Non sono passate che poche settimane da quando abbiamo visto come eseguire la cricotireotomia con l’aiuto del mandrino che su Emergency Ultrasound Podcast ci viene spiegato come ottimizzare e velocizzare questa procedura con l’uso dell’ecografo. Guest speaker di oggi è Keith Curtis, senior EM resident dell’università dello Utah, che ha approfondito questo argomento attraverso uno studio su cadavere fornendoci, oltre ad una revisione della letteratura, alcuni preziosi video, a mio avviso, veramente didattici.
Curtis comincia da un esame della letteratura:
– Bedside sonography by emergency physicians for the rapid identification of landmarks relevant to cricothyrotomy. Am J Emerg Med 2008 in cui la cricotireotomia ecoguidata eseguita da due medici d’urgenza ebbe una percentuale di successo del 100% in 50 cadaveri; tempo medio per eseguire la procedura 24 secondi indipendentemente dal BMI (body mass index).
– Ultrasound-guided percutaneous tracheal puncture: a computer-tomographic controlled study in cadavers. Br J Anesth 2011, anche in questo caso la cricotiretotomia con ago ecoassistita e confermata tramite TC aveva una percentuale di successo prossima al 100%.
– Real-time ultrasound-guided percutaneous dilatational tracheostomy: a feasibility study Crit Care 2011: tracheostomia eseguita in terapia intensiva, 13 successi su 13 confermati tramite broncoscopia.
– Non solo l’ecografia avrebbe una così alta percentuale di successo ma ridurrebbe i tempi della procedura, questo almeno quanto si deduce da questo lavoro di Dinsmore su Eur J Anesthesiol 2011: The use of ultrasound to guide time-critical cannula tracheotomy when anterior neck airway anatomy is unidentifiable
Veniamo alla parte pratica, cosa ci serve:
Una sonda lineare orientata verticalmente verso la testa del paziente e tenuta nella mano non dominante
Un bisturi n 20
Un mandrino
Un tubo endotracheale 6.0 con siringa premontata
Ora è necessario identificare la membrano cricotiroidea posta sulla linea mediana tra cartilagine tiroide superiormente e cricoide inferiormente come si vede nel video qui sotto
Successivamente:
Incidere trasversalmente con un bisturi preferibilmente n 20, anche se è possibile eseguire la procedura con bisturi più piccoli come 9 o 10, ma bigger is better!
Ruotare il bisturi di 90 gradi
Inserire il mandrino medialmente al bisturi sino ad avvertire uno stop dato dal raggiungimento della carina tracheale. Se non si avverte questo stop è probabile che ci si trovi nel tessuto pretracheale ed è bene ripetere la procedura
Far scivolare su di esso il tubo endotracheale
Rimuovere il mandrino
Cuffiare il tubo con 10 cc di aria
Confermare il corretto posizionamento attraverso capnografia o auscultazione
Ecco il video della prima procedura eseguita dal Dr Curtis su un cadavere dall’anatomia “impossibile”
Infine un commento personale.
La procedura, come sempre, vista fare da altri sembra assai semplice e, sebbene l’autore sostenga di aver provato ad identificare la membrana cricotiroidea solo su sè stesso e su sua moglie, prima di iniziare lo studio sui cadaveri, non credo sia così immediata al di fuori della sala settoria,, nelle fasi concitate dell’emergenza.
Resta comunque il fatto che il tempo necessario sia la metà di quello richiesto abitualmente con la sola palpazione del collo.
Requisito indispensabile ovviamente è avere l’ecografo immediatamente disponibile.
Intanto potremmo iniziare ad esercitarci nella ricerca ecografica della membrana cricotiroidea; chi ben comincia…
Ideatore e coordinatore di questo blog | Medico d'urgenza in quiescenza | Former consultant in Acute Medicine |
Specialista in medicina interna indirizzo medicina d’urgenza e in malattie dell’apparato respiratorio | #FOAMed supporter
In emergenza, con Paz nero perché non ti respira, non riesci a ventilate né inturbare, e che ti sta andando in arresto cardiaco, non credo proprio che ti metti ad armeggiare con l’ecografia. Lo trovo davvero fuori da ogni realtà. Non capisco questa ossessione nel cercare di usare questo strumento sempre, per ogni cosa è con così grande convinzione, anche purtroppo talvolta ponendo in secondo piano obiettivita’ clinica, esami strumentali piu’ specifici e pratica manuale. Forse sarebbe meglio imparare poche manovre, bene , e possibilmente con le proprie mani, prima di fare improbabili voli pindarici , soprattutto in emergenza. Concordo con te Carlo, con le ultime frasi che hai scritto, lasciandolo perdere però questo strumento soprattutto in certi casi,perché non è e non può essere la panacea di tutto. Anzi, in non poche esperienze viste personalmente o riferite da fonti sicure che conosco, l’ecografia è stato causa di mancate diagnosi che poi si sono rivelati casini (finiti in sala e/o in rianimazione).
Arianna, certamente il tuo punto di vista è condiviso da molti, anche in ambito della medicina d’emergenza. Scott Weingart è uno di questi. E’ anche vero che un allenamento intensivo sul cadavere offre a un cultore della materia delle possibilità che è difficile estendere al medico che probabilmente nella sua vita professionale farà 1 o 2 volte questa procedura.
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In emergenza, con Paz nero perché non ti respira, non riesci a ventilate né inturbare, e che ti sta andando in arresto cardiaco, non credo proprio che ti metti ad armeggiare con l’ecografia. Lo trovo davvero fuori da ogni realtà. Non capisco questa ossessione nel cercare di usare questo strumento sempre, per ogni cosa è con così grande convinzione, anche purtroppo talvolta ponendo in secondo piano obiettivita’ clinica, esami strumentali piu’ specifici e pratica manuale. Forse sarebbe meglio imparare poche manovre, bene , e possibilmente con le proprie mani, prima di fare improbabili voli pindarici , soprattutto in emergenza. Concordo con te Carlo, con le ultime frasi che hai scritto, lasciandolo perdere però questo strumento soprattutto in certi casi,perché non è e non può essere la panacea di tutto. Anzi, in non poche esperienze viste personalmente o riferite da fonti sicure che conosco, l’ecografia è stato causa di mancate diagnosi che poi si sono rivelati casini (finiti in sala e/o in rianimazione).
Arianna, certamente il tuo punto di vista è condiviso da molti, anche in ambito della medicina d’emergenza. Scott Weingart è uno di questi. E’ anche vero che un allenamento intensivo sul cadavere offre a un cultore della materia delle possibilità che è difficile estendere al medico che probabilmente nella sua vita professionale farà 1 o 2 volte questa procedura.