Cosa è emerso di nuovo sul rapporto tra la COVID-19 e gli antipertensivi (ACE inibitori e sartani)?
Il 23 marzo avevamo pubblicato un primo post sull’argomento: era una analisi dei dati (pochi), delle informazioni ottenute dalla prima SARS e dai modelli animali, integrando quello che sappiamo del ruolo protettivo sul polmone del recettore AT1.
Per fare un breve riassunto, si era scatenato il panico per alcune osservazioni preliminari:
- il virus sfrutta l’ace2 per entrare nelle cellule
- l’ace2 è elevato nei soggetti in terapia con sartani e ace inibitori
- i dati cinesi preliminari dimostrano l’ipertensione tra i fattori di rischio nei pazienti con le manifestazioni peggiori e il maggior rischio di decesso.
2+2 in medicina non fa sempre 4,
soprattutto se i dati in nostro possesso sono limitati se non fumosi: eppure abbiamo assistito ad una ondata di panico, con inviti a sospendere nella COVID-19 gli antipertensivi (ace inibitori e sartani), situazione simile a quanto osservato per i FANS.
Il 13 marzo l’European Society of Cardiology pubblicava un alert in cui invitava i medici a non sospendere la terapia con questi farmaci per l’assenza di una certa evidenza di pericolosità. Posizioni simili sono state prese dalle principali società cardiologiche mondiali (AHA, HFSA, ACC, ISH) e nazionali (SIC).
In realtà, come avevamo ipotizzato nel post precedente, e come è stato poi messo in evidenza dalla letteratura pubblicata in seguito, l’infezione virale causa una riduzione dell’ace2, che potrebbe portare ad uno sbilanciamento nell’asse dell’angiotensina.
l’ace2 ha una azione protettiva, eliminando l’eccesso di angiotensina 2 e pertanto, la riduzione dell’ace2 dopo l’infezione determina una azione non più limitata sui recettori at1 con:
- vasodilatazione ed edema alveolare
- infiammazione
- fibrosi
I sartani, che bloccano l’at1, potrebbero avere addirittura un ruolo protettivo, come dimostrato da modelli animali con induzione di ARDS.
Tutto questo è stato discusso nel precedente post per cui non ha senso ripeterlo.
Cosa abbiamo di nuovo?
Il 18 marzo l’European Heart Journal pubblica un editoriale che conferma quanto espresso nel panel di esperti, e sottolinea un dato importante: probabilmente il fattore progonostico più potente è l’età avanzata, e la elevata frequenza di ipertensione arteriosa, diabete mellito, cardiopatia ischemica è solo un fattore casuale e non causale, ossia legato all’elevata prevalenza di queste malattie nelle fasce di età più avanzate.
L’analisi di un registro come il CHINA PEACE MILLION PERSON PROJECT ha messo in evidenza che la prevalenza di ipertensione arteriosa nella popolazione cinese tra i 35 anni e i 74 anni è del 50%, ma che solo 1/3 dei pazienti è in terapia con ace inibitori o con sartani.
A maggior ragione, pertanto, la correlazione tra le COVID-19 più gravi e gli antipertensivi (sartani e ace inibitori) non solo non è dimostrata, ma diventa anche improbabile.
Un bel lavoro pubblicato su Circulation Resarch il 17 aprile effettua una analisi retrospettiva su oltre 3000 pazienti affetti da COVID-19 nella provincia di Hubei, in Cina, escludendo dalla analisi i pazienti deceduti per cause acute (infarto miocardico, stroke, embolia polmonare) o con patologie scompensate o end stage, in modo da avere un campione quanto più pulito possibile, per valutare l’impatto dell’ipertensione arteriosa sulla prognosi.
Su 3611 casi entrati nello studio, 2302 malati con COVID-19 non erano ipertesi, e 1128 erano ipertesi, di cui solo una piccola parte (188) era in terapia con antipertensivi ace inibitori e sartani (questo conferma i dati del CHINA PEACE).
Con i limiti di uno studio retrospettivo, gli autori dimostrano come la terapia con ACE inibitori e sartani riduce:
- la frequenza di polmoniti bilaterali e dispnea
- la mortalità (calcolata fino a 28 giorni): 9.8% nei pazienti ipertesi non in trattamento con ACE inibitori o sartani, 3.7% nei pazienti trattati con questi farmaci
- la mortalità per tutte le cause anche non direttamente COVID-correlate
- la percentuale di shock settico e di DIC.
E questi dati sono stati confermati anche da analisi multivariate a parità di inidici di severità clinica.
Questi sono ovviamente dati preliminari, basati su studi retrospettivi e necessitano pertanto di un approfondimento con studi prospettivi e osservazionali, tenendo conto anche delle differenti popolazioni su base regionale, come sottolineato dagli stessi autori.
Ma mettono un punto fermo……ossia gli antipertensivi ace inibitori e sartani non sono controindicati nella COVID-19 e pertanto da questo dovremmo ripartire.
Anche perché tutti gli autori, anche in un articolo pubblicato dal New England Journal of Medicine suggeriscono un probabile ruolo protettivo del sartano nei pazienti con COVID-19, e questo basandosi sulle considerazioni descritte sopra e nel post precedente.
Mai, come in questa pandemia, avevamo dovuto gestire una malattia grave con un numero così limitato di informazioni e di terapie validate, e questo ha indotto comportamenti del tutto imprevedibili e imprevisti.
Abbiamo rincorso terapie basandoci su evidenze deboli (era inevitabile) ma soprattutto abbiamo inseguito, come farfalle attratte da un lampione, chiunque proponesse per la COVID-19 strade da percorrere (la terapia anticoagulante) e da evitare (FANS, antipertensivi come sartani e ACE inibitori), dimenticando a volte il buon senso che deve servire da guida e da collante per ogni decisione.
La prima regola del decalogo contro il fanatismo stilato da Bertrand Russell recita: “Non sentirti assolutamente certo di nulla.”
Questo vale sempre, ma diventa fondamentale in questa pandemia da COVID-19, in cui le regole EBM e il sistema peer-per-review sono messi in crisi, e la diffusione di notizie non avviene solo per canali FOAMed ma sfrutta una diffusione poco controllata tramite social media.
Un recentissimo editoriale pubblicato sul New England Journal of Medicine invita i medici a riconoscere i possibili errori cognitivi in cui rischiamo di cadere in questa situazione, esposti a tonnellate di informazioni (spesso aneddotiche) e in preda all’ansia di dover far qualcosa, senza avere in mano nulla di efficace.
Errore di disponibilità alle informazioni, che ci spinge ad inseguire l’ultima notizia letta, per esempio, dimenticando che il primo comandamento di ogni medico
Primo, non nuocere
dovrebbe essere sempre rispettato.
Gli autori invitano i medici ad essere la voce della ragione.
Quindi usiamo la ragione, quando qualcuno ci propone una nuova terapia efficace, o la soluzione a tutti i problemi legati alla COVID-19, o ci invita a sospendere terapie in corso come gli antipertensivi perché pericolose.
Cerchiamo di verificare su quanti casi si appoggiano queste considerazioni, con quale metodo sono state raccolte, e poi decidiamo.
Cercando, come invitava Russell, di non essere mai certi di nulla.
BIBLIOGRAFIA AGGIORNATA
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