proteine spike del SARS-CoV2 riducendo l’abilità del virus di entrare ed infettare le cellule dell’ospite.
Perchè usarli?
Gli anticorpi monoclonali sono un gruppo di anticorpi identici che possiedono alta specificità ed alta affinità per un singolo epitopo. Hanno dimostrato di essere sicuri ed efficaci nella profilassi o nel trattamento di malattie virali. L’efficacia clinica è ottenuta mediante il legame diretto a componenti del virus neutralizzando la sua capacità di infettare le cellule dell’ospite. Gli anticorpi monoclonali possono anche legarsi ad antigeni virali espressi sulla superficie delle cellule infettate stimolando la fagocitosi e la citotossicità immunomediata.
Dato che il primo movens della infezione virale SARS-CoV2 è il legame della glicoproteina virale spike transmembrana al recettore ACE2 della cellula ospite, il principale obiettivo terapeutico degli anticorpi neutralizzanti è tale glicoproteina spike ed il suo dominio di legame recettoriale.
La combinazione di anticorpi che si legano ad epitopi differenti dovrebbe teoricamente risultare in un aumento di efficacia terapeutica, riducendo il rischio di una possibile inefficacia degli anticorpi per l’insorgenza praticamente fisiologica di varianti.
L’obiettivo è fornire precocemente ai pazienti ancora in fase viremica gli anticorpi ed una risposta immunitaria rapida per bloccare l’ingresso dei virus nelle cellule e prevenire la progressione della malattia.
Anticorpi monoclonali
Il 12 novembre 2021 la Commissione europea, su parere dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA), ha autorizzato l’associazione di anticorpi monoclonali casirivimab-imdevimab e l’anticorpo monoclonale regdanvimab per il trattamento di COVID-19.
L’Italia ha recepito le autorizzazioni europee. Inoltre L’associazione di anticorpi monoclonali bamlanivimab-etesevimab e l’anticorpo sotrovimab per il trattamento di COVID-19 non hanno ancora ricevuto l’approvazione europea ma in Italia sono stati autorizzati in via temporanea con Decreto del Ministro della Salute del 6 febbraio 2021 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 32 dell’8 febbraio 2021, e con Decreto del Ministro della Salute del 12 luglio 2021 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 180 del 29 luglio 2021.
Con un misto di ansia ed inquietudine, Leggo il protocollo aziendale: la mia azienda ha messo a disposizione tre tipologie di anticorpi monoclonali, dai nomi impronunciabili: bamlanivimab-etesevimab, casirivimab-imdevimab e sotrovimab.
Mi irrito e penso: ma non potevano chiamarsi tesoro?
Cosa sono?
Gli anticorpi monoclonali sono prodotti da cloni di linfociti B opportunamente modificati per produrre immunoglobuline dirette verso molecole presenti nel virus o nella catena infiammatoria post-infezione.
In Italia, alcuni anticorpi monoclonali sono stati autorizzati dall’Aifa per il trattamento del Covid-19, in alcuni casi come misura straordinaria, e utilizzati in soggetti fragili o portatori di comorbidità, ad alto rischio di malattia grave.
I monoclonali devono essere somministrati nelle fasi precoci: entro la prima settimana dall’insorgenza della malattia.
A chi possono essere utili? Criteri di eleggibilità
Indicazione terapeutica:
- Trattamento della malattia da coronavirus 2019 (COVID-19) lieve o moderata, negli adulti e adolescenti di età pari o superiore a 12 anni, che non necessitano di ossigenoterapia supplementare per COVID-19 e che sono ad alto rischio di progressione a COVID-19 severa;
- Trattamento di pazienti ospedalizzati per COVID-19, anche in ossigenoterapia supplementare (escludendo l’ossigenoterapia ad alti flussi o in ventilazione meccanica), con sierologia per SARS-COV-2 negativa (anticorpi IgG-spike di sarscov2)
Sono eleggibili alla terapia i pazienti con:
- Età > 12 anni
- Positività tramite test molecolare o test antigenico di terza generazione per SARS-CoV-2
- Data esordio dei sintomi da COVID-19: < 7 gg (tranne nei pazienti ospedalizzati per COVID-19 con sierologia negativa)
- Forma di malattia lieve moderata
- Presenza di fattori di rischio per la evoluzione in forme severe di malattia
La esecuzione della vaccinazione anti-COVID19 non rappresenta un elemento di esclusione per la terapia con gli anticorpi monoclonali.
Sono ad alto rischio i pazienti che presentano almeno una di questi criteri:
- Età > 65 anni
- Indice di massa corporea (Body Mass Index, BMI) ≥30, oppure >95° percentile per età e per genere
- Diabete mellito non controllato (HbA1c>9,0% o 75 mmol/mol) o con complicanze croniche
- Insufficienza renale cronica, incluse dialisi peritoneale o emodialisi
- Malattia cardio-cerebrovascolare (inclusa ipertensione con concomitante danno d’organo)
- Broncopneumopatia cronica ostruttiva e/o altra malattia respiratoria cronica (ad es. soggettiaffetti da asma, fibrosi polmonare o che necessitano di ossigenoterapia per ragioni differenti daSARS-CoV-2)
- Epatopatia cronica
- Immunodeficienza primitiva o secondaria
- Emoglobinopatie
- Patologie del neurosviluppo e patologie neurodegenerative
Riassumendo e semplificando
Tutti i pazienti covid 19 che abbiano più di 12 anni, nella prima settimana di malattia, senza la necessità di ossigenoterapia, che sono ipertesi o diabetici o obesi o soffrano di una qualsiasi patologia respiratoria, cardiaca, epatica, renale o siano semplicemente oltre i 65 anni, possono giovarsi dalla somministrazione precoce di terapia con anticorpi monoclonali.
Direi un bel pò di persone essendo che fra poco saranno contagiati circa 200.000 persone al giorno.
Allora forse è bene cercare di conoscerli. Almeno quelli presenti nel mio armadio dei farmaci. Anche se rimarranno innominabili.
Sotrovimab, casirivimab e imdevimab, bamlanivimab ed etesevimab
I farmaci composti da sotrovimab (VIR-7831), casirivimab e imdevimab, bamlanivimab (LY-CoV555) ed etesevimab (LY-CoV016) contengono uno (sotrovimab) o due (casirivimab e imdevimab o bamlanivimab ed etesevimab) anticorpi monoclonali che vengono utilizzati singolarmente o in associazione per via endovenosa. Le combinazioni sono proposte per assicurare una eventuale maggiore efficacia nei confronti di possibili varianti del virus.
Bamlanivimab/Etesimab
Il Bamlanivimab e l’Etesimab sono due anticorpi monoclonale IgG1 completamente umani. Si legano a siti diversi della proteina spike del SARS-CoV-2, impedendo la penetrazione del virus nelle cellule umane e la sua replicazione. Dato che legano diversi epitopi, il loro uso combinato può incrementare l’efficacia e ridurre le varianti emergenti resistenti al trattamento.
La riduzione del carico virale è una questione non per forza clinicamente rilevante e non certo un outcome forte; la riduzione della carica virale nasofaringea non è stata, a mio conoscenza, validata come predittore di decorso clinico di malattia.
Forse più interessante è un altro risultato, specificato come outcome secondario: la terapia di combinazione riduceva in modo significativo, rispetto al placebo, il numero di ospedalizzazioni ed il numero di visite al dipartimento di emergenza. Tuttavia in questo caso però la numerosità campionaria è molto limitata per consentire una potenza dello studio adeguato.
Posologia
La dose raccomandata (da scheda tecnica) è una singola infusione di 700 mg di bamlanivimab (1 flaconcino) e 1400 mg di etesevimab (2 flaconcini) somministrata il più precocemente possibile dall’esito positivo del test per SARS-CoV-2 e comunque entro 7 giorni dall’insorgenza dei sintomi.
Il dosaggio suggerito da scheda tecnica è comunque differente da quello riportato nello studio.
Sotrovimab
Il Sotrovimab è un anticorpo monoclonale ricombinante umano IgG1 che si lega ad alta affinità ad un epitopo altamente conservato della proteina spike del SARS-CoV-2 impedendo l’azione del virus. E’ definito come pan-sarbecovirus. L’azione su un target altamente conservato nella scala evolutiva del virus determina la possibilità di poter resistere all’emergere di nuovi varianti.
La riduzione del rischio relativo di ospedalizzazione in chi riceveva l’anticorpo monoclonale rispetto al placebo era dello 85%. Nei pazienti ospedalizzati, nessuno dei pazienti trattati con il sotrovimab era ammesso in terapia intensiva.
Posologia
La dose raccomandata di sotrovimab negli adulti e negli adolescenti (di età pari o superiore a 12 anni e che abbiano un peso corporeo di almeno 40 kg) è una singola infusione endovenosa diluita di 500 mg.
Casirivimab e imdevimab (REGEN-COV)
Il REGEN-COV è una combinazione di due anticorpi monoclonali umani (casirivimab e imdevimab) IgG1 che si legano a due siti differenti del dominio di legame recettoriale della proteina spike del SARS-COV2, bloccando l’entrata del virus nella cellule ospite.
Tuttavia tale studio ha talmente tanti errori metodologici e scarsa attendibilità che ritengo utile solo citarlo ma non commentarlo adeguatamente, rendendo quasi stupefacente o meglio inquietante, la sua pubblicazione sul NEJM.
Lo studio in questione identificava la vera efficacia di tale terapia nei pazienti con assenza di titoli anticorpale con una riduzione di mortalità del 20%; tale differenza non si notava per i pazienti titolo anticorpale sierico positivo.
La mia sensazione: nonostante o forse per la distinzione dello status sierologico, tale evidenza rappresenta la miglior evidenza della utilità di una terapia monoclonale.
Posologia
La dose raccomandata di casirivimab e imdevimab negli adulti e negli adolescenti è una singola infusione endovenosa diluita di 4 g + 4 g.
Tixagevimab e cilgavimab
Attualmente l’EMA ha iniziato la revisione del preparato costituito da tixagevimab e cilgavimab: in condizioni di emergenza sanitaria i dati sperimentali per il processo di autorizzazione del farmaco vengono esaminati a mano a mano che emergono e non a fine sperimentazione, come da procedura.
I due anticorpi tixagevimab e cilgavimab sono stati progettati per legarsi alla proteina spike del Sars-Cov-2, quindi allo scopo di impedire al virus di penetrare nelle cellule umane. Poiché si legano a componenti molecolari diverse della proteina spike, la loro associazione sembrerebbe essere più efficace.
L’azienda produttrice ipotizza una loro permanenza in chi li riceve di circa 12 mesi: un periodo di gran lunga superiore rispetto agli altri monoclonali, che li renderebbero particolarmente affascinanti.
Impressioni personali
Il buon senso, l’uso in pregresse simile patologie (epidemia di Ebola) ed una parte della letteratura, anche se non in modo così totalitario, ci suggerisce una azione ed una efficacia rispetto a tale terapia. L’approvazione emergenziale conferisce a tale terapia una diffidenza che probabilmente non merita se fossero tempi di pace. Che siano loro ad aiutarci a sconfiggere il covid direi di no. Che siano loro una possibile arma, una delle poche, nel nostro bagaglio, direi di si.
Svantaggi della terapia monoclonale
Nonostante si tratti di una terapia attualmente in uso per il trattamento di alcuni casi selezionati di Covid-19, gli anticorpi monoclonali potenzialmente non costituiscono una terapia utilizzabile su larga scala, in quanto:
- identificare il gruppo di pazienti che possano beneficiare da questo trattamento è una sfida a cui non siamo abituati; il tampone è diventato ormai un esame di routine, ma siamo pronti a fare sierologia anticorpale a tutti?
- hanno generalmente una durata limitata a qualche mese;
- devono essere somministrati precocemente.
- possono essere somministrati in un numero limitato di strutture ospedaliere, individuate da Regioni e Ministero della Salute;
- hanno un costo di produzione elevato;
- le attività neutralizzanti di tali anticorpi sono conservate nei confronti della variante alfa e delta, che fino a novembre rappresentavano la quasi totalità delle nuove infezioni in italia. Tuttavia l’efficacia contro la nuova variante Omicron, verosimilmente egemone da dicembre non è nota e non è scontata.
La terapia vaccinale è comunque un presidio imprescindibile. Le due terapia si integrano, non si sostituiscono. E questo, girando per le vie ed i parchi cittadini, sembra essere stato recepito dalla popolazione.
Ma le sfide associate con i vaccini, l’esitazione ad eseguirla, le persone immunodepresse che non rispondono alla terapia vaccinale, quelle che non possono vaccinarsi ed la possibile comparsa di varianti che possono sottrarsi alla immunizzazione fornita da questi, possono contribuire al crearsi di un largo numeri di pazienti affetti da sarscov2 per il quale la terapia con anticorpi monoclonali può essere una opzione fondamentale. Ed una opzione assolutamente sicura dato il basso rischio di effetti avversi segnalati nei vari studi (reazione di ipersensibilità, nausea, diarrea).
E poi
L’azienda Pfizer ha realizzato specificatamente per il Covid-19 un farmaco (Paxlovid) utilizzabile per via orale, inibitore dell’enzima Sars-Cov-2-3CL proteasi, indispensabile al virus per l’assemblaggio delle proteine necessarie alla sua replicazione. Esso viene cosomministrato con un antiretrovirale utilizzato nell’infezione da HIV.
Questo nuovo farmaco sembrerebbe poter essere utilizzato precocemente anche in fase non ospedaliera. L’EMA sta conducendo una revisione dei dati attualmente disponibili al fine di supportare le autorità nazionali che decidessero di approvarne l’uso precoce in situazioni di emergenza, prima del via libera all’immissione in commercio. Ma questo è una altra storia. Forse una altra illusione. Sicuramente un altro post.
Bibliografia
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- RECOVERY Collaborative Group. “Casirivimab and imdevimab in patients admitted to hospital with COVID-19 (RECOVERY): a randomised, controlled, open-label, platform trial”
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- Cohen MS. “Monoclonal Antibodies to Disrupt Progression of Early Covid-19 Infection”. N Engl J Med . 2021 Jan 21;384(3):289-291
In tutto questo discorso manca una cosa fondamentale: la disponibilità a trattare decide e decine di persone. Quanto è la disponibilità di questi anticorpi?
questo temo lo dovremo chiedere ai nostri amministratori
E l’altro tema aperto è che solo alcuni di questi sembrerebbero avere efficacia contro omicron.
solo alcuni e non sappiamo neanche esattamente quali precisamente
Grazie