sabato 18 Gennaio 2025

Embolia polmonare: qual è l’importanza del segno di McConnell?

Antonio è un uomo di quasi 80 anni e da tempo risiede in una casa di riposo in quanto colpito due anni prima da un ictus. Da alcune ore è diventato dispnoico per cui il medico del 118 che lo ho visitato lo ha accompagnato in pronto soccorso. Non ha febbre e un arto è visibilmente edematoso, la pressione 90/60. Avrà l’embolia polmonare dice lo specializzando, vediamo se c’è il segno di McConnell...


E’ stato appena pubblicato su American Journal of Emergency Medicine da parte di un gruppo di medici d’emergenza e cardiologi dell’ospedale di Ataturk in Turchia,  un case report e una revisione proprio su questo tema dal titolo Red flag in bedside echocardiography for acute pulmonary embolism: remembering McConnell’s sign.

Il caso clinico

Un paziente di 76 anni viene accompagnato in pronto soccorso a causa di dispnea con importante desaturazione, polipnea, tachicardia e ipotensione.
All’esame fisico risultava presente una riduzione del murmure vescicolare con ronchi sparsi e l’elettrocardiogramma dimostrava un pattern tipo S1Q3T3. All’emogasanalisi era presente un’ipossia e una ipocapnia e un gradiente alveolo arterioso per l’ossigeno aumentato.

Il paziente viene cosi sottoposto alla FOCUS (Focused cardiac ultrasonography) che nella visone 4 camere evidenzia:
– il ventricolo destro più grande del sinistro
– la parete media libera del ventricolo desto ipocinetica e quella apicale ipercinetica (segno di McConnell)
una pressione arteriosa polmonare sistolica di 50 mm Hg con un importante rigurgito tricuspidale

Venne quindi eseguita un ecografia compressiva venosa degli arti inferiori che evidenziò una vena poplitea destra incomprimibile e una TC del Torace che documentò deficit di riempimento in entrambe le arterie polmonari principali.

Il paziente venne sottoposto a trombolisi con alteplase, 100 mg in 2 ore e a distanza di 24 ore la pressione arteriosa polmonare si era ridotta a 23 mm Hg e venne successivamente dimesso dall’ospedale dopo una settimana di ricovero in cardiologia

La FOCUS, sebbene abitualmente utilizzata nell’ambito della medicina d’emergenza e considerata appropriata per diagnosticare una disfunzione del ventricolo destro, non ha un’elevata sensibilità per la diagnosi di embolia polmonare (41%-70%). Il segno di McConnell in questo ambito sembrerebbe invece sufficientemente specifico per confermare la diagnosi ( specificità 94%), mentre un’altro segno presente nel sovraccarico del ventricolo destro, ovvero l’appiattimento o lo spostamento verso il ventricolo sinistro del setto interventricolare, il cosiddetto “setto paradosso”, oltre a spiegare l’ipotensione aggiungerebbe un altro importante elemento a suffragio dell’ipotesi embolica.

Conclusioni
Gli autori concludono che il segno di McConnell è utile nel differenziare l’embolia polmonare da altre cause di disfunzione ventricolare destra e la FOCUS integrata con l’ecografia compressiva rappresenta un utile e semplice strumento diagnostico eseguibile direttamente al letto del malato.

Considerazioni personali

Il caso clinico presentato è assolutamente paradigmatico. Non vi è un segno clinico o un sintomo chiamato in causa con livelli più o meno elevati di sensibilità e specificità nella diagnosi di embolia polmonare che non fosse presente. Sappiamo bene che raramente le cose sono così. Il FOCUS o ancora meglio il RUSH sono fondamentali per avere un idea delle cause di uno shock anche se talora il loro risultato può essere fuorviante. In passato in più di un occasione mi sono trovato davanti a pazienti che avevano sia una sepsi che un’embolia polmonare e il quadro ecografico non diagnostico ( cavità destre dilatate ma cava piccola etc.).
Il paziente è in shock? Fai il RUSH exam!

Il segno di McConnell poi è lungi dall’avere un consenso generalizzato sulla sua utilità come sottolineto recentemente da Mattia Quarta su twitter

@bobstuntz but not specific as claimed by McConnel ncbi.nlm.nih.gov/m/pubmed/15664…
— Mattia Quarta (@squartadoc) 07 aprile 2013

Infine come sempre bisogna sempre considerare che un test raramente ci da tutte le risposte, ma semplicemente aumenta o diminuisce la probabilità che quella determinata malattia sia presente. Un tassello da mettere insieme a tutti gli altri, perché come diceva Totò: “E’ la somma che fa il totale…”

Nota: il materiale multimediale del post non si riferisce al caso clinico.

Carlo D'Apuzzo
Carlo D'Apuzzo
Ideatore e coordinatore di questo blog | Medico d'urgenza in quiescenza | Former consultant in Acute Medicine | Specialista in medicina interna indirizzo medicina d’urgenza e in malattie dell’apparato respiratorio | #FOAMed supporter

2 Commenti

  1. ciao Carlo magari ci vediamo domani a Savigliano
    dico una cosa magari scontata – una vena cava collassabile non esclude una EP ma esclude che un problema di C sia dovuta a una EP
    un abbraccio Gigi

    • Ciao Gigi,
      concordo pienamente.Esistono condizioni che con valenza opposta possono mischiare le carte in tavola e rendere il quadro ecografico meno lineare e prevedibile.Saperlo è già un punto di partenza..

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