Giovanni era seduto di fronte a me. Mi chiedeva una terapia alternativa. E io mi chiedevo se fosse possibile.
Giovanni è affranto
Giovanni era stanco. Era ormai due anni che conviveva con un tumore al colon. Tumore che sembrava sconfitto dopo l’intervento e la successiva chemioterapia. Erano stati mesi difficili, a cui aveva resistito solo per l’idea di tornare a sentirsi di nuovo guarito e non un condannato a morte. La sensazione di vita e tempo riguadagnata era durata pochi mesi, poi di nuovo l’assenza di aria aveva avuto un nome preciso: “metastasi”. Ed un posto: epatiche e polmonari. Adesso Giovanni aveva ripreso a lottare, anche se non sapeva esattamente il motivo. Forse perché qualcuno glielo aveva suggerito e lui non voleva tirarsi indietro.
Giovanni vuole essere un malato come gli altri
Ma in realtà Giovanni era stufo. Nauseato dagli ospedale, dai prelievi, dall’odore del Day Hospital. Scocciato di un accesso venoso centrale che lo faceva sentire tutti i giorni e tutte le ore “guasto”. Stufo di dover essere un malato diverso rispetto a tutti gli altri pazienti.
Adesso Giovanni era di fronte a me. Con una gamba più gonfia dell’altra e con un trombo che ostruiva il percorso del suo sangue venoso refluo, Giovanni mi chiedeva una cura facile. No, non voleva punture, non voleva fare prelievi periodici. Voleva una terapia semplice, da assumere per bocca, per sentirsi quasi un malato come tutti gli altri. E per una volta, non sentirsi “discriminato” per il mostro che portava didentro.
Giovanni sei unico
Rincuoro Giovanni sulla sua unicità di uomo prima e di paziente poi. Lo guardo ma continuo a vedere un desiderio di normalità che da due anni non riceve risposte da nessun medico. Mi chiedo allora se posso curare la sua trombosi venosa profonda come solitamente faccio con tutti le altre persone. E mi chiedo se è ancora valido l’assioma della relativa controindicazione dei DOACs e della relativa superiorità dell’eparina sottocute nei pazienti oncologici.
DOACs e Tumore
Il tromboembolismo venoso (TEV – comprendente la trombosi venosa profonda – DVT – e l’embolia polmonare – PE) è una causa frequente di mortalità e morbidità in pazienti con una neoplasia maligna. Secondi report mondiali, il 20% dei casi di TVP è associato ad un tumore. La sua gestione terapeutica in questi categoria di pazienti è, come dicono quelli davvero “fighi”, challenging, a causa dei rischi sia di recidive trombotiche sia di complicanze emorragiche.
Come ti curo TEV nata da un tumore?
Per più di una generazione, le eparine a basso peso molecolare sono state il gold standard per il trattamento della TEV neoplasia relata.
I DOACs (anticoagulanti ad azione diretta) progressivamente si sono dimostrati la strategia terapia ottimale nel TEV nella popolazione generale per la loro efficacia e sicurezza, per la loro facilità di somministrazione, per l’ampio range terapeutico, per la maggiore biodisponibilità, per l’assenza di un monitoraggio laboratoristico necessario; tutte condizioni associate ad una verosimile maggiore aderenza terapeutica.
Illuminami tu – CHEST.
Ho sempre avuto una stella polare nella mia gestione terapeutica del TEV. Le sacre linee Guida CHEST.
Sarà l’eleganza del colore azzurro o il prestigio della rivista ad avermi conquistato. In ogni caso comunque la Bibbia mi consiglia ancora l’uso della eparina a basso peso molecolare come prima scelta. Ultima edizione 2016.
Ma Qualcosa è cambiato?
Tuttavia gli anni sono passati e si è iniziata ad accumulare sempre maggiore evidenza per l’utilizzo dei DOACs nelle “cancer-associated-Thrombosis”.
4 studi originali hanno cambiato questa storia. Due riguardano l’utilizzo dell’apixaban, uno studia l’uso dell’edoxaban ed uno la terapia con rivaroxoban.
Studiamo gli Studi
Le caratteristiche sono riportate nella immagine sottostante.
In tutti e 4 gli studi i diversi DOACs in esame sono stati confrontati sempre con la dalteparina come eparina a basso peso molecolare (EBPM). Due studi includevano anche pazienti con una storia di malattia tumorale senza attuale attività di malattia (tuttavia solo il 2-3% circa della intera popolazione). In tutti i casi gli outcome primari sono stati la recidiva di episodi di TEV ed il tasso di sanguinamento maggiore a 6 o 12 mesi.
L’età media degli studi era piuttosto bassa – circa 66 anni. Più della metà dei pazienti inclusi aveva un tumore metastatico, circa un quarto aveva un ECOG score di 2 o superiore, più del 90% presentavano un tumore solido. Più del 70% dei pazienti eseguivano chemioterapia. I tumori colo-rettali, polmonari, al pancreas e ginecologici erano le principali neoplasie rappresentate. Circa il 50% presentava un embolia polmonare come condizione all’ingresso nello studio. I pazienti con insufficienza renale stadio IV e V ed insufficienza epatica erano esclusi.
Hokusai TVE
In questo studio di non inferiorità l’edoxoban 60 mg si è dimostrato ridurre in modo statisticamente significativo le recidive di TVP (non di TEV globali) ma incrementare, sempre in modo significativo, l’incidenza di emorragie maggiori rispetto alla dalteparina. Tale incremento era dovuto principalmente a sanguinamenti gastrointestinali da pazienti affetti da tumori maligni del tratto GE. Usando l’endopoint combinato (recidiva di TEV + sanguinamento maggiore) l’edoxoban si è dimostrato non inferiore rispetto alla eparina a basso peso molecolare.
Studio SELECT-D
Nello studio SELECT-D, il rivaroxaban ha dimostrato una riduzione statisticamente significativa dell’incidenza di eventi TEV con una incremento significativo delle “sole” emorragie clinicamente rilevanti non maggiori (di circa tre volte) ed un incremento numerico ma non significativo dei sanguinamenti definiti maggiori. L’aumento del tasso di emorragie era dovuto principalmente a bleedings GI in pazienti con tumore del tratto Gastroenterico. Una analisi di sicurezza eseguita durante l’arruolamento ha escluso un ulteriore reclutamento di pazienti con tumore gastrico ed esofageo, potendo purtroppo pertanto condurre ad una alterazione dei risultati ottenuti.
Studio ADAM VTE
Nello studio ADAM VTE, l’apixaban si è dimostrato capace di ridurre le recidive di TEV in modo statisticamente significativo rispetto alla dalteparina. A differenza dei DOACs studiati precedentemente, l’apixaban si è dimostrato responsabile di una quota di sanguinamenti definiti maggiori minore rispetto all’eparina a basso peso molecolare, tuttavia senza che tale riduzione fosse statisticamente significativa, a causa dei limiti della potenza dello studio.
Una analisi secondaria dello studio valutava la qualità di vita correlata alla terapia in corso. La terapia parenterale anticoagulante aggiungeva stress, irritazione, ansia e frustrazione impattando negativamente sulla qualità di vita, aumentando di tre volte il rischio di una auto-sospensione della terapia da parte del paziente.
Studio Caravaggio
In questo studio italiano (di non inferiorità) l’apixaban è risultato essere non inferiore alla dalteparina nel trattamento della trombosis-cancer-associated. Ossia vi era una sostanziale sovrapponibile efficacia nella prevenzione degli eventi tromboembolici con un uguale incidenza di eventi emorragici (maggiori e non maggiori). Tale beneficio si è visto essere maggiore nei pazienti con età minore di 65 anni.
E quindi affidiamoci alla metanalisi
Una metanalisi di Maggio 2020 ha valutato l’efficacia e la sicurezza dei DOACs confrontati con l’eparina a basso peso molecolare per il trattamento del TEV neoplasia associato. Tramite l’analisi complessiva dei RCTs sopra citati, tale metanalisi aveva come outcome primario la recidiva di TEV e i sanguinamenti maggiori a sei mesi. Outcome secondari erano le recidive di TVP, di PE e di PE fatale (outcome di efficacia) e i sanguinamenti clinici rilevanti non maggiori (outcome di sicurezza), sempre a sei mesi.
I risultati sono riportati nella tabella e nella immagine sottostante
I DOACs (in questi caso inibitori orali del fattoreXa) erano associati ad una significativa riduzione delle ricorrenze di episodi di TEV senza un’incremento di eventi emorragici maggiori ma con un incremento significativo del rischio di emorragie non maggiori ma clinicamente rilevanti, specialmente a livello genitourinario.
L’analisi dei sottogruppi evidenzia una maggiore evidenza di riduzione degli episodi di TEV nei pazienti con tumore solido non metastatico, con tumore attivo, nei pazienti con età < 65 anni e con riscontro incidentale di TEV. L’utilizzo del single drug approach (apixaban e rivaroxaban) sembra associarsi ad un maggiore efficacia e sicurezza.
Cosa ci dicono le Linee Guida
Successivamente alla pubblicazione del Hokusai VTE e del SELECT-D le linee guida 2020 delle diverse società scientifiche (ESC e ASCO) hanno dato indirizzo circa il possibile uso di edoxoban e rivaroxoban nel trattamento e prevenzione della trombosi associata al tumore.
Tuttavia la classe e il livello di evidenza sono fortemente limitate dai maggiori rischi, in particolare di emorragia gastrointestinale e genitourinaria, correlato all’utilizzo di questi due DOACs..
Lo studio Adam VTE e lo studio Caravaggio e la successiva metanalisi potrebbero ulteriore incrementare i dati sulla sicurezza ed efficacia della terapia con anticoagulanti orali ad azione diretta e verosimilmente modificare i livelli e le classi di evidenza.
Dosaggi e schemi terapeutici
A mia conoscenza, non esiste alcun studio dedicato all’utilizzo del quarto DOACs, l’unico relativo alla inibizione del fattore IIa, il dabigatran. I sottostanti schemi terapeutici pertanto riguardano solamente gli inibitori del fattore Xa.
Conclusione
Sicuramente l’utilizzo dei DOACs nei pazienti neoplastici con TEV associata non è più un tabù: si sono infatti dimostrati efficaci nel prevenire ulteriori eventi almeno, se non di più, rispetto all’EBPM con un possibile incremento dei sanguinamenti maggiori non clinicamente rilevanti (tranne l’apixaban?), senza differenze di mortalità ma con un incremento sicuro della qualità di vita e della compliance terapeutica del paziente.
Non esistono studi di confronto fra l’efficacia dei diversi DOACs. Confronti possibili sono solo indiretti, con tutti i limiti connessi. E penso che un tale studio mancherà, purtroppo, per sempre.
Tuttavia fra i DOACs, l’apixaban ha ottenuto i dati sicuramente più interessanti, con una tendenza verso la superiorità di efficacia sulla prevenzione della TEV e di uguale se non maggiore sicurezza sui sanguinamenti rispetto alla eparina sottocute.
Possiamo fare nostre le conclusione della metanalisi di Giustozzi?
E’ arrivato il momento di suonare il requiem della eparina sottocute?
Forse non ancora. I pazienti degli studi non sono i pazienti del mondo reale. Il fenotipo classico del paziente oncologico che conosciamo nei nostri DEA o nei nostri reparti con plurime comorbidità non è il paziente riportato nei trials, dove venivano esclusi pazienti con storia di insufficienza renale o insufficienza epatica o con alterazioni importanti all’esame emocromocitometrico.
Probabilmente una selezione corretta del paziente, considerando l’età ed il suo rischio reale di sanguinamento (analizzando una serie di fattori di rischio: uso concomitante di terapia antiaggregante, piastrinopenia, insufficienza epatica e renale, precedente storia di emorragia GI, presenza di tumori della mucosa, presenza di metastasi cerebrali o di lesioni primarie del SNC), soprattutto del rischio di emorragia GI e GU, potrebbe determinare una giusta personalizzazione della terapia anticoagulante. Così come la considerazione del tipo di tumore in questione ed il tipo di chemioterapia in atto e le interazioni possibili farmacologiche. La capacità e la possibilità di assunzione e di assorbimento dei farmaci per via orale. Ed ovviamente delle preferenze del paziente e delle sue necessità. Anche perché la terapia più efficace e quella che viene assunta.
E perchè il nostro obiettivo è, in primis, quello di fare felice Giovanni.
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