Ictus, sarai sconfitto
Carla – la sera
Il pomeriggio Carla era uscita di corsa. Venti anni aveva atteso per avere un nuovo appuntamento con il Guarini, da pochi giorni di nuovo bello e pronto a riabbracciarla. Il sole freddo di novembre le scaldava la pelle e la faceva sentire bella. La tradizionale cena del mercoledì con le figlie la faceva sentire bene, invece. Era quindi corsa a casa, con tutte le energie di una 74enne “speedy”. Per essere pronta, pronta ad appuntamento a cui una mamma non rinuncerebbe mai. Neanche per Guarini. Una lieve cefalea aveva tenuto compagnia a Carla una volta che le figlie la avevano salutata. Accompagnata da un sorriso, di chi il domani lo iniziava a vivere con fiducia e con piacere. E proprio Domani avrebbe dovuto alzarsi presto per portar a scuola i nipoti. Appuntamento a cui una nonna non rinuncerebbe mai. Guai che la colpisse un ictus.
Carla – la mattina
Ma il giorno dopo Carla non riusciva a scendere dal letto. E nenache a parlare. Invece che a scuola con la nipotina, Carla è stata accompagnata in ospedale con la medicalizzata.
La diagnosi era semplice, il deficit neurologico chiaro, completo e severo: emideficit faciobraciocrurale destro con afasia completa. Il cuore andava troppo veloce, causa o forse conseguenza della sindrome neurologica acuta. La TAC con lo studio angiografico dimostrava la chiusura completa del primo tratto della arteria cerebrale media: un millimetrico tappo a svolgere un ruolo non richiesto in un momento decisamente sbagliato in un posto sicuramente sbagliato.
Ictus ischemico, al risveglio, non databile con certezza. Punto e a capo. Avanti il prossimo, grazie.
Ma davvero non vi era nulla che si potesse fare?
Crederci Sempre
Forse No. Forse Basta Crederci. Senza credersi.
Il Dawn Trial
A gennaio 2018 sul NEJM è stato pubblicato il DAWN trial (1). I ricercatori hanno cercato una risposta alla seguente domanda. I pazienti con ictus ischemico con un ultimo testimoniato stato di benessere fra le 6 e le 24 ore precedenti la valutazione medica possono giovare di un trattamento riperfusivo meccanico, nel caso in cui lo studio AngioTAC dimostri un occlusione di un grosso vaso e lo studio perfusionale testimoni un mismatch fra la severità del quadro clinico ed il volume infartuale (in altri termine: se esiste tessuto encefalico ischemico ma ancora vitale)?
I risultati sono riportati nella immagine sottostante.
I pazienti sottoposti a trombectomia meccanica risultavano avere esiti anatomici ed outcomes funzionali a medio termine significativamente migliori rispetto ai pazienti trattati con lo standard of care. Il tutto senza una differente incidenza di eventi avversi (morte correlata allo stroke a 90 giorni – morte per qualsiasi causa a 90 giorni – emorragia cerebrale sintomatica – deterioramento neurologico).
Il Defuse 3 trial
A febbraio sempre sul NEJM è uscito il trial fratello gemello del primo – il DEFUSE 3 (2). Anche in questo caso lo scopo era valutare la possibilità ed il beneficio di eseguire una trombectomia meccanica oltre le sei ore convenzionali in pazienti con ictus ischemico attentamente selezionati.
Pertanto, i pazienti con una sindrome neurologica acuta ed un ultimo stato di benessere fra le sei e le sedici ore precedenti alla valutazione medica, con un grosso vaso occluso, un piccolo volume iniziale infartuale (< 70 ml) ed un rapporto favorevole fra il core e la sola penombra ischemica (ossia ancora tessuto cerebrale salvabile) venivano randomizzati alla trombectomia meccanica versus lo standard-of-care. Anche in questo caso l’outcome primario era rappresentato dalla scala funzionale Rankin a 90 giorni.
I risultati
I pazienti sottoposti a trombectomia meccanica avevano outcome funzionali migliori rispetto alla semplice terapia medica senza la comparsa di effetto avversi gravi.
E le linee guida?
Le linee guida hanno pochi dubbi e forti convinzioni: per loro Classe di raccomandazione I (3).
Quindi pochi dubbi. Andrà tutto bene.
E allora ricordiamoci: un ictus oltre le sei ore dall’esordio della sintomatologia (leggasi, i non databili o quelli al risveglio) non è un “ictus perso”. Sono ictus che possiamo ancora sconfiggere, nel paziente giusto e correttamente selezionato. Come ci ricorda il caso sottostante. La chiave è la identificazione corretta del paziente. E la eventuale capacità (di trasferirli per) sottoporli a test di imaging (RM o, più facilmente, TC perfusionale) disponibili purtroppo solo in centri HUB.
Bibliografia
- Nogueira RG, Jadhav AP et al. “Thrombectomy 6 to 24 Hours after Stroke with a Mismatch between Deficit and Infarct”. N Engl J Med. 2018 Jan 4;378(1):11-21.
- Albers GW, Marks MP et al. “Thrombectomy for Stroke at 6 to 16 Hours with Selection by Perfusion Imaging”. N Engl J Med. 2018 Feb 22;378(8):708-718
- Powers WJ, Rabinstein AA et al. “2018 Guidelines for the Early Management of Patients With Acute Ischemic Stroke: A Guideline for Healthcare Professionals From the American Heart Association/American Stroke Association”. Stroke. 2018 Mar;49(3):e46-e110.
TC con studio angiografico, si può fare in emergenza nel sospetto di Ictus? Chiaramente sí, ma ricordavo che potrebbe essere rischioso nel caso di Ictus emorragico.
Qualcuno può chiarire i miei dubbi?
Ciao Francesco. Ti riporto la mia realtà. Nella eventualità di un deficit neurologico acuto passibile di trombolisi, il paziente viene inviato in radiologia per eseguire la TAC encefalo basale; in assenza di lesioni emorragiche viene eseguito lo studio dei vasi con il mezzo di contrasto per valutare la presenza di occlusione di un grosso vaso.
Diverso è lo studio delle emorragie cerebrali; molto spesso nel caso in cui l’emorragia sia in sede atipica è necessario comunque uno studio con mdc per valutare lesioni responsabili del sanguinamenti (es MAV, POS….).
Ti ringrazio per la risposta. Tutto chiaro adesso.