Lavorare in pronto soccorso richiede agilità mentale e capacità decisionale.
Di fronte a un problema clinico che ha bisogno di risposte rapide per trovare una soluzione, spesso infatti non possiamo permetterci di analizzare ogni particolare, dobbiamo agire.
Per questo usiamo delle scorciatoie mentali che ci possono aiutare a centrare rapidamente il nostro obiettivo: fare una corretta diagnosi e la conseguente terapia.
Sappiamo bene che questo percorso, che facciamo in modo del tutto automatico, a volte risulta ingannevole e ci può portare completamente fuori strada
Euristiche e bias cognitivi
Non preoccupatevi, non sono qui per fare uno sproloquio, su un tema, pur cosi importante, come quello delle euristiche e dei bias cognitivi, che in modo inconsapevole mettiamo in pratica tutti giorni, ma per condividere la mia esperienza.
La storia di Marianna
E’ una domenica mattina e l’infermiera al triage entra nella sala visita.
“ho fatto un codice giallo, una signora di circa 80 anni, ipertesa senza altri problemi di rilievo. Da stamane è agitata e dispnoica. I parametri sono a posto. Le ho fatto un EGA. Tutto è a posto tranne che a 7 di emoglobina…”
La prima impressione
Sappiamo tutti che , soprattuto di fronte a un paziente critico, ci facciamo subito ,con un rapido sguardo di insieme, un’idea di quale possa essere il problema.
Idea che richiederà conferme con dei passi successivi basati su anamnesi, esame fisico e test diagnostici.
Più si invecchia e in teoria si diventa medici esperti, più questa prima impressione si affina, ma come è facile intuire è un’arma a doppio taglio e, come si suol dire, mai fidarsi delle apparenze.
Marianna è agitata, questa è l’unico dato evidente.
“Mi manca il respiro…” ripete.
La prima impressione, questa volte non mi aiuta, ed è indubbiamente condizionata da quei parametri vitali sostanzialmente normali eccetto una lieve tachicardia su 110 min e dal dato dell’EGA.
Anamnesi
Di qui parte tutto. Un’anamnesi ben fatta e fai la diagnosi in moltissimi casi.
Purtroppo questa volta non c’è niente di illuminante.
Una storia di ipertensione e un po’ di ansia trattata saltuariamente con benzodiazepine, e certo anche l’artrosi che causa a volte forti dolori che la paziente “cura” con antinfiammatori.
Ovviamente con il dato dell’anemia la prima considerazione è verso una possibile fonte di sanguinamento.
Marianna poi, per la sua artrosi, ha usato qualche antidolorifico nei giorni precedenti l’accesso in DEA, ma, ripetutamente interrogata, non ha mai avuto né ematemesi né melena.
Allrgando poi il campo delle ipotesi, niente ortopnea, nicturia, dolore toracico nè fattori di rischio per una malattia tromboemebolica.
Esame fisico
Anche l’esame fisico non sembra aiutarci. Le giugulari sono piane.
L’esame cardiopolmonare del tutto indifferente così l’addome. Non vi sono edemi e l’esplorazione rettale è priva di alterazioni patologiche, le feci sono normocromiche.
Test
Chiediamo gli ematici e una radiografia del torace, non prima di avere dato uno sguardo con l’eco che ahimè questa volta non ci aiuta.
La cinesi del ventricolo sinistro è buona, il ventricolo destro non è aumentato di volume, non vi è versamento pericardico.,niente PNX, versamento o sindrome intestiziale. La cava di dimensioni regolari collabisce durante l’inspirazione.
Prima ipotesi
Non siamo contenti. La situazione non è chiara. Anamnesi ed esame fisico non sono stati chiarificatori. Unico dato l’anemia che, per forza, per essere così sintomatica, deve essere acuta.
Ora un’anemia acuta che non sia secondaria a un’emorragia a cosa può essere ricondotta, ragiono con Luca lo specializzando che sta lavorando insieme a me. A un’ emolisi ovviamente.
Marianna avrà un’anemia emolitica acuta.
Non sono proprio convinto, ma al momento non vedo alternative.
Negli ultimi anni mi è capitato di vedere più di un caso di favismo in paziente avanti con gli anni che non erano a conoscenza della loro patologia.
Interroghiamo Marianna anche in quella direzione: niente!
“Ho sempre mangiato le fave senza problemi, ma non recentemente e neanche minestrone surgelato….”
Aspettiamo gli esami.
Ragionamento clinico
Ci ripetiamo, pensando ad alta voce: se Marianna non ha un problema cardiaco e respiratorio, la causa della sua dispnea non può che essere legata alla sua anemia.
Anemia che per essere cosi sintomatica deve, per forza di cose essere acuta. Quali sono le cause di anemia acuta?
In primis un’emorragia e , in sua assenza, l’emolisi.
Cosa ci aspettiamo di trovare quindi in caso di una anemia emolitica acuta?
- un aumento dei reticolociti e di conseguenza del volume globulare
- un aumento di bilirubina ed LDH
- consumo di aptoglobina
Anemia acuta
Ho trovato una bella revisione aggiornata ad Aprile 2018 su Medscape vediamo cosa dice
Cause di anemia acuta minacciose per la vita
- Trauma
- Emorragia digestiva massiva superiore o inferiore
- Rottura di gravidanza ectopica
- CID – Coagulazione Intravasale Disseminata
Eziologia
- Emorragia
- Emoglobinopatie
- Sickle cell Anemia
- Anormalità enzimatiche della parete del globulo rosso
- Deficit di G6PD
- Deficit di PK
- Coagulopatie congenite
- malattia di Von Willebrand
- Emofilia A e B
- Anemia emolitica autoimmune
- Disturbi acquisiti delle paistrine
- Porpora trombotica trombocitopenica
- Porpora trombocitopenica autoimmune
- Sindrome emolitico uremica
- Coagulazione Intravasale Disseminata
Vediamo quello che vogliamo vedere
Arrivano gli esami.
L’anemia è confermata ed è macrocitica, l’aptoglobina è indosabile.
Abbiamo fato centro. E’ un’anemia emolitica.
Cerchiamo conferme e guardiamo la conta dei reticolociti. Sappiamo che in caso di emolisi aumentano.
A colpo d’occhio ci colpisce che una dei tre risultati – conta reticolocitaria, percentuale dei reticolociti e contenuto di emoglobina nei reticolociti dimostri un incremento numerico.
In realtà non guardo neanche inconsciamente le prime due caselle che dimostrano un numero e una percentuale normale di reticolociti, del resto allo stato delle cose l’emolisi acuta è l’ipotesi più plausibile.
Poco importa se bilirubina ed LDH risultano normali, rimango fermo sulle posizioni e provo un certo disappunto quando arriva il risultato del test di Coombs: negativo come la TC che avevo rischiesto nel’ipotesi che una malattia linfoproliferativa fosse alla base del quadro clinico
Lavoro di squadra
Pieno di dubbi lascia Marianna in coonsegna al collega del pomeriggio, non dopo aver chiesto del sangue per una trasfusione, al momento l’unica cosa certa da fare.
Il giorno dopo incontro Edoardo, il collega che adesso sta seguendo la paziente e gli chiedo di Marianna” penso abbia una mielodisplasia, con reticolciiti, bilirubina e ldh normali diffcile pensare a un’emolisi…
L’ematologo ha fatto ua biopsia osteomidollare, vedremo…”
“E la dispnea?” chiedo, mortificato di aver preso una cantonata così grande.
Probabilmente solo ansia, del resto la TC non ha evidenziato alcun segno di embolia polmonare o di pnemopatia e l’ecocardiogramma ha confermato la tua impressione clinica iniziale…”
Considerazioni personali
Sono convinto che molti di voi penseranno che quanto detto è solo la descrizione di un errore basato su un’analisi superficiale dei dati a disposizione. Difficile obiettare.
Quello che mi premeva invece era condividere un’esperienza. Un meccanismo mentale che mi ha portato completamente fuori strada.
In quel contesto per me l’emolisi acuta era l’unica diagnosi che metteva insieme sintomi, segni ed esame di laboratorio iniziale,
Questo un altro punto su cui soffermarsi. Ci hanno insegnato e abbiamo imparato a cercare di trovare una sola causa unificante per spiegare un certo quadro clinico. Questo per lo più è vero, ma non sempre.
Tirando le somme alla fine possiamo dire che pratichiamo le euristiche ogni giorno nel nostro lavoro e ella vita.
Sono scorciatoie spesso utili, ma che a volte ci possono trarre in inganno Averne coscienza senza dubbio ci può aiutare a cercare di evitare di fare o ripetere errori, che non dimentichiamolo, fanno parte del nostro lavoro di medici.
Commenti come sempre sono i benvenuti.
Bel post su un argomento che mi coinvolge da tempo.
Sicuramente comprendere i meccanismi del ragionamento clinico ci mette nella condizione per svolgere meglio il nostro lavoro. Le euristiche ci consentono di essere molto efficienti e rapidi ma per la loro stessa natura possono indurci in errore, conoscerle ci permette di applicarle in modo più consapevole. Quando poi l’errore capita vi sono strumenti (autopsia cognitiva) che ne fanno comprendere la genesi e permettono di trovare meccanismi di correzione.
SIMEU aveva formato un gruppo di studio su questi temi e proposto un corso, se c’è interesse si può riproporre.
Grazie Carlo per i tuoi continui stimoli
Marco, grazie a te per il commento. Sono anche io convinto che cercare di approfondire questi argomenti in qualunque sede e con diversi mezzi possa essere di grande utilità per tutti noi.