ARDS in PS: ovvero come ho imparato ad amare la bomba…
E’ in un soleggiato pomeriggio di fine febbraio che ormai lascia spazio a un tramonto tipicamente invernale quando, come in una scena già vista più e più volte, arriva l’infermiere di triage proponendo un paziente meritevole di “attenzioni” brandendo come uno scettro un EGA alquanto inquietante.

Figura 1: EGA d’ingresso, da archivio personale
Ed è quindi in una scena anch’essa vista e rivista che arriva il paziente steso sulla barella e questa e viene posizionata in maniera prudenziale accanto al ventilatore.
EGA, ECG, EO ed ECO torace… tutto trito e ritrito.
Ma ecco l’inaspettato: non emerge, dall’anamnesi effettuata con la paziente e con i familiari, una delle classiche patologie di accompagnamento a una dispnea ingravescenti come ad esempio BPCO o scompenso cardiaco, solo una recente sindrome influenzale la settimana prima.
Maria, non è certo l’unica ultra novantenne del PS oggi, e neanche il tempo di soffermarsi su quanto in realtà “porti bene gli anni”, che un grande punto interrogativo ruota tra te e una diagnosi codificata sul verbale di PS.
E’ il tempo dell’RX torace che, dopo pochi minuti, viene effettuato sfruttando la priorità del codice 2 assegnato in triage: “Accentuazione dell’interstizio peribroncovasale con estesi addensamenti parenchimali bilaterali più evidenti a sinistra (ARDS?)” è il responso che leggi appena seduto dopo aver iniziato la ventilazione non invasiva nella paziente, “driin driin” è invece il suono del telefono che annuncia la richiesta del radiologo di una TC torace a completamento.

Figura 2: L’RX torace…
Un elegante mosaico, più semplice di quelli bizantini visibili nelle chiese di Ravenna ma ugualmente importante sul momento, è l’immagine che emerge dalle scansioni toraciche della TC di Maria.

Figura 3: un intarsio degno di un pavimento di un antico palazzo signorile
“ARDS” ed è qui che emerge, in tutta la sua schiettezza dell’acronimo una patologia così grave e, ai tuoi occhi di piccolo specializzando MEU ai primi turni in PS, così inaspettata.
Una frase di una lezione sui banchi della facoltà avvenuta anni orsono ora campeggia vivace nella tua memoria: “grave ipossiemia refrattaria all’ossigenoterapia”… cavolo, è vero!
ARDS, facciamo chiarezza
La sindrome da distress respiratorio acuto è un’entità clinica ben descritta dai criteri di Berlino del 2012:
- Timing di insorgenza: per parlare di ARDS devono passare massimo 7 gg dall’insulto causale alla presentazione di malattia polmonare, generalmente questo intervallo è di circa 3 gg;
- Eziologia causale: non vi deve essere una disfunzione cardiaca o un sovraccarico di fluidi come eziologia predominante;
- Aspetto radiografico: le opacità polmonari bilaterali non devono essere del tutto riconducibili a versamenti pleurici, atelettasie o noduli;
- Ossigenazione: deve essere soddisfatta la definizione di insufficienza respiratoria sulla base del P/F, ossia il P/F deve essere < 300 durante ventilazione con una PEEP minima di 5 cm H2O.
Sulla base del valore del P/F avremo tre classi di rischio a severità di malattia via via maggiore quali P/F compreso tra 300 e 200, P/F compreso tra 200 e 100 e P/F < 100.
Dati presenti in letteratura stimano che 1/3 dei pazienti che accedono in PS con la triade IR non responsiva a ossigenoterapia (SpO2 < 90% in CN 2 L/min)/ addensamenti polmonari bilaterali all’imaging/ assenza di cardiopatia o pneumopatia cronica nota può celare un ARDS!
La mortalità complessiva è tra il 40 e il 60% ma è interessante osservare che nella quasi totalità dei casi (80%) l’exitus era dovuto a condizioni extra-polmonari come sepsi o MOF.
Chi porta a cosa
Il primum movens può essere primitivamente polmonare (danno “diretto”, come polmonite, aspirazione gastrica, lesione da inalazione, contusione polmonare o annegamento) o extra-polmonare (danno “indiretto”, come sepsi, trauma o ustione grave, fratture con embolia grassosa, multiple trasfusioni, pancreatite, shock non cardiogeno o overdose di stupefacenti).
Resta evidente, sulla base dei dati epidemiologici, che al primo posto tra le cause di ARDS abbiamo le eziologie infettive.
Come in un tragico calcolo aritmetico, il rischio di sviluppare ARDS aumenta all’aumentare delle concause presenti allo stesso tempo.
Fattori predisponenti sono poi tabagismo, alcolismo, diabete, ossigenoterapia e chemioterapia.
Come si arriva a tale disastro
Un danno alla barriera alveolo – capillare si comporta allo stesso modo di una diga che, squarciandosi, riversa un enorme massa d’acqua e detriti su un centro abitato: trasudato e cellule infiammatorie, membrane jaline ed emorragia alveolare sconquassano la normale architettura del parenchima polmonare (si parla di “DAD” – Diffuse Alveolar Damage).
Istologicamente a una prima fase essudativa segue una fase proliferativa che, dopo qualche giorno, lascia spazio a una fase cronica di rimodellamento mediante fibrosi: tuttavia studi effettuati negli ultimi anni si sono soffermati sulla precocità e sulla contemporaneità delle tre fasi di malattia che avvengono, data la gravità della condizione, molto più precocemente rispetto a quanto osservato in passato.
Fisiopatologicamente si crea un effetto shunt e un aumento dello spazio morto fisiologico per le alterazioni di perfusione o ventilazione che accadono in tali situazioni.
Le immagini del disastro
Abbiamo già parlato di cosa dimostrano, quasi didatticamente, RX torace e la TC… ma il nostro amico ecografo, che informazioni ci dà?
Una sindrome interstiziale diffusa è l’immagine più comune che (a patto di avere la bravura/fortuna di soffermarsi su questi aspetti) si distingue dall’EPA cardiogeno (principale diagnosi differenziale) per 1) aree interessate dalla patologia intervallate ad aree di risparmio, 2) riduzione o assenza dello sliding con linea pleurica irregolare e 3) segni ecografici alla valutazione cardiaca non indicativi di scompenso in atto.
Il quadro emogasanalitico è poco dirimente mostrando il più delle volte una commistione tra IR severa, alcalosi respiratoria e iper-lattatemia: l’unico dato eloquente (ma non specifico in termini assoluti) è l’incremento del gradiente alveolo-arterioso dell’ossigeno (DA – aO2).
Cosa posso fare eroicamente da medico di PS
Noi MEU siamo l’ago della bilancia in un paziente con ARDS specie se precoce, siamo l’argine che impedisce l’ulteriore disastro in corso e siamo la bussola per dare la direzione giusta (in termini di assistenza, terapia e setting assistenziale di ricovero) a un paziente con ARDS.
Dopo aver garantito la corretta ossigenazione/ventilazione al paziente e aver effettuato l’imaging necessario, resta l’aspetto laboratoristico:
- Esami ematochimici “ad ampio respiro” comprensivi di PCR e PCT;
- Emocolture;
- Antigeni urinari per Legionella e Pneumococco se la polmonite è la causa più fortemente sospettata;
- Valutazione delle cause infettive più comuni tramite test multiplex (es. per SarsCov2, influenza…);
Ventilazione
La ventilazione è, ovviamente, il motore trainante di questo iter terapeutico e si caratterizza per quattro concetti molto importanti:
- Ventilazione “protettiva”, le aree esenti da malattia risultano così ridotte al punto da parlare di “baby lung”: dovremo pertanto evitare il trauma da volumi eccessivi (target Vt di 6 mL/kg) e da pressioni esageratamente alte (P di plateau < 30 cm H2O).
Riducendo i volumi erogati si raggiungerà un volume/minuto soddisfacente solamente aumentando la FR (stando attenti a non creare un circolo vizioso che genera una auto-PEEP);
- PEEP ottimale tendenzialmente alta: una PEEP di circa 12 – 15 cm H2O sembra il giusto compromesso tra protezione del parenchima polmonare da pressioni e volumi eccessivi e distensione degli alveoli con reclutamento degli stessi.
L’ARDSnet trial ha evidenziato come, rispetto ad altre condizioni, l’uso di una PEEP maggiore (a parità di FiO2) porti a una riduzione di mortalità nei pazienti con malattia moderato-severa.
Il limite massimo della PEEP è sempre da mantenere < 30 cm H2O come descritto sopra.
Sebbene in passato fosse stato postulato che una “driving pressure, DP” minore correlasse a minore mortalità (dove DP = P plateau – PEEP) ad oggi l’evidenza degli studi non è così forte; in ogni caso si raccomanda una DP < 15 cm H2O;
- Ipercapnia “permissiva”: l’ossigenazione ha la priorità su tutto e pertanto dovremo massimizzare la fase inspiratoria (impostando una rampa “meno ripida”) a scapito della fase espiratoria (e quindi dell’eliminazione della CO2, tollerando un pH fino a 7.20 e una pCO2 fino a 66 mmHg).
Controindicazioni possibili alla scelta dell’ipercapnia permissiva sono scompenso cardiaco destro (l’ipercapnia dà vasocostrizione polmonare che aggrava la disfunzione dx), condizioni neurologiche acute con elevata pressione intracranica (l’ipercapnia dando vasodilatazione aggrava la situazione) e paziente in stato di gravidanza (controindicazione meno forte rispetto alle due precedenti);
- Ipossiemia relativa: secondo un grande studio quale l’ARDSnet trial il target auspicabile è una SpO2 di 88 – 95% e/o una PO2 pari a 55 – 80 mmHg.
Oltre alla NIV nel trattamento dell’ARDS si stanno affacciando anche le HFNC come evidenziato dal “FLORALI trial”: questo è maggiormente evidente a detta degli autori nel paziente con polmonite batterica e alta produzione di espettorato (che, con le HFNC, è più facile espettorare).
Non da ultime vanno perseguite 1) la restrizione dei fluidi puntando alla euvolemia (ove possibile) e 2) la terapia mirata alla causa scatenante vanno sempre perseguite.
La terapia steroidea è un terreno di acceso dibattito ancora oggi tra varie scuole di pensiero: in generale l’indicazione è presente in tutte quelle condizioni potenzialmente steroido – responsive (es. polmonite batterica o virale, sepsi extra-polmonare, malattie interstiziali o danno polmonare da radiazioni o tossici) specie se severe come presentazione di malattia e al loro esordio; la posologia correntemente consigliata è pari a 1 mg/kg/die (per i primi 14 gg, segue tapering) secondo le linee guida della società europea di Medicina Intensiva (ESICM).
Altre strategie come le manovre di reclutamento alveolare, il blocco neuro-muscolare, la ventilazione in posizione prona e l’uso dell’ECMO sono da collocarsi in una fase terapeutica più tardiva con il paziente in un setting di cure ad alta intensità.
Take home messages
L’ARDS è una grave forma di distress respiratorio che trae beneficio dall’applicazione di una ventilazione considerevole (con PEEP maggiori rispetto al normale fino a 30 cm H2O) ma al contempo rispettosa (con un Vt di ca 6 mL/kg).
Prediligi l’ossigenazione a scapito della dismissione di CO2 (è permessa la cosidetta “ipercapnia permissiva” fino a un pH di 7.20 e una pCO2 di 66 mmHg) agendo sulla rampa (rendendola meno ripida) senza aumentare eccessivamente la FiO2 (anche un’eccessiva quantità di ossigeno somministrato può dare ARDS).
Chiama in causa precocemente due figure fondamentali quali 1) l’infettivologo (per il necessario depistage di sua pertinenza) e 2) l’anestesista – rianimatore (per l’expertise che ha ma anche, non da poco, per la decisione di un setting di ricovero adeguato).
Un grazie a Luca P. per l’aiuto informatico!
Bibliografia
- – Rugarli – Medicina Interna Sistematica (VII edizione);
- – Harrison – Principi di Medicina Interna (16° edizione);
- – Casagranda – Medicina di Emergenza – Urgenza (II edizione);
- – Washington Manual di Terapia Medica (37° edizione);
- – ARDS Management ED and Beyond (EMRA cases, June 2020);
- – ARDS – The Internet Book of Critical Care (J Farkas, 2021);
- – Frat JP, Thille AW, Mercat A, Girault C, Ragot S, Perbet S, Prat G, Boulain T, Morawiec E, Cottereau A, Devaquet J, Nseir S, Razazi K, Mira JP, Argaud L, Chakarian JC, Ricard JD, Wittebole X, Chevalier S, Herbland A, Fartoukh M, Constantin JM, Tonnelier JM, Pierrot M, Mathonnet A, Béduneau G, Delétage-Métreau C, Richard JC, Brochard L, Robert R; FLORALI Study Group; REVA Network. High-flow oxygen through nasal cannula in acute hypoxemic respiratory failure. N Engl J Med. 2015 Jun 4;372(23):2185-96. doi: 10.1056/NEJMoa1503326. Epub 2015 May 17. PMID: 25981908. link
- – Acute Respiratory Distress Syndrome Network; Brower RG, Matthay MA, Morris A, Schoenfeld D, Thompson BT, Wheeler A. Ventilation with lower tidal volumes as compared with traditional tidal volumes for acute lung injury and the acute respiratory distress syndrome. N Engl J Med. 2000 May 4;342(18):1301-8. doi: 10.1056/NEJM200005043421801. PMID: 10793162. link
Il vero problema è che le indicazioni alla ventilazione sono per l’’invasiva, visto che in NIV la Pmus è un mistero, quindi anche la Pplateau… e ventilare in NIV con 15 di PEEP…
Osservazioni più che giuste, l’articolo è focalizzato sul PS e quindi sulla NIV come strumento più “universalistico” rispetto a una IOT che viene usata più raramente.
Tutta le indicazioni su PEEP e ventilazione protettiva attengono alla IOT e non sono espandibili alla NIV.
Le evidenze su ARDS e NIV/CPAP sono poche e limitate per efficacia alla ARDS lieve.
C’è poi un discorso di opportunità di cure in un paziente 90enne: se la NIV è il ceiling treatment…allora vale tutto
Le fonti utilizzate sono da articoli che si focalizzano sulla NIV.
Poi, come detto anche nel precedente commento, in PS (a meno di casi di gravi distress respiratorio) si usa dapprima la NIV ed è verso questo strumento che mi sono orientato nel primo trattamento dell’ARDS
Il primo articolo che leggo che consiglia di chiamare il rianimatore.
Grazie. La cooperazione è fondamentale per il paziente.
Tenete anche a mente oltre quello che hanno detto i colleghi negli altri commenti che la pressione transpolmonare in un paziente che è solo blandememte sedato aumenta anche per il suo sforzo inspiratorio e non dipende solo da come si imposta la NIV. Il rischio di fare un danno è davvero dietro l’angolo.
Saluti