Nell’ultimo numero del British Medical Journal del 2011 è comparso un editoriale dal titolo: One in four hospital patients should be cared for out of hospital
Il titolo è molto esplicativo e sostiene che nel NHS, il sistema sanitario inglese, andrebbero spostate risorse dall’ospedale al territorio.
Le parole sono di Mike Ferrar, chief executive della NHS confederation, il quale sostiene che un quarto dei pazienti ospedalizzati sarebbe curato meglio al proprio domicilio, sempre utilizzando personale e risorse del sistema sanitario inglese.
Le ragioni addotte per questo cambiamento, dice Ferrar, non sono motivate solo da scelte di tipo economico. Egli sostiene infatti, che sebbene ci sia “a value for money argument”, sia necessario passare da una vetusta organizzazione che ha l’ospedale come fulcro, al territorio. Questo rappresenterebbe un vantaggio soprattutto a favore delle persone più fragili, in grado di avere periodi di ricovero più brevi quando necessario, e trascorrere più tempo in un ambiente sicuramente in cui si trovano più a loro agio.
Al momento, sul giornale, vi è stata una sola risposta da parte di un consultant surgeon , che senza mezzi termini ha tacciato la proposta come una mera questione di danaro.
Tra le cose che obietta vi è quella della mancanza di strutture e letti per le cure intermedie che costringono i pazienti a rimanere negli ospedali per acuti anche quando in realtà non ne hanno più bisogno.
E da noi? Tenendo conto che assai spesso in passato il sistema sanitario inglese ha rappresentato un modello cui ispirarci e da copiare nelle varie riforme che si sono succedute negli anni, e che stiamo per affrontare uno dei momenti più difficili dal dopoguerra,cosa ci aspetta?
Sono tutto tranne un esperto di politica sanitaria e sicuramente vedo il problema di chi sta all’ingresso dell’ospedale, un posto non propriamente comodo,ma credo che alcune riflessioni come quella del chirurgo inglese siano condivisibili.
La realtà italiana è poi diversa da regione a regione, da comune a comune, azzarderei a dire quasi da ospedale a ospedale, diventa quindi molto difficile pensare ad una cura comune. Certo è che la spesa sanitaria ogni anno aumenta e non si sa più come conciliare due necessità fondamentali: garantire cure adeguate ai cittadini e contenere la spesa.
Anche nella mia regione, il Piemonte, mi sembra che si stia guardando al modello inglese con l’idea di decentrare dall’ospedale al territorio; sarà questa la strada giusta? Non lo so. Io sono parte in causa e come i medici di famiglia immagino vedano ogni giorno le inefficienze dell’ospedale, io non posso che notare che tanti, troppi pazienti che dovrebbe essere curati a casa vengono o chiedono di essere accompagnati in ospedale, dove sempre meno trovano risposte adeguate , se non nella sostanza, almeno nei tempi e nei modi. Ci auguriamo tutti che venga fatto qualcosa per rendere il sistema più efficiente e più oculato, non solo in quanto operatori sanitari, ma come potenziali pazienti.
Di solito non amo scrivere di tematiche non strettamente cliniche, ma l’argomento credo meriti abbondantemente il dibattito…
Carlo,
la giurisprudenza attribuisce al medico un ruolo di garanzia non solo nei confronti del singolo paziente a lui affidato ma anche nei confronti della collettività e questo deriva dal precetto costituzionale che fa della salute un diritto sia individuale sia collettivo.
Perciò, l’argomento non sarà clinico ma è di enorme importanza secondo me e meriterebbe un approfondito dibattito, poiché non siamo spettatori speranzosi che la politica prenda delle giuste decisioni, ma siamo protagonisti secondo il dettato costituzionale e ne dobbiamo essere consapevoli.
“Don’t ask what your country can do for you, ask what YOU can do for your country” (JFK)