Ludovico la muffa
Ludovico è di quelle persone un po’ muffa. Mi guarda con gli occhioni rotondi e mi dice che da due giorni va in bagno venti volte al giorno. Con sangue. “Cannot even get out of the bathroom.”
Ed io mi chiedo: “e doveva proprio uscire stamattina?”
La mia prima impressione, condita da arroganza e superficialità, è tuttavia confermata da una valutazione clinica senza evidenza di disidratazione e da una obiettività addominale senza reazione di difesa. L’esplorazione rettale, forse fatta più a scopo didattico e punitivo, si rivela tuttavia informativa e rivela effettivamente una componente ematica neanche così minima.
Preso da un attimo di follia o di genio, invio la richiesta della coprocoltura. All’arrivo della risposta sono sorpreso: positività per l’antigene del Clostridium Difficile.
A quel punto finalmente riesco a lasciare da una parte l’arroganza e la superficialità per indossare il cappotto della umiltà. Ed inizio a pensare: ma come è possibile che una persona sana sia infetta da un batterio che la mia mente collega esclusivamente a fragili, immunodepressi ed ospedalizzati? e soprattutto come e dove la posso curare?
Nome
Partiamo dalle basi. E dal Nome. Clostridioides difficile, non più Clostridium Difficile (CDI). Batterio anaerobio obbligato Gram positivo formante spore e produttori di enterotossine capace di creare infezioni caratterizzate da diarrea mucoematica maleodorante. E hai l’impressione di un vecchio amico di scuola che conclusa l’università un giorno lo ritrovi. Sempre uguale ma diverso. Lo riconosci ma non lo conosci più davvero e ti sembra di doverlo riscoprire. O ristudiare.
Causa
Approfondendo la vita di Ludovico, emergeva un utilizzo eccessivo e forse dissennato di terapia antibiotica a base di penicillina protetta – tre cicli di 5 giorni a dosaggio intermedio. Come sempre “anamnesi è metà diagnosi“.
L’infezione da CDI sta diventando effettivamente sempre di più una infezione emergente e preoccupante: nel 2014 il CD ha rimpiazzato l’MRSA come il più frequente agente infettivo nosocomiale. Ma una cosa è chiara: tali infezioni non sono solo più nosocomiali ma anche comunitarie.
Uno studio francese del 2016 ha dimostrato come le infezioni da CD siano responsabile del 3% degli accessi in dea per diarrea: la metà di queste sono comunitarie, smentendo la nostra, o perlomeno mia, impressione di patologia prettamente associata all’ambito ospedaliero.
In tutte la causa e principale fattore di rischio risiede in una recente terapia antibiotica: gli antibiotici “disrupt” il microbiota intestinale riducendone la biodiversità e causando la deplezione dei batteri commensali “health-promoting” che proteggono contro la colonizzazione da CD. La durata del trattamento, ovviamente, incrementa la probabilità di malattia. “Recente” è poi relativo: la letteratura riporta come periodo di vulnerabilità post terapia antibiotica comprenda i tre mesi successivi. Tutti gli antibiotici sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri, soprattutto nel rischio di infezione da CD, come mostrato dalla tabella sottostante.
La vera terapia della infezione da CD è la reale prevenzione di malattia: ovvero, la competenza di evitare antibioticoterapie inutili.
Altri fattori di rischio sono:
healthcare exposure |
Età > 65 anni |
Sesso Femminile |
Obesità |
IBD (sia per “l’ambiente”, sia per la terapia immunosoppressiva spesso eseguita) |
Immunodepressione / chemioterapia / HIV |
Recente intervento chirurgico / procedure invasive / nutrizione tramite SNG |
Ipoalbuminemia / comorbidità croniche / Fragilità / malnutrizione |
Convivenza con personale sanitario / animale domestico |
Terapia con IPP / FANS |
Una precedente infezione da CD |
Tuttavia ricordiamoci: fino al 40% dei pazienti con infezione da CD non ha una storia di uso di antibioticoterapia e non ha una esposizione alle cure ospedaliere; l’infezione recidiva dino al 25% dei casi.
Quadro clinico
Diagnosi
La diagnosi di infezione da CDI si basa su un quadro clinico compatibile in associazione a test di laboratorio che confermino la presenza di tossine o di ceppi tossinogenici di CD nelle feci del paziente.
Le Linee guida IDSA raccomandano di sospettare e ricercare l’infezione da CD in pazienti con 3 o più evacuazione di feci semiformate in un periodo di 24 ore, altrimenti non spiegate.
I test diagnostici si basano sulla identificazione dell’organismo tossinogenico o sulle tossina (A e B) prodotte.
Non esiste un consensus generale su quale test laboratoristico è preferibile. Le linee guida IDSA suggeriscono l’utilizzo di un algoritmo a 2 step, sfruttando sensibilità e specificità differenti per ottimizzare l’accuratezza diagnostica: un primo step con un test di screening ad alta sensibilità ed alto VPN seguito da un secondo test ad alta specificità ed alto VPP (esempio: EIA per GDH + EIA per la tossina; NAAT + EIA per la tossina).
L’antigene glutammato deidrogenasi è presente in tutti i ceppi di Cl. difficile, sia tossigeni che benigni: per questo motivo può essere usato come test screening – sensibile ma non specifico.
La PCR per Clostridium Difficile tossina A e B è altamente specifica, perchè rivela la presenza dei ceppi tossinogenici, con la possibilità tuttavia che il ceppo identificato sia un colonizzante – il 3% della popolazione generale è portatore non malato di ceppo tossinogenico di CD. Se tuttavia la selezione del paziente è corretta, questo rischio è molto basso.
Attenzione che:
- un paziente affetto in cura con terapia appropriata può avere una ricerca della tossina falsamente negativa (dovuta alla soppressione della replicazione cellulare) che non ha implicazioni;
- nonostante una terapia appropriata, completata ed efficace, il paziente può presentare test diagnostici (spt la PCR) persistentemente positivi (anche mesi) – per tale motivo la guarigione non è dimostrata dalla negativizzazione dei test diagnostici. Per tale motivo la ripetizione del test per la dimostrazione della guarigione non è assolutamente consigliata;
- Serve il buon senso clinico per distinguere una vera infezione da una persistente positività post infezione e da una possibile colonizzazione asintomatica;
- I pazienti con CD complicato possono non presentare diarrea ma piuttosto ileo paralitico e megacolon tossico – in tal caso una terapia empirica, anche in assenza di test diagnostici comprovanti l’infezione (e difficili da ottenere),è comunque indicata nel caso di sospetto clinico.
- uno studio clinico ha riportato una elevata sensibilità della procalcitonina nella esclusione della diagnosi di diarrea da CD: un valore < 2 ng/ml escludeva la infezione.
Colonscopia – siamo sicuri che serva?
Il nostro, o perlomeno mio, riflesso oculomotore a fare richiesta di esame endoscopico per qualsiasi forma di diarrea deve esser riconsiderata attentamente: il quadro endoscopico di colite pseudomembranosa non è nè specifica nè sensibile riguardo alla infezione da CD ed esiste un rischio non così ipotetico di perforazione. La visualizzazione endoscopia ed l’eventuale esame bioptico risulta sicuramente da considerare ed utile in caso di quadro eziologico non chiaro e come elemento prognostico negativo.
CT addome
Più che la colonscopia, è il nostro esame radiologico amico per eccellenza – la CT Addome – a rivestire un ruolo sia diagnostico che prognostico: l’infezione da CDI da luogo ad una pancolite (ispessimento delle pareti coliche) – non facilmente distinguibili ad altre forme di colite (ischemica, attinica, IBD, infettiva a diversa eziologia) – ma identifica facilmente le forme gravi (un colon con un sigma > 6 cm è a rischio perforazione) e le complicanze – in primis megacolon tossico e perforazione.
Severità di malattia
Per essere semplici, possiamo dire
Lieve | Diarrea |
Moderata | Diarrea + colite (febbre e dolore addominale) |
Severa | Peritonite; Shock settico con MOFS; Megacolon Tossico |
Il peggioramento obiettivabile addominale (distensione, peritonismo e dolore addominale severo, ileo meccanico) è il segno di progressione ed evoluzione in senso peggiorativo della infezione con possibili forme di coliti fulminanti e megacolon tossico (evidenza radiologica diametro del colon >6 cm e/o diametro >12 cm nel cieco con segni di tossicità sistemica) che evolvono verso il quadro di shock settico e MOFS
Elementi laboratoristici che predicono la possibilità di evoluzione severa comprendono: leucocitosi > 15.000 – iperlattacidemia e rialzo crs rispetto ai valori basali o > 1.5 mg/dl.
Per essere più professionisti possiamo riferirci allo score di Zar.
La recidiva di malattia è definita dalla risoluzione dei sintomi dopo appropriata terapia ma ricomparsa degli stessi entro 2-8 settimane dall’interruzione del trattamento.
Siete sicuri che sia meglio in ospedale?
La trasmissione della infezione è oro-fecale: se le spore ingerite sopravvivono all’ambiente acido dello stomaco ed agli acidi biliari, possono germinare in batteri vegetativi all’interno del piccolo intestino. I pazienti possono rimanere asintomatici diventando reservoir per la contaminazione ambientale. O, in alternativa, se la normale flora residente è alterata, il CD può attaccare la normale mucosa colica e produrre due tossine: la enterotossina A, e la citotossina B, dieci volte più potente. Tramite una irreversibile glicosilazione delle proteine cellulare, si viene a creare infiammazione, erosione della mucosa, formazione di pseudomembrane e necrosi della mucosa intestinale.
Vi sono solide evidenze che l’utilizzo di precauzioni di barriera (guanti e camici) e l’isolamento dei pazienti infetti sono strategie essenziali per prevenire la trasmissione.
Pertanto I pazienti con Infezione da CDI dovrebbero essere messi in isolamento da contatto; le spore non sono sterilizzate dagli hand-cleaners a base di etanolo e quindi bisognerebbe ricorrere ai tradizionali guanti e pulizia delle mani con sapone e disinfettanti a base di sodio ipoclorito. Questo è più facile e sicuro farlo a casa o in ospedale? Quale è il vero azzardo?
La letteratura ci rivela comunque che il 90% dei pazienti con CD viene ricoverata.
Terapia
Alcuni dettami sono fondamentali ed irrinunciabili
- Sospendi tutti gli antibiotici non necessari. Se non possibile, almeno restringi lo spettro di trattamento.
- La diarrea è tua amica: elimina i ceppi tossinogenici dal colon – pertanto non bloccarla, evita gli oppiacei e tutti farmaci antiperistaltici e preoccupati dello sviluppo di ileo paralitico nella evoluzione clinica del paziente .
- “Resuscita” in modo adeguato: soprattutto in caso di cospicua diarrea, lo shock sembra essere più ipovolemico che settico, richiedendo pertanto un cospicuo fluid challenge.
- Nutrizione e supporto calorico orale sono indicati ed essenziali in assenza di ileo paralitico o megacolon tossico.
- E poi i nostri migliori amici, a cui difficilmente sappiamo mai resistere: gli antibiotici.
La vancomicina orale è concentrata nel lume intestinale con ottime proprietà farmacocinetiche. Nel caso di impossibilità all’assunzione orale, è possibile la somministrazione rettale (500 mg in clistere o per sondino naso gastrico ogni 6 ore)
La fidaxomicina è un agente antibatterico che inibisce la sporulazione; è più specifico con meno impatto sul microbioma rispetto alla vancomicina. Nonostante il suo costo maggiore, è associata ad una minor numero di infezioni recidivanti.
La novità rispetto ai miei studi accademici è la rivalutazione in negativo del metronidazolo con fino al 20% dei ceppi di CD resistenti e la sua indicazione ormai quasi più a terapia in sola combinazione con vancomicina.
Non dimentichiamoci della importanza della Source control:la colectomia con preservazione rettale (o in alternativa una ileostomia con ansia divergente con lavaggio del colon, non possibile da eseguire in caso di perforazione o ischemia) rappresenta la strategia di controllo della fonte definitiva. I chirurgi devono essere coinvolti precocemente nel paziente con megacolon tossico / shock settico da CD. Le Potenziali indicazioni di una scelta sempre difficile da fare, con il rischio di non essere mai eccessivamente tempestivi, sono:
- Megacolon tossico (ovvio)
- Perforazione intestinale (ovvio)
- Peritonite (meno ovvio)
- Deterioramento clinico nonostante terapia medica (fondamentale)
- Sindrome addominale compartimentale (fondamentale)
- Lattati > 5 e WBC > 25.000/50.000 (da pensarci)
Altre Terapie
Tigeciclina
Vantaggi:
- Attività versus CD inclusa la soppressione della secrezione delle tossine
- Attività contro i batteri patogeni enterici
- Ottima penetrazione intestinale e biliare
- Attività contro i ceppi resistenti del CD
La tigeciclina, utilizzo endovena, attualmente è considerata una terapia di salvataggio, ma non di utilizzo routinario. E’ raccomandata dalle linee guida europee ESCMID nelle forme severe-complicate da CD come terapia di associazione.
Bezlotoxumab
Lo bezlotumab è un anticorpo monoclonale che si lega alla tossina B del CD che ha dimostrato una attività di prevenzione di infezione recidivanti ma senza una prova di efficacia nella infezione da CD fulminante. E’ da usare con molta cautela nei pazienti con scompenso cardiaco.
Trapianto di microbiota Fecale
Il trapianto di microbiota fecale o più semplicemente di feci coinvolge il trasferimento di materiale fecale da un donatore sano al tratto GI del paziente con lo scopo di ripristinare il microbiota intestinale. Metanalisi e linee guida identificano tale opzione terapeutica altamente efficace per le forme di infezione da CD ricorrente, ma può essere anche utile nelle forme severe e complicate. Accanto all’efficacia, la terapia si è mostrata essere altamente sicura, anche nei pazienti fragili ed immunodepressi, anche se dati a lungo termine sono ancora parziali.
Inoltre, il trapianto di feci potrebbe promuovere la riduzione dell’espressione genica di resistenza antibiotica del paziente stesso.
Nonostante pertanto sia una terapia promettente, bisogna chiarire alcuni punti ancora oscuri: la selezioni dei donatori e dei pazienti, la modalità di preparazione del prodotto, la via di somministrazione ed il timing. Sicuramente la possibilità che concomitanti antibiotici in uso distruggano il microbiota intestinale delle feci trapiantate e la difficoltà di consegnare il materiale in paziente con ileo paralitico aumenta la difficoltà di utilizzo.
E ludovico?
Avrei voluto molto dargli del coprofago ma non sono stato in grado. Al posto ha ricevuto una fornitura di vancomicina domiciliare e, nonostante uno zar score di 2, una serie di norme di igiene sanitaria per proseguire la convalescenza al domicilio. Ed una visita di controllo a qualche giorno in cui l’unico problema rimasto era il cattivo sapore della terapia antibiotica.
Commento da parte di Un Esperto
Quando cerchiamo di approfondire un argomento avere l’opinione di uno specialista di settore con cui confrontarci è sicuramente un valore aggiunto.
Una pratica che stiamo cercando di implemtentare, nel solco di una idea che solo il confronto arricchisca davvero.
Ho la fortuna e l’onore di avere come amico un maestro di infettivologia, che ricambia la mia amicizia. Si chiama Lipani Filippo ed ogni volta che gli chiedo un consiglio mi apre la mente ed il cuore. Sono felice che possiate anche voi avere il privilegio di poter leggere le sue parole. Che non sono mai correzioni ma sempre insegnamenti.
“Il problema attuale è che si teme che la vancomicina induca lo sviluppo di Enterococchi resistenti alla vancomicina stessa, causando cosi un potenziale problema terapeutico per questi patogeni, molto diffusi. Nel mio Reparto c’è stato un momento alcuni mesi fa in cui abbiamo avuto 10 pazienti ricoverati su 22 con VRE! Per questo motivo abbiamo praticamente abolito la vancomicina come terapia del Cd, fino a quando ci saranno dati più certi sull’induzione della resistenza alla vancomicina con la sua somministrazione, soprattutto per os. A volte la vanco comunque la usiamo ancora, ad esempio il sabato o la domenica per non chiamare la povera Farmacista reperibile, ma poi il lunedì passiamo alla fidaxomicina. Per ora ci sentiamo più tranquilli a fare così, anche se non siamo sicuri al 100% dal punto di vista ecologico comportarci in questo modo sia corretto. COMUNQUE LA VANCO RESTA UNA OPZIONE ACCETTABILE: la fidaxo è ancora solo ospedaliera, occorre compilare la scheda AIFA ed è effettivamente ancora costosa -ma a lungo termine assolutamente vantaggiosa dai recenti studi di farmacoeconomia-. Certo, il vantaggio per chi è in prima linea di prescrivere le capsule di vancomicina e di farle potere acquistare in Farmacia con la ricetta è una soluzione pratica e molto rapida, ed è una tentazione molto forte, nonostante i dati recenti siano sempre più a favore della fidaxo.
Nei tempi passati usavamo molto il metronidazolo. Ma il metronidazolo risulta comunque meno efficace, vi sono resistenze al farmaco mentre in Europa, almeno, non risultano ancora resistenze nè a vanco né a fidaxo. Comunque, metronidazolo si associa ancora alla vanco nelle forme severe/complicate per l’IDSA, mentre l’ESCMID a tale scopo propone la tigeciclina per via endovenosa.
Vi segnalo un errore che vedo commettere frequentemente: la positività dell’antigene del Clostridioides difficileviene spesso confusa con la malattia. Ricordatevi che per diagnosticare la CDI (e quindi trattare e isolare il paziente) devono essere presenti i ceppi tossinogenici.”
Bibliografia
- Van Prehn et al. “European Society of Clinical Microbiology and Infectious Diseases: 2021 update on the treatment guidance document for Clostridioides difficile infection in adults” Clin Microbiol Infect 2021
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- Shapiro DS et al. “Can Procalcitonin Contribute to the Diagnosis of Clostridium difficile Colitis?”. Isr Med Assoc J . 2017 May;19(5):313-316
Molto interessante
Dopo aver visto una paziente 70enne venuta da casa con una pancolite da c.difficile (senza apparenti terapie antibiotiche recenti) e morta dopo 48 ore anche io ho capito che non è esclusivamente dei pazienti ospedalizzati.
E’ anche la mia sensazione: che sia diventata una patologia comunitaria non solo ospedaliera
Quale terapia è stata consigliata al paziente? Avendo positività solo all’antigene è stato comunque trattato x cd? Sono state valutate altre possibili cause di diarrea?
Il paziente presentava anche la positività alla tossina. Altre cause di diarrea erano state escluse e il CDI sembrava giustificare la clinica del paziente. Con una terapia con vancomicina il paziente ha risolto il uo quadro clinico.
Mi era sfuggito il dato della positività anche alla tossina.
Grazie.