domenica 1 Ottobre 2023

COVID-19 e i “Super Spreading Event”

Da quando è iniziata la pandemia abbiamo iniziato ad avere confidenza con numerosi termini, sentiti e usati magari durante l’università e la specializzazione, ma poi inseriti nel nostro dimenticatoio. Sono tanti i termini e ne possiamo ricordare qualcuno: droplet, super-spreader, letalità vs mortalità, R0, recettori ACE2, coronavirus…

Tra questi termini mi vorrei soffermare sull’R0 e sui super spreader: argomenti di questo lungo post.

Che cos’è l’R0?

Per R0 si intende il “numero di riproduzione di base” ovvero il numero medio di infezioni secondarie prodotte da ciascun individuo infetto in una popolazione completamente suscettibile al patogeno. È un parametro che misura la potenziale trasmissibilità di una malattia infettiva.

Il numero di riproduzione di base indica solamente la media di quanti soggetti verranno contagiati da una persona infetta. È intuitivo comprendere come più alto sia questo numero più alto sia il numero di contagi e più veloce la trasmissione della patologia.

Ovviamente vi sono dei fattori concomitanti che possono influenzare la rapidità di contagio come ad esempio il tempo di incubazione e la durata dell’infezione.

Il basic reproduction number è inoltre uno dei determinanti per il raggiungimento dell’immunità di gregge, la quota minima di popolazione immunizzata che impedisce la propagazione di una patologia infettiva all’interno di una comunità. Con l’incremento dei valori di R0 una più alta immunizzazione della comunità è necessaria per il raggiungimento dell’immunità di gregge.

Possiamo considerare due situazioni:

  • R0 > 1 che corrisponde a fasi di espansione
  • R0 < 1 che corrisponde a fasi di contenimento

Nella tabella ho riportato gli R0 di varie patologia infettive.

R0 di varie patologie infettive

Dalla tabella si evince, risulta lampante, come le patologie con trasmissione aerea, ad esempio Morbillo e Varicella, abbiano R0 più alto di virus con altre vie di trasmissione.

Questo R0 però dipende anche dalla durata della patologia e dallo stato di “contagiosità” del malato. Immaginate in una infezione cronica (HIV, HBV, HCV) quanto ampia sia la finestra temporale di contagio.

Perché R0 è così importante?

R0 ci da un’idea della propagazione dell’infezione.

R0 è strettamente dipendente da vari fattori, tra cui ricordiamo:

  • probabilità di trasmissione della malattia per singolo contatto (bastano pochi istanti per trasmettere la patologia o serve un contatto molto ravvicinato e duraturo)
  • numero dei contatti della persona infetta (soggetto in quarantena, soggetto che va ad un rave party)
  • durata dello stato di infettività (più ampia è la finestra temporale più ampia sarà la possibilità di trasmissione)

È intuitivo comprendere come qualunque azione su una delle tre variabili possa ridurre l’R0 e quindi controllare, almeno parzialmente, la diffusione dell’infezione. È questo il motivo per cui R0 è così importante.

Analizzando brevemente la situazione COVID-19, le misure di allontanamento sociale (sospensione di aggregazioni pubbliche e degli spostamenti) e la riduzione della trasmissione per singolo contatto (tramite utilizzo di mascherine ad esempio) comporterebbero una riduzione del numero di riproduzione di base e quindi un contenimento dell’infezione.

Riduzione del rischio di infezione tramite mascherine chirurgiche

Ad esempio sulla nave da crociera Diamond Princess l’R0 iniziale stimato era 14.8 (ben 4 volte più alto di quello stimato a Wuhan all’inizio dell’epidemia) che fu rapidamente ridotto a 1.78 dopo le misure di isolamento e quarantena. A Wuhan invece l’isolamento della città e le misure di contenimento (chiusura scuole, lavoro ed eventi pubblici) furono in grado di ridurre in un periodo di 5 settimane i valori di R0 da 3.86 a 0.32. (Wang et al).

IL NUMERO DI RIPRODUZIONE DI BASE SPIEGA TUTTO?

CHE COS’È UN EVENTO DI SUPER DIFFUSIONE?

Ma se l’R0 è un valore medio può da solo spiegarci tutto? Svelarci l’evoluzione di una pandemia? Svelarci totalmente il comportamento di un virus che ha sconvolto il pianeta? A parità di R0, due agenti infettivi molto diversi hanno comunque il medesimo comportamento in termini di diffusione?

Vi è una condizione che spiegherebbe alcuni comportamenti di molti agenti infettivi che viene chiamata “super spreading event” ed il soggetto che ne è responsabile “super spreader”. Si può tradurre come i termini “eventi di super diffusione” e “super diffusore”.

Non esiste un’univoca definizione in letteratura del termine “super spreader” o del termine “super spreading event”. Il WHO si riferisce a “super diffusore” come un paziente responsabile dell’infezione di un significativo numero di soggetti in più rispetto alla normalità.

Altri autori hanno ancora una volta provato a quantificare il “super diffusore” come quei soggetti localizzati al 99° percentile della curva gaussiana di distribuzione del numero di riproduzione di base.

curva di Gauss ed R0, super spreader

Parlando di SARS un evento di super-diffusione veniva definito da alcuni autori come la trasmissione dell’infezione a più di 8 contatti (ricordo che SARS ha un R0 che oscilla tra 2 e 5) mentre altri lo definivano come un soggetto in grado di infettare un elevato numero di casi secondari (senza specificare quanti).

In modo molto semplice, basandoci sul numero di riproduzione di base, un evento di super-diffusione può essere definito come una condizione in cui vi è, per eccesso, un forte discostamento dai valori di R0.

I super spreading event sono una delle maggiori limitazioni al concetto di R0.

L’R0 presentato come un solo valore medio non cattura l’eterogeneità della trasmissione di due patogeni che pur presentando lo stesso numero di riproduzione di base presentano pattern di trasmissibilità assolutamente differenti.

Quali sono i fattori responsabili di un evento di super diffusione?

Le cause responsabili di un tale evento sono molteplici e potremmo distinguerle in fattori relativi all’ospite ed in fattori relativi all’ambiente. Risulterà evidente che alcuni fattori sono in comune con i fattori responsabili dell’R0.

  • Fattori relativi all’ospite
    • durata dell’infezione e del periodo di contagiosità
    • localizzazione dell’infezione
    • sintomatologia (trasmissione durante la fase prodromica ad esempio)
    • fattori immunologici (ad esempio immunodepressione)
    • carica virale/batterica/fungina

Tutti i “super-spreaders” della SARS e della MERS erano sintomatici, ciò non è vero per quanto riguarda COVID-19.

  • Fattori relativi all’ambiente
    • densità della popolazione nel luogo di contagio
    • presenza/assenza di meccanismi di prevenzione dell’infezione (e corretta attuazione degli stessi)
    • presenza di meccanismi di controllo e supervisione di un dato settore/di una data azienda.
    • errori e ritardi diagnostici
    • errori umani
    • trasferimenti ospedalieri
    • problematiche strutturali (problemi ad esempio del sistema di conduzione dell’aria, negli scarichi fognari)
  • Fattori relativi al patogeno
    • virulenza
    • resistenza all’ambiente esterno
    • via di trasmissione
    • presenza di co-infezioni

Una lista che secondo molti autori è assolutamente parziale ed incompleta.

SARS e MERS hanno avuto un relativo numero di contagi persona-persona sul territorio ma sono stati responsabili di focolai esplosivi (explosive outbreaks) in reparti ospedalieri. Contagi molto rapidi di COVID-19 tra persona e persona sono avvenuti sul territorio ma in particolare in piccole comunità come ambito ospedaliero, RSA, conventi, navi e chiese.

Analizziamo alcuni fattori relativi sia al patogeno che all’ospite che possono influenzare lo sviluppo di un evento di super diffusione:

  • immunosoppressione
  • gravità della patologia
  • carica virale
  • possibilità di trasmissione della patologia da parte di soggetti asintomatici o paucisintomatici
  • tipologia del contatto

Immunodepressione

I soggetti immunodepressi possono essere responsabili di diffusione del patogeno sia per una maggiore carica batterica/virale maggiore che per una ridotta “clearance” del patogeno (maggiore carica batterica/virale per periodi prolungati). Inoltre i soggetti immunodepressi possono avere delle presentazioni atipiche che sono responsabili di ritardi diagnostici.

Gravità della patologia

Spesso, ma non è la regola, i soggetti con patologia più grave presentano cariche virali/batteriche più alte che potrebbero in parte spiegare l’elevata contagiosità di questi soggetti. Aggiungo inoltre che a parità di carica batterica/virale un soggetto ricoverato ma in buone condizioni cliniche generali (autonomo potremmo dire) ha certamente meno interazioni con il personale sanitario (basti pensare ad igiene, ossigeno terapia, ventilazione, spostamenti del paziente nel letto, capacità di limitare la tosse e mantenere messa la mascherina) che lo rendono meno propenso a trasmettere l’infezione rispetto ad un paziente critico che necessita di continue cure e continue interazioni con il personale.

Uno studio su MERS ha dimostrato come i pazienti critici avevano cariche virali più alte ed eliminavano il virus per periodi molto più lunghi rispetto agli altri soggetti.

Possibilità di trasmissione della patologia da parte di soggetti asintomatici, pre-sintomatici e paucisintomatici

Un’altra causa degli eventi di super spreading è la presenza di soggetti infettivi ma asintomatici, paucisintomatici o pre-sintomatici che vagano spesso, non riconosciuti, senza misure cautelative. Questi soggetti possono essere responsabili di plurime diffusioni del virus prima del riconoscimento del paziente fonte. Il contributo generale dei soggetti asintomatici alla diffusione di COVID-19 non è ben chiara al momento ma probabilmente fondamentale.

Molto spesso la tubercolosi ad esempio è trasmessa da pazienti senza una diagnosi piuttosto che da soggetti che non sono stati isolati.

  • Frieden  TR, Sherman  LF, Maw  KL, Fujiwara  PI, Crawford  JT, Nivin  B, et al. A multi-institutional outbreak of highly drug-resistant tuberculosis: epidemiology and clinical outcomes. JAMA. 1996;276:1229–35.

Contatti sociali

Altra situazione è quella che un “super spreading event” possa essere correlato ad una situazione di aumentata interazione sociale: un soggetto che abbia numerosi contatti ha certamente più possibilità di diffondere l’infezione superando drasticamente la capacità di trasmissione di un soggetto che fa vita monastica. È importante ricordare che non solo la quantità di contatti è importante ma anche la qualità e la tipologia degli stessi: ad esempio una semplice distinzione può essere quella tra contatto avvenuto in ambiente aperto o ambiente chiuso. Se analizziamo la situazione COVID-19, in una serie di 110 casi giapponesi il 6.4% era rappresentato da eventi di super diffusione. La cosa interessante è rappresentata dal fatto che l’85% di questi eventi era avvenuto in ambiente chiuso tanto che l’ODD ratio calcolato è risultato 32.6. Il rischio di trasmissione di SARS CoV 2 in ambiente chiuso è risultato 18.7 volte più alto che all’aperto.

Perché è importante conoscere questo tipo di eventi?

Bisogna comprendere che gli eventi di super diffusione non sono eventi eccezionali ma sono eventi abbastanza normali nella diffusione di una patologia infettiva. Appaiono evidenti dall’analisi della regione destra di una curva di distribuzione gaussiana dell’R0 (nella figura evidenziata dal cerchio rosso).

super spreader ed R0, distribuzione nella curva guassiana
R0 del Virus Zika in Yap. Calcolato con modello Pandey. 
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5262383/pdf/elife-19874.pdf
R0 e super spreader

In questo grafico sono rappresentati 3 immaginari patogeni con R0 uguale: tutti e tre hanno circa 8. È evidente che il patogeno indicato con la curva rossa abbia una capacità di creare super-spreading event molto superiore rispetto al patogeno indicato in giallo e verde. Giallo e Verde tendono a non distaccarsi troppo dalla media a dispetto di Rosso (la dispersione non è uguale). Passatemi il termine, Giallo e Verde sono dei patogeni più “prevedibili” rispetto a Rosso.

 Sia SARS che MERS hanno mostrato una grande variabilità nella capacità di trasmissione della patologia. Ad esempio in Singapore il 73% dei casi di SARS risultarono poco infettivi (R0 < 1) ma una piccola parte (circa il 6%) mostrò una elevatissima contagiosità con R0>8. Il MERS ha una dispersione dell’R0 superiore sia a SARS che EBOLA, che sottolinea la peculiarità di questo virus di creare esplosivi focolai epidemici ospedalieri.

Cosa determina l’eterogeneità dell’infettività di ogni singolo paziente in una certa epidemia non è completamente chiaro e probabilmente impossibile da comprendere a priori. Spesso è solo una concatenazione casuale di eventi che agisce su una condizione di base predisponente: il paziente sbagliato nel contesto clinico sbagliato.

Sapere dell’esistenza dei super-spreader e dei super spreading event può aiutare ad indirizzare correttamente le risorse di contenimento nei confronti di soggetti o gruppi di soggetti a più alto rischio (anche semplicemente convogliare correttamente i DPI).

Gli eventi di super diffusione non sono limitati alle patologie emergenti ma si conoscono da moltissimo tempo e sono stati riportati per numerose infezioni come morbillo, tubercolosi, Ebola e SARS. In particolare i focolai di SARS in Singapore, Hong Kong e Cina hanno reso evidente l’importanza di questa tipologia di eventi nel comprendere le dinamiche di trasmissione e contenere l’infezione.

Nei primi del 900, una donna dal nome Mary Mallon (ribattezzata Typhoid Mary) che lavorava come cuoca, fu responsabile, nonostante fosse asintomatica, del contagio di circa 50 persone. Un piccolo studio ha mostrato come molti dei soggetti con tubercolosi polmonare cavitaria ed espettorato positivo non fossero estremamente infettivi, ma che 3 dei 77 soggetti osservati fossero responsabili del 73% dei contagi. Il fenomeno è stato osservato anche nelle epidemie di Ebola dove il 3% dei casi era responsabile del 61% dei casi.

Non riuscire ad identificare un super-spreader può significare affrontare certamente un nuovo focolaio, possibilmente una nuova epidemia.

EVENTI DI SUPER-DIFFUSIONE DURANTE LE EPIDEMIE DI SARS, MERS e COVID-19

SARS: Super Spreading Events

VOLO AIR-CHINA 112

Un famoso evento di superdiffusione di SARS è rappresentato dal volo AIR CHINA 112

Si tratta di un evento di super-diffusione avvenuto durate un volo da Hong Kong verso Pechino a bordo di un Boeing 737-300. Il volo era occupato all’88% e vi erano a bordo 120 persone (6 assistenti di volo, 2 piloti). Il volo durava solo 3 ore.

Un soggetto infetto riuscì a contagiare 20 passeggeri e 2 assistenti di volo, questi due a loro volta responsabili di due focolai in Mongolia e Tailandia.

L’incidente è stato definito per molti aspetti atipico in quanto furono contagiate persone anche a 7 file di distanza dal paziente fonte.

volo air china 112

Solitamente il rischio è ritenuto elevato solamente per soggetti seduti accanto al paziente fonte e per soggetti a due file di distanza su voli di durata di almeno 8 ore.

Studi in letteratura hanno mostrato come il rischio di trasmissione sia del 6% circa per soggetti seduti entro 2 file dal paziente infetto e circa il 2% per i soggetti ad una distanza maggiore.

Il caso continua a risultare atipico perché molti soggetti infetti da SARS che hanno preso aerei nel 2003 non sono stati responsabili di tali focolai tanto che alcuni autori hanno prospettato la possibilità che alcuni soggetti fossero già infetti al momento del volo. Molti esperti alla luce di questo caso pressarono affinché vi fosse una ricerca più accurata sulla possibilità di trasmissione di patologie infettive sui voli commerciali.

Quello che sappiamo/che sapevamo è che difficilmente l’infezione coinvolge tutto l’aereo o posti molto distanti dal soggetto infetto. L’aria è ripulita tramite la presenza di filtri HEPA come quelli utilizzati nelle sale operatorie.

Il passeggero infetto del volo AIR-CHINA112 fu poi responsabile, indirettamente, di ben 59 casi di SARS a Pechino, tra cui 6 dei 7 sanitari che tentarono, ignari della sua letale infezione, di rianimarlo.

In quel periodo ci furono 35 voli con a bordo casi di SARS ma la trasmissione avvenne solo in altri 4 casi. L’85% dei casi di trasmissione di SARS su un volo commerciale è avvenuta sul volo AIR-CHINA 112. Questo da un lato fa capire che qualcosa di non compreso sia avvenuto a bordo e come la trasmissione di un agente infettivo durante un volo aereo non sia la regola.

Il mio punto di vista, che non è dimostrabile, è che essendo stati contagiati ben due assistenti di volo e solo pazienti relativamente vicini al paziente fonte la trasmissione sia avvenuta tramite contaminazione del carrello delle bevande e quindi, più una trasmissione da contatto che aerea.

Herztberg VS and Weiss H”On the 2-Row Rule for Infectious Disease Transmission on Aircraft”. Ann Glob Health. 2016 Sep – Oct;82(5):819-823. doi: 10.1016/j.aogh.2016.06.003.

Volo AIR-CHINA 112 Wikipedia

AMOY GARDENS

amoy gardens in Hong Kong

Gli Amoy Gardens sono un complesso di edifici residenziali situati nella baia di Kowloon ad Hong Kong tristemente famoso per un vasto focolaio di SARS avvenuto tra i residenti nella primavera del 2003.

Intorno al 15 Aprile 2003 sono stati riconosciuti 321 casi di SARS in questo complesso residenziale.

Questi casi erano così distribuiti:

  • 41% degli abitanti il Blocco E
  • 15% degli abitanti il Blocco C
  • 13% degli abitanti il Blocco D
  • 13% degli abitanti il Blocco B.

Questi rappresentavano l’82% dei casi. La rimanente quota (18%) era localizzata in altri 11 blocchi. È evidente una distribuzione non equa dei casi che non è spiegabile con la semplice casualità.

Cosa era successo? Una analisi a posteriori ha mostrato una erronea progettazione degli scarichi del bagno che è stata responsabile della diffusione di aerosol carichi di SARS CoV nel complesso di edifici, prima attraverso il sistema di scarico e poi attraverso il sistema di aereazione.

schema dei meccanismi di diffusione di SARS presso gli amoy gardens

La progettazione degli scarichi del pavimento del bagno mancava di un sistema di rifornimento per mantenere le trappole d’acqua “ad U” piene, consentendo agli aerosol carichi di virus di penetrare attraverso le tubature in altri bagni. Il tutto è stato aggravato da un particolare disegno delle ventole di areazione del bagno che permetteva una propagazione degli aerosol di SARS nel sistema di conduzione. Ciò ha permesso una diffusione in altri piani dell’edificio ed in edifici limitrofi. Questi sono i fattori ambientali responsabili di un evento di super-diffusione solo apparentemente non prevedibile. Se ci si ferma un attimo a pensare nessuno avrebbe previsto la possibilità di aerosolizzazione di virioni eliminati per via fecale: assolutamente paradossale. Purtroppo è qualcosa che va considerato anche in questo periodo storico dato che i soggetti affetti da COVID-19 eliminano virus o materiale virale con le feci per settimane.

Credo che questo sia uno dei motivi per cui molte linee guida cinesi su COVID-19 consigliano la disinfezione ed una eliminazione a parte delle feci dei soggetti positivi.

Tornando agli Amoy Gardens, dopo l’isolamento dei soggetti infetti, il rientro dei residenti è stato possibile solo dopo riprogettazione dell’impianto.

SARS: focolai ospedalieri

Per quanto riguarda i Super-spreading events della SARS avvenuti in 86 reparti di Guangzhou in Cina e 38 reparti in Hong Kong questi erano da correlarsi ad:

  • inadeguata prevenzione
  • inadeguata disinfezione degli ambienti
  • esecuzione di rianimazioni in ambienti non adeguati
  • personale infetto (lavoro nonostante sintomi)
  • utilizzo in degenza ordinaria di O2 terapia e ventilazione non invasiva

MERS: Super Spreading Events

Il Middle East Respiratory Syndrome Coronavirus (MERS-CoV) è stato identificato per la prima volta nel settembre del 2012 in Arabia Saudita. L’infezione da allora ha coinvolto circa 27 paesi con focolai rapidi nell’accendersi che nello spegnersi. Tra questi stati è doveroso ricordare la Korea del Sud dove 186 casi (nel 2015) furono confermati appena due mesi dopo il rientro di un uomo d’affari dal Medio Oriente.

Il focolaio epidemico Koreano si è caratterizzato per la presenza di ben 5 super spreading event (2 dei quali riconducibili direttamente o indirettamente allo stesso paziente).

Fattori predisponenti allo sviluppo di questi eventi sono stati:

  • impossibilità ad isolare i soggetti infetti identificati
  • impossibilità ad isolare precocemente i contatti
  • scarsa comunicazione tra ospedali (mancata comunicazione della positività a MERS dopo trasferimento)
  • sovraffollamento delle Aree di Emergenza
  • scarsa ventilazione degli ambienti
  • scarsa disponibilità di sale di isolamento nelle Aree di Emergenza

L’epidemia di MERS in Korea del 2015 può essere descritta come un grande evento esplosivo in cui hanno fatto da padrone eventi di super-diffusione.

Dati alla mano i casi sono stati 186.

Di questi quasi il 90% (166 casi per l’esattezza) non ha portato a casi secondari, ma appena il 2.7% (esattamente 5 pazienti) è stato responsabile di ben 154 casi (82%).

A differenza di alter patologie infettive, nessun operatore sanitario è stato identificato come uno dei super-speader della MERS.

COVID 19: Super Spreading Events

Veniamo ora a COVID-19.

Epidemia di COVID-19 correlato alla “Shincheonji Church of Jesus”

Un caso importante di “super-spreading event” nel contesto di COVID-19 è quello avvenuto nel movimento religioso cristiano “Shincheonji Church of Jesus” in Korea del Sud.

Alcuni dei fedeli sono stati responsabili dell’esplosione di focolai infettivi nelle città di Daegu e Gyeongsangbuk-do (nel Nord della provincia di Gyeongsang).

timeline della diffusione di COVID19 in Korea del Sud

Tutto è da ricollegarsi agli eventi funebri del fratello del leader religioso perdurati per circa 3 giorni e a cui hanno partecipato circa 170 persone. Dalla ricostruzione degli eventi si ritiene che una singola fedele di 61 anni, entrata in contatto con circa mille persone nonostante fosse già sintomatica, sia stata responsabile dell’infezione, almeno inizialmente, di 53 soggetti (seguaci e loro familiari) intorno al 20 Febbraio 2020.

“South Korean health officials believe that a 61-year-old member of the sect who last week tested positive for the virus was among the first to be infected and is now at the center of their investigation.

The female patient initially refused to be transferred to a hospital to be tested and is known to have attended several church gatherings before testing positive”.

  • Fonte BBC. “Coronavirus: Why did infections shoot up in South Korea?” https://www.bbc.com/news/world-asia-51609840

In soli 3 giorni questi contagi sono rapidamente poi saliti a circa 300 (metà dei casi totali della Korea del Sud in quel momento). Nell’arco di due settimane i contagi correlati al movimento religioso salirono vertiginosamente a 4000 (circa il 60% dei casi dell’intera nazione).

Il governo di Seoul ha accusato il movimento religioso di aver violato l’Infectious Disease Control and Prevenction Act.

COVID 19 in Korea del Sud
·         By Phoenix7777 – Own workData source: 보도자료 Press release, KCDC, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=88639310

Come si evince dal grafico metà dei casi avvenuti in Korea del Sud è da correlare al movimento religioso.

Shincheonji Church of Jesus – Wikipedia

Shincheonji Church of Jesus

Le cause del contagio potrebbero essere ricercate nel mancato distanziamento sociale avvenuto all’interno della Chiesa.

Vi lascio con un passaggio di un articolo della CNN dal titolo “How novel coronavirus spread through the Shincheonji religious group in South Korea” che potrebbe spiegare quanto successo.

<<llness was never accepted as a valid reason to miss services at the Shincheonji religious group, says former member Duhyen Kim. This is an organization that took roll call, he says, and everyone had to physically swipe in and out of services with a special card. Any absence was noted and followed up on.The culture was, even though you’re sick you come in on Sunday. If you’re so sick you can’t come Sunday, you have to come on Monday or Tuesday — you have to make up for the time,” Kim says. He describes how, when he was a member, followers would sit on the floor during hours-long services “packed together like sardines“>>.

RSA: STATO DI WASHINGTON

Un esempio di super spreading event in una NURSING FACILITY è stato descritto in un recentissimo articolo pubblicato sul NEJM.

L’articolo si intitola “Presymptomatic SARS-CoV-2 Infections and Transmission in a Skilled Nursing Facility”. Lo studio analizza la propagazione di COVID-19 all’interno di alcuni reparti di una “skilled nursing facility” nello stato di Washington avvenuto molto probabilmente ad opera di soggetti asintomatici.

Analizziamo i fatti.

  • Giorno 1 Marzo un membro dello staff risulta positivo a COVID19 dopo aver lavorato con sintomi (febbre) in un singolo reparto (la Unit 1).
  • Giorno 5 Marzo un paziente della UNIT 1, sintomatico da circa 3 giorni, risultata positivo a COVID19. Identificata la positività del paziente a COVID-19 tutte le visite ospedaliere e le attività comunitarie vengono sospese.
  • Il 6 Marzo vengono implementate misure di protezione per il personale nei confronti dei pazienti sintomatici (guanti, protezione per gli occhi e maschera respiratoria N95). Nessuna precauzione per i soggetti asintomatici.
  • Il giorno 8 Marzo vengono eseguiti test per SARS CoV 2 a tutti i residenti della UNIT 1:
    • 6 pazienti risultano positivi
      • 4 sintomatici (febbre, tosse, dispnea o faringodinia)
      • 2 asintomatici (nessun nuovo sintomo rispetto la cronicità nei 14 giorni precedenti)
  • Giorno 9 Marzo vengono prese precauzioni per tutti i pazienti a prescindere dalla presenza di sintomi (sono passati 4 giorni da quando il primo caso è stato identificato).
  • Giorno 13 Marzo vengono eseguiti tamponi a 76 persone; i positivi sono 48 (63%). I positivi sono così distribuiti:
    • 44% sintomatici (80% con sintomi tipici, 20% con sintomi atipici)
    • 56% asintomatici (nessun sintomo di nuova insorgenza o modifiche rispetto allo stato di cronicità)

Entro una settimana (tipicamente in 4 giorni) dall’esecuzione del tampone l’89% degli asintomatici diventò sintomatico (71% febbre, tosse 54% e malessere generale 42%).

In 21 giorni (Giorno 26 Marzo) risultano positivi a COVID-19 ben 57 degli 89 pazienti presenti nella Facility A (il 64%). Il tempo di raddoppio stimato è di circa 3,4 giorni. La mortalità risulterà essere del 26% nonostante l’adozione di misure di controllo dell’infezione. Il 19% del personale sanitario risulterà positivo a COVID 19.

Gli autori sottolineano quello di cui ci siamo già accorti analizzando semplicemente i fatti ovvero che metà del campione era asintomatico al momento della positività del test di screening. Gli autori stessi ipotizzano che questo abbia contribuito alla rapida trasmissione dell’infezione sia ad altri residenti che al personale sanitario.

È anche vero però che il personale non ha utilizzato, in un momento di chiara epidemia i giusti DPI per l’approccio ai pazienti degenti. È risaputo almeno da Febbraio us che vi è la possibilità di trasmissione da parte di soggetti asintomatici.

Il 29 Febbraio, quasi una settimana prima degli eventi descritti, gli Stati Uniti avevano segnalato l’esplosione dell’infezione in almeno 3 “skilled nursing facility” ed il 3 Marzo il governatore di Washington aveva dichiarato lo stato di Emergenza.

Los Angeles Times. California sees third case of ‘community spread’ coronavirus as first U.S. death is reported near Seattle. 29 02 2020

abc NEWS. Washington governor declares state of emergency over virus. 29 02 2020

Pandemia di COVID-19 del 2019-2020

Gli autori concludono il lavoro ammettendo che le strategie di controllo dell’infezione basate sui sintomi non sono state sufficienti a prevenire l’infezione nella casa di cura. Continuano proponendo come spiegazione il fatto che l’età e la presenza di co-morbidità dei soggetti ricoverati siano state responsabili di presentazioni atipiche o dell’assenza (almeno iniziale) dei sintomi. Vari studi, in linea con quanto detto, hanno dimostrato come in soggetti anziani e defedati, l’influenza stessa si possa presentare con scarsi sintomi ritardando di molto la diagnosi e contribuendo alla propagazione dell’infezione. Altri studi hanno dimostrato che la diffusione del SARS CoV 2 è massima nelle fasi iniziali di patologia (quando spesso il paziente è asintomatico).

Lo studio presentato dimostra chiaramente la scarsa correlazione tra possibilità/capacità di diffusione del virus e sintomatologia presentata.

SICILIA

Gli esempi di Super Spreading Event in Italia sono moltissimi, basta un po’ consultare i giornali.

Accennerò solamente a due importanti eventi che hanno colpito la Sicilia.

Uno è quello della Villa delle Palme di Villafrati, in provincia di Palermo, l’altro è legato alla cosiddetta “Oasi di Troina” in Provincia di Enna. Entrambe sono delle strutture sanitarie.

Villa delle Palme – Villa Frati

La struttura per anziani Villa delle Palme a Villafrati ha contato complessivamente 77 casi di persone positive al Coronavirus (53 ospiti e 24 operatori della struttura). I decessi tra gli anziani ospiti sono stati circa 13. Questi dati risalgono al 20 Aprile 2020 (i dati non sono esatti al 100% perché non tutte le riviste hanno riportato gli stessi numeri).

Il piccolo paesino palermitano è stato prontamente dichiarato “zona rossa”.

Se facciamo un rapido calcolo possiamo accorgerci che la mortalità tra gli infetti è stata del 16.8%, ma sale ad un vertiginoso 24% se valutiamo solamente la popolazione di anziani residenti in tale struttura.

In quel momento nell’intera provincia di Palermo il numero complessivo di soggetti COVID-19 era 348: Villa delle Palme a Villa Frati contava per il 22% dell’intero campione (quasi un quarto di tutti i casi dell’intera provincia).

Percentuale dei pazienti affetti da covid19 a Villafrati e nella provincia di Palermo

Il meccanismo attraverso cui il virus è penetrato nella struttura e poi si è diffuso non è ben chiaro, vi sono notizie non confermate di una tirocinante asintomatica.

Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico per il ritardo mentale e l’involuzione cerebrale senile “Associazione Oasi Maria SS. ONLUS” di Troina (Enna)

Un altro triste esempio di super spreading event è quello che ha coinvolto l’IRCCS di Troina in provincia di Enna. Il quadro complessivo dall’inizio dell’emergenza ha mostrato il contagio di 97 ospiti della struttura e 70 operatori.

Il focolaio è scoppiato nonostante la struttura, come si evince dal loro sito internet, abbia molto precocemente adottato protocolli e presidi di altissimo livello volti ad evitare il contagio (ad esempio screening su accompagnatori e nuovi ricoveri, norme per il personale). La struttura ha lodevolmente mantenuto sempre un’altissima trasparenza sugli eventi.

Le fonti ufficiali indicano come possibile responsabile del focolaio un singolo infermiere asintomatico. Dal singolo soggetto il virus si sarebbe diffuso alla quasi totalità di degenti ed a moltissimi operatori.

Se analizziamo la situazione della Sicilia e la confrontiamo con il territorio di Enna notiamo rapidamente un elevatissimo numero di casi per una provincia che conta appena 100.000 abitanti. Il numero di casi è sovrapponibile a quello di province come Palermo e Catania, che contano 1.000.000 di abitanti, ma nettamente superiore (parliamo di 3 volte il numero di casi) a quello di province come Trapani ed Agrigento, sovrapponibili per numero totale di abitanti.

COVID 19, situazione Oaso di Troina e confronto con la provincia di Enna

Analizzando i dati della Provincia di Enna aggiornati al 24 Aprile, i casi dell’Oasi corrispondono a circa il 52% dell’intera provincia: dato assolutamente allarmante ed inquietante.

CONCLUSIONI

Questi ultimi due esempi ci hanno mostrato come in una situazione con relativa “bassa incidenza” di COVID-19 come la Sicilia, i “super spreading event” possano giocare un ruolo cruciale nella diffusione del patogeno.

Uno dei possibili meccanismi di diffusione all’interno di una casa di cura, basato un po’ sull’articolo del New England e sulle mie considerazioni personali, è descritto grazie a Nonno Simpson nella figura a seguire.

Meccanismo di diffusione di COVID19 in RSA

Si evince la possibilità che al momento della comparsa dei sintomi, intorno al IV-VI giorno il soggetto infetto abbia avuto almeno quattro giorni per poter contagiare altri residenti e membri del personale sanitario (che potrebbero fungere da vettori). Questi a loro volta avranno a disposizione 4 giorni per poter diffondere il virus in silenzio prima della comparsa dei sintomi. Va preso però in considerazione il fatto che molto spesso l’identificazione del paziente infetto si ha solo intorno al III-IV giorno dall’inizio dei sintomi (VII-VIII giorno dal contagio). È chiaro che la comparsa di sintomi nel soggetto fonte può coincidere già con una seconda “generazione” di trasmissioni. La situazione nelle case di riposo inoltre è gravata da una mortalità per COVID-19 molto alta perché il patogeno colpisce una fetta di popolazione molto fragile.

Analizzando la Case Fatality Rate (CFR) di differenti virus ad RNA e confrontandolo con la durata dell’infezione e la possibilità di estinzione del patogeno o del focolaio infetto, è stato notato che i patogeni con CFR>5% (SARS e MERS CoV ad esempio) interrompevano (più o meno tardi) il loro decorso, mentre virus con bassa CFR (<5%) divenivano endemici con focolai epidemici stagionali come la comune influenza.

Sebbene sia in atto non facile calcolare la CFR esatta di SARS CoV 2 i dati attuali dovrebbero oscillare intorno al 2-4%, molto più vicino alla comune influenza degli altri 2 coronavirus SARS CoV (CFR 10%) e MERS CoV (CFR 35%) ,indicando la possibilità che il SARS CoV 2 rimarrà con noi ancora per molto.

Questa lunga carrellata sui SUPER SPREADING EVENT non ha solo una veste retrospettiva, quella di una curiosità scientifica, ma vuole essere un “warning”, un monito per il futuro, affinché non solo vengano eseguite delle procedure di screening per i pazienti (ricoveri, trasferimenti, visite ambulatoriali) ma anche del personale (controlli più stretti e seriati per i reparti più a rischio, in particolare l’Area di Emergenza).

Avere un sistema sbilanciato verso tutela del personale ma non dei pazienti o viceversa è intuitivamente non vincente.

Risulta necessario, fondamentale e non ovvio, che ogni trasmissione nosocomiale venga analizzata al microscopio, in modo trasparente e senza alcuna “cultura del biasimo”, per identificare i modi di diffusione, le incertezze e le inesattezze della gestione e per permetterci di stilare le migliori strategie di prevenzione.

Alla luce di tutto ciò è fondamentale massima attenzione nel cercare di non ricoverare, o ricoverare con le dovute tutele, dei possibili cavalli di Troia (asintomatici, pre-sintomatici, paucisintomatici o mancate diagnosi) che sarebbero responsabili di devastanti focolai ospedalieri.

Vi sono varie strategie adottabili.

Lo screening può avvenire sia in Area di Emergenza che in un reparto ponte. Lo screening in Area di Emergenza, che può avvenire tramite un’azione sinergica di RT-PCR, ecografia toracica, TC torace ed ematochimici, rallenta certamente il flusso dei pazienti e certamente dona un ulteriore sovraccarico di lavoro, ma ritengo sia un “male” necessario per la salvaguardia dell’ospedale.

Questa soluzione non esclude la presenza di un reparto ponte: è ipotizzabile una sinergia tra i percorsi che tenga conto della complessità dei pazienti degenti in Area di Emergenza e del sovraffollamento.

La soluzione dell’isolamento direttamente nel reparto di destinazione può contribuire a distribuire pazienti positivi senza ancora una diagnosi per un’area molto più vasta ed andrebbe limitata solo a pazienti con condizioni particolari (ad esempio ictus da trombolisare o STEMI o pazienti chirurgici urgenti).

Percorsi e protocolli vanno ovviamente plasmati sulle caratteristiche del proprio ospedale (intenso non solo come struttura, come edificio, ma anche come personale e competenze). I protocolli ed i percorsi devono essere dinamici e fluidi ma non lasciare spazio ad interpretazioni personali.  

Vi saranno Ospedali in cui le Aree di Emergenza possono affrontare questo ulteriore peso e Aree di Emergenza che saranno obbligate a far gravare tutto sul reparto ponte.

Strategie adottabili per evitare penetrazione di COVID19 in Ospedale

Sottolineo che lo screening non potrà e non dovrà essere “tampone centrico” alla luce dei dati di bassa sensibilità dell’esame. Una politica di accesso in ospedale limitata al solo utilizzo del tampone non può essere efficace ed è necessaria una valutazione, un triage che non solo tenga conto di anamnesi, ematochimici ma anche di esami strumentali (ecografia toracica e TC Torace su tutti) e soprattutto del ragionamento clinico.

Altra problematica importante risulta essere la dimissibilità del paziente ospedaliero non al proprio domicilio, in isolamento, ma in comunità (RSA ad esempio): questa opzione è un’altra scienza e meriterebbe un post a parte.

Inoltre il personale, conscio della possibilità di poter infiltrare il patogeno all’interno della struttura o di essere veicolo di contagio, dovrà tenere una condotta ligia al dovere non solo sul posto di lavoro ma anche al di fuori.

Infine vi sono degli aspetti organizzativi da dover considerare come le guardie inter-divisionali o il lavorare sia per l’ospedale che per il 118: distribuire un medico o un infermiere per un numero troppo elevato di pazienti non è una mossa saggia.

Concludo questo lungo post sottolineando il concetto che purtroppo i super spreader ed i super spreading event possono essere identificati solo in modo retrospettivo. Tutti i soggetti infetti sono potenzialmente dei super-spreader ma solo alcuni lo dimostrano sul campo.

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Mauro Cardillo
Mauro Cardillo
Dirigente medico presso il Pronto Soccorso dell’Istituto Fondazione San Raffaele G.Giglio di Cefalù Specialista in Medicina Interna Accreditamento EAE in ecocardiografia Appassionato di cardiologia, elettrocardiografia, ecocardiografia ed ecografia toracica. @mausebass

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