La storia di S.
S. è un ragazzo di 25 anni. Lavora come infermiere, ha una fidanzata, esce con gli amici dell’università.
Ha appena trovato lavoro. Insomma, una vita normale dove ogni giorno affronta problemi ordinari.
Poi un brutto giorno l’incidente stradale: alta cinetica, estrinsecazione difficile, GCS 5. Arriva in PS con grave trauma cranioencefalico associato a politrauma, stato di coscienza fortemente compromesso. Alla TC “multipli focolai traumatici in sede fronto-basale, frontale e temporale bilaterale, nel giro del cingolo di destra e in sede parietale sinistra; abbondante materiale ematico intraventricolare e soffusione ematica sub-aracnoidea nel fondo dei solchi e nella scissura silviana di sinistra; ridotta visualizzazione delle cisterne intorno al tronco”.
Il quadro è molto grave per via della rapida comparsa di edema cerebrale e conseguente ipertensione endocranica, ragion per cui S. viene sottoposto a intervento di craniectomia decompressiva bifrontale.
Successiva persistente tendenza all’erniazione dei tessuti cerebrali attraverso la craniectomia. Ad ottobre dello stesso anno viene sottoposto ad intervento di cranioplastica.
Durante questo periodo mai evidenza di forme di chiara responsività; concomitante sviluppo di severa tetraparesi ad evoluzione ipertonica distale, con schema patologico inizialmente in decerebrazione, poi con iperestensione ed intrarotazione dell’arto superiore sinistro e flessione dell’arto superiore destro, con dita flesse omolateralmente e I dito incluso; gli arti inferiori invece atteggiati in iperestensione, con equino-supinazione di entrambi i piedi più netta a sinistra.
In neuroriabilitazione…
A distanza di 4 mesi dall’incidente, S. viene trasferito in Neuroriabilitazione (dove abbiamo la possibilità di conoscerlo) e qui inizia un lungo percorso riabilitativo dove ogni giorno i medici, noi specializzandi e tutti gli attori del team riabilitativo cercano di stimolarlo in modi diversi per capire come il suo stato di coscienza si stia evolvendo dopo il trauma.
Ora il problema che deve fronteggiare S. ogni giorno, più volte al giorno, sono numerose crisi disautonomiche.
E’ un problema comune a chi è affetto da una grave cerebrolesione acquisita in fase post-acuta, e ciò compromette tutto il suo iter riabilitativo.
Come specializzandi, abbiamo imparato a conoscere queste manifestazioni e ci è sembrato interessante fare un piccolo focus su questo fenomeno, riassumendo lo stato della letteratura attualmente consultabile in merito alla gestione.
Introduzione
In letteratura non vi è ancora una nomenclatura ed una definizione delle crisi disautonomiche unica e condivisa; queste possono essere definite come sindromi di origine centrale caratterizzate da un insieme di sintomi che si manifestano contemporaneamente almeno una volta al giorno per almeno tre giorni.
Altra definizione contemplata le circostanzia come manifestazioni caratterizzate dalla simultanea e parossistica presenza di iperattività del sistema nervoso simpatico ed iperattività muscolare, fenomeni che limitano il percorso riabilitativo e compromettono l’evoluzione clinica.
Il termine proposto più recentemente è quello di “Iperattività Simpatica Parossistica” (acronimo anglosassone: PSH).
E’ un fenomeno che si manifesta nel 10-30% dei casi di grave cerebrolesione, con esordio principalmente alla sospensione della sedazione, ma che si può manifestare per settimane o mesi nella fase post-acuta, come sta succedendo ad S.
Per quanto sia un fenomeno conosciuto, le molteplici definizioni, la mancanza di terminologia unica e condivisa, la prevalenza in letteratura di case report e case series sono specchio del fatto che sia un fenomeno la cui gestione spesso è poco EBM e varia “di mano in mano” senza univoca declinazione.
Eziopatogenesi
Tale fenomeno di iperattività critica del sistema nervoso autonomo associata ad iperattività muscolare è dovuto alla perdita dei fisiologici meccanismi di omeostasi del sistema nervoso autonomo, a lesioni ipotalamiche e all’interruzione dei circuiti modulatori ipotalamici e diencefalici inibitori dei centri di regolazione riflessa distale (lesioni pre-pontine).
La lesione di centri inibitori diencefalici , che regolano normalmente la risposta a impulsi afferenti, o di loro connessioni con loci corticali sottocorticali o troncoencefalici, innescherebbe reazioni autonomiche esagerate a stimoli di varia natura.
Diagnosi
In letteratura, come accennato, i criteri diagnostici basati sulla clinica del paziente variano molto:
• La maggior parte degli Autori condivide la presenza di alterazioni della frequenza cardiaca, della frequenza respiratoria, della pressione arteriosa ed una qualsiasi manifestazione di iperattività motoria
• Altri segni contemplati sono: ipertermia, (ipotermia, rara ma possibile) agitazione, midriasi, riduzione del livello di coscienza, orripilazione, flushing, posture con ipertonia marcata in decerebrazione e decorticazione.
La sintomatologia è estremamente variabile in termini di numero di fenomeni presenti contemporaneamente, della loro intensità, della loro evoluzione temporale, con una possibile risoluzione spontanea o con necessità di controllo farmacologico.
Considerando che non tutti i pazienti presentano tutti i segni ma spesso ci sono apparati particolarmente interessati rispetto ad altri, in letteratura vengono descritte forme parziali o pseudocrisi disautonomiche.
Dato il quadro complesso ed eterogeneo la diagnosi differenziale è fondamentale per il corretto approccio diagnostico e terapeutico; principali patologie da escludere sono epilessia, edema o lesioni espansive cerebrali, idrocefalo acuto, ipertiroidismo, sindrome neurolettica maligna, sindrome serotoninergica, ipertermia maligna, sindrome da astinenza da farmaci (in particolare baclofene, dopaminergici, oppioidi).
Cosa scatena la crisi
La crisi può essere innescata da spine irritative estremamente variabili per natura ed intensità; infatti parossismi disautonomici possono coesistere con patologie acute (ad esempio sepsi, sospensione di farmaci, spine nocicettive), come triggers ambientali/sensoriali di ordinaria amministrazione di reparto: aspirazione endotracheale, mobilizzazione passiva, posture viziate, stimoli sensoriali non esclusivamente nocicettivi, stimoli emozionali, ostruzione del catetere vescicale, fecaloma, lesioni da decubito, sindromi algo-distrofiche, disturbo da ausili (SNG, PEG, CV, CET). E’ fondamentale quindi escludere cause acute che possano scatenare la crisi, come ad esempio infezioni, trombosi venosa profonda (TVP), embolia polmonare, paraosteoartropatie (POA), fratture misconosciute.
Prognosi e complicanze
La presenza e la frequenza di queste crisi sono un indice prognostico negativo, che correla con una maggiore gravità del quadro clinico, una maggior durata dell’ospedalizzazione, al miglioramento clinico più lento, a peggiori indici funzionali alla dimissione indipendentemente dallo sviluppo di complicanze direttamente legate alla crisi; queste possono essere di natura metabolica o anossica, il protrarsi di uno stato vegetativo persistente (SVP), lo sviluppo di uno stato di minima coscienza (SCM), lo sviluppo di spasticità o rigidità grave, lo sviluppo di ossificazioni eterotopiche, disturbi neuroendocrini, idrocefalo e complicanze neurochirurgiche.
Terapia (in monoterapia o in associazione):
La terapia farmacologica risente dell’eterogeneità del quadro clinico e della mancanza di chiarezza sui meccanismi patogenetici responsabili; i farmaci utilizzati fino ad ora hanno dimostrato un’efficacia parziale pertanto al momento non vi sono lavori in letteratura che diano evidenza scientifica e rigorosa di efficacia terapeutica. Le priorità che ogni autore mette in evidenza rendono conto della scelta di categorie di farmaci piuttosto che altre.
Tali priorità ad oggi sono rappresentate dalla riduzione del singolo segno o sintomo, alla riduzione della frequenza, della durata e dell’intensità complessiva delle crisi nel loro complesso, senza però agire direttamente sul meccanismo fisiopatogenetico.
Quali farmaci utilizzare
Fra i farmaci ammessi, utilizzati in monoterapia o in associazione:
– FARMACI BETA-BLOCCANTI sono i farmaci maggiormente impiegati, utilizzati nell’80% dei casi revisionati, pertanto gli autori sono concordi sull’utilizzo di questi per ridurre la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa.
In particolare il propranololo sembra il farmaco di scelta data la sua scarsa selettività (alcuni autori sconsigliano il beta-blocco selettivo poichè meno efficace) e quindi un raggio d’azione più ampio sul sistema adrenergico, il fatto che passi la barriera emato-encefalica andando ad agire sui recettori centrali 5HT1A e la sua rapidità di efficacia. L’utilizzo di betabloccanti sembra correli con un migliore outcome post-critico, riducendo di gravità e frequenza le crisi.
– farmaci antispastici quali il baclofene e la tizanidina, sono farmaci ….
– FARMACI ANSIOLITICI, fra i quali le benzodiazepine sono le più rappresentative; fra queste il diazepam e il midazolam sono i farmaci maggiormente impiegati per la loro azione miorilassante e sedativa. Altre alternative, meno valide, sembrano essere il lorazepam e il delorazepam.
– Una alternativa è rappresentata dal GABAPENTIN, utilizzato a scopo antalgico e minimamente miorilassante con possibile effetto sulla spasticità.
– farmaci antidolorifici; su questi la letteratura non ha nessuna specifica …
– LA CLONIDINA: anti-ipertensivo agonista alfa2-adrenergico che agisce sia a livello periferico che centrale, riduce l’azione catecolaminergica periferica e la frequenza cardiaca senza però ridurre il flusso ematico cerebrale; essa non appare però in grado di influenzare l’attività parossistica agli stimoli afferenti.
– OPPIACEI (morfina, ossicodone, fentanyl): non riportati nell’ultima consensus conference italiana ma menzionati in una review inglese del 2018, sono farmaci che possono peggiorare lo stato di sedazione e rendendo difficoltosa la valutazione obiettiva del paziente; lo scopo rimane primariamente antalgico e miorilassante, con azione diretta sui parossismi del sistema nervoso autonomo e le posture distoniche, con soppressione dell’attività simpatica sottostante la crisi.
– ANTISPASTICI: L’utilizzo del baclofene (GABA-B agonista), sebbene citato in letteratura, ci sembra controverso soprattutto quando siamo di fronte a un evento acuto: la sua rapidità d’azione non è immediata e comunque molti pazienti con grave cerebrolesione hanno già in terapia questo farmaco per la riduzione della spasticità (se presente: non è detto che lo sia).
– FARMACI DOPAMINO AGONISTI (bromocriptina): le indicazioni non sono univoche, con dubbi sul reale meccanismo d’azione in questa condizione patologica. Sembra che la sua azione sia principalmente sinergica con la morfina.
Conclusioni
Possiamo quindi definire sommariamente alcuni obiettivi di trattamento:
1) fermare le crisi agendo sulle singole manifestazioni;
2) prevenire le crisi attraverso una adeguata terapia di mantenimento;
La non univocità del trattamento non ci scoraggia, certi che la prossima consensus conference possa fornirci indicazioni più aggiornate e puntuali. Piuttosto le diverse opzioni terapeutiche sono una risorsa per poter trovare la giusta combinazione per il singolo paziente, con una maggiore personalizzazione della terapia.
Cosa è successo a S.?
Negli ultimi giorni di ricovero S. non ha per fortuna più avuto la stessa frequenza di crisi, e dopo più di sei mesi in neuroriabilitazione è stato trasferito in un’altra struttura ad alta intensità di cura al fine di poter proseguire quella che, maternamente, viene chiamata “presa in carico.”
Non ci aspettiamo purtroppo ampi spazi riabilitativi per questo ragazzo, etichettato ormai da mesi come Minimal Responder; tuttavia nel suo percorso riabilitativo, egli ha manifestato cambiamenti anche minimi che al personale attento sono parsi come un segnale forse di parziale recupero di coscienza e contatto con il mondo esterno.
Noi specializzandi ci siamo affezionati ad S., che ci ricorda ogni giorno che problemi ordinari che ci sembrano insormontabili possono dall’oggi al domani diventare extra-ordinari.
Promotore e coautore di questo post: Rosario Furnari: Medico specializzando in Medicina Fisica e Riabilitativa – Torino
Bibliografia:
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- Meyfroidt G, Baguley IJ, Menon DK. Paroxysmal sympathetic hyperactivity: the storm after acute brain injury. Lancet Neurol. 2017 Sep;16(9):721-729
- Abdelmalik PA, Draghic N, Ling GSF. Management of moderate and severe traumatic brain injury. Transfusion. 2019 Apr;59(S2):1529-1538
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- Michael Oberholzer, René M. Müri. Neurorehabilitation of Traumatic Brain Injury (TBI): A Clinical Review. Med Sci (Basel). 2019 Mar; 7(3): 47
- Godoy, D. A., Panhke, P., Guerrero Suarez, P. D., & Murillo-Cabezas, F. (2018). Paroxysmal sympathetic hyperactivity: An entity to keep in mind. Medicina Intensiva
- Antonio De Tanti, Francesco Matozzo, D. Saviola. Dolore e trauma cranico. Indicazioni e prassi per operatori e familiari. Franco Angeli editore, 2012
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- Perkes I, Baguley IJ, Nott MT, Menon DK. A review of paroxysmal sympathetic hyperactivity after acquired brain injury. Ann Neurol. 2010 Aug;68(2):126-35
Ciao. Complimenti per il lavoro fatto. Avete affrontato un argomento piuttosto complesso con una chiara sintesi sullo stato dell’arte. Lavoro in una Terapia Intensiva Polivalente e osserviamo frequentemente, purtroppo, pazienti come quello che avete descritto e il problema delle crisi neurovegetative può rallentare in modo significativo l’iter clinico e la de-escalation del trattamento intensivo (ventilazione e sedazione in primis). Utile rimarcare l’importanza della ricerca di una causa scatenante anche banale e spesso sottovalutata (pervietà del catetere vescicale, fecaloma, rumori ambientali indesiderati, lesioni da decubito) nella prevenzione del problema. Le problematiche legate alle crisi neurovegetative, nella mia esperienza, si osservano con maggiore frequenza in pazienti che sono in una fase medio- avanzata della loro degenza in ICU, pronti per affrontare in altro ambiente il percorso neuroriabilitativo (spesso carico di aspettative) e ogni stop in questa fase costituisce un ulteriore stress per il personale nonché per la famiglia del paziente.
Ormai sono troppo frequenti casi come il tuo descritto in maniera esemplare…
è cronaca di questi giorni di un pilota che, dicono, sia cosciente dopo un trauma cranico severissimo con un lungo periodo di coma.Oddio…la speranza è l’ultima a morire,ma chiamare vita tutto ciò che hai descritto, col dolore che porta avere un familiare così, è davvero utopico.
Complimentoni!