Uno strano caso di Coma
Luciano non ricorda l’inizio della nostra conoscenza. Era una sera di novembre ed il suo stato di coma mi aveva impedito di fare le giuste presentazioni.
Ero già pronto a rimandarle, per richiedere una AngioTC encefalo con studio perfusionale, quando la visione del suo emogasanalisi mi ha ricordato la diversità del nostro lavoro, la bellezza della tossicologia e la potenziale gravità della intossicazione da Monossido Carbonio (CO).
Il viaggio in radiologia si trasforma in un egualmente fondamentale viaggio verso la camera iperbarica, da cui Luciano tornerà cambiato, sicuramente più sveglio, apparentemente più sano, sicuramente molto simpatico.
Quello stesso ega mi aveva indotto proustariani ricordi di lezioni e corsi di tossicologia, in cui una grave intossicazione da COHb si univa alla richiesta, come un riflesso gastrocolico, di dosaggio ematico di troponina ed esecuzione di elettrocardiogramma.
Al ritorno di Luciano e dopo la stampa dei suoi esami ematici iniziano a sorgere i primi dubbi.
Perche il dosaggio della troponina, il suo elettrocardiogramma ed il suo ecocardiogramma bedside mi identificano un danno miocardico acuto.
Perchè a me quell’apice settale sembra proprio non si muova bene. E non solo a me.
Ed io cosa devo fare?
La gravità della intossicazione da monossido di carbonio di Luciano è sicuramente severa.
Contatto i Vigili del Fuoco, il CAV, l’OTIP e i conviventi di Luciano.
Ma dopo fatto ciò, una volta eseguite il numero di sedute di terapia iperbarica concordate con il CAV di Pavia, cosa comporta praticamente la tossicità cardiaca da monossido di carbonio?
Cosa abbiamo di fronte?
L’intossicazione da CO è la più comune intossicazione gassosa ed una delle più importanti cause tossicologiche di mortalità e morbidità, con una incidenza di circa 16 casi su 100000 accessi in DEA.
Il CO è un tossico dei tessuti. Il suo legame con l’emoglobina impedisce il trasporto ed il rilascio di ossigeno in periferia. Oltre a questo danno ipossico, la capacità della CO di legarsi a proteine eme ferriche (mioglobina e citocromo c ossidasi) determina un deficit della funzione mitocondriale e della catena respiratoria che si aggiunge alla formazione di radicali tossici liberi ed alla perossidazione lipidica con un ulteriore danno cellulare.
Il tessuto cardiaco ed il tessuto nervoso risultano ad essere i principali target di tossicità di tale intossicazione.
Una diagnosi appropriata può essere facilmente MISSED dato che il quadro clinico può essere vago, aspecifico ed altamente variabile (astenia, cefalea, nausea, vomito, malessere generale, dizziness, dolori addominali, dolore toracico, dispnea, perdita di coscienza, stato confusionale acuto).
Ma farkas, sempre lui, ci dice quando pensarci. Lo dice a mio avviso mirabilmente. Ma forse è il mio amore omosessuale per lui a parlare.
La diagnosi è stabilita unendo una possibile storia di esposizione al monossido di carbonio, la presenza di sintomi compatibili ed elevati livelli di COHb alla valutazione emogasnalitica. Questo ultimo valore correla tuttavia con la esposizione ma non con il grado di intossicazione e non sono predittivi di complicanze tardive. Saranno i sintomi ed i segni del paziente a guidare la gestione diagnostica terapeutica, non solamente o unicamente i livelli di COHb. Anche se livelli superiori a 25% sono solitamente associati con sintomi severi.
La tossicità neurologica è la più nota: abbiamo imparato a conoscere la sintomatologia nel caso di intossicazione acuta (cefalea, disturbi della vista, dizziness, perdita di coscienza, stato confusionale acuto, coma, convulsioni) e temere le sue complicanze tardive. Il CAV ci ha insegnato a creare percorsi e follow up con l’esecuzione a distanza dalla intossicazione di test neuropsicocognitivi, RM encefalo e studi SPECT.
Fino al 70% dei pazienti con una significativa esposizione al monossido di carbonio sviluppa da 3 a 240 giorni dopo l’apparente recupero una sindrome di sequele neurologiche tardive caratterizzate da deficit cognitivi variabili, perdita della memoria, ridotta concentrazione, alterazioni della personalità fino a psicosi e sindrome depressive, parkinsonismo e disordini del movimento, incontinenza urinaria e fecale, cecità corticale e deficit neurologici focali e del linguaggio.
L’incidenza e la severità di tali disturbi sono diventati progressivamente importanti endpoint clinici negli studi per il trattamento della intossicazione da CO.
Ma il cuore?
Uno studio retrospettivo ha dimostrato in 230 pazienti con intossicazione da CO moderata/severa la presenza di un danno miocardico nel 33% dei casi. Altri studi identificano una tossicità fino al 53% dei casi.
La letteratura ci racconta che oltre ad essere frequente la gravità di tale intossicazione è positivamente correlato con i dosaggi ematici di troponina e con i valori di pressione arteriosa e di frequenza cardiaca. E che i livelli di troponina concordano con il tempo di esposizione, il dosaggio dei lattati, le modifiche elettrocardiografiche e con l’incremento della mortalità a lungo termine.
Sappiamo che esiste. Che è frequente. E che impatta.
Ma sappiamo cosa fare?
La presenza di tossicità cardiaca impone un determinato iter diagnostico terapeutico nell’immediato? Esiste un rischio di tossicità a lungo termine che dobbiamo ricercare e stratificare? Come dobbiamo cercare le sequele cardiologiche a lungo termine?
La letteratura internazionale è piuttosto scarna a fornire dati ed io risposte precise non le ho trovate.
Come già usato in altre circostanze, un decalogo può esserci utile. Miscelando informazioni precise e la medicina del buon senso by Tizzani Davide.
- Insieme al sistema nervoso centrale, il cuore rappresenta l’organo bersaglio per il monossido carbonio. Il CO è chiaramente CARDIOTOSSICO.
- La tossicità cardiaca da monossido di carbonio include aritmia (sia in senso tachicardico che bradicardico), ischemia ed insufficienza miocardica fino a quadri di shock cardiogeno; in studi autoptici sono stati identificati emorragie diffuse puntiformi, aree di necrosi ed alterazioni degenerative cellulari dei miociti, in primis danni mitocondriali e mioglobinici.
- La letteratura riporta sia un condizione di danno reversibile con possibile restitutio ad integrum completa ma anche una tossicità a lungo termine con danni cardiaci permanenti
- Nella intossicazione da monossido di carbonio è pertanto necessario un approccio diagnostico appropriato volto ad escludere la tossicità cardiaca: dosaggio di biomarcatori (leggasi troponina), elettrocardiogramma e se possibile l’ecocardiografia bedside per ricercare vizi di cinesi regionale o eventuali valvulopatia acuta. Se necessario ripetuti.
- La presenza di tossicità cardiaca comporta sempre l’esecuzione di terapia iperbarica, indicazione dettata più dalla medicina del buon senso piuttosto che da certezze granitiche fornite dall’EBM.
- L’esecuzione di un studio invasivo coronarografico in un popolazione di pazienti con tossicità cardiaca da CO non ha dimostrato la presenza di trombosi coronarica; la biopsia endomiocardica ha dimostrato la presenza di danni a livello cellulare Questi dati ci tranquillizzano a riguardo dell’eziopatologia del danno miocardico, non riconducibile a coronaropatia.
- I pazienti con dimostrata tossicità miocardica da CO dovrebbero rimanere in osservazione monitorizzata fino alla evidenza laboratoristica di una risoluzione del danno cardiaco.
- A mio avviso risulta fondamentale la ripetizione dell’ecocardiogramma in tutti questi pazienti con sindrome coronarica apparentemente di tipo 2.
- In caso di risoluzione della alterazioni della cinesi regionale, il danno miocardico sarà sicuramente ed esclusivamente di tipo tossico. Pertanto non sono necessari ulteriori accertamenti diagnostici o terapeutici.
- Nel caso di una persistenza di anomalia di cinesi regionale a mio avviso si possono aprire due scenari: a) in presenza di probabilità pretest almeno moderata per malattia coronarica apparerebbe necessaria l’esecuzione diretta della coronarografia per escludere o trattare una patologia coronarica concomitante, magari slatentizzata dalla intossicazione; b) In presenza di probabilità pretest lieve di malattia coronarica, sarebbe indicata l’esecuzione non per forza in urgenza di un test di secondo livello, da scegliere anche in base alla disponibilità locale (TC coronarica – RM cardiaca – Scintigrafia miocardica).
E niente. Tutto Buon Senso. Probabilmente l’unica cosa che ci deve guidare quando pensiamo di non sapere.
Bibliografia
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- Tizzani D. “I miei pensieri”. Edizione vattelapesca. 2021;1(1)1-1.