giovedì 21 Settembre 2023

Casi difficili e il lavoro di squadra

Questo post parla di molte cose. Parla di due casi difficili, che poi si chiariranno, e di una intossicazione di cui crediamo di sapere più di quanto non sia in realtà. Ma soprattutto parla dell’aspetto più importante del lavoro in Pronto Soccorso: il lavoro di squadra. Questo posto sarà diviso in due parti.

PRIMA PARTE

casi difficili, lavoro di squadra

E’ notte…

Chissà perché le cose più strane in pronto soccorso capitano sempre di notte…

In piena seconda ondata di malati COVID, una notte in Pronto Soccorso arrivano due persone. Due coniugi, entrambi giovani (hanno meno di 40 anni), e la situazione non appare semplice neppure all’inizio.

Situazione sulla scena, problematica: la casa in cui sono stati soccorsi era occupata abusivamente (così ci viene detto) e non c’era neppure il riscaldamento.

Per cosa hanno chiamato? qual è il motivo per cui arrivano in pronto soccorso?

Non è proprio chiaro.

Lei, straniera, non parla quasi italiano e riferisce “odontoalgia”, ma sembra confusa. Sembra, perché la barriera linguistica non ci aiuta.

Lui, invece, sembra spaventato, e riferisce da alcuni giorni un dolore toracico diffuso, non proprio tipico, intermittente.

Già adesso mi rendo conto come sia facile prendere una strada sbagliata sin dall’inizio. Non bastano tutte le esperienze passate, i racconti dei colleghi, i blog, i corsi, gli articoli, tutte voci che ti ricordano i rischi di una situazione come quella.

La strada che ti conduce all’errore è sempre in discesa.

Lei non parla italiano, ha mal di denti, magari avranno entrambi bevuto: chissà quale strada avrei preso, se fossi stato da solo in Pronto Soccorso.

Per fortuna, però, in Pronto Soccorso non si è mai soli.

Per fortuna, il nostro è un lavoro di squadra, e nella nostra squadra, a lavorare gomito a gomito con noi, ci sono gli infermieri. Paolo e Marta, in triage, che si fanno venire in mente più dubbi e domande di quanto forse mi sarei fatto io.

E quindi, in triage lavorano.

Con la ragazza, perché sospettano che quel mal di denti sia in realtà espressione di una patologia cardiaca. Poco probabile, forse, ma dopotutto, perché no? certo, è donna ed è giovane, ma non sarebbe la prima volta. Strano, perché anche lui accusa dolore toracico, magari si saranno suggestionati a vicenda, ma al triage non c’è mai tempo per porsi troppe domande. Eseguono l’ECG, ad entrambi, che però risulta normale, a parte una modesta tachicardia sinusale.

Nulla di cardiaco, dunque? Vedremo…

Però insistono ancora, perché hanno ancora dubbi. Avvertono odore di fumo – capita spesso, in inverno – e pensano al monossido di carbonio. Eseguono l’emogasanalisi venosa per entrambi (sappiamo tutti che il dosaggio su sangue venoso è attendibile come quello arterioso) prelevando i campioni di sangue per i successivi esami ematochimici, giusto per ottimizzare i tempi, e qui iniziano i problemi:

  • lei, che al di là della barriera linguistica, appare davvero confusa e rallentata, ha un valore di monossido di carbonio pari all’8.4%. Non fuma, quindi è alterato (sebbene non a valori particolarmente preoccupanti)… comunque l’ipotesi era corretta, e quindi passiamo a
  • lui, apparentemente più lucido, ma con un curioso colorito rosso accesso della cute (il famoso rosso ciliegia!) ha un valore di monossido di carbonio pari a 3%. Normale, miseriaccia….

Quindi, facendo il punto della situazione, abbiamo una paziente fortemente sintomatica con un valore di monossido di carbonio lievemente alterato, ed un paziente comunque sintomatico e con un aspetto cutaneo patognomonico ma con un valore normale.

E’ notte, dicevamo, quando succedono le cose più strane…

Siamo di fronte ad una intossicazione da monossido di carbonio, questo è chiaro.

Ma di che tipo, e soprattutto, di che entità?

Acuta?

Sappiamo che non è il valore del monossido di carbonio, a guidare le scelte terapeutiche, ma la clinica: certo, che a vedere i valori non pensiamo subito ad una forma particolarmente severa, magari è una intossicazione importante che è stata prontamente interrotta. Ossigeno normobarico al 100% e vedremo risolvere il quadro.

O no?

Perché qualcosa non torna.

L’aspetto dell’uomo, innanzitutto, e il quadro neurologico della donna. Sono espressioni di intossicazioni severe, ma come possiamo incastrare questi aspetti con i valori documentati del monossido?

A dirimere ogni dubbio, sarà la troponina.

1040 ng/ml per lui, e 984 ng/ml per lei.

casi difficili, lavoro di squadra

Un infarto miocardico acuto, senza alterazioni ecg ed ecocardiografiche (dato che nel frattempo li ho valutati entrambi con l’ecografo), che si presenta in un cluster familiare, può avere solo una spiegazione: l’intossicazione da monossido di carbonio.

Però non acuta.

Cronica.

(ma di questo ne parleremo alla prossima puntata, in cui descriveremo meglio l’intossicazione cronica da monossido di carbonio, e la gestione di casi difficili grazie al lavoro di squadra)

Alessandro Riccardi
Alessandro Riccardi
Specialista in Medicina Interna, lavora presso la Medicina d’Emergenza – Pronto Soccorso dell’Ospedale San Paolo di Savona. Appassionato di ecografia clinica, è istruttore per la SIMEU in questa disciplina, ed è responsabile della Struttura di Ecografia Clinica d’Urgenza . Fa parte della faculty SIMEU del corso Sedazione-Analgesia in Urgenza. @dott_riccardi

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