mercoledì 4 Dicembre 2024

Ecografia toracica e diagnosi di embolia polmonare: non ancora.

IMG_7473Io sono appassionato di ecografia toracica. Credo fermamente che, nella valutazione del polmone, la sonda ecografica sia lo stetoscopio del futuro e ne faccio un uso sistematico. Forse è per questa mia esperienza, un po’ maniacale, e di lungo corso, che ho imparato a riconoscere mio malgrado i limiti della metodica. Seguendo l’itinerante, asincrono, inesauribile dibattito di #FOAMed su Twitter ho appreso da Mike Mallin e Matt Dawson della recente pubblicazione di uno studio dal titolo: The role of thoracic ultrasonography in the diagnosis of pulmonary embolism.

 

Questa pubblicazione ha indagato l’utilità dell’ecografia toracica nella diagnosi di embolia polmonare. L’uso dell’ecografia toracica con questo intento è stato segnalato già alla fine degli anni sessanta e, da allora, è rimasto ignorato a lungo per poi tornare alla ribalta con la pubblicazione nel 2001 dello studio di Reissig et al. In quest’ultimo studio è emerso che l’embolizzazione periferica del polmone produce delle lesioni subpleuriche, generalmente di piccole dimensioni, con caratteristiche morfologiche apparentemente distintive. Si tratterebbe di lesioni ipoecogene demarcate, frequentemente di aspetto a cuneo, talora ovali o poligonali. In alcuni casi al centro si può apprezzare uno spot ipercogeno che rappresenta il bronchiolo, la porzione terminale delle vie respiratorie, ancora ripieno di aria. Quest’ultimo non sempre è apprezzabile probabilmente perché da un lato l’ischemia periferica determina una sua costrizione che svuota il contenuto aereo, dall’altro l’essudato che si forma lo comprime. Spesso si accompagna un piccolo versamento pleurico focale in corrispondenza della lesione. Di rado, inoltre, utilizzando il doppler si può apprezzare una brusca interruzione del flusso vascolare destinato a quell’area di parenchima.

Schermata 2013-06-14 a 10.42.00

Queste lesioni sono più frequentemente presenti nelle porzioni dorsali e basali del polmone e pertanto è necessario poter valutare anche il dorso del paziente, cosa non sempre fattibile quando si ha che fare con pazienti critici. Riscontri analoghi a quelli di Reissig sono stati ottenuti nel 2005 da Mathis et al. Nello studio recentemente pubblicato sono stati ripresi i criteri diagnostici messi a punto proprio da Mathis. Riassumendo la diagnosi ecografica era posta qualora presenti una o più lesioni parenchimali caratteristiche (subpleuriche a cuneo, poligonali o ovalari) con o senza versamento pleurico.

Schermata 2013-06-14 a 10.42.49

Il riscontro di versamento pleurico isolato o di lesioni subpleuriche piccole (5mm) con caratteristiche non specifiche era ritenuto non diagnostico di embolia polmonare quanto un quadro di polmone normale. Il reference standard per la diagnosi era la angioTC polmonare (multislice 64x). I radiologi e i medici che avevano in cura i pazienti erano all’oscuro del risultato dell’ecografia toracica che è stata eseguita prima delle indagini strumentali. Lo studio è stato condotto su una popolazione selezionata in cui il sospetto clinico di embolia polmonare è indicato come moderato-alto secondo una stratificazione del rischio ad hoc non basata sugli score più frequentemente utilizzati (Wells score, Geneva/Geneva revised).

Criteri di inclusione (in soldoni): -Alto rischio: fattori di rischio + un quadro clinico suggestivo (riscontri senza evidente causa di: dispnea, tachipnea, dolore toracico pleuritico, alterazioni emogasanlitiche o radiologiche) -Moderato rischio: fattori di rischio + un quadro clinico non suggestivo perché riconducibile ad altra causa oppure quadro clinico suggestivo senza fattori di rischio.

Come fattori di rischio sono stati considerati: neoplasia, fratture degli arti inferiori, obesità, scompenso cardiaco congestizio, puerperio, storia di intervento chirurgico (suppongo recente sebbene non riportato) tromboembolia polmonare o embolia polmonare (curiosa distinzione).

Sono stati arruolati 50 pazienti di cui 30 hanno avuto una angioTC diagnostica per embolia polmonare. Il che ci dà una prevalenza altissima pari al 60%.

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La sensibilità e specificità dell’ecografia toracica erano pari al 90% e 60% rispettivamente. Una sensibilità alta ed una specificità piuttosto bassa non in linea con le due principali pubblicazioni sul tema.

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Ci sono due aspetti peculiari dello studio sui quali secondo me vale la pena soffermarsi. Il primo è che la maggior parte (83.4%) dei pazienti con embolia polmonare in questa casistica si presentava con dolore toracico localizzato. Dal punto di vista dell’approccio pratico è un elemento da tenere sicuramente in considerazione. Quando eseguite un’ecografia toracica partite dal punto dove il paziente localizza il dolore. Nella mia, altamente soggettiva e aneddotica, esperienza se c’é una patologia polmonare acuta la troverete alla prima scansione. Mi avvalgo, per avvalorare le mie impressioni, di uno studio di Volpicelli (ubi maior). Il secondo è che alcune lesioni ecografiche non erano osservabili alla TC. Anche questo è un riscontro che potrà accadervi praticando l’ecografia toracica. Tuttavia, anziché, decantare la sensibilità della metodica nell’identificare anche piccole lesioni periferiche, indistinguibili alla TC, secondo me questo deve essere di spunto per alcune riflessioni. Innanzitutto bisogna tenere conto del fatto che con l’ecografia avrete modo di riscontrare frequentemente piccole lesioni subpleuriche il cui significato va sempre messo nel contesto del quadro clinico e della probabilità clinica. Neoplasie, cisti, esiti di pregressi eventi flogistici e malattie diffuse del parenchima polmonare possono presentarsi con aspetti simili in zone focali, particolarmente nei pazienti anziani che sono gran parte dei pazienti che accedono in PS. A riprova di ciò basti considerare il tasso di falsi positivi in questo studio (16%) dove pure la probabilità di embolia polmonare era elevata. In secondo luogo è necessario ricordare che le lesioni possono essere piccole e talora isolate, magari posizionate sotto una costa o sotto la scapola o nel cavo ascellare. Una scansione incompleta della parete toracica pertanto può far sì che esse non vengano identificate. Io personalmente non sono generalmente preoccupato dal mancarle perché un’embolizzazione periferica, particolarmente in assenza di un quadro di distress respiratorio, e a patto che una trombosi venosa profonda non sia presente, è di dubbia valenza clinica: c’è chi lo considera un evento parafisiologico, e non è chiaro, anzi è molto dubbio, se questi pazienti beneficino della terapia anticoagulante. E’ estremamente probabile, sebbene non specificato nel testo, che questi pazienti ospedalizzati siano stati sottoposti all’indagine ecografica molto precocemente rispetto all’esordio dei sintomi. L’embolizzazione periferica del polmone è un processo dinamico e variabile nella sua espressione. L’evoluzione prevede un essudato emorragico d’esordio e poi una necrosi conclamata che, in un polmone normale, ha una risoluzione completa nel giro di alcuni giorni (2-4). Questa evoluzione peraltro non sempre è completa.

 

Wedge lesione

 

L’aspetto ecografico delle lesioni subpleuriche da embolizzazione periferica è strettamente in relazione a questo processo temporale. Lesioni ecograficamente suggestive sono presenti per un breve periodo all’esordio e il loro aspetto si modifica con il tempo. Quelle recenti sono ipoecogene ma non omogenee, mentre quelle più datate sono meglio demarcate e talora con il segno ipercogeno centrale del bronchiolo. Oltre all’evoluzione nel tempo è necessario inoltre tenere in mente l’estesione dell’infarto. Talvolta, in caso di zone infartuali estese (come per singole embolie segmentarie), l’aspetto tardivo sarà in tutto e per tutto quello di un addensamento flogistico. Sono, infatti, convinto che talvolta quest’ultime siano interpretate e trattate come polmoniti. Questa presentazione mi è capitata e l’aspetto ecografico era quello di un consolidamento paranchimale anche di tipo epatizzato. Solo il sospetto clinico permette in questi casi di approfondire la diagnosi. Il quadro che invece troverete quasi invariabilmente nel caso di embolie massive o submassive sarà quello di un polmone normale (pattern di tipo A). Nell’ottica di  embolie , caratterizzate da una mortalità/morbilità elevate, valutare anche solo la porzione anteriore del polmone ed integrare l’ecografia con CUS ed ecocardio è essenziale, come peraltro suggerisce niente meno che Lichtenstein.   Nella mia personale esperienza ho riscontrato queste lesioni infrequentemente e sempre quando il sospetto di una tromboembolia era già alto. Questo ovviamente ha un valore puramente aneddotico ed è influenzato sia dalla mia personale capacità di ecografista che dall’ancora più soggettiva intensità con cui perseguo la diagnosi di embolia polmonare. Penso che anche nell’ambito dell’ecografia toracica l’embolia polmonare sia una grande simulatrice potendosi presentare con quadri assai variegati. Tuttavia è possibile che ci sia tra di voi chi abbia esperienze differenti e più incoraggianti. Di seguito una breve di sequenza video di alcuni casi che mi sono capitati sebbene la qualità delle immagini non sia eccezionale.

 

 

Aspetto le vostre osservazioni.

Mattia Quarta
Mattia Quarta
Dott. Mattia Quarta Direttore di Pronto Soccorso Ospedale di Camposampiero Padova Specialista in Medicina Interna con Indirizzo d'urgenza Appassionato di ecografia d'urgenza. Supporter di FOAM @squartadoc | + Mattia Quarta

11 Commenti

  1. Quando si parla di lesioni subpleuriche polmonari, ho sempre l’impressione che, clinicamente parlando, siano questioni di lana caprina e che, ecograficamente parlando, siano davvero di difficile visualizzazione ed interpretazione. Penso che l’ecografia possa veramente fare la differenza su questioni più macroscopiche ed emodinamicamente di maggiore impatto, in cui una visualizzazione combinata eco torace + ecocardio + CUS possa velocemente portare a fare diagnosi e rispodenre alla necessità di impostazione di una terapia efficace e precoce.

  2. Mattia,
    innanzitutto grazie per questo post su un argomento cosi complicato e difficile. Sono un mediocre utilizzatore dell’ecografia, sebbene un suo grande fan quindi credo che difficilmente possa darci per la diagnosi di embolia polmonare, riposte tali da confidare solo su questa risorsa . Ciò detto, come in tanti altri campi delle attività umane, sono convinto che esistano i super esperti in grado “di cavare sangue da una rapa” e probabilmente tu sei uno di loro. Per il momento mi accontento dell’integrazione di CUS ed ecoscopia cardiaca, ma avere in mente queste lesioni e ricercarle può aiutarci a capire meglio e forse anche ad affinare la diagnosi.

  3. Grazie per l’interesse e i vostri commenti. Proverò a rispondere ad entrambi.
    Nel caso particolare dell’embolia polmonare al momento rimango dubbioso sul fatto che l’ecografia del polmone possa avere altrettanto impatto quanto quello che oggi gioca nell’identificazione, ad esempio, dell’edema polmonare e del pneumotorace.
    L’approccio ecografico integrato ha sicuramente un impatto clinico maggiore, come giustamente sottolinei tu Davide, ma richiede anche più conoscenze e maggiore esperienza nell’interpretazione combinata dei risultati.
    Rimanendo sul problema specifico dell’embolia polmonare basti pensare che la valutazione ecocardiografica delle sezioni cardiache destre è un argomento alquanto complesso, difficilmente riducibile, a mio avviso, a quesiti semplici del tipo si/no che caratterizzano l’ecografia d’Urgenza.
    Come per tutte le ecografie anche per quella toracica dipende molto dall’esperienza degli operatori e dall’uso che ognuno vuole farne.
    Non sarei tuttavia categorico nel liquidare tutti i riscontri ecografici subpleurici come una competenza degli esperti. I consolidamenti flogistici sono un buon esempio:
    personalmente credo che possa diventare patrimonio comune dei medici emegentisti diagnosticare le polmoniti con l’ecografia. Ritengo soprattutto che sia arrivato il tempo per un cambio di paradigma ovvero che l’ecografia faccia parte a pieno titolo del curriculum del medico dell’area d’emergenza fin dalla sua formazione universitaria…. quanto imparare ad usare lo stetoscopio.

  4. Complimenti per il bellissimo post! Concordo con l’affermazione di Mattia in merito alla necessità di allargare le competenze ecografiche a tutti gli urgentisti, e questo è particolarmente vero per l’ecografia toracica, in grado di dare informazioni utilissime con relativa semplicità. Tuttavia la valutazione delle lesioni subpleuriche richiede un certo grado di “esperienza” (che per l’appassionato urgentista si può raggiungere in breve tempo) per discriminare le molte immagini che il paziente anziano ci restituisce: esiti, alterazioni aspecifiche, ecc ecc. Perché un conto è il franco focolaio in un paziente febbrile e sintomatico, un conto è la piccola immagine subpleurica che si può vedere in quasi tutti i pazienti anziani. In questo l’esperienza dell’operatore è essenziale, altrimenti il rischio è di richiedere un gran numero di TC toraciche non necessarie.
    Per quanto riguarda l’embolia polmonare, sono sempre più convinto che il compito principale dell’ecografia sia l’esclusione delle altre cause: in pratica, l’evoluzione del Blue Protocol. L’ecografia è così sensibile dal riconoscere la stasi, lo pneumotorace, i focolai, al punto da permetterci di pensare con ragionevole sicurezza all’embolia polmonare nel paziente dispnoico con ecografia toracica negativa (e clinica inespressiva, avendo ovviamente escluso l’asma bronchiale!). Il limbo rimane nel paziente con BPCO, ovviamente, ma è anche il paziente con il maggior numero di lesioni ecografiche polmonari di difficile attribuzione. Cosa ne pensate?

  5. Alessandro concordo su tutta la linea. Come per ogni test i risultati vanno interpretati nell’ambito del contesto clinico per avere un senso. L’ecografia non è da meno. Trattandosi di una metodica molto sensibile si incontrano spesso lesioni piccole, e di dubbia interpretazione, ma questo mai dovrebbe portare ad aumentare il numero di TC quanto non dovrebbe un riscontro accidentale di un Ddimero elevato per fare un parallelismo.
    C’è da tenere conto del fatto che l’ecografia toracica eseguita dall’emergentista ha il potenziale vantaggio della sinergia: l’esecutore è anche il depositario delle informazioni cliniche e del quadro complessivo del paziente e pertanto i riscontri ecografici possono essere adeguatamente filtrati. Sappiamo che i reperti anche più comuni come le linee B sono inidici di edema interstiziale ma non sono specifici di una causa eziologica e richiedono una interpetazione clinica.
    Nel corso del tempo, tuttavia, soprattutto nei pazienti critici, ho imparato che l’ecografia toracica è in grado di dare la diagnosi prima di qualsiasi altra valutazione e senza integrazione di altri dati. Il Blue Protocol da te citato è un esempio, sebbene sia stato applicato su una popolazione abbastanza selezionata da cui erano esclusi i casi ad eziologia mista o inconsueta. Nella mia esperienza l’utilizzo di un protocollo integrato nei pazienti con insufficienza respiratoria acuta indifferenziata (ovvero la maggior parte dei pazienti che entrano in PS) è in grado di stabilire accuratamente già al momento dell’ingresso la causa del problema.
    L’esperienza conta sicuramente ma a differenza di altre metodiche questa ha una curva di apprendimento veramente rapida e credo che questo valga anche per quadri polmonari più complessi.

  6. Ciao,
    Mi intrometto nella discussione per esprime la mia opinione in qualità di “talebano” dell’ecografia toracica (definizione, a me non gradita, che mi è stata data dal Dr Sangermano, direttore della scuola di ecografia in emergenza e urgenza di Reggio Emilia). Vorrei esprime subito un punto: non credo che sappiamo ancora tutto sull’ecografia del torace, sia in senso positivo (ci fornirà altre informazio utili) ma anche in negativo (abbiamo preso delle cantonate). Per ora in negativo c’è l’embolia polmonare. Sottolineo per ora e per un motivo molto semplice: noi vediamo i pazienti troppo presto. Io ho fatto uno studio (parola enorme: ho confrontato dei pazienti, tra parentesi pochi, circa 15) in cui mettevo in relazione la scintigrafia polmonare e l’angioTAC e i miei riscontri ecografici: e risultati erano deludenti per me nel senso che l’eco era nella stragrande dei caso negativa cioè senza riscontro di un qualcosa che mi potesse far pensare all’embolia. Dopo circa 5-6 giorni trovavo qualche segno di quelli che si trovano sui libri (e da te correttamente riportati). Cosa facciamo allora? Il futuro (dobbiamo imparare da Reissig e gli altri austriaci e tedeschi) sta nell’uso del mezzo di contrasto ecografico: costa poco e ci può dare una mano enorme non solo nell’embolia polmonare ma anche nella diagnosi di contusioni, tumori. Trovare un piccolo addensamento subpleurico con un piccolo versamento sia poco significativo ma aiuta anche se per ora il meglio che abbiamo è il BLUE di quel “sant’uomo” di Lichtenstein.
    Un’ultima cosa (ora faccio i talebano……): finché pensiamo che l’eco sia utile per le cose grossolane non andremo da nessuna parte.
    Ciao.
    Gaetano Dallavalle

  7. Grazie Gaetano per averci fatti partecipi della tua esperienza. Come ho sottolineato nel post e ancora prima nel dibattito su Twitter il timing è il punto chiave nel riscontro di queste lesioni, anche nella mia esperienza.
    Non ho mai utilizzato il contrasto ecografico in urgenza e non saprei dire se possa essere un’opzione estensibile alla realtà di tutti i PS.
    Sono considerato ahimè anch’io un talebano dell’ecografia toracica e quindi condivido il tuo fervore.
    Tuttavia proprio perché sono convinto dell’utilità della sua divulgazione contengo la mia faziosità nella speranza di fare proseliti e di non intimorire chi si avvicina ad essa.
    Come te ritengo che le informazioni che si possono ottenere siano molte di più di quelle che sono comunemente divulgate. Un esempio su tutt,i che è abbastanza scontato per chi ha accumulato un po’ di esperienza, è la possibilità di differenziare gli edemi polmonari cardiogeni da quelli non cardiogeni, ed anche di riconoscere le malattie diffuse del parenchima polmonare.
    È molto importante la modalità con si comunica queste potenzialità e ho trovato nella Free open access meducation, di cui empills è un grande esempio, uno strumento di confronto, comunicazione e apprendimento impareggiabile e consiglio a tutti di seguirla.

  8. Ciao a tutti, mi intrometto in questa interessante discussione solo per alcune precisazioni. Ci sono tre modi per utilizzare l’ecografia polmonare nella diagnosi dell’embolia: 1) La ricerca delle lesioni sub-pleuriche, come dimostrato anche dalla Reissig, ma con Mathis primo autore (Chest 2005;128:1531). 2) L’applicazione del protocollo BLUE nei pazienti critici con insufficienza respiratoria acuta, dove la diagnosi è fatta per esclusione delle altre cause ed in concerto con l’ecografia compressiva venosa degli arti inferiori (Chest 2008;134:117). 3) La diagnosi ecografica di lesione subpleurica tipica nei pazienti stabili con dolore pleuritico acuto (Ultrasound Med Biol 2008;34:1717 e Am J Emerg Med 2012;30:317). Il mio articolo citato è solo un case report pubblicato precedentemente ai due studi prospettici. Tutte queste tre modalità sono state accettate dal processo di consensus sull’ecografia polmonare (Intensive Care Med 2012;38:577) come metodiche non sostitutive, ma da utilizzare quando non è possibile usare la TC. Come commento generale, l’ecografia polmonare funziona molto bene per diagnosticare e soprattutto per escludere l’embolia polmonare in gruppi di pazienti selezionati (modo 2 e 3). La ricerca delle lesioni subpleuriche (modo 1), se non guidata dalla sede del dolore, non è affatto semplice proprio per i motivi già individuati dai vostri commenti. Per questo credo che unire l’ecografia polmonare a quella cardiaca e venosa migliori di molto l’accuratezza della valutazione ecografica, soprattutto la sua sensibilità. E’ in procinto di essere pubblicato su Chest un nostro studio che dimostra proprio la migliore performance dell’ecografia multiorgano sulla ecografia polmonare isolata. Lo troverete presto su pubmed.
    Approfitto per avvisare tutti i colleghi che si interessano di ecografia clinica che il 18 Novembre 2013 ci sarà un simposio presso il San Luigi dove saranno presenti alcuni dei più rappresentativi esperti di ecografia polmonare reduci dalla consensus conference, tra cui Lichtenstein e Mathis appunto, per discutere con alcuni dei nostri universitari e con i radiologi della sezione toracica della SIRM proprio delle applicazioni pratiche della metodica. Siete tutti invitati a partecipare alla discussione scientifica e spero affluirete in tanti per “venire finalmente allo scoperto”. Trovate il programma sul sito http://www.winfocus.org ma se volete altre informazioni mi potete scrivere direttamente ([email protected]). Un caro saluto e complimenti per il blog.
    Giovanni Volpicelli

  9. Un commento che vale di per se più del post. Onorato per “l’intromissione” ed ansioso di leggere la nuova pubblicazione su chest! L’ecografia toracica ha avuto una diffusione pervasiva in medicina d’Urgenza in Italia e oramai anche nei paesi anglosassoni sta acquisendo grande popolarità. Colgo l’occasione per avere una tua opinione: pensi che nel futuro, magari prossimo, il suo utilizzo diverrà lo standard per l’inquadramento dei pazienti con dispnea/distress respiratorio, in aggiunta, o addirittura in sostituzione delle valutazioni tradizionali?

    • Caro Mattia, rispondo alla tua domanda dicendo che dipende esclusivamente da noi. Cosa dipende da noi? Non certo l’esito finale, poichè sta scritto indelebilmente che o prima o poi l’ecografia polmonare “point-of-care” diventerà necessario patrimonio di tutti quelli che hanno a che fare con l’emergenza-urgenza, come lo è attualmente il fonendoscopio. Ciò che dipende da noi è la tempistica con cui questo avverrà. Più saremo bravi a diffondere il messaggio e raccogliere le evidenze scientifiche, e più velocemente arriveremo alla meta. Non certo per la gloria personale, ma per il bene dei nostri pazienti come ben sai. Quindi pochi personalismi, come purtroppo alcuni perseguono soprattutto in Italia, ma molta comunità di intenti. La consensus è andata in questa direzione e rappresenta un passo fondamentale per penetrare le linee guida emanate dalle società scientifiche, che poi è l’obiettivo finale. Un buon esempio sono le nuove linee guida dell’ESCardiology che per la prima volta hanno inserito l’eco polmone avendo acquisito i risultati della consensus e grazie all’impegno della buona Lunetta (Gargani). Quindi, olio di gomiti e venite numerosi al simposio di Novembre. Ci sarà molto da discutere con Lichtenstein, Kirkpatrick, Mathis, Rouby, Gargani ed altri.
      Giovanni

      • Grazie Giovanni per il commento. Lo spirito del blog è proprio quello della condivisione e l’intento è quello della divulgazione: sposa in pieno il tuo auspicio sulla comunità di intenti. Raccogliere le evidenze scientifiche rimane la parte più importante e credo di poter dire a nome di tutti gli appassionati di ecografia d’urgenza di essere fieri di avere tanti colleghi Italiani che contribuiscono alla chiarificazione dell’utilità di questo strumento diagnostico. Accolgo ben volentieri il tuo invito per novembre, a presto.

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