mercoledì 27 Settembre 2023

Accesso venoso periferico in PS: è sempre necessario?

“Il 50% dei cateteri venosi periferici in Pronto Soccorso sono inutilizzati. Dolore inutile?” Così recitava il titolo di un articolo pubblicato su Annals of Emergency Medicine.

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I cateteri venosi periferici (cvp) sono il metodo più comune e semplice per ottenere un accesso endovenoso per la somministrazione di fluidi e farmaci. Il posizionamento di un dispositivo intravascolare che consenta l’accesso venoso periferico è una delle procedure più utilizzate nel Pronto Soccorso. L’inserimento di queste cannule, però, ha diversi svantaggi: richiede del tempo, provoca dolore e disagio del paziente e tale posizionamento è associato a piccoli ma reali costi e rischi.

Ma quanto è appropriato il loro utilizzo in PS?

Molto spesso il cvp viene impiegato più per consuetudine acquisita nel tempo, o per evitare una seconda venipuntura al paziente, piuttosto che per reale necessità.

LO STUDIO

Gli autori hanno eseguito uno studio di coorte retrospettivo utilizzando una revisione delle cartelle cliniche di un Pronto Soccorso australiano per un periodo di 30 giorni. Hanno osservato tutti i pazienti che avevano una cannula endovenosa periferica e determinato l’incidenza di cateteri venosi periferici inutilizzati.

OBIETTIVO

L’obiettivo dello studio è stato quello di determinare l’incidenza di cannule venose periferiche inutilizzate in Pronto Soccorso e la quantità di cvp non utilizzati in pazienti successivamente ricoverati nei reparti di degenza.

MATERIALI E METODI

Sono state prese in esame cartelle cliniche per un periodo di 30 giorni nel Giugno 2011 di pazienti adulti che avevano una cannula endovenosa periferica registrata come “procedura” nella cartella clinica di PS (Il campo “procedura” nella cartella clinica è obbligatoria ed il personale infermieristico è tenuto a registrare la tecnica).

Dallo studio sono stati esclusi i pazienti in pericolo di vita ed i pazienti trattati dal servizio di emergenza territoriale.

L’ospedale preso in esame dispone di protocolli e procedure che indicano al personale come inserire cannule intravenose periferiche, ma non a quali pazienti inserirle. Non esiste un protocollo che preveda l’incannulamento endovenoso ai pazienti ricoverati. Quindi, i dati sono stati raccolti anche per determinare la percentuale di pazienti ricoverati ai quali il cvp non è stato utilizzato per le successive 72 ore.

Per cvp inutilizzati si definivano quelle cannule non utilizzate per la somministrazione di fluidi o farmaci, fino alla dimissione dal PS.

RISULTATI

Il 50% di cannule venose periferiche inserite in pronto soccorso risultavano inutilizzate. In quasi la metà (43%) dei pazienti ricoverati, le incannulazioni endovenose non sono state utilizzate nelle 72 ore seguenti.

Tra i 3.829 pazienti visitati nel periodi di osservazione dello studio, 570 avevano cannule intravenose periferiche inserite in PS, di cui 284 (50%) sono stati inutilizzate. 62 pazienti che avevano cannule intravenose periferiche non utilizzate in ED sono stati ricoverati. Tra questi, 23 pazienti (45%) hanno avuto cannule intravenose periferiche non utilizzate nelle seguenti 72 ore.

L’età dei pazienti non influenzava l’utilizzo o non utilizzo del cvp. Pazienti dimessi da PS avevano una maggiore probabilità di avere un agocannula inutilizzato. Non vi erano differenze significative tra i codici di triage, il sesso e operatore che ha effettuato la tecnica di inserimento del cvp.

LIMITI

Lo studio è stato effettuato in un singolo pronto soccorso australiano quindi i risultati non possono essere generalizzati.

Sono stati esclusi i pazienti con immediato pericolo di vita, che potevano aumentare il rapporto di cvp inutilizzati ma, viste le dimensioni ridotte del campione, l’effetto sarebbe minimo. Gli autori hanno volutamente escluso questi pazienti perché l’obiettivo è un intervento per ridurre la quantità di cannule intravenose periferiche non utilizzate, e questo non includerebbe i pazienti in pericolo di vita. Alcuni pazienti ad alto rischio, come quelli con dolore toracico cardiaco possono avere una cannula endovenosa periferica che è inutilizzata, ma non inutile. Sarebbe necessario uno studio prospettico per determinare se una cannula endovenosa periferica è inutilizzato e inutile.

Sebbene questo studio non ha distinto tra cvp inutilizzati e cvp inutili, il loro utilizzo risulta essere superiore rispetto a quanto realmente sarebbe necessario.

butterflyCOMMENTO PERSONALE

Questo studio dimostra che la metà delle cannule intravenose periferiche inserite nel PS sono inutilizzate.

Nel pratica quotidiana le cannule vengono utilizzate per effettuare il prelievo ematico. In molti di questi casi, l’accesso venoso viene utilizzato solamente per effettuare un prelievo venoso, mentre nei restanti viene utilizzato anche per eseguire terapia o espansione volemica.

Questo dato assume particolare importanza, soprattutto se rapportato all’indicazione di posizionamento, in quanto sono proprio le cannule che vengono utilizzate solamente per il prelievo, posizionate su libera iniziativa dell’infermiere o su prassi non codificate acquisite nel tempo, quelle che potrebbero essere evitate e sostituite con la procedura di prelievo ematico con ago Vacutainer.

Non dimentichiamo che le complicanze di un incannulamento venoso periferico possono essere molteplici.

Si può verificare un ematoma in sede di puntura a seguito della rottura del vaso, possiamo avere il verificarsi di tromboflebite, infezioni della cannula con conseguente flebite, possiamo ancora avere lo stravaso di farmaci ed infine si può incorrere in una puntura accidentale di un vaso arterioso.

Si possono ancora avere delle complicanze eccezionali e rare come l’embolia gassosa, la tromboflebite suppurativa e l’embolia polmonare.

Una maggior discriminazione da parte di infermieri e medici nel decidere chi debba essere incannulato o meno o la sostituzione del posizionamento di CVP per un solo prelievo ematico con la procedura che utilizza il semplice ago Vacutainer, porterebbe anche ad una riduzione dei costi.

Non dimentichiamo che verrebbe verosimilmente migliorata anche la soddisfazione del nostro paziente.

Vincenzo Peloponneso, Infermiere Pronto Soccorso – Cuneo (account Twitter: @vinpel)

BIBLIOGRAFIA

Limm EI, Fang X, Dendle C, Stuart RL, Egerton Warburton D. Half of All Peripheral Intravenous Lines in an Australian Tertiary Emergency Department Are Unused: Pain With No Gain? Ann Emerg Med. 2013 Apr 23

Vincenzo Peloponneso
Vincenzo Peloponneso
Infermiere presso Dipartimento di Emergenza e Urgenza ASO S. Croce e Carle – Cuneo Appassionato di evidence based nursing. I miei interessi scientifici riguardano tutto ciò che è inerente l’assistenza alla persona in area critica. Mi occupo di educazione, formazione e ricerca in ambito infermieristico. @vinpel | + Vincenzo Peloponneso

13 Commenti

  1. Sono pienamente concorde con questo studio, anche perchè nella mia esperienza quotidiana in PS, utilizzo aghi cannula per eseguire banali prelievi ematici,con conseguente disagio dei pazienti o addirittura rischi di complicanze ed aumento dei costi (ago cannula, rubinetto a 2 vie e tappini) quando un semplice e più economico Vacutainer sarebbe efficace allo stesso modo!!!!

  2. Io mi permetto di dissentire, dal “basso” della mia scarsa esperienza (1 anno circa in pronto soccorso):

    Intanto il prelievo lo fanno tutti, per cui la cannula non è sprecata ma al limite è di troppo.

    Poi non si può sapere a priori se il paziente avrà bisogno di terapia, fluidi o altro. Mettere una cannula durante un’emergenza perché non si è messa quando magari le condizioni erano migliori mi pare molto più complesso.

    Aggiungo che vedo spesso usare cannule rosa in ambulanza, ma poi in pronto soccorso non le usano perché troppo sottili. Magari sono quelle il 50% inutilizzato? 🙂

  3. Anch’io mi permetto di dissentire, dall”alto” della mia esperienza.L’ago cannula ti permette di gestire al meglio la sicurezza del Paziente
    Nella mia realta’ quotidiana in ps L’ utilizzo del presidio e’ previsto solo se seguito da una terapia ev necessaria,oppure si prospetta un osservazione per potenziale rischio, non vedo tutto questo uso indiscriminato nel suo utilizzo.chi necessita di semplice prelievo,questo lo si fa col vacu.
    Forse bisogna rivedere qualche protocollo,
    La valutazione e gestione del Paziente e’ fondamentale nel determinare la reale necessita’ di reperire un avp.

  4. Vi ringrazio per i commenti al post. In questo modo è possibile scambiare idee e punti di vista.
    Lo studio come dichiarato dagli autori ha alcuni limiti però mi sembra doveroso precisare che non si sta parlando di cvp posizionati in urgenza. Gli autori hanno escluso pazienti in pericolo di vita (Australasian Triage Scale 1) questi soggetti infatti possono avere una cannula endovenosa periferica che è inutilizzata, ma non inutile.

  5. Commenti simili a quelli di Mauro e Simone li ho sentiti in ospedale. Il tema è tutt’altro che banale e sono, secondo me necessarie, alcune riflessioni.
    Per quanto mi è dato di sapere non ci sono studi che ci dicano che il posizionamento di cannule venose in pronto soccorso migliori l’outcome dei pazienti.
    L elemento critico è valutare il potenziale rischio evolutivo, se questo è alto ovviamente il paziente non avrà solo bisogno di un accesso venoso periferico ma anche di un monitoraggio, niente a che vedere quindi con i pazienti seduti in sala di attesa e con tanto di cannula numero 18 o superiore.
    In condizioni di arresto o periarresto sappiamo bene che la vena è l’ultima cosa , anche se noi tutti non riusciamo ad abbandonare l’assioma che la terapia endovenosa possa aiutarci a salvare il paziente. Cosi non è, l’uso dell’adrenalina, non migliora la sopravvivenza nè dentro nè fuori l’ospedale e qui si che ci sono evidenze. Allora perché non ridurre il fastidio al paziente, le possibili complicanze, il tempo infermieristico e la spesa riducendo il numero di accessi vascolari periferici? Credo che la risposta più semplice sia perché da sempre abbiamo fatto così. Discorsi analoghi potrebbero farsi sull’uso dei guanti sterili e della soluzione fisiologica nelle suture o degli antibiotici dopo l’incisioni di ascessi. ” Non ci saranno evidenze ma a me hanno insegnato così…” una delle risposte che più frequentemente ascoltiamo. Penso che sia giunto il momento di cambiare.

  6. D’accordissimo su tutto (infatti sono quello, nel mio DEA, che fa incannulare meno, ha fatto abolire i guanti sterili per la sutura di ferite eccetera), tranne che per gli antibiotici dopo drenaggio degli ascessi… 😉 Lì sì, che bisogna distinguere!! 🙂 E’ vero che “ubi pus, ibi evacua”, ma è vero anche che qualche volta l’antibiotico ci vuole!!
    Allora, ragazzi, meno accessi venosi inutili. Tra l’altro, in questo periodo di spending review, magari ci danno anche una medaglia.
    Buon lavoro!!

  7. Lavorando in un reparto d’urgenza-emergenza come è l’utic, il paz. che arriva in reparto con un buon accesso venoso periferico , ci risulta molto utile in quanto se dovesse capitare una immediata urgenza è li a disposizione, se invece, come capita spesso bisogna monitorare gli enzimi cardiaci nelle 24h., viene usato per fare prelievi senza di volta in volta “bucarlo”.
    Quì quando questo funziona. Il più delle volte invece, devi perdere tempo o ad aggiustare i cvp mal posizionati oppure devi comunque rimuovere quello presente e trovare un altro accesso venoso. Quindi direi che si se i colleghi in P.S. fanno un buon lavoro nel posizionare un cvp. e tutto lavoro guadagnato e soprattutto tempo utile per il pz. no se è solo di facciata per far vedere ai parenti , al pz. che comunque ci si da una mossa in P.S.
    Bisogna capire che il nostro lavoro è una lunga catena, più è serrata bene, più facile per tutti diventa operare sulle persone.

  8. Massimo,
    il setting della terapia intensiva è ovviamente diverso da quello del pronto soccorso. In quella sede il rischio evolutivo è elevato e come ho già detto il posizionamento della cannula venosa non si discute.Altro invece è ragionare su pazienti a rischio medio basso che rappresentano la stragrande maggioranza degli utenti. In questi casi credo che soprassedere al posizionamento di un accesso vascolare in molti di essi,non solo sia utile ma consigliabile per i motivi sopra esposti.
    In ogni caso, anche nell’eventualità di errori di valutazione,come ad esempio nel caso di un paziente considerato a basso rischio che invece diventa critico durante l’osservazione, tutto si deve concludere in pronto soccorso, per l’appunto con il posizionamento della cannula venosa prima che lo stesso venga ricoverato in UTIC o altra area ad alta intensità di cure.
    E’ pensabile avviare un paziente alla sala di emodinamica privo di accessi venosi periferici?
    Il problema quindi non si dovrebbe porre, almeno questa è la mia esperienza.

    • Condivido a pieno ciò che Carlo scrive, anzi bisogna che ci si limiti a reperire cvp anche a bordo dei mezzi del 118, Ovviamente a seguito di attenta e corretta valutazione del paziente.

  9. In P.S. i pazienti si recano per motivi disparati. Dipende dall’esperienza, dall’istinto del medico, valutare a chi apporre un agocannula e liquidi. Avere una via d’accesso per interventi tempestivi è una sicurezza. L’ultima cosa da fare prima di lasciare il pronto è toglierlo, l’ago cannula.

  10. Miei cari, se un paziente viene in DEA per una bronchite, una diarrea emodinamicamente stabile, una cefalea neurologicamente silente, un dolore addominale “non chirurgico” (e potrei continuare), non sempre la CVP è essenziale.
    Una accurata e attenta disamina è l’arma vincente, anche per alzare il nostro livello di attenzione e non farci prendere da una noiosa routine…Spesso mi accorgo che anche se non richiedo espressamente u ECG, per esempio, mi accorgo che l’Infermiere, abituato da anni a medici che “facciamolo, non si sa mai” anche in caso di bronchite o faringite nel giovane, lo ha già eseguito mentre io sto ancora aprendo il file del paziente…!!!!!!!

    Buon lavoro.

  11. Ciao a tutti sto affrontando questo problema nella mia realtà lavorativa. Sono 16 anni che faccio pronto soccorso e la questione in causa è ( come tra l’altro dice lo studio) il numero di accessi venosi inutilizzati e non quelli inaproppriati.
    Fermo restando comunque che il 50% degli accessi è pur sempre un numero alto, ma di questi dobbiamo togliere proprio quei casi che potrebbero evolvere in situazioni di criticità come il dolore toracico, la cefalea, ecc. se poi aggiungiamo l’astenia dell’anziano che spesso volentieri è disionemico e quindi necessita di reintegro.
    Tutto questo per dire che non è facile puntare al cambiamento ma comunque è doveroso.
    Suggerisco di iniziare con il distinguere dove avviene l’incanulazione dell’accesso venoso se in ambulatorio e quindi su prescrizione medica o già al triage e quindi in autonomia da parte dell’infermiere, poi occorre distinguere quali patologie ricevono un cvp che risulta poi inutilizzato ( spesso è proprio il dolore toracico) e su queste occorre lavorare per protocolli.
    Comunque su questa linea ho approntato il mio lavoro, appena finisco vi faccio sapere
    Nicola S

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