martedì 26 Settembre 2023

Il diritto-dovere di ricoverare

bart-simpson-and-moe-on-the-phone“Scusa Carlo, sto vedendo adesso il paziente che hai appena ricoverato, nessuno di noi però, l’ha valutato prima del ricovero…”, sebbene raramente mi è successo di essere chiamato al telefono dal medico di guardia in reparto, che mostrava qualche lamentela riguardo, non tanto all’appropriatezza del ricovero, quanto al fatto che fosse stata trasgredita una delle regole dell’ospedale: i pazienti prima del ricovero vengono valutati dal medico del reparto accettante, che oltre a dare suggerimenti diagnostco-terapeutici, ne approva la congruità per un eventuale ricovero nella propria unità operativa.

E’ mia opinione che sebbene esistano delle regole di riferimento la loro applicazione diverga molto in base alle realtà locali.
In genere il bon ton degli operatori e lo spirito di collaborazione appianano le divergenze di opinioni, talora  però, si può arrivare  a un vero e proprio scontro,tra medico d’urgenza e “specialista,” su quale debba essere il destino del paziente. Le difficoltà poi aumentano, quando le unità operative di destinazione sono rappresentate dalle terapie intensive; essendo scontato per i più, che la condivisione della decisione per il ricovero sia un presupposto fondamentale per ammettere questo particolare tipo di pazienti.
Cosa succede in questi casi? Può il medico del pronto soccorso in servizio presso un Dipartimento di Emergenza ricoverare contro il parere del medico di reparto?

La domanda sembrerebbe superflua in quanto il medico di pronto soccorso lavora presso un Dipartimento di Emergenza e Accettazione, il che implicitamente sembrerebbe conferirgli la piena potestà  su chi e dove ricoverare. E’ opinione diffusa quindi, tra i medici di pronto soccorso, che il dovere diritto dei ricoveri competa in ultimo sempre a loro.

Questo in forza del DPR 27 marzo 1969 n° 128 “ordinamento interno dei servizi ospedalieri”  che al CAPO III sezione II punto 14 dal titolo “servizio di accettazione” recita: “Sulla necessità del ricovero e sulla destinazione del malato decide il medico di guardia.”

E poco oltre: “Il giudizio sull’urgenza e sulla necessità del ricovero è rimesso alla competenza del medico che accetta l’infermo”

Qualcuno potrebbe obiettare che il decreto legislativo 502/92 ha abrogato il precedente DPR. ma all’art 4 comma 10 si dice: “cessano di avere efficacia le disposizioni di cui alla legge 12 febbraio 1968, n. 132e al decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1969, n. 128, nonché’ le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1969, n. 129 in contrasto con le norme del presente decreto.”No admittance

Allora? Tutto semplice.? Spetta a noi soli medici di pronto soccorso il diritto dovere di ricoverare? Leggendo le disposizioni precedenti sembrerebbe di si? Allora perché, pur raramente , è successo che medici in servizio di guardia attiva siano andati incontro a sanzioni disciplinari, quando hanno fatto valere questo principio , avverso all’opinione del medico del reparto cui il paziente è stato destinato?

Ammetto la mia ignoranza in materia. Ho pensato quindi che potesse essere utile chiarire eventuali dubbi attraverso il parere di un esperto.
Per questo motivo ho chiesto l’opinione del Dr Elio Carchietti
– Department of Hospital Services Organization E.M.S. 118Regional H.E.M.S. FVG Director
Visiting Professor University School “Campus Biomedico” -Roma 
Regional medical referent for disasters management 

Questo il suo commento.

naval-wardOgni valutazione di liceità nel merito della questione posta, deve seguire un percorso giuridico che origina dall’art. 32 della Costituzione Italiana, che tutela la salute come ”diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività”, e di fatto obbliga lo Stato, e nello specifico il Medico che dallo Stato è abilitato all’esercizio professionale, ancor più se in una pubblica struttura, ad adottare condotte finalizzate alla migliore tutela possibile della salute in termini di generalità e di globalità. Tale indirizzo doveroso, è codificato nel Codice penale, art.40 secondo comma, e nel Codice deontologico. In tal senso anche la Suprema Corte stabilisce che tutti i sanitari, medici e infermieri, sono “ex lege portatori di una posizione di garanzia, espressione dell’obbligo di solidarietà costituzionalmente imposto dagli articoli 2 e 32 della Costituzione nei confronti dei pazienti, la cui salute essi devono tutelare contro qualsivoglia pericolo che ne minacci l’integrità“ (Cass. Pen. sez. IV, 1.12.04-11.3.05 n. 9739).

Per tutela in termini di generalità e globalità deve intendersi la migliore assistenza garantita, nell’ambito di specifiche competenze, indipendentemente da qualsivoglia incomprensione o conflitto di ruolo, competenze, attribuzioni e/o funzioni attribuite in un contesto operativo, per quanto giuridicamente previsto e amministrativamente stabilito.

Nello specifico il medico di PS e il medico di reparto sono due professionisti che assumono la stessa posizione di garanzia nei confronti del paziente, ovvero lo stesso dovere di garantire al paziente le cure migliori in relazione alle proprie competenze ed ai propri ruoli.

Veniamo al cuore del problema e cercherò di dare una risposta per ogni singola affermazione o questione, riportandone il testo.

“ I pazienti prima del ricovero vengono valutati dal medico del reparto accettante, che oltre a dare suggerimenti diagnostico-terapeutici, ne approva la congruità per un eventuale ricovero nella propria unità operativa.”
Questa affermazione è inesatta laddove recita “prima del ricovero”. La valutazione del medico di reparto è doverosa e non sminuisce il ruolo del medico di PS. Ovviamente l’esercizio di tali funzioni comporta, di necessità, per il medico di reparto, un confronto con quanto evidenziato dal Collega di PS e può tradursi in condivisione o non-condivisione, mai in confronto di “potestà” o “sudditanza” . Nel caso il medico di reparto non condivida la scelta del Collega di PS , deve dimettere il paziente non confermando la necessità di ricoverarlo, e ciò a seguito di valutazione conseguente al ricovero del paziente.
Ecco il punto: la decisione del medico di reparto di non ricoverare non può essere preliminare alla decisione del medico di PS di ricoverare, ma deve essere il risultato di una valutazione clinica postuma. Né può consigliare al medico di Ps l’esecuzione di altri esami dei quali, se ritenuti necessari, deve farsi carico lui stesso, atteso che il paziente è stato affidato alla sua posizione di garanzia. Sono due ruoli differenti per quanto interconnessi. Ovviamente il tutto in un contesto di evidenze scientifiche formalmente rappresentate da ambo le parti e dell’insostituibile spirito di collaborazione in tutti i casi nei quali collaborare significa “offrire la migliore assistenza al malato”.

ICU

“Può il medico del pronto soccorso in servizio presso un Dipartimento di Emergenza ricoverare contro il parere del medico di reparto? (Terapia Intensiva)
Nel caso dei reparti intensivi, considerata la particolarità degli stessi anche in relazione al limitato numero dei posti letto ed alla specializzazione di settore, credo sia opportuna una preliminare condivisione fra i due medici. In caso di conflitto di pareri vale la regola già detta: il medico di PS sottoscrive il ricovero, il medico del reparto Intensivo, se in disaccordo, deve trasferire il paziente prendendo atto dell’avvenuto ricovero.

il medico di pronto soccorso lavora presso un Dipartimento di Emergenza e Accettazione, il che implicitamente sembrerebbe conferirgli la piena potestà su chi e dove ricoverare.
Nessun medico esercita “potestà” ma tutti svolgono funzioni di pubblico interesse in un contesto organizzato e disciplinato. Il ricovero deve essere sempre e comunque una decisione resa lecita dal consenso del paziente e dalla oggettiva evidenza   della necessità di tutela della salute non altrimenti garantita.

“Sulla necessità del ricovero e sulla destinazione del malato decide il medico di guardia.”
Tale affermazione è molto più significativa di quanto possa apparire ad una lettura sommaria. Definire la necessità di un ricovero significa proporre al paziente un percorso che lo sottrae alla sua vita abituale, non solo, ma anche affermare che lo stesso paziente non può essere curato a casa. Decidere la destinazione significa aver posto un sospetto diagnostico e non “liberare il Pronto soccorso”. Significa identificare il reparto più appropriato sia del proprio ospedale ma anche di altro ospedale. Tutto ciò, una volta definito e realizzato, è ineccepibilmente assoggettato ad ulteriore e diversa valutazione, innanzitutto del paziente stesso e successivamente dei medici che devono prenderlo in cura, come previsto dalla Legge.

Considerazioni finali
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Non vorrei banalizzare concludendo che il lavoro del pronto soccorso è stressante, spesso non tanto per la sua natura in sè, quanto per le relazioni interpersonali. Credo che il nostro obiettivo sia sempre quello di mantenere quelle regole di bon ton che ci consentono non solo di essere rispettati, ma anche di essere autorevoli.
Sapere d’altro canto quali siano i nostri doveri e i nostri diritti penso sia altrettanto importante, pensando sempre che non siamo soldati alla guardia del castello, ma persone che offrono aiuto. Ovviamente molto interessato a conoscere il vostro pensiero.

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Carlo D'Apuzzo
Carlo D'Apuzzo
Ideatore e coordinatore di questo blog | Medico d'urgenza in quiescenza | Former consultant in Acute Medicine | Specialista in medicina interna indirizzo medicina d’urgenza e in malattie dell’apparato respiratorio | #FOAMed supporter

28 Commenti

  1. Interessante…sostanzialmente quello che cerchiamo di fare noi: individuare il Reparto più appropriato e condividere il caso con il Collega ricevente. Non è sempre facile, ma pare che la percentuale di appropriatezza dei ricoveri sia piuttosto -molto?- alta.
    Paradossalmente ci carichiamo più noi in MU di pz non particolarmente “appropriati” rispetto a quelli che ricoveriamo negli altri Reparti.
    Mi stupisco di quanto già applichiamo di questo articolo!

  2. Confermo…la cosa più penosa è trovarsi a litigare alle 3.00 di notte per sbrogliare matasse che andrebbero risolte con protocolli codificati…no???

    • Grazie Paola. Il problema è che non dovremmo litigare. Dovrebbe essere scontato che la decisione sui ricoveri rientra tra le competenze di ogni medico di pronto soccorso, almeno questo è quanto dice la legge.

  3. Sono del parere che le decisioni di ricovero devono essere conseguenti ad una diagnosi. Nel caso di un medico di emergenza il ruolo è di stabilizzazione di un paziente a rischio, di fare diagnosi con tutti i mezzi di cui dispone, di valutare la necessità di far rimanere il paziente in ospedale o dimetterlo con una terapia e con indicazioni a un serio follow up. Lavoro in DEA di ospedale di riferimento di area vasta e posso affermare che più di una volta i ricoveri si fanno perché non abbiamo la certezza di una diagnosi, perché il paziente è un pozzo di patologie, perché il p.s. è strapieno, non c’è il tempo necessario a inquadrare il caso, perché spesso è meglio essere prudenti e non prendersi responsabilità superflue. Quando i pazienti giungono in osservazione, dunque in una dipendenza diretta del p.s., spesso queste deficienze le notiamo e spesso i colleghi che hanno disposto la permanenza in ospedale sono gli stessi con cui si lavora gomito a gomito. La imprecisione è frequente. Per concludere non credo che ci sia altra regola della precisione del percorso diagnostico-terapeutico. Il vulnus sta nel fatto che i nostri p.s. sono gestiti male. Prevale la quantità sulla qualità del lavoro svolto. Se non cambiano le governance a favore della qualità ci saranno sempre ricoveri inappropriati e dispute fra p.s. e reparti di accettazione.

    • Giuseppe, grazie del tuo commento e di avere aperto la discussione non tanto sul tema della decisone del ricovero quanto sulla sua appropriatezza.
      Una diagnosi più accurata migliora la prognosi dei pazienti che vediamo in pronto soccorso? E’ compito del medico di urgenza giungere a una diagnosi ad ogni costo, prima del ricovero? E ancora, ammettere di più in ospedale fa sempre il bene del paziente? Certamente temi che meriterebbero approfondimenti,a cui dedicare un post e a cui la mia personale risposta è no, anche se generalizzare in questo caso credo sia più dannoso che utile e che ogni paziente andrebbe valutato nella sua specificità.

  4. Nel mio H i ricoveri da Ps verso medicina vengono fatti d’ufficio e gli internisti si vedono arrivare i pazienti in barella senza sapere nulla di loro: esattamente come dei pacchi postali. Non sempre i ricoveri sono appropriati . La destinazione verso gli altri reparti viene invece concordata.
    Per quello che ci riguarda, ovvero le proposte di ricovero in rianimazione, noi veniamo chiamati a valutare il paziente e devo dire che accade con una certa frequenza di assistere ad arringhe pietose in cui i colleghi (di altri reparti e non solo ps ma anche e forse ancor di più medicina) tentano di accollarti casi non consoni ad una terapia, ma scomodi nel posto dove si trovano perché terminali o quasi (neoplastici terminali di cui non si ha il coraggio di prender atto che necessitano ormai solo di accompagnamento e non di accanimento….pluripatologie molto avanzate e ormai a fine vita…ultranovantenni magari con emorragia cerebrale o patologie respiratorie gravi di base….e avanti così..). Questa è anche una realtà. E deriva sia da atteggiamenti nostri sbagliati , sia dalla mancanza di strutture idonee ad accogliere determinati casi

    • Arianna, grazie come sempre del tuo intervento.
      Credo che uno dei problemi principali è che viviamo il nostro ruolo come guardiani del castello, terrorizzati dall’idea che una volta alzato il ponte levatoio sarà difficile per quel paziente fare il percorso a ritroso, non verso il pronto soccorso ovviamente, ma verso un’altra unità operativa. Questo penso sia uno dei problemi più rilevanti. Trasferire il paziente una volta ricoverato in una particolare struttura La scelta personalmente credo vada adattata alle singole realtà locali tenendo conto delle risorse. Frasi del tipo ” questo paziente non è da rianimazione”, quando la terapia intensiva è l’unico posto, in quel momento, in grado di fornire un adeguato monitoraggio penso non le sentiremmo così sovente , se a quel medico fosse data la possibilità di trasferire il paziente in una struttura più idonea superato l’evento critico. Il buon senso dovrebbe sempre governare le nostre azioni, ma si sa di questi tempi è merce rara.

  5. Grazie Carlo per questo splendido post! Sono cresciuto (professionalmente ma anche anagraficamente) in un DEA in cui la decisione di ricoverare un paziente è considerata una responsabilità esclusiva del medico di PS, senza alcuna possibile eccezione da parte del collega accettante. Ora lavoro in un posto in cui, sebbene raramente ci siano veri e propri problemi, questa “supremazia decisionale” viene a volte vista con un po’ di sofferenza da parte dei colleghi di reparto. Penso tuttavia che sia di primaria importanza far passare il messaggio che la decisione di ricoverare è compito imprescindibile del medico di PS perché legittimato non solo, come hai già ben spiegato, dal punto giuridico ma anche e soprattutto dal punto di vista culturale. Saper riconoscere quale paziente può essere dimesso in sicurezza e quale invece deve essere ricoverato e di quale livello di intensità di cure necessiti è una competenza che non si impara genericamente in un qualsiasi reparto ma rappresenta uno dei core knowledge del medico d’emergenza, per il quale deve avere dignità pari al saper intubare un paziente critico o gestire un politraumatizzato!

    • Giacomo, grazie del commento. Concordo completamente con te riguardo alla”mission” del medico di pronto soccorso, fatta non solo di abilità tecniche, ma anche di coscienza di quelle debba essere il proprio ruolo nel sistema sanitario nazionale.

  6. Carlo grazie per il bellissimo post. Hai sollevato un grosso problema che ci stressa terribilmente, stressa il mio medico di guardia per le litigate post-ricovero (purtroppo siamo una azienda multidisciplinare e per cui il dato del contendere è sempre lo stesso : perchè da me e non nell’altra UO????), stressa me il giorno dopo per la prosecuzione della litigata col mio corrispettivo della UO di ricovero. Tutto ciò è semplicemente assurdo e quello che io ripeto di continuo è : sei convinto che sia un ricovero non appropriato? Dimettilo! sei convinto che non debba stare da te ma altrove? Trasferiscilo, se ci riesci!
    Poi ci sono le assurdità: per un problema alberghiero una Chirurgia d’urgenza aveva necessità di valutare prima e, condividere, i nostri ricoveri; sai che è successo? Mandati indietro Occlusi e appendiciti acute………
    Un particolare ringraziamento per il capoverso: Né può consigliare al medico di Ps l’esecuzione di altri esami dei quali, se ritenuti necessari, deve farsi carico lui stesso,

  7. Ciccio, grazie del tuo commento. Il tema affrontato è cruciale per chi, come noi, lavora in pronto soccorso, ma credo anche per chi lavora in ospedale in generale. Come te ringrazio Elio Carchietti riguardo alla precisazione che il consulente non dovrebbe indicare altre strategie diagnostiche terapeutiche non strettamente legate alla sua opinione contingente, come ad esempio la valutazione di altri specialisti o di accertamenti al di fuori della sua sfera abituale di azione. Questo spesso non solo non fa che allungare la permanenza del paziente in pronto soccorso, senza apportare alcun reale beneficio, ma non esime il consulente da eventuali responsabilità in caso di ritardata o mancata diagnosi. Non mi stancherò mai abbastanza di ripetere che il paziente sino a che rimane nei nostri DEA è sotto la nostra diretta responsabilità, i consulenti ci danno il loro parere ma le decisioni finali riguardo a diagnosi e terapia sono e devono rimanere solo nostre, sempre seguendo le regole della buona educazione e avendo come finalità ultima il bene del paziente.

  8. Post molto interessante perche’ coglie un punto dolente di chi lavora in PS: l’impossibilita’ di ricoverare pazienti che noi abbiamo gia’ valutato, per cui gli specialisti/consulenti chiedono altri esami (o peggio “osservazione clinica in PS”). Al netto di tutte le considerazioni l’obiettivo ultimo e’ sempre il bene del paziente e per attuarlo a volte dobbiamo imporci e correre il rischio di scatenare contrasti che si prolungheranno nei giorni successive. Avere un primario di PS raggionevole e preparato potra’ aiutarci. In caso contrario siamo pronti a far valere la nostra professionalita’ (che dobbiamo coltivare quotidianamente).

  9. Post molto appropriato e che identifica uno dei problemi di noi medici di PS. Nell’ospedale in cui lavoro, DEA di II livello, succede quello che succede ovunque ossia frequenti diatribe che rendono il lavoro di tutti (medici di PS e medici dei reparti) assai piu gravoso, a scapito dell’assistenza. Penso che la chiave di svolta possa essere identificata nella cultura: più noi cresciamo e più diventiamo competenti meno problemi avremo a relazionarci con i colleghi, dando nel contempo quella dignità alla nostra specializzazione che tanto aneliamo.

    • Lorenzo, penso tu abbia centrato il nocciolo del problema. Per essere autorevoli e avere pari dignità con altre specializzazioni dobbiamo crescere culturalmente e credere nel nostro ruolo. Ci vorrà tempo, ma ci arriveremo.

  10. Carlo, come sempre complimenti per il post! L’ospedale in cui lavoro, come tutti ormai, è organizzato per intensità di cure: terapia intensiva (rianimazione), HDU (alcuni letti della medicina, pneumologia e neurologia ed altri del DEA, UTIC), intensità di cura più bassa (posti letto di chirurgia generale e specialistica, medicina, psichiatria, pneumologia, neurologia, nefrologia, cardiologia e malattie infettive, quest’ultima unità con letti chiaramente di isolamento). I posti monitorizzati sono presenti in rianimazione, UTIC, OB/HDU, alcuni posti di medicina, pneumologia e neurologia.
    Nel DEA in cui lavoro la decisione del ricovero in medicina è esclusivamente nostra anche se, chiaramente, per una questione di correttezza, soprattutto durante le ore notturne, prima del ricovero, si contatta il collega di guardia (che lavora su tre piani) e si discute, il più delle volte pacatamente, sul caso clinico. Per quanto riguarda il ricovero in UO specialistiche (malattie infettive, nefrologia, neurologia, pneumologia, cardiologia) nella maggior parte dei casi, basta un colloquio telefonico, altre volte il collega viene in PS semplicemente per accertarsi che il paziente sia adatto all’intensità di cura del reparto (in poche parole se necessiti o meno di monitorizzazione).
    Molto spesso, però, un po’ per mancanza di posti letto, un po’ per le condizioni cliniche borderline del paziente, si preferisce fare un passaggio transitorio in OB/HDU e decidere il “destino” dopo una valutazione più approfondita (es. emorragie digestive, sincopi aritmiche in fase di washout farmacologico, subocclusioni intestinali con dubbio chirurgico, SCA il cui programma diagnostico-terapeutico è ancora dubbio, riacutizzazioni di BPCO o SCC che necessitano di brevi cicli di ventilazione etc).
    Il ricovero in chirurgia, UTIC/cardiologia e rianimazione va stabilito dopo consulenza, anche informale.
    Devo ammettere che il sistema, pur con dei difetti, funziona; crea difficoltà solo in reale carenza di posti letto (in questi casi, soprattutto i posti in nefrologia e chirurgia fungono da “valvola di sfogo” per pazienti internistici e devo ammettere che raramente i colleghi si oppongono al ricovero “forzato”).
    Un discorso a parte è riservato ai pazienti psichiatrici per i quali il ricovero è indicato dallo specialista.
    In conclusione, devo ammettere che, almeno personalmente, mi sono capitate rare discussioni con colleghi di altre specialistiche. D’altro canto sono anche consapevole che, vista la mia ancora scarsa esperienza lavorativa, avrò sicuramente tempo per rifarmi.

    • Don Chisciotte, vista la realtà dove lavori credo che il tuo nickname sia sprecato!. Ricoveri nelle 24 ore in sostanziale accordo con altri specialisti dell’ospedale rappresenta ancora un miraggio per molti dipartimenti di emergenza italiani, compreso il mio. Contento che si veda qualche luce nel buio.

  11. Io lavoro invece in un piccolo ospedale con pochi reparti specilistici,praticamente una Medicina Generale,una Chirurgia generale,una Cardiologia senza Utic e senza cardiologo h24 e un’ortopedia.Il problema maggiore è che tutti i colleghi di reparto vorrebbero già la diagnosi prima di ricoverare il paziente per non correre il rischio di dovere poi trasferire.Ciò non è sempre possibile e il paziente non può stazionare in PS ove non è prevista l’osservazione breve.I rapporti con i colleghi sono cordiali,non mi dispiace il confronto. Da invece fastidio la richiesta di esami ulteriori,a volte procastinabili,altre volte del tutto inutili.Credo sia fondamentale avere dei protocolli condivisi e ciò nell’interesse dei pazienti e dei colleghi che dovranno poi continuare a trattare quello stesso paziente.Grazie per i post,sempre interessanti. Vincenza

    • Vincenza, grazie del tuo commento e di avere condiviso la tua esperienza. Certamente i protocolli condivisi possono essere una soluzione, sempre che siano costruiti nel rispetto del ruolo di tutti.

      • Ho seguito tutta la discussione sull’interessante tema proposto; sono un rianimatore spesso chiamato in consulenza al pronto soccorso spesso anche solo per una valutazione sulla non necessità di assistenza rianimatoria in trasferimenti presso altre strutture o altre divisioni di ricovero. Ma la mia domanda è questa : puo’ il medico di PS decidere il ricovero di un paziente in rianimazione anche in assenza di posti nella stessa? Non credo che tale comportamento garantisca la salute del paziente…anzi…si perde invece ulteriore tempo.

        • Giuseppe, grazie del tuo intervento. Ricoverare in sovranumero in rianimazione, penso rappresenti sempre un rischio, vista la tipologia dei pazienti. E’ sempre necessario valutare le possibili alternative e concordare la strategia migliore. Buona pratica medica che non sempre riusciamo a mettere in pratica.

  12. L’articolo è molto utile ma trovo un’imprecisione determinante in caso di contenziosi con altri reparti o DMO. Scrivete: Qualcuno potrebbe obiettare che il decreto legislativo 502/92 ha abrogato il precedente DPR. ma all’art 4 comma 10 si dice: “cessano di avere efficacia le disposizioni di cui alla legge 12 febbraio 1968, n. 132e al decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1969, n. 128, nonché’ le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1969, n. 129 in contrasto con le norme del presente decreto.” Personalmente non ho trovato nella legge in oggetto la frase: “in contrasto con le norme del presente decreto”. Mi è sfuggita? E’ una libera interpretazione?
    Grazie
    fabrizio

  13. Nel mio ospedale (lavoro all’estero) gli esami realizzabli in ps sono limitati ad una batteria di esami “urgenti” che permettono orientare la diagnosi, la stabilitá del paziente e la necessitá del ricovero. il medico d’urgenza con i risultati di cui puó disporre, decide se ricoverare, dimettere, vincolare il paziente ad uno studio ambulatoriale. Disponiamo di specialisti di guardia la cui funzione é realizzare supporto o consulenza (neuro/nefro/cardio) ma gli unico casi in cui si decide congiuntamente agli specialisti i ricoveri sono psichiatria e terapia intensiva. Il resto di specialisti di reparto non consiglia che esami realizzare in piú per decire o meno il ricovero. Nel caso in cui, il consultore ad esempio opina che ha bisogno di un esame extra si fa carico del paziente lui stesso (ad esempio una ecoTSA in un TIA o una ergo in un angor).

  14. Lavoro come internista in un microscopico ospedale dove c’è il PS, la medicina, la chirurgia e la radiologia.
    I ricoveri sono al 99% concordati con il medico del PS, cioè lui chiama noi internisti che visitiamo il paziente, vediamo gli esami, eventualmente ne chiediamo altri, ma alla fine succede spesso che scriviamo una consulenza dove dichiariamo che il paziente non ha indicazioni ad essere ricoverato. In genere a questo punto il collega del PS dimette, magari controvoglia, il paziente (rari i casi in cui invece lo invia come ricovero d’ufficio “di nascosto” appena l’internista che non era d’accordo ha smontato). Quindi direi che siamo abbastanza dei fuorilegge…
    Una delle ragioni è che se un paziente viene ricoverato anche per un motivo non appropriato, deve comunque rimanere in reparto per almeno due notti, o il DRG non viene pagato (scusate l’ignoranza, ma solo da noi?), per questo i ricoveri non appropriati li rifiutiamo, anziché dimetterli subito come ha scritto qualcun altro.
    Un’altra ragione è che nel PS c’è da sempre un alto turnover di personale, a volte non proprio espertissimo, per cui spesso il ricovero viene visto come la panacea di tutti i mali soprattutto nel paziente magari anziano e pluriparologico che fa paura mandare a casa.
    Ma come giustamente dice Carlo, il punto fondamentale è il bon ton tra colleghi… In genere quindi si discute e si concorda, direi che però da noi “pesa” di più quello che scrive l’internista.

    • Marcella,
      come in tutte le cose ci vuole buon senso e spirito di collaborazione.
      In teoria, è facoltà del medico di PS ricoverare in ogni Unità Operativa, quindi in pratica anche in SPDC. In pratica , come accade credo sempre in altre U.O. come UTIC e Rianimazione ad esempio, questo viene fatto in accordo con lo specialista.
      Un saluto

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