giovedì 10 Ottobre 2024

E Zio

Valeria

Valeria non pensava potesse morire in questo modo. Così banale, ai limiti dell’offensivo. Una varice venosa sull’arto inferiore sinistro era stata giustificata dal suo medico curante dalla sua circonferenza addominale prominente, che i più cattivi chiamavano obesità ed i più buoni chiamano morbidità.

Quella varice non guariva e camminare era sempre più difficile. Ormai il marito si occupava di tutto: di lei, della casa, della spesa.

Nessuno dei due pensava che quel pomeriggio sarebbe stato l’ultimo in cui si sarebbero parlati. Per poi separarsi: il marito in viaggio verso il supermercato vicino; la moglie, coraggiosamente ma forse un pò imprudentemente, verso la doccia, a cercare rinfresco da un caldo sempre più opprimente.

Foto di Sasha Joe su Unsplash

Non aveva mai notato quanto fosse scivoloso il piatto della doccia. Non aveva mai notato quanto fosse tagliente quello spigolo, posizionato probabilmente da un destino un pò troppo crudele alla stessa altezza della sua varice. Non aveva mai notato quanto sangue si possa perdere da una varice così banale. Non aveva mai notato che, sdraiata sulla schiena a pancia in alto incapace di tirarsi su, non riusciva a vedersi i piedi coperti dalla pancia. Non aveva mai pensato, prima di perdere coscienza, quanto si potesse sentirsi stanca senza tutto quel sangue.

cadere
Foto di Bruce Christianson su Unsplash

Le borse della spesa sono ancora all’ingresso. Lasciate dal marito che in quell’attimo ha abbondonato loro e gran parte della fiducia nella vita. Senza perdere tempo ma senza grossa speranza ha urlato un messaggio di disperazione e di aiuto al 112 che non ha perso tempo nell’avviare le manovre rianimatorie per un arresto da un incredibile ed assurdo shock emorragico.

In pronto soccorso Valeria arriva incosciente ma con un cuore che prova a ribellarsi. Pompa a più non posso esprimendo il suo ardire in polso presente ma flebile. Il cuore ha bisogno di aiuto. Bisogna fare in fretta. Sangue e Subito.

Ma la morbidezza di valeria non è solo sull’addome ma anche sulle braccia. Le sue vene collassate si nascondono, a differenza delle sue ossa.

E quindi che fare?

Pensare in modo differente.

think different
Image by Freepik

L’accesso intraosseo (IO) può giocare un ruolo fondamentale nella RESUSCITATION dei pazienti critici, sia adulti che pediatrici, nei quali non sia possibile o sia difficile il posizionamento di un accesso venoso periferico. L’INFUSIONE INTRAOSSEA DI FARMACI PERMETTE DI RAGGIUNGERE UNA CONCENTRAZIONE ADEGUATA IN UN TEMPO COMPARABILE A QUELLA DELLA SOMMINISTRAZIONE TRAMITE UN CATETERE VENOSO CENTRALE.

Perchè l’Osso?

Con il termine accesso (vascolare) intraosseo si intende il posizionamento di un ago specializzato a foro cavo attraverso la zona corticale di un osso nello spazio midollare per eseguire analisi di laboratorio e, principalmente, infusione e terapia.

anatomia osea
da Teleflex

L’accesso IO utilizza lo spazio midollare come un punto di entrata NON COLLASSABILE nel circolo sistemico venoso. L’obiettivo è superare la corticale e raggiungere la midollare – zona occupata da migliaia di piccole vene da cui gli eventuali farmaci o fluidi raggiungeranno il circolo sistemico.

Pertanto in sintesi l’accesso IO è

Rapido – posizionamento facilmente eseguibile in 5 – 20 secondi
Efficace – tassi di successo sono doppi rispetto ad accesso ev in pazienti critici
Stessi Farmaci e Stessi dosi rispetto ad accesso endovenoso
Sostenuto da abbondante letteratura
Ampiamente sottoutilizzato
Adeguato per la somministrazione di mezzo di contrasto

Quando?

In generale, qualsiasi paziente critico dovrebbe disporre di due accessi venosi periferici. Se questi accessi venosi periferici non sono facilmente ottenibili e/o ritarderebbero la gestione in situazioni d’emergenza, bisognerebbe prendere in considerazione il posizionamento di un catetere o accesso intraosseo (IO)

Possiamo definire delle Indicazioni più precise?

Il Fallimento ad ottenere un accesso in un periodo di tempo limitato (cannulazione difficile e time consuming2 tentativi – 90 secondi) in un situazione in cui è urgente e necessario un accesso endovenoso ed un campionamento di sangue – setting di rianimazione / situazione a rischio di vita (arresto cardiaco, insufficienza respiratoria, stati di shock, aritmie pericolose per la vita trauma, ustioni, stato di male epilettico, DKA, sindrome neurologiche acuta, crisi emofiliche/falciforme, intossicazione con richiesta immediata infusiva di antidoto). In questo casi l’accesso intraosseo diventa una misura temporanea per permettere la stabilizzazione e facilitare il successivo posizionamento di un accesso venoso maggiormente definitivo.

Ancora più semplificando: ogni paziente che necessiti di un accesso venoso per infusione non reperibile diversamente. Addirittura anche come accesso richiesto per eseguire mezzo di contrasto

L’utilizzo di tale accesso sarà da considerare ancora più rapidamente in tutte quelle categorie di pazienti in cui un accesso vascolare, si sa, è più complicato: obesità, anziani, pazienti pediatrici, pazienti sottoposti a costanti terapie intravenose o tossicodipendenti.

Esistono controindicazioni?

Poche:

  • Traumi / Frattura delle ossa (anche sospetta) nella sede dell’eventuale accesso intraosseo – conseguente rischio di sindrome compartimentale
  • Sedi di precedente tentativi o posizionamento recente (48 ore precedenti) di un accesso IO nello stesso sito
  • Ustioni o Infezione locale nel e del sito di inserzione
  • Osteogenesis imperfecta /Osteoporosi
  • Protesi / Interventi chirurgici noti effettuati nel sito di inserzione dell’ago IO
  • Pazienti che non richiedono somministrazione di infusioni o farmaci in tempo rapidi
  • Pazienti con accesso vascolare periferico adeguato o che può essere ottenuto in tempi rapidi

In età pediatrica attenzione speciale va riservata nell’evitare le zone di accrescimento, che sono presenti ad entrambi le estremità delle ossa lunghe

Come?

L’accesso IO può essere ottenuto usando devices ad inserimento manuale (ago di Cook o Jamshidi o di Diekman modificato) o dispositivi assistiti/automatici (BIG: Bone Injection Gun o FAST1: First Access for Shock and Trauma) o dispositivi meccanici tramite trapano per l’inserimento di aghi specifici.

Per essere semplici: per me accesso IO fa rima con EZ-IO. Il dispositivo più presente nei servizi extraospedalieri e nei dipartimenti di emergenza.

da Teleflex

Equipaggiamento

Trapano
Set di Aghi in numero di 3 che differiscono per colore e lunghezza:
Giallo 45 mm: uso per inserzione omerale o per inserzione in pazienti obesi
Blu 25 mm: uso per adulti > 40 kg
Rosa 15 mm: uso pediatrico 3-39 kg
Sistema di Fissaggio dell’ago / Medicazione Adesiva
Tubo di Connessione all’ago
Siringa da 10 cc + Soluzione Salina per Flush
Anestetico locale lidocaina 2%
Spremisacca
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Siti di inserimento

La letteratura internazionale propone fino a 16 siti totali – 8 per lato. Possiamo distinguerli in siti classici/preferenziali e siti citati ma poco usati.

Siti ClassiciSiti Desueti
Omero Prossimale / Testa Omerale (Adulto)Sterno (necessita di un device idoneo)
Tibia Prossimale (Adulto e Bambino)Clavicola
Tibia Distale (Bambino)Cresta Iliaca
Femore Distale (Bambino)Calcagno

PALPA SEMPRE ENTRAMBI I MARGINI DEL SITO OSSEO PER ASSICURARE UNA PENETRAZIONE CENTRALE dell’Ago. Concentriamoci sui principali.

Omero prossimale:

da Teleflex

Il braccio del paziente dovrebbe essere ruotato internamente, la mano dovrebbe essere posizionata con il palmo verso il basso sull’addome con il gomito flesso a 90° ed addotto, in modo tale che il tendine del bicipite sia posizionato mediale e non venga penetrato dall’ago. Scorrendo il dito lungo la diafisi omerale si può identificare il collo chirurgico – incisura che si percepisce sotto la tuberosità maggiore o grande tubercolo. L’ago deve essere posizionato 1-2 cm sopra il collo chirurgico, nel grande tubercolo stesso. Nei bambini piccoli il grande tubercolo è poco sviluppato e potrebbe essere difficilmente palpabile.

L’immagine sottostante riporta una maniera alternativa e semplice di identiificazione dei reperi.

da Teleflex
da Teleflex

Tibia prossimale: Porzione anteromediale: 2 dita sotto la patella ed 1-2 cm mediale alla tuberosità tibiale. Nel bambino può essere difficile palpare la tuberosità tibiale e l’ago va posizionato due dita sotto la rotula lungo il piatto tibiale mediale.

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Tibia distale: Prossimale al malleolo mediale: 2-3 cm prossimale all’aspetto più prominente del malleolo mediale sulla linea mediana della diafisi mediale. Palpa i confini anteriori e posteriori della tibia per assicurarti che il sito di inserimento si trovi sull’asse centrale piatto dell’osso.

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Femorale distale: con la gamba estesa e dritta, linea mediana 1 cm sopra la patella, 1-2 cm mediale 

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Quale ago scegliamo?

La scelta lunghezza dell’ago dipende dal sito scelto, dalla taglia del paziente e dalla profondità del tessuto sottocutaneo sovrastante l’osso.

Nei pazienti obesi e a livello omerale la scelta dell’ago dovrebbe ricadere su quello giallo – da 45 mm.

Tuttavia è fondamentale un accortezza: una volta posizionato l’ago in posizione perpendicolare sulla cute e premuto contro l’osso senza azionare il trapano è necessario vedere almeno l’ultima linea nera – il marcatore a 5 mm presente sull’ago stesso: questo assicura che l’ago scelto sia di lunghezza sufficiente. NON è NECESSARIO VEDERE LA TACCA DOPO L’INSERIMENTO ma è necessaria vederla prima del trapanamento; se non la vediamo, l’ago sarà troppo piccolo per penetrare la corticale ossea ed il suo posizionamento fallirà.

da Teleflex

Quale sito scegliamo

Omero prossimaleSito preferito negli adulti ma reperi anatomici più difficili
Ottimale per velocità di flusso infusivo e rapido passaggio dei farmaci nel circolo venoso centrale (ingresso diretto in vena cava superiore bypassando il sistema vascolare pelvico ed addominale)
Di scelta nei traumi (i farmaci entrano direttamente nel circolo centrale evitando il rischio di extravasazione per ferite addominale e pelviche)
Posizionamento meno doloroso
Tibia prossimale Più semplice – di scelta nel caso di paziente non reattivo ed in assenza di famigliarità con la tecnica
Tibia DistaleDa pensarci nei pazienti obesi
Femore DistaleSito di scelta nei pazienti sotto i sei anni

La velocità di infusione misurata come portata (ml/min) è maggiore nell’omero (80ml/min) e nella tibia prossimale (30 ml/min) rispetto alla tibia distale. L’utilizzo tuttavia di uno spremi sacca aumenta notevolmente la portata (150-200 ml/min), qualunque sia il sito di inserzione scelto.

Tuttavia l’accesso tibiale ha una più alta percentuale di successi al primo tentativo e richiede tempi inferiori rispetto all’accesso omerale.

Nei bimbi < 5 anni il grande tubercolo è poco sviluppato e i landmarks anatomici poco sviluppati. In questa categoria di paziente è consigliato l’inserimento nella diafisi omerale o, meglio, in un sito alternativo

Procedura – come inseriamo l’Ezio – tricks and tips

Prima di bucare

  • Spiega la procedura ed ottieni il consenso informato
  • Scegli il sito di inserimento e l’ago appropriato
  • Aspira 10 cc di soluzione salina sterile in una siringa e deflussa il connettore di plastica che si collegherà all’accesso
  • Disinfetta il sito con clorexidina e lascia il tempo che la cute si asciughi; in caso di peli esegui l’eventuale tricotomia
  • Assembla l’ago adeguato sul trapano e Rimuovi il cappuccio protettore dell’ago
  • Impugna il trapano con una mano e con l’altra stabilizza il punto di inserzione
  • Posiziona l’ago nel sito selezionato perpendicolare alla superficie dell’osso e, senza attivare il trapano, inseriscilo attraverso la cute fino a quando l’ago non tocca l’osso; accertati che almeno una linea nera sia visibile, in modo tale da assicurarti che sia della lunghezza adeguata.

Buca e Rompi

  • A questo punto attiva il trapano: PREMI IL GRILLETTO DEL TRAPANO E TRAMITE UNA PRESSIONE GENTILE MA CONSISTENTE E COSTANTE VERSO IL BASSO PENETRA NELLA CORTECCIA OSSEA sino a quando non si sente una caduta di resistenza
  • RILASCIA il grilletto quando un improvviso cedimento o schiocco è sentito, segno dell’ingresso nello spazio midollare; ATTENZIONE: un secondo pop suggerisce penetrazione tramite la corteccia ossea posteriore che risulta in una extravasazione nel caso l’accesso sia successivamente utilizzato
  • Rimuovi il trapano dall’ago ed il mandrino/stiletto dall’ago tramite un movimento antiorario.
  • Aspira: il sangue midollare aspirato è conferma del corretto posizionamento e permetterà esecuzione di esami ematici
  • Attacco il tubo di connessione. Connetti il tubo connettore prima deflussato all’accesso IO tramite attacco Luer-lock esposto.
  • Lo spazio Intraosseo è riempito con una membrana di spesse fibre; bisogna rompere le fibre per ottenere il volume massimo di infusione; per tale motivo lo spazio midollare deve essere “lavato” ad alta pressione con 10 ml di SF – per superare la iniziale resistenza percepita. Il motto è: “NO FLUSH – NO FLOW“. Potrebbe essere necessario più di un flush per raggiungere il massimo volume e la massima velocità di infusione. In un paziente cosciente tuttavia l’infusione iniziale è molto dolorosa: risulta pertanto utile la somministrazione di 20-40 mg di lidocaiana al 2% – massimo 3 mg/kg – infusi lentamente (in 2 minuti) prima del flushing di SF per ridurre il dolore da infusione. Ricordati che l’infusione è tipicamente più dolorosa che l’inserimento dell’accesso IO. Prenditi 60 secondi che la lidocaina faccia effetto prima di eseguire il flushing.

Stabilizza l’accesso

  • Se non si osservano infiltrazioni sottocutanee dopo il flush, stabilizza l’accesso intraosseo: assicura l’ago con l’apposito fissatore e connetti il set di prolunga ad un deflussore endovena deflussato
  • Inizia l’infusione di farmaci/fluidi, meglio se con un sistema di consegna sotto pressione
  • Documenta ora e data del posiziomento
  • Monitora complicanze locali

Uso

Solitamente l’accesso rimane in situ senza problemi, ma è necessario prestarci costante attenzione.

I tassi di flusso possono essere in alcuni casi più lenti rispetto al pensato – relativo alla anatomia dello spazio intraosseo ed alla pervietà dell’accesso; se succede bisogna ripetere un flush di 20 cc per eventuale ripristino della pervietà dell’accesso; l’utilizzo di uno spremi sacca o di una pompa siringa per infusioni continue può favorire la persistenza di flussi adeguati.

Anche durante le infusioni si può ripresentare dolore a livello dell’accesso: l’uso ad intervalli regolari di lidocaina al 2% riduce tale rischio o risolve tale sintomo.

Qualsiasi farmaco / fluido infuso tramite una linea centrale può essere infuso tramite accesso IO; i due accessi sono farmacocineticamente equivalenti (stessa dose e stessa insorgenza).

E’ possibile anche la somministrazione di EC, anche se con il rischio di una certa quota di emolisi di significato clinico incerto; gli esperti suggeriscono di switchare la trasfusione ematica su un accesso endovena appena ottenuto.

Rimozione

L’uso dell’accesso IO non dovrebbe durare oltre le 24 ore, dovuto ad un rischio aumentato di complicanze. La Rimozione dovrebbe essere eseguita precedentemente se ci sono segni di eritema ed edema, di malfunzionamento, di extravasazione o nel caso di un reperimento di un adeguato accesso vascolare.

Per la rimozione: disconnetti le infusioni, stabilizza l’arto, attacca una siringa lue lock 10 ml al raccordo del catetere, quindi ruota il catetere in senso orario mentre tiri indietro: mantieni l’allineamento assiale, non oscillare la siringa. Applica una medicazione semplice

Complicanze

Fallimento del posizionamento: Possibile penetrazione da parte a parte dell’osso incapacità di penetrare osso corticale con infiltrazione subperiostiale / extravasazione e sindrome compartimentale
Infezioni locali / osteomielite
Frattura /Danno – Necrosi della testa epifisaria / Danno ad altre strutture locali / necrosi cutanea / possibile microemboli grasso e osso
Possibile piegatura dell’ago e difficoltà alla rimozione con necessità di rimozione chirurgica.

IO versus CVC

IOCVC
Più velocePiù lento
Più facileTecnicamente più complicato
Più economicoPiù costoso
Più siti di posizionamentoMinor siti di posizionamento
Minore esperienza e Minor trainingMaggiore esperienza e maggior training
Minor rischio di complicanze e rischio infettivoMaggior rischio di complicanze ed infettivo
Minore dolore e disconfortavate durante inserimentoInserimento più sconfortante
Un solo LumePiù Lumi
Velocità infusiva minoreVelocità infusiva maggiore
Non monitoraggio emodinamicoMonitoraggio emodinamico
Non monitoraggio laboratoristicoMonitoraggio laboratoristico
Ideale per Arresto CardiacoNon ideale in arresto cardiaco

Esami di Laboratorio

Una volta posizionato l’accesso, Il sangue aspirato può essere usato per eseguire test di laboratorio. Elimina i primi 2 ml di sangue aspirati, i restanti 4 cc possono essere usati per test di laboratorio, usando una siringa eparinata. Non tutti i dosaggi tuttavia possono essere affidabili e mostrano una buona correlazione con dosaggi ev.

Buona correlazione Non affidabili
Hb / ematocritoGlobuli Bianchi / piastrine
glicemiaCo2 sferico
creatinina / urea / clorosodio / potassio / calcio
albumina / proteine totali / enzimi cardiaci
l’emogasanalisi ha valori intermedi fra quelli arteriosi e venosi

Una volta ottenuto un accesso venoso, il consiglio è comunque quello di ripetere i dosaggi.

Gli obesi

Esattamente come o forse anche di più rispetto agli accessi venosi periferici e centrali, l’obesità rappresenta una sfida nel posizionamento di un accesso IO dato che il posizionamento si affida a landmarks anatomici che possono non essere palpati in questa categoria di pazienti. Oltretutto, la incrementata profondità dei tessuti molli può rendere gli aghi standard inefficaci.

Quindi negli obesi è ragionevole considerare l’ago da 45 mm come prima opzione. L’importante è la consapevolezza di “non seppellire” l’ago: ossia posizionarlo fino a quando l’ago penetra la corticale ossea, anche a costo di lasciare qualche porzione dell’ago che protude dalla pelle: questo accorgimento permetterà di usare l’accesso IO in tutti i siti più comuni.

E quindi?

L’ACCESSO INTRAOSSEO è UN EFFICACE VIA PER FLUID resuscitation, drug delivery and laboratory evaluation CHE Può ESSERE OTTENUTO FACILMENTE IN TUTTE LE ETA’ CON UN PROFILO DI SICUREZZA ACCETTABILE.

Pensando fuori dagli schemi: potrebbe davvero essere il dispositivo bridge per i PICC / CICC?

Non lo so. Quello che SO che vale la pensa pensarci. Nonostante la sua dimostrata efficacia e superiorità rispetto all’accesso endovenoso in molto settings, il suo uso extra ed intra ospedaliero è ancora risibile. A mio avviso, per il solito problema: la conoscenza e la competenza. Formarla e cercarla di diffonderla, è poi davvero l’unico ed il solo scopo di questo blog.

“La frase più pericolosa in assoluto è: Abbiamo sempre fatto così”

Grace Murray Hopper

Ho chiesto a Marco P., amico, esempio ed infermiere di area critica, di scrivere un epitaffio a questo post. Come ogni volta che gli chiedo consiglio, dalle sue parole c’è sempre da imparare.

Il Commento di Marco P.

Nelle considerazioni precedenti nulla da aggiungere in quanto precise ed esaustive per quanto riguarda indicazioni, controindicazioni e modalità di utilizzo dell’accesso intraosseo.

Nel paziente critico la necessità di un accesso venoso in tempi rapidi è spesso direttamente proporzionale alla difficoltà nel reperirlo, basti pensare ad un paziente in arresto cardiocircolatorio, al paziente in stato di shock ipovolemico/emorragico, ustionato o in preda ad uno stato di male epilettico.

L’accesso intraosseo permette di acquisire una via valida di somministrazione di farmaci e infusioni in tempi rapidi e relativamente sicura. La tecnica di posizionamento richiede una formazione minima con probabilità di successo superiori al 95% da parte degli operatori (esistono diversi studi a riguardo in base al sito di posizionamento e alla tipologia di strumento utilizzato).

La testa dell’omero dovrebbe essere il sito di scelta in quanto garantisce in miglior flusso e una bassa pressione oltre al fatto di provocare meno dolore grazie alla maggiore facilità di anestesia del sito nel paziente cosciente.

Anche la letteratura negli ultimi anni ha prodotto abbondante materiale, basti pensare che nel periodo tra il 1900 e il 2008 la banca dati Pupmed riporta 36 risultati mentre nel periodo 2009-2016 ne riporta 309 (Mesh terms “Intraosseous, infusion”).

I dubbi principali degli operatori riportati nella pratica clinica riguardano maggiormente la tipologia di farmaci e soluzioni somministrabili. 

Tramite l’accesso venoso intraosseo sono somministrabili TUTTI i farmaci necessari per la gestione dell’ emergenza COMPRESE le infusioni di cristalloidi, colloidi, emoderivati, plasma, emazie, mezzo di contrasto e soluzioni ipertoniche (quest’ultime non indicate per lunghe somministrazioni). I dosaggi dei farmaci non cambiano rispetto alla somministrazione endovenosa.

Inoltre, è possibile eseguire le analisi sul campione ematico comunicando al laboratorio la natura del campione ottenuto. Occorre quindi eliminare i primi 2 cc di campione aspirati, aspirandone poi un minimo di 4 cc per i test di laboratorio.

Nel paziente cosciente, spesso spaventa il possibile dolore provocato dalla procedura. 

Il dolore medio riportato dagli adulti svegli senza anestesia locale è stato di 2,5 su 10 (Pain Rating Scales), paragonabile all’inserzione di un catetere venoso di grosso calibro (14/16G).

Una volta posizionato, l’accesso intraosseo non causa dolore. Quest’ultimo è causato dall’infusione a pressione nel compartimento intraosseo, motivo per cui negli adulti un bolo di 20-40 mg (0.5 mg/kg a bolo lento nei pazienti pediatrici coscienti) di lidocaina può risolvere efficacemente la sintomatologia. Dopo l’infusione di lidocaina è opportuno infondere 5-10 ml di soluzione fisiologica per migliorare il flusso dell’infusione.

Per quanto riguarda lo scarso utilizzo riportato dai dati di letteratura, il problema principale è probabilmente la poca confidenza con la tecnica di posizionamento da parte degli operatori. 

Sebbene la manovra sia giustificata dopo 2 tentativi infruttuosi di posizionamento di accesso venoso periferico con un limite temporale di 90 secondi, spesso si preferisce insistere col tentativo di incanulamento periferico o il reperimento di un accesso venoso centrale, comportando gli svantaggi descritti in precedenza (sospensione intermittente delle manovre rianimatorie ecc). Occorre quindi considerare l’accesso intraosseo un “piano B” concreto che è necessario attuare nell’interesse del paziente. 

Nella pratica, infatti, l’accesso venoso periferico viene ottenuto spesso dopo plurimi tentativi con un tempo medio tra i 3 e i 12 minuti e una percentuale di fallimento dal 10 al 40%. Inoltre, nel tentativo di effettuare la manovra, parte dell’equipe sarà impegnata nel reperimento della vena non potendo quindi dedicarsi ad altre attività ugualmente necessarie alla gestione del paziente.

Personalmente, credo che le considerazioni principali sullo scarso utilizzo siano due:

  1. Quante e quali sono le occasioni formative che contemplano un’adeguata formazione sulla manovra dell’accesso intraosseo?

Poche e comunque insufficienti, in quanto vengono contemplate in corsi formativi (effettuati per lo più con una cadenza abbastanza estesa) che non coprono una percentuale sufficiente di personale potenzialmente coinvolto in tali situazioni (dato anche l’ampio turnover che caratterizza il contesto dell’emergenza-urgenza). La soluzione potrebbe essere un auto-training d’equipe dove il personale più esperto potrebbe agevolare la conoscenza e la confidenza con la manovra.


      2) La seconda considerazione riguarda la maggiore disponibilità di risorse (umane e materiali) in ambito ospedaliero che nel caso specifico induce a effettuare plurimi tentativi di incanulamento venoso periferico tentando l’approccio ecografico nel reperimento della vena (periferica o centrale), tralasciando però l’arco temporale necessario all’esecuzione della manovra, con potenziali effetti sfavorevoli per il paziente. Non è un caso, infatti, che l’accesso intraosseo trovi al momento maggiore utilizzo nell’ambito dell’emergenza territoriale, con minor risorse a disposizione e con l’obiettivo di centralizzare il malato critico il prima possibile assicurando comunque una via di somministrazione utile alle manovre rianimatorie/terapeutiche.

In conclusione, l’accesso intraosseo nel malato critico rappresenta una soluzione concreta ad uno dei problemi più frequenti nella gestione di questa tipologia di pazienti, ovvero il reperimento veloce di una via di somministrazione di farmaci potenzialmente determinanti. È improbabile che i soli corsi formativi possano favorire e incrementare l’utilizzo in ambito ospedaliero; di fondamentale importanza il ruolo dell’equipe, in quanto nel mettersi costantemente in discussione (tramite strumenti come briefing e debriefing) può incentivare a individuare questa valida alternativa allineandosi con quanto suggerito dalla letteratura attuale riportandola esplicitamente negli algoritmi interni di gestione dei pazienti critici.

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Davide Tizzani
Davide Tizzani
Specialista in Medicina Interna, ma specializzando ancora nell'anima. Esperto di Niente. Interessato a Tutto. Appassionato delle tre E: ecg, ega, ecografia. @DavideTizzani |

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