Nei pazienti con endocardite infettiva acuta, insufficienza valvolare e scompenso cardiaco, vi è in genere accordo che il trattamento chirurgico in urgenza sia indicato. Meno chiaro il timing chirurgico in situazioni in cui, nonostante la presenza di grosse vegetazioni valvolari e di insufficienza funzionale importante non siano presenti segni di scompenso acuto e l’indicazione sia rappresentata “solo” dalla prevenzione delle embolie sistemiche.. La chirurgia precoce in questi casi è una valida alternativa al trattamento convenzionale basato sulla somministrazione di antibiotici?
E’ stato appena pubblicato sul New England uno studio randomizzato che ha cercato di rispondere a questo quesito mettendo a confronto la chirurgia precoce con la terapia convenzionale: Early surgery versus conventional treatment for infective endocarditis.
Vediamolo più da vicino
La chirurgia rappresenta il trattamento definitivo ancora per il 50% dei pazienti trattati con antibiotico terapia ma il dibattito continua riguardo a quando questo trattamento debba essere eseguito. E’ invalsa l’idea che un trattamento chirurgico precoce dell’endocardite in un paziente con infezione attiva al fine di ridurre gli eventi embolici, possa essere rischioso e tecnicamente complicato anche se ci sono dati che invece suggerirebbero che questo tipo di interventi sia gravato da una bassa mortalità come recentemente pubblicato su The Annals of Thoracic Surgery Ritardare l’operazione , d’altra parte, potrebbe precipitare lo scompenso cardiaco e favorire altre complicazioni come ad esempio i disturbi della conduzione e lo sviluppo di emboli.
Al riguardo le linee guida internazionali quelle ACC-AHA del 2006 suggerivano l’opzione chirurgica solo in pazienti con embolie ricorrenti e con persistenza delle vegetazioni ( classe IIa) e quelle ESC del 2009 la raccomandavano in presenza di vegetazioni molto grandi ( >15 mm di diametro) (classeIIb).
Lo studio
Lo studio EASE The Early Surgery versus Conventional Treatment in Infective Endocarditis aveva l’obiettivo di verificare se la chirurgia precoce fosse in grado di ridurre mortalità ed eventi embolici.
In due centri cardiochirurgici della Corea del Sud sono stati randomizzati 76 pazienti con una diagnosi di endocardite infettiva che interessava mitrale o aorta nel ricevere, entro 48 ore dall’arruolamento, la terapia antibiotica convenzionale o il trattamento chirurgico di sostituzione valvolare.
Criteri di inclusione– età maggiore di 18 anni
– diagnosi di endocardite è stata effettuata secondo i criteri di Duke modificati
– vegetazioni valvolari di dimensioni maggiori di 10 mm di diametro
– presenza di disfunzione valvolare severa
Criteri di esclusione
– età maggiore di 80 anni
– presenza di comoborbidità importanti ( neoplasie)
– concomitante ictus embolico alla diagnosi
– presenza di insufficienza cardiaca moderata-severa o blocco atrio-ventricolare
– lesioni valvolari destruenti richiedenti un’ immediata terapia chirurgica
– ascessi valavolari
– endocarditi fungine
Obiettivo
Outcome primario dello studio è stato un end point combinato di eventi embolici e morte entro 6 settimane dalla randomizzazione. End point secondari sono stati: gli eventi embolici, le recidive dell’endocardite, le nuove ospedalizzazioni a causa di scompenso cardiaco o la morte per qualsiasi causa a 6 mesi di follow up.
Risultati– Nel gruppo chirurgia precoce non si è verificato alcun evento embolico e vi è stato un decesso in entrambi i gruppi
– Gli episodi embolici sono stati invece 8 nel gruppo terapia convenzionale ed in 5 di essi è residuato un deficit neurologico.
Anche guardando agli end point secondari la chirurgia precoce è risultata più vantaggiosa, anche qui grazie all’assenza di episodi embolici rispetto agli 8 verificatisi con il trattamento convenzionale.
Tra i 39 pazienti trattati con il regime convenzionale 30 (77%) vennero sottoposti a intervento chirurgico per endocardite, 27 dei quali durante il periodo di ospedalizzazione.
Conclusioni
Gli autori concludono che la chirurgia precoce in pazienti con endocardite infettiva, grosse vegetazioni e disfunzione valvolare importante riduce l’end point combinato primario di morte ed eventi embolici, grazie alla riduzione significativa di questi ultimi.
Limitazioni
Come sottolineato nell’editoriale di accompagnamento del New England nello studio sono presenti alcune limitazioni
– lo studio non è multicentrico, ha raccolto pochi pazienti in un periodo dui tempo discretamente lungo (oltre 4 anni)
– Non è riportato l’intervallo tra la diagnosi di endocardite e il trattamento chirurgico così come la conferma anatomopatologica delle lesioni valvolari.
– Il patogeno prevalentemente identificato è stato lo streptococco viridans per cui non è possibile estendere le conclusioni dello studio a forme di endocardite causate da altri germi
Commento personale
Il dato sicuramente più sorprendente è rappresentato dal fatto che il 77% dei pazienti arruolati nel trattamento convenzionale è stato sottoposto a trattamento chirurgico , il 69% durante il periodo di ricovero. In poche parole la stragrande maggioranza di questi pazienti alla fine va incontro alla terapia chirurgica, operarli precocemente comporterebbe secondo questo studio una netta riduzione degli eventi embolici e della conseguente disabilità Un risultato che, se confermato da studi più corposi, non penso non si possa tenere conto.
Grazie!!
Abbiamo una brutta endocardite da Enterococcus faecium…questo è il tipo di studi che aiuta molto il mio lavoro sulle malattie infettive.