Consegna del mattino: “… C’e poi il Sig. Antonio che è arrivato ieri sera. E’ un paziente con un tumore del polmone in fase di stadiazione a cui hanno scoperto, facendo la TAC, un embolia polmonare subsegmentaria. Sta bene ed è completamente asintomatico, ma il radiologo ha insistito per farlo venire in pronto soccorso anche se era sera inoltrata. Gli ho fatto due esami per poter iniziare la terapia anticoagulante . Stamattina dovrebbe fare la broncoscopia…” Le sopracciglia del primario si aggrottano: ” non sono affatto convinto che un paziente così debba essere scoagulato…”
La scena si svolge presso il pronto soccorso di Udine dovo ho trascorso due interessantissime giornate come visitatore. Devo dire che sono rimasto incuriosito da questo punto di vista. Non iniziare una terapia anticoagulante in un paziente con l’embolia polmonare mi sembrava una strategia quanto meno rischiosa, anche se devo ammettere che in più di un’occasione la domanda me l’ero posta. Il paziente sta bene, ha una trombosi molto periferica, con la terapia anticoagulante non finiamo con fare più danno che beneficio? Noi però cresciuti con l’idea che l’embolia polmonare sia il nostro nemico più insidioso, quello a cui pensiamo troppo spesso ma a cui non pensiamo proprio quando avremmo dovuto, come potremmo anche solo pensare di non somministrare eparina o warfarin? Abbiamo persino timore di dimetterli questi pazienti, figuriamoci non trattarli. Di li a poco Rodolfo Sbrojavacca mi porge due articoli:” leggili, sono fondamentali”. Cosi ho fatto. Vediamo cosa dicono.
– Rethinking testing for pulmonary embolism: less is more Ann Emerg Med 2011 Jun
– Less is more The Diagnosis and Treatment of Pulmonary Embolism A Metaphor forMedicine in the Evidence-Based Medicine Era Arch Intern med 2012, Jun
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Comincerei dal secondo in cui viene ripercorsa la storia dell’embolia polmonare pensata come metafora della medicina moderna. Gli autori sostengono esserci due storie. la prima , quella a noi più familiare in cui grazie a algoritmi pre-test siamo in grado, grazie a test non invasivi, di raggiungere la diagnosi di una malattia una volta universalmente considerata fatale.l’embolia polmonare come un successo della medicina moderna. La seconda più inquietante.Negli anni 30 l’embolia polmonare, la cui diagnosi risultava spesso eseguita post mortem, cominciò a essere trattata, sulla base di case series, con anticoagulanti, ma la maggior parte dei medici era riluttante a causa del timore degli eventi emorragici. Venne cosi condotto per verificare il beneficio della terapia anticoagulante, uno studio randomizzato su 35 pazienti, la cui diagnosi di embolia polmonare si basava su esame fisico, ECG e RX Torace, . Ci fu una mortalità di 1 paziente nel gruppo dei trattati contro 5 in quello del placebo E’ fuori discussione che uno studio del genere, seguendo i moderni criteri di validazione di un lavoro scientifico probabilmente non sarebbe mai stato pubblicato. Nonostante questo la terapia anticoagulante divenne il trattamento standard nell’embolia polmonare. Si assisté infatti a una riduzione della mortalità dal 30% dell’era pre terapia anticoagulante al 3% di quella successiva. Questo beneficio probabilmente fu sovrastimato considerando che i criteri diagnostici erano cambiati. Con la diagnosi così la malattia stessa era cambiata.
L’avvento dell’angioTC (CTPA) ne ha verosimilmente fatto una malattia sovradiagnosticata.. Da studi epidemiologici deriva che la mortalità per embolia polmonare negli ultimi anni è risultata stabile mentre la sua diagnosi più che raddoppiata, il che significa che più della metà dei pazienti ha sperimentato solo i rischi della terapia senza averne alcun beneficio. In questo senso l’embolia polmonare rappresenta la quintessenza della medicina, non perché ne rappresenti un successo ma in quanto ne descrive la complessità nel periodo della evidence based medicine.
Veniamo ora all’editoriale di Newman e Schroger sugli Annals. a commento dello studio: Effectiveness and acceptability of a computerized decision support system using modified Wells criteria for evaluation of suspected pulmonary embolism.. Partendo dal lavoro di Kline Prospective multicenter evaluation of the pulmonary embolism rule-out criteria., considerato il lavoro più rigoroso sui test diagnostici sull’embolia polmonare. In estrema sintesi gli autori hanno valutato in modo aggregato i benefici dati da una diagnosi accurata ottenuta mediante la CTPA che ha una sensibilità che varia dal 74 al 88% e una specificità del 90%, e i rischi potenziali conseguenti quali: la nefropatia da mezzo di contrasto, le neoplasie radio-indotte, le emorragie causate dall’anticoagulazione.
Risultati
I pulmonary embolism rule out criteria sono stati in grado di: prevenire 6 morti e 24 eventi non fatali ma hanno causato 36 morti e 37 eventi dannosi non fatali. Nonostante questi dati gli autori sostengono che la loro stima degli eventi avversi sia stata conservativa, mentre quella dei benefici piuttosto ottimistica e che l’esecuzione dei test causano 6 volte il numero di morti prevenute.
Venendo più specificatamente alla relazione tra neoplasia ed embolia polmonare sono interessanti le osservazioni espresse nell’editoraile di commento al lavoro di Agnelli e dei SAVE-ONCO investigators Semuloparin for Thromboprophylaxis in Patients Receiving Chemotherapy for Cancer pubblicato sul New England ed in cui nei pazienti in trattamento chemioterapico per cancro si osservava una riduzione degli eventi tromboembolici in apparente assenza di eventi emorragici maggiori.
Queste le riflessioni dei redattori dell’editoriale Routine Heparin for Patients with Cancer? One Answer,More Questions:
– pazienti che non sono infastiditi dalla pratica quotidiana delle iniezioni sottocutanee di eparina a basso peso molecolare possono evitare ospedalizzazioni per trombosi venosa profonda ed embolia polmonare e vivere più a lungo se accettano un aumentato rischio di sanguinamento ed il loro successivo trattamento.
– La terapia con eparina a basso peso molecolare può essere somministrata come terapia adiuvante essendo paragonabile a molti regimi chemioterapici per quanto riguarda il suo effetto in termini di sopravvivenza ed effetti collaterali.
– L’inizio della terapia deve basarsi su una attenta valutazione dei desideri del paziente e dei dati clinici.
Commento personale
Come sempre più si approfondisce un argomento più le cose sembrano complicarsi. Certamente un aspetto di cui credo la maggior parte di noi forse non tiene nella dovuta considerazione emerge da questi dati. Il nostro bisogno di fronteggiare in ogni modo un nemico tanto infido e potente forse ci ha fatto dimenticare che per vincere la guerra corriamo il rischio di lasciare molti morti sul campo di battaglia. Il gioco vale la candela?Quale sia la vera soluzione non lo so. Una cosa penso meriti la riflessione comune: abbandonare la strada del modello unico per tutti. I nostri pazienti non sono tutti uguali e noi con loro. Porsi qualche domanda in più prima di iniziare un percorso diagnostico o una terapia non può che fare bene ad entrambi.
Il tema è sicuramente meritevole di una discussione
interessantissimo!!concordo anche io con le considerazioni finali;ogni paziente è, e deve restare, una storia a se!sarà interessante vedere come cambieranno questi dati con l’avvento dei nuovi anticoagulanti!cosa ne pensi?!
grazie ancora dei tuoi preziosi articoli
Giuseppe,
grazie del tuo commento.Come tutti i nuovi farmaci anche i nuovi anticoagulanti richiederanno del tempo per capire come i dati ottenuti dagli studi clinici si calino nella vita reale. Vedremo.
Forse è un paradosso, ma verrebbe da dire: “l’Evidence Based Medicine dovrebbe essere applicata Caso per Caso” …
Ricordo di una Paziente neoplastica (in t. palliativa) con una TVP “mostruosa” di un arto inferiore (e mi venne in mente l’antico testo di dermatologia: “phlegmasia alba dolens”)… Bene, cioè male, che fare?
Scoagulare? si/no con ché? Ovviamente pensai prima di tutto di sedare il dolore che, tenendo conto dell’uso già di lungo corso di oppioidi, non fu facile… ma subito dopo mi complicai tutto con i mille (solo? tenendo conto ex-post del tuo post?) problemi legati all’uso di questo e quello scoagulante o anticoagulante o anti-fai tu… Neoplastica+TVP massiva+testa del trombo che (all’eco) sembrava quella di un “serpe” pronto a scattare e mordere in alto… e in alto c’è “roba” delicata, molto delicata… Pensai subito alla necessità di una “rete” (ombrello cavale), ma dove la trovi una rete e uno che la metta alle 11 di sera in un posto come il mio? niente rete… ok, si va di eparina, allora! ma quale? LMWH o UH? un internista della “vecchia guardia” mi dice “prepara la pompa, dà retta a me!” (con un piccolo cenno al Warfarin… ma molto sfumato… neppure provai a pronunciare l’acronimo t-PA per paura di bestemmiare)… e mi venne (ancora) da pensare: “ma il rene… come funzionerà? con tutto quello che si sente dire in giro sul Fondaparinux (ad es.)”…
Insomma Carlo, un altro caso dove per quanto cerchi di essere E.B. ti ritrovi E.T. … e speri solo di non far danni! e citandoti: “porsi qualche domanda in più prima di iniziare un percorso diagnostico o una terapia non può che fare bene ad entrambi”, ma con quanta, quanta fatica…e sconforto…!
Grazie per l’ospitalità
Bellissimo commento docmac grazie. È’ vero quando ci poniamo delle domande talvolta stentiamo a trovare le risposte. Speriamo che in futuro la E.B. Medicine ci faccia sentire in po’ meno E.T.