Ogni procedura che eseguiamo sui pazienti ha qualche effetto collaterale più o meno importante, non fosse altro che quello di causare fastidio o dolore. L’emogasanalisi è una di queste. E’ difficile fare grossi danni, ma non infrequentemente anche i più esperti sono causa di sensazioni non proprio piacevoli. Mi sono spesso detto che avremmo fatto un grosso passo in avanti quando fossimo stati in grado di rendere la procedura meno dolorosa o ancora meglio non necessaria. E’ stato appena pubblicato uno studio su The American Journal of Emergency Medicine che potrebbe aprire un nuovo scenario nei pazienti con BPCO riacutizzata
Lo studio dal titolo Venous vs arterial blood gases in the assessment of patients presenting with an exacerbation of chronic obstructive pulmonary disease.è stato condotto presso il dipartimento di emergenza dell’ospedale St James di Dublino in Irlanda dal mese di ottobre 2009 al Marzo 2010.
In passato diversi altri studi avevano valutato la possibilità di sostituire L’EGA venosa a quello arteriosa come mezzo per ottenere informazioni utili alla gestione di questi pazienti:
– Emerg Med J 2001
– Emerg Med J 2006
In questi lavori era stata trovata una buona correlazione per quanto riguarda il PH ma molto meno affidabile era risultata la determinazione della CO2.
Altri studi avevano riportato invece una buona correlazione se la determinazione della CO2 veniva limitata alla ipercapnia (PaCo2> 45 mmHg)
Validation of venous pCO2 to screen for arterial hypercarbia in patients with chronic obstructive airways disease J Emerg Med 2005.
E’ noto che la valutazione dell’ipercapnia insieme al PH rappresenta una delle indicazioni alla ventilazione non invasiva in pazienti sottoposti a terapia medica ottimale, è stato quindi interesse ed obiettivo dello studio irlandese valutare se l’EGA venosa fosse utilizzabile, al pari di quella arteriosa, per valutare l’ipercapnia e quindi essere alla base dell’eventuale indicazione alla NIV.
Lo studio
Di 94 pazienti di età superiore a 16 anni con una diagnosi di riacutizzazione di BPCO presi in considerazione nello studio, 89 vennero ritenuti eligibili. Il 51% di essi era di sesso femminile e l’età media 69 anni.
I prelievi, arterioso e venoso vennero eseguiti entro 10 minuti dall’arrivo del paziente nel dipartimento di emergenza e con un ritardo massimo di 5 minuti tra i due campioni. Pazienti in ossigeno vennero mantenuti ad una frazione inspiratoria di ossigeno costante per almeno 10 minuti prima di eseguire l’same.
Risultati
Su 89 pazienti esaminati 16 (18%) vennero sottoposti alla ventilazione non invasiva.
Nessun paziente fu sottoposto a intubazione endotracheale né in pronto soccorso né successivamente.
In 30 pazienti (33,7%) l’EGA arteriosa identifico un’ipercapnia.
Con un cutoff di 45 mm Hg tutti i campioni venosi furono in grado di identificare gli stessi casi di ipercapnia trovati con l’EGA arteriosa.
Ottima correlazione fu anche riscontratat per quanto riguarda PH e Bicarbonati
Meno buona invece fu la correlazione tra i singoli valori di CO2 con una differenza media di 8,6 mm Hg.
Conclusioni
Le conclusioni degli autori sono in accordo con il risultati.
– Vi è una buona correlazione nella determinazione della CO2 tra i campioni venosi ed arteriosi limitata al cutoff dell’ipercapnia di 45 mmHg. Questo grado di affidabilità non può estendersi a tutte le misurazioni della CO2.
– PH e HCo3 sono misurati in modo coerente nei campioni venosi e arteriosi dei pazienti presi in esame nello studio.
Limitazioni
Gli autori sottolineano che lo studio è monocentrico e quindi i risultati non possono essere generalizzati
Commento personale
Seguendo il vecchio adagio: chi si contenta.. dovremmo prendere quanto di buono viene da questo lavoro. L’EGA venosa ci può dire se il paziente che stiamo valutando per una riacutizzazione di BPCO è ipercapnico e in acidosi; in altre parole se necessita della NIV. Personalmente non credo che sia poco.
Per l’abbandono definitivo degli EGA arteriosi seriati o della cannula arteriosa , purtroppo penso ci voglia ancora tempo.