sabato 18 Gennaio 2025

COVID-19: PERCORSI

Che ci azzecca un siciliano con COVID-19?

Ormai il virus si è diffuso in tutta Italia. I racconti di terrore, quasi di guerriglia urbana, dei colleghi del Nord che prima sembravano tanto lontani, ora sono molto vicini. Sembra che il nemico non sia alle porte, ma alla porta accanto.

Nonostante la lontananza, nel mese precedente hai cominciato ad informarti, a studiare e, pur non credendoci troppo, hai cominciato a modificare la tua Area di Emergenza ed i tuoi protocolli.

Hai richiesto presidi… ma la gente non ti capiva, allora hai dovuto modernizzarti e chiamarli Dippiai…

Ha acquistato i D.P.I.

Ti sei dovuto fare la barba dopo vent’anni perché le mascherine non aderivano al volto…

Hai messo una tenda come pre-triage… pensando di gestire tutto lì, ma al primo paziente con un colpo di tosse hai capito che la tenda era come la casa di paglia del maialino di fronte al lupo cattivo…

Il primo paziente mezzo serio (solo mezzo) o un accesso doppio avrebbe inginocchiato il tuo PS…

Hai sistemato la sala di isolamento con due posti letto ed una fonte di ossigeno… ma poi hai pensato tante cose… ma se i casi sono solo sospetti mica li posso mettere tutti insieme! Rischio di contagiare chi non è infetto… non è etico e poi vi è un rischio di contenzioso!!! E quello critico? Con insufficienza respiratoria?

Vabbè dai non c’è problema, quello critico è critico e deve andare in Sala Rossa! Facile…

Facile si, ma se mi arriva uno STEMI? Se mi arriva una SEPSI? Se mi arriva un’embolia polmonare?

Allora capisci che necessiti di una SALA ROSSA COVID dedicata e ti reinventi architetto oltre che medico e cerchi di capire dove poterla ricreare…

Riesci nell’impossibile e nel frattempo continui a studiare. Studi e traduci linee guida dal cinese… tradotto con google translate perdi un 10-15% delle informazioni. Anche se sono informazioni di prima mano sembra sempre cinese…

Hai paura ma sei pronto a lavorare…

Hai addirittura organizzato un circuito pulito /sporco al tuo domicilio per evitare di portarti questa schifezza a casa tua… Follia?

Arrivi in PS con un po’ di paura, ansia ma pronto a lottare e…

Zero pazienti dentro e zero pazienti fuori.

Ma come è possibile? Sono scomparse le patologie?

La risposta più comune, quella che tutti i giornali rapidamente hanno dato è stata l’abuso delle Aree di Emergenza da parte della popolazione. E parlando con i colleghi le opinioni non sono difformi…

Il pensiero più diffuso si può raccontare con la seguente domanda:

“Ma perché non lo sai che noi ormai facciamo solo ambulatorio? Pronto Ambulatorio dovremmo chiamarci, non pronto soccorso. Questo virus ha smascherato un sacco di gente”.

Concordo che gente con problematiche minori, ad esempio la piccola traumatologia, abbia deciso di correre meno rischi rimanendo a casa, ma io sono convinto che la gente è talmente spaventata che sta morendo al proprio domicilio. Non ci sono più Ictus, infarti, embolie polmonari o edemi polmonari?

La gente non solo si sta ammalando di coronavirus, si sta ammalando anche per il coronavirus.

La paura di ammalarsi di qualcosa che possa distruggere la tua famiglia, ti trattiene a casa. Spesso facendo correre al paziente dei rischi inutili.

La notte passa tranquilla con praticamente zero accessi, una paralisi di Bell ed una fumatrice che ha tosse al risveglio dal 1983… le spieghiamo che non ha il Coronavirus ma solo dopo averla imbrattata con un po’ di gel sul torace (più per passarci il tempo che per reale motivazione clinica).

Ruolo dell’Ecografia Toracica nella diagnosi di COVID-19

L’ecografia toracica dall’esperienza che trapela dai colleghi in piena epidemia e da dati che raccogliamo da polmoniti virali di altra eziologia e confronto con metodiche quali la TC sembrerebbe l’unico strumento al letto del paziente per escludere l’infezione da COVID.

Purtroppo in questo momento nonostante siano molto chiari i pattern ecografici i dati di sensibilità e specificità possiamo ricavarli da piccole esperienze dei colleghi cinesi e indirettamente dagli studi sulla TC dando per scontato che la sensibilità dell’ecografia toracica sia sovrapponibile. L’ecografia ha purtroppo una specificità inferiore a questo tipo di diagnostica pesante.

In una lettera di Qian‑Yi Peng et al. sulla rivista Intensive Care Medicine dal titolo “Findings of lung ultrasonography of novel corona virus pneumonia during the 2019–2020 epidemic”, gli autori asseriscono che i risultati di un esame ecografico sono del tutto similari a quelli della TC e certamente superiori a quelli della radiografia standard del torace, sia per l’identificazione della polmonite che dell’ARDS, con il vantaggio che la metodica è semplice, immediata, ripetibile, innocua (assenza di radiazioni) ed a basso costo.

I segni ecografici caratteristici riscontrati sono stati i seguenti:

  1. Ispessimento ed irregolarità della linea pleurica
  2. Linee B
    1. Focali
    2. Multifocali
    3. Confluenti
  3. Consolidamenti
    1. Piccoli e multifocali
    2. non-trans-lobari
    3. trans-lobari con occasionali bronchogrammi aerei
  4. I versamenti pleurici sono rari

I pattern identificati appaiono come un continuum.

Findings of lung ultrasonography of novel corona virus pneumonia during the 2019–2020 epidemic. INTENSIVE CARE MED 2020

Gli autori consigliano di limitare la TC toracica a tutti quei casi in cui l’ecografia polmonare non è sufficiente per rispondere alla domanda clinica.

Sospetta polmonite da COVID-19. Gentile concessione del Dott. Francesco Patrone

Affinché si possa comprendere il ruolo dell’ecografia toracica nella gestione del COVID con interessamento respiratorio è necessario spendere due parole sui quadri TC.

Nonostante sia una patologia appena nata, troviamo già alcuni lavori molto interessanti su pubmed.

Uno studio è “Radiological findings from 81 patients with COVID-19 pneumonia in Wuhan, China: a descriptive study” pubblicato su Lancet Infectious Disease.

Il numero medio di segmenti polmonari coinvolti è 10,5 nell’interna coorte con maggiore coinvolgimento del lobo inferiore destro. Il pattern predominante era bilaterale (79% dei soggetti), periferico (54%), aspecifico (81%) ed aree a vetro smerigliato (65%). Negli asintomatici il pattern era rappresentato da aree a vetro smerigliato (93%) monolaterale (60%) e multifocale (53%).

Nel lavoro “CT Features of Coronavirus Disease 2019 (COVID-19) Pneumonia in 62 Patients in Wuhan, China” pubblicato su American Journal of Roentgenology viene confermata l’evidenza di multiple lesioni con distribuzione principalmente periferica ed alle basi polmonari.

In particolare il pattern TC più comuni erano rappresentati da aree a vetro smerigliato (40%), consolidamenti (34%) e aree a vetro smerigliato associate a pattern reticolare (63%).

Per quanto riguarda la pleura, che ci interessa molto in quanto ecografisti, questa mostrava ispessimento (thickening) in quasi il 50% dei soggetti e retrazioni in più del 50% dei casi. Solo il 9.7% presentava versamento pleurico. Altri studi identificano il versamento pleurico come ancora più raro.

Altro dato interessante che facciamo nostro è che le lesioni erano periferiche nel 77.4% dei soggetti o periferiche + centrali nel restante 22.6%.

Altro studio è “Clinical characteristics of 24 asymptomatic infections with COVID-19 screened among close contacts in Nanjing, China” che come recita il titolo ha analizzato 24 pazienti asintomatici che sono risultati positive al tampone. Il 20% dei soggetti sviluppò sintomi durante l’ospedalizzazione.

Il 50% dei soggetti nonostante l’assenza di sintomi mostrava chiare aree di ground-glass. Solo il 29% dei soggetti presentava una TC negativa, ma l’età media di questi soggetti era 14 anni (inferiore rispetto al resto del campione). Nessuno di questi soggetti ha sviluppò una polmonite severa o è deceduto.

Detto ciò (le lesioni sono tipicamente periferiche e presenti pure in molti asintomatici), esclusi i bambini, l’ecografia toracica dovrebbe essere un buon strumento per identificare o escludere i COVID19, quantomeno chi ha un coinvolgimento polmonare. I falsi negativi all’ecografia del torace dovrebbero comunque essere soggetti a basso rischio gestibili al domicilio.

Siamo a fine turno quando squilla il cellulare, un collega del territorio che non sento da qualche tempo.

“Sta arrivando tramite 118 un mio assistito con insufficienza respiratoria, sta male da una settimana, ha un peggioramento della sua cronica insufficienza respiratoria. Sarebbe dovuto venire prima ma abbiamo preferito una gestione domiciliare del problema…”

Ci avverte che non ha link epidemiologico con i casi in Sicilia, non ha avuto né tosse, né febbre ma solo peggioramento della sua dispnea.

Link epidemiologico

Parlare di link epidemiologico in Sicilia ha senso in questo momento? Ovvero ha senso escludere a priori una patologia se non vengono riferiti viaggi in altre regioni o contatti con viaggiatori?

Parlare di COVID-19 in Sicilia in questo momento significa indicare lo 0.0026% della popolazione generale poiché tale è il rapporto tra il numero di casi riscontrato e la popolazione.

Nonostante questi dati, il gioco non vale la candela ed ha probabilmente più senso utilizzare il link epidemiologico come RULE-IN che RULE-OUT. D’altronde anch’io vivo in Zona Rossa.

Molti ospedali, molte direttive aziendali considerano tutti pazienti con febbre o tosse o dispnea come soggetti positivi a priori. Decidiamo di approcciare questa insufficienza respiratoria come se fosse un paziente COVID per rodare la macchina ed i percorsi.

Il paziente arriva pochi istanti dopo ed è chiaramente in Edema Polmonare. Non ci vuole un ecografo per capirlo.

Vestizione

Io e la mia infermiera ci vestiamo il più rapidamente possibile in sala vestizione adiacente alla “Sala ROSSA COVID”.

La vestizione è un investimento per la svestizione, ricordatevelo. La svestizione è la fase a più alto rischio di contaminazione.
PRIMO PROBLEMA

Ci vogliono dai 5 ai 10 minuti buoni per vestirsi. La nostra vestizione deve iniziare alla chiamata del 118 e va effettuato un triage telefonico altrimenti il paziente può stare anche 15-20 minuti prima di ricevere assistenza. Altra soluzione è che un medico sia sempre pronto e vestito, ma questo potrebbe essere, in una regione ancora a bassa incidenza un incredibile ed inutile speco di risorse.

La prima impressione che ho vestendomi è il caldo e la sensazione di claustrofobia mettendo la mascherina. Il mio respiro è caldo e fin da subito ho una strana sensazione di nausea. Come farei a stare 6/12 h così?

Entriamo in SALA ROSSA COVID e veniamo chiusi dentro.

Mi sento sulla luna. Devo fare pipì…

Posizioniamo mascherina. Sta ricevendo O2 con maschera semplice. Mi convinco che la maschera generi più aerosol delle nasocannule e cambio il sistema.

In realtà mi sto sbagliando.

  1. Hui DS, Chow BK, Chu L, et al. Exhaled air dispersion and Removal is influenced by isolation room size and ventilation settings during oxygen delivery via nasal cannula. Respirology. 2011;16(6):1005–1013.
  2. Hui DS, Ip M, Tang JW, et al. Airflows around oxygen masks: A potential source of infection?. Chest. 2006
  3. Hui DS, Chow BK, Lo T, et al. Exhaled air dispersion during high-flow nasal cannula therapy versus CPAP via different masks. Eur Respir J. 2019;53(4):1802339.
  4. Hui DS, Chow BK, Lo T, et al. Exhaled air dispersion during noninvasive ventilation via helmets and a total facemask. Chest. 2015;147(5):1336–1343.
  5. Hui DS, Chow BK, Chu L, et al. Exhaled air dispersion during coughing with and without wearing a surgical or N95 mask. PLoS One. 2012;7(12):e50845.

Ricircolo dell’aria

Mi dirigo verso la finestra e la spalanco per cercare di ottenere un ambiente ben ventilato.

Le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) raccomandano che il personale medico esegua il ricircolo dell’aria durante l’esecuzione di trattamenti che producono aerosol (natural ventilation with air flow of at least 160 L/s per patient or in negative pressure rooms with at least 12 air changes per hour and controlled direction of air flow when using mechanical ventilation) [4].

Secondo l’esperienza di Guangzhou nella lotta contro la SARS, la ventilazione della stanza è molto importante. La velocità di ricircolo/ricambio dell’aria in terapia intensiva deve superiore alle 12 volte/l’ora. Mi chiedo se aprire la grande finestra della Sala Rossa mi consenta di ottenere 160 L/s… è già qualcosa comunque.

Expert consensus on preventing nosocomial transmission during respiratory care for critically ill patients infected by 2019 novel coronavirus pneumonia

Mi accorgo subito di un secondo problema. Non abbiamo tendine e siamo praticamente in mezzo alla strada. Chiunque può vedere ciò che succede in Sala Rossa Covid. Bisogna capire cosa sia più importante privacy o sicurezza? Continuo a dover fare pipì…

SECONDO PROBLEMA: PRIVACY

Mi sposto verso l’ecografo (che è dedicato alla sala ed è stato appositamente bardato per l’occasione) mentre la mia infermiera armeggia con accesso venoso, prelievi ed emogas.

Il pattern ecografico mi è familiare: linee B alle basi, maggiormente a destra; nulla ai campi polmonari anteriori; vena cava dilatata con modulazione attorno al 50%, funzione sistolica inesistente. Ordino del diuretico.

Terminata l’ecografia non so dove mettere la sonda? Sembra una fesseria, ma se la rimetto nel vano si contamineà e dovrò non solo pulire la sonda ma anche quello. Il guanto credo che possa dare un falso senso di sicurezza, il cavo può essere contaminato e va lavato ogni volta insieme alla sonda. L’unica soluzione che mi viene in mente è lasciare la sonda penzoloni sull’ecografo.

TERZO PROBLEMA: protocollo disinfezione ecografo

E io che pensavo bastasse un sacchetto!

La soluzione migliore, per la nostra situazione è questa, il sacchetto avvolge anche il reggisonda, risulta più facile lavare senza danneggiare l’ecografo.

Nel frattempo abbiamo EGA e provette. Le vengono tenute in mano come se fossero Kriptonite.

Vorrei cominciare a scrivere il verbale ma mi accorgo che non abbiamo un computer dedicato in Rossa Covid, dovrò aspettare la “svestizione” e nel frattempo le richieste saranno fatte da chi è all’esterno.

Questa è una cosa necessaria, se ho un paziente critico potrei dover rimanere in SALA ROSSA COVID con lui per ore.

Provo a parlare al Primario attraverso il vetro, ma tra mascherina e vetro, non mi capisce… Fanculo, ci vorrebbe pure un dannato citofono ma forse sto esagerando.

Aiuto l’infermiera a fare il tracciato. Devo cambiarmi i guanti? Nessuno lo sa. So solo che devo fare pipì…

Disinfetteremo tutto alla fine.

Fibrillazione atriale ad elevata rvm ed un bel BBS… quadro già noto.

Tocco il paziente, le sue mani e poi tocco il tracciato con le mani sporche di gel per guardarlo con più attenzione. Il tracciato è contaminato… porca miseria questo è un problema importante.

QUARTO PROBLEMA: contaminazione elettrocardiogramma e documentazione clinica cartacea.

La documentazione clinica cartacea (cartella, elettrocardiogrammi, emogas) è una fonte di contagio potenziale ed è necessario che segua un percorso pulito/sporco a cui bisogna prestare molta attenzione.

Posso eseguire la procedura alla perfezione (vestizione e svestizione) ma poi se tocco il tracciato “sporco”, contamino me e l’ambiente.

I centri COVID esigono che la documentazione inviata a loro sia pulita al 100% ed hanno ragione.

Il modo più pulito di ottenere questo è avere degli elettrocardiografi wi-fi.

Altre possibilità è quello di avere un computer dedicato nelle sale COVID con scanner o dei FAX dedicati.

La soluzione di fotocopiare i tracciati dopo averli messi in buste trasparenti è possibile ma a rischio se non viene fatta in modo accurato (rischio di contaminare la stampante o la fotocopiatrice).

Continua a rimuoversi la maschera, e noto che la cosa mi innervosisce un po’. Se fosse un paziente COVID-19 questo aumenterebbe il rischio di contagio. Lo riprendo dapprima con dolcezza ma poi sono obbligato a fare voce dura. Tocca tutto con le mani: ciliegina sulla torta!

QUINTO PROBLEMA (o QUARTO ERRORE)

Non abbiamo pulito e disinfettato mani e cellulare del paziente quando è entrato. Questo sarebbe stato un buon modo di preservare l’ambiente.

TRASMISSIONE DI SARS COV 2

1. Fonte di infezione: le fonti principali di infezione sono le persone infette da SARS-CoV-2 sia che esse siano sintomatiche o asintomatiche.

2. Vie di trasmissione:

a. la principale via di trasmissione è tramite droplet (goccioline di saliva) espulse dal soggetto infetto principalmente tramite tosse o starnuti.

b. trasmissione tramite superfici infette (“fomite-to-face”). Questa modalità di trasmissione tende a essere trascurata, ma è molto importante. I droplet o muco o secrezioni nasali (possibile anche tramite sangue ed urine) depositano sulle superfici di una stanza un sottile film carico di virus che può persistere negli ambienti per ore o giorni. Il successivo contatto con bocca-occhi-naso mediato dalle mani sarà responsabile dell’infezione.

c. È possibile anche una trasmissione aerea in caso di esposizione prolungata in presenza di un ambiente chiuso se persistente presenza del virus nell’aria (quest’ultima è tipica di procedure mediche, ad esempio paziente che ventila in ambiente piccolo e senza ricambio di aria).

Fonte EMCRIT.ORG COVID-19

Puliamo le mani del paziente mentre arriva l’EGA.

Non è bellissimo ma abbiamo visto di peggio.

Sulla base di anamnesi, quadro clinico ed ecografico già a questo punto ho capito due cose:

  1. Questo paziente non è affetto da COVID-19
  2. Questo paziente stava morendo per il COVID-19

Abbiamo perso tutti la rotta, abbiamo perso tutti la testa. La paura di giungere in Ospedale lo ha fatto tirare all’estremo rischiando di rimetterci le penne…

Con difficoltà parlo con il mio referente attraverso il vetro.

Con grossa fatica gli faccio capire che non lo voglio ventilare, può essere solo effetto di tutto l’ossigeno che si è beccato in ambulanza. Aspetterei l’effetto di riduzione dell’O2 e l’effetto del diuretico.

Concorda.

SESTO PROBLEMA: VENTILAZIONE NON INVASIVA E SUPPORTO DI O2

ASSIOMA: NON SI PUO’ PENSARE DI INIZIARE UNA VENTILAZIONE NON INVASIVA O TERAPIA CON ALTI FLUSSI SENZA UTILIZZO DEI GIUSTI D.P.I.

Le tecniche di ossigenazione non standard e la ventilazione non invasiva sono sicure, e funzionano?

Ad alcune domande possiamo provare a dare risposte accurate ad altre poco precise.

Come già accennato le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) raccomandano continuo ricircolo dell’aria durante l’esecuzione di trattamenti che producono o possono produrre aerosol.

n modo molto empirico molti riferiscono che avere una stanza con finestre ben aperte permette di sviluppare una sorta di pressione negativa.

ALTI FLUSSI

Hui et al hanno monitorato la distanza dal paziente a cui si diffonde l’aria espirata ed hanno confermato, come del resto ci aspettavamo, che la distanza di diffusione del respiro espirato aumenta con l’aumentare del flusso erogato.

La tosse del paziente aumenta significativamente la distanza espiratoria e indossare una maschera (anche la semplice chirurgica) riduce drasticamente la contaminazione della stanza.

Questo studio inoltre mostra come la non perfetta aderenza delle cannule nasali alle narici aumenti significativamente la distanza espiratoria.

Nella revisione sistematica dal titolo “Aerosol Generating Procedures and Risk of Transmission of Acute Respiratory Infections to Healthcare Workers: A Systematic Review” pubblicata su PLOSE ONE che affronta un problema analogo al COVID ovvero la SARS, gli alti flussi (dati ottenuti) da singolo studio è considerata una manovra sicura.

VENTILAZIONE NON INVASIVA

I colleghi cinesi consigliano ventilatore con doppio tubo e con filtri anti-virali posizionati su entrambe le estremità  inspiratoria ed espiratoria.

La maschera dovrà essere posizionata saldamente sul viso per evitare perdite involontarie. OBBLIGATORIO impostare il ventilatore in standby prima di indossare e rimuovere la maschera.

Durante la ventilazione non invasiva il gas espirato dai pazienti può diffondersi ad una distanza di circa un metro (in un ambiente a pressione negativa).

Indipendentemente dal tipo di ventilatore utilizzato, prestare particolare attenzione alle condizioni di “salute” del filtro che va cambiato regolarmente (sempre dopo stand-by dell’apparecchio).

Durante la ventilazione non invasiva, è necessario, come già accennato, garantire una perfetta aderenza tra maschera e viso per ridurre le perdite involontarie.

Prestare particolare attenzione alla necessità di espettorazione del paziente che potrebbe contaminare la maschera e quindi l’ambiente.

Quando la maschera è contaminata bisognerebbe pulirla e pulirla con alcool al 75%. Nello studio sulla SARS precedentemente presentato la manipolazione della maschera della BiPAP era tra le procedure a maggiore rischio con un ODD RATIO superiore a 6.

CPAP CON CASCO

Una buona soluzione, condivisa da tutti, è la CPAP con casco che sembra unire il minore rischio infettivo al migliore successo terapeutico. In atto è largamente utilizzata nel Nord Italia in piena epidemia. Ha anche il vantaggio di costare molto meno di un ventilatore e di un apparecchio per gli alti flussi.

Unici accorgimenti da usare sono l’utilizzo di filtri anti-virali a livello delle valvole di uscita dell’aria e cura ed attenzione durante la sostituzione (la sostituzione del filtro potrebbe generare aerosol).

Vi potrebbe essere la possibilità di utilizzo di due filtri in serie in cui uno rimane fisso e l’altro si sostituisce.

“Expert consensus on preventing nosocomial transmission during respiratory care for critically ill patients infected by 2019 novel coronavirus pneumonia”

I colleghi cinesi suggeriscono che, se le condizioni lo permettono, la ventilazione non invasiva e gli alti flussi nasali possano essere usati alternativamente per aumentare il comfort del paziente e aumentare il tasso di successo.

La TAC

Vorrei farlo uscire dal percorso COVID-19, ma molti mi dicono di fare la TAC per avere una maggiore sicurezza. Probabilmente hanno ragione e d’altronde è nel protocollo che stiamo cercando di stilare.

È un paziente con insufficienza respiratoria, se è un COVID, la TC deve essere per forza patognomonica.

Lo studio “Correlation of Chest CT and RT-PCR Testing in Coronavirus Disease 2019 (COVID-19) in China: A Report of 1014 Cases ha mostrato una sensibilità nettamente maggiore della TC toracica rispetto al tanto agognato tampone.

Il tampone, ma sarebbe più corretto dire la RT-PCR, ha una sensibilità che oscilla tra il 66 e l’80%. La TC del Torace ha una sensibilità invece che oscilla tra il 97 ed il 98%.

È stato pubblicato proprio in questi giorni un piccolo studio che va leggermente in contrasto con quanto sinora detto, dal titolo <<Chest CT Findings in Cases from the Cruise Ship “Diamond Princess” with Coronavirus Disease 2019 (COVID-19)>> con dati estratti dai passeggeri della DIAMOND PRINCESS.

Il campione era costituito da 112 pazienti con tampone positivo per SARS CoV 2 che sono stati sottoposti a TC del torace. Nei soggetti asintomatici la TC era positiva in circa il 54% dei pazienti mentre nei sintomatici la percentuale saliva fino all’80%. I valori della TC Torace di sensibilità ed LR- nei vari sottogruppi dovrebbero essere i seguenti:

Asintomatici: sensibilità 54%, LR- 0.46

Sintomatici: sensibilità 80%, LR- 0.2

In realtà però analizzando le caratteristiche del campione ci si accorge come il campione fosse in realtà interamente composto da pazienti paucisintomatici con febbre e tosse presenti rispettivamente solo nel 10 e nel 19% del campione. Solo 4% con dispnea.

I valori di sensibilità e LR- nell’intera coorte dovrebbero essere 61% e 0.39.

Gli studi in letteratura sono tanti ed a volte discordanti. Mi sento di citarne ancora un altro.

Lo studio “Diagnosis of SARS-CoV-2 Infection based on CT scan vs. RT-PCR: Reflecting on Experience from MERS-CoV” pubblicato su THE JOURNAL OF HOSPITAL INFECTION mostra ancora dubbi sull’efficacia del tampone nello screening o nella diagnosi di COVID-19 effettuando un confronto con MERS.

Uno studio di 167 pazienti mostra come la concordanza tra TC e RT-PCR sia del 93%. 4% dei pazienti presentava RT-PCR positiva e TC negativa, 3% RT-PCR iniziale negativa e TC positiva.

Esistono almeno 7 tipi di test RT-PCR per COVID19 e questo rende problematico poter dare una risposta definitiva. Altro concetto importante da ricordare è che la carica virale raggiunge il picco nelle alte vie aeree 3 giorni dall’inizio dei sintomi principalmente a livello nasale più che a livello del faringe.

In uno studio di 51 persone COVID19 + il primo tampone aveva sensibilità del 70%. La sensibilità saliva poi rapidamente a 94% e 98% rispettivamente con II e III esame.

Ultimo aspetto è quella della possibilità di falsi positivi al tampone. Questo lavoro cinese ci mette una pulce nell’orecchio, utilizzare il tampone per lo screening ha una incidenza di falsi positivi dell’80%.

Decidiamo di spostare il paziente in TAC.

Il protocollo prevede la chiusura di tutte le porte del corridoio dell’Area di Emergenza che esistono tra SALA ROSSA COVID e sala TC (presente sempre all’interno dell’Area di Emergenza).

Apro la porta della SALA ROSSA troppo presto, il corridoio non è “sicuro”. Attendiamo un altro minuto il segnale… non vi immaginate che il segnale sia un fuoco d’artificio o qualcosa di fantascientifico.

Mi “tuppuliano” alla porta.

Giunti in TAC altro problema, l’iniettore del mdc in mezzo le scatole. Lo sposto delicatamente con la spalla.

Il paziente tossisce, in TAC… chi pulisce il gantry? Io e l’infermiere? Il tecnico di radiologia? I sempre troppo poco lodati addetti alle pulizie (senza di loro potremmo chiudere e sono loro i veri eroi)?

Usciamo e chiudo a chiave la TAC. Ho contaminato chiave e maniglia?

Devo ricordarmi di fare inserire questi tre aspetti nel protocollo. Sembra banale ma non è così ed un famoso detto recita:

“pensato non è detto, detto non è sentito, sentito non è capito e capito non è eseguito”.

SETTIMO, OTTAVO E NONO PROBLEMA

Finalmente riusciamo ad eseguire sta benedetta TAC. Rientro. La radiologa mi dice che la TC è negativa e che bisogna mettere un telino sul lettino della TC la prossima volta. Ha ragione assolutamente. Mi chiede anche lei chi si occupa di pulire in gantry.

Il paziente esce dal percorso COVID. Devo fare pipì…

La svestizione è una scienza a parte… ed io non so neanche fare il nodo alla cravatta, solitamente trovo sempre un volontario (principalmente mia moglie).

Mi tolgo questa preziosissima e schifosissima mascherina, riprendo a respirare, mi è sembrato di trattenere il fiato per un’ora. Ho un segnale netto sul naso… sono un bagno di sudore ed il percorso è durato solo un’ora.

Passa una mezzoretta, il paziente sta urinando, sta meglio visibilmente e ripetiamo l’EGA.

Riduciamo la FiO2 ulteriormente.

Con tutti i miei errori e le mie falle, assolutamente umane e condivisibili siamo arrivati alla fine del percorso. Il percorso va rodato ma sembra funzionare… almeno con i flussi di pazienti che abbiamo ora e con il numero di COVID che possiamo avere in questo momento.

Qui vi presento la una bozza di procedura o quanto meno la mia idea di percorso COVID in una piccola Area di Emergenza come la mia (25.000 accessi/anno, in atto non centro COVID).

Nel momento in cui si presenta con sintomi suggestivi, questo viene inserito nel percorso COVID.

Il paziente viene intercettato prima dell’ingresso in Area di Emergenza da personale dedicato ed in base alla presentazione clinica si decide dove effettuare il triage vero e prioprio: pre-triage, sala isolamento o Sala Rossa COVID.

Si invita il paziente ad effettuare disinfezione di mani ed effetti personali (in particolare cellulare che il paziente potrebbe maneggiare continuamente per comunicare con i familiari o per distrarsi durante l’attesa)

Il paziente esegue anamnesi, visita clinica ed il pacchetto di esami qui riportato. In base al risultato di EGA arterioso (presenza/assenza di ipossiemia, anche relativa) o ecografia toracica (presenza assenza di sindrome interstiziale focale) si può già decidere di fare uscire il paziente dal percorso COVID o completare l’algoritmo eseguendo una TC torace alla luce della quale si potrà prendere la decisione finale. Una volta confermata la diagnosi si procederà alla stratificazione del rischio del paziente COVID+ con identificazione del rischio e del percorso.

Mi sono permesso di modificare i fenotipi in base alle mie esigenze.

È stato creato il fenotipo 0 in cui non vi è evidenza di malattia e lo si potrebbe ritenere un portatore sano (magari per contatto stretto con un soggetto COVID+).

Ho fuso i fenotipi 4 e 5 in un unico gruppo perché in questo momento la diagnosi differenziale tra pre-ARDS ed ARDS viene effettuata con un trial di NIV che questi pazienti non devono effettuare presso la mia Area di Emergenza ma in Terapia Intensiva o presso un centro COVID in ambiente dedicato.

Sorge poi il problema del trasferimento. In questo momento buona parte dei centri COVID in Sicilia accetta solo pazienti con tamponi positivi. Questo risulta essere un grosso problema, anzi grossissimo.

Dove attende il soggetto sospetto in attesa del tampone? Che percorso ha il paziente con quadro clinico, ecografico, TAC e laboratoristico assolutamente suggestivo e con tampone negativo? Vi ricordo che molti COVID positivi hanno tampone negativo e che il tampone non è l’esame migliore per escludere questa diagnosi. Una ipotesi è quella di trasformare l’OBI in OBI-COVID…

Spero di non avervi annoiato e di esservi stati di aiuto…

…. finalmente posso fare pipì…

Mauro Cardillo
Mauro Cardillo
Dirigente medico presso il Pronto Soccorso dell’Istituto Fondazione San Raffaele G.Giglio di Cefalù Specialista in Medicina Interna Accreditamento EAE in ecocardiografia Appassionato di cardiologia, elettrocardiografia, ecocardiografia ed ecografia toracica. @mausebass

2 Commenti

  1. Innanzitutto grazie per le informazioni che ci fornisci e la passione con la quale affronti l’argomento. Grazie davvero.

    Ti chiedo come posso raggiungere la fonte citata: “Come e quando proteggerci da SARS-COV-2: guida pratica per il personale medico-sanitario”. Ferioli, Cistermino, Leo. 2020

    che hai riportato sul tema metodiche di O2-tp e distanza di dispersione dell’esalato.

    Grazie.

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