La terapia antibiotica può essere considerata una valida alternativa alla chirurgia nel trattamento dell’appendicite acuta non complicata?
Finita l’era del “blumberg positivo + bianchi = sala operatoria” (con le conseguenti “appendici bianche”), l’approccio diagnostico al paziente con appendicite acuta si è affinato al punto da chiedersi quali pazienti potrebbero non necessitare dell’intervento chirurgico.
L’interesse suscitato da tale quesito è evidenziabile dai numerosi studi disponibili in letteratura. Il dibattito continua ad alimentarsi alla luce della recente pubblicazione dello studio RCT multicentrico APPAC (APPendicitis ACuta [1])
Per appendicite acuta non complicata si intende un processo flogistico dell’appendice vermiforme in assenza di perforazione e/o ascessi.
Per evidenziare la presenza di complicazioni è ovviamente necessario ricorrere alla diagnostica per immagini (ecografia o TC). Nel nostro blog è stato ampiamente trattato il ruolo dell’ecografia [2], mostrandone le potenzialità diagnostiche non solo nel porre diagnosi di appendicite (quando visualizzabile), ma anche nel distinguere le forme non perforate da quelle perforate.
RCT multicentrico APPAC
Come anticipato, il contributo più recente al tema lo fornisce APPACC [1], uno studio finlandese, multicentrico e randomizzato, che ha arruolato 530 pazienti.
Posta diagnosi tramite esecuzione di TC, venivano esclusi dall’arruolamento le forme definite come complicate. Reperti come la perforazione, l’ascesso, la presenza di appendicoliti (associati a una maggior rischio di recidiva) e il sospette masse tumorali erano quindi considerati criteri di esclusione.
I pazienti venivano quindi randomizzati tra il gruppo appendicectomia e il gruppo antibioticoterapia (AT) con il seguente schema: ertapenem (1 grammo/die) per tre giorni, a seguire 7 giorni di levofloxacina (500 mg al giorno) e metronidazolo (500 mg x 3).
Lungo i 5 anni di osservazione dei 257 pazienti non operati l’incidenza cumulativa delle recidiva di appendicite è stata rispettivamente: 27,3% a 1 anno, 34% a 2, 35,2% a 3, 37,1% a 4 e 39,1% a 5 anni. La scelta di ricorrere all’intervento chirurgico era prettamente clinica, posta dal chirurgo curante.
In sintesi il 39,1% dei paziente non sottoposto ad intervento è andato in contro a recidiva di appendicite a 5 anni, nel 70% dei casi entro il primo anno.
Non sono state registrate complicanze chirurgiche superiori alla media nei pazienti del gruppo AT. Ovviamente quest’approccio implica una corretta informazione e il paziente andrebbe ben istruito sui sintomi per cui ripresentarsi in pronto soccorso.
Gli autori concludono lo studio suggerendo come l’approccio conservativo possa essere considerato una valida alternativa. Lo strategia terapeutica con l’ertapenem implica ovviamente una degenza in ospedale di almeno 3 giorni.
Guarigione spontanea?
Da segnalare come in letteratura ci si sia spinti addirittura a confrontare la terapia antibiotica con la sola terapia di supporto [3], riscontrando percentuali non particolarmente dissimili di fallimento. L’ipotesi è che la storia naturale dell’appendicite non complicata preveda quindi un’alta percentuale di guarigioni spontanee.
Rischi dell’approccio conservativo?
Tuttavia dubbi sull’approccio conservativo sono stati posti dall’ACOI (Associazione chirurghi ospedalieri italiani) [4]. Analizzando 5 RCT (per un totale di 1351 pazienti) i ricercatori hanno identificato un rischio di recidiva ad 1 anno del 22,5%, riscontrando un tasso di peritoniti maggiore nel gruppo AT (19.9% vs 8.5%, P = 0.02). Gli autori propendono quindi a considerare il trattamento chirurgico il più efficace, sottolineando la necessità di identificare con cautela la tipologia di pazienti che potrebbero essere inizialmente trattati conservativamente. Essendo una meta-analisi di 5 studi lo schema terapeutico dell’antibioticoterapia non è univoco
Ricerche in corso
Rimanendo in Italia è attualmente in corso lo studio osservazionale ACTUAA (Appendectomy Versus Conservative Treatment for Uncomplicated Acute Appendicitis) [5].
Con la partecipazione di nove ospedali italiani mira ad arruolare 600 paziente al fine di confrontare la terapia antibiotica con la terapia chirurgica, nei casi di appendicite non complicata.
Il follow up è previsto a tre tappe (12, 24 e 60 mesi).
Le terapie antibiotiche poposte sono:
- Piperacillina/tazobactam (4+0.5 g x 3)
- Ceftriaxone (2 g)
- Ciprofloxacina (500 mg x 2) + Metronidazolo (500 mg x 3)
- Amoxicillina/acido clavulanico (2 g + 0,2 g x 4)
- Ertapenem (1 g al giorno per tre giorni)
Escluso l’ertapenem non è specificata la durata della terapia antibiotica, che viene presumibilmente lasciata al giudizio clinico.
Tutti i pazienti vengono dimessi con terapia orale con amoxicillina/acido clavulanico o ciprofloxacina per almeno altri 4 giorni.
Pratica clinica
Nelle vostra esperienza qual è generalmente l’atteggiamento dei chirurghi generali nei casi di appendicite non complicata?
Quanto conta la preferenza del paziente correttamente informato?
Nelle donne in età fertile come cambia l’approccio all’appendicite non complicata?
Bibliografia
[1] Salminem P. etl. Five-Year Follow-up of Antibiotic Therapy for Uncomplicated Acute Appendicitis in the APPAC Randomized Clinical Trial. JAMA. 2018 Sep 25;320(12):1259-1265.
[2] EMpills Appendice ed ecografia: più di una semplice conferma
[3] Park HC et al. Randomized clinical trial of antibiotic therapy for uncomplicated appendicitis. Br J Surg. 2017 Dec;104(13):1785-1790.
[4] Podda M et. al. Antibiotics-first strategy for uncomplicated acute appendicitis in adults is associated with increased rates of peritonitis at surgery. A systematic review with meta-analysis of randomized controlled trials comparing appendectomy and non-operative management with antibiotics. Surgeon. 2017 Oct;15(5):303-314.
[5] Appendectomy Versus Conservative Treatment for Uncomplicated Acute Appendicitis (ACTUAA)
Nell’ultimo periodo ho visto sempre più spesso mettere in atto l’atteggiamento conservativo, in un caso rimanendo stupito perché si vedevano i coproliti in eco quindi non poteva essere altro. Pensavo si trattasse di un monitoraggio clinico-laboratoristico per le forme non complicate da riservarsi a pazienti che in passato sarebbero finiti in sala con riscontro successivo di appendice macroscopicamente indenne…invece ??♂️
Grazie dell’articolo.
Complimenti per il contributo, che considera la letteratura in modo chiaro ed esaustivo.
Rispondo da chirurgo generale ai quesiti proposti.
Già solo l’elevato tasso di recidiva dopo trattamento conservativo credo giustifichi ampiamente l’atteggiamento di proporre l’appendicectomia come trattamento di scelta. Nella mia pratica clinica l’antibiotico è riservato ai pazienti con diagnosi “dubbia”, pazienti con comorbilità tali da rendere “pericoloso” l’intervento e con appendicite non complicata, pazienti in età pediatrica con appendicite non complicata. La preferenza del paziente è guidata in questo senso: non propongo intervento e antibiotico come trattamenti alternativi, mi sembrerebbe scorretto viste le nozioni attuali.
Nelle donne in età fertile richiedo sempre una valutazione ginecologica: qualora si confermi il sospetto di appendicite eseguo laparoscopia diagnostica e, a quel punto, comunque appendicectomia laparoscopica di principio (come da LG nazionali ).