Conosco Stella una mattina presto in pronto soccorso. Entra derapando in sala rossa spinta dalla infermiere di triage. Lei stessa mi spiega il motivo di un ingresso così fragoroso: tosse con presenza di sangue. Unico episodio.
Cavolo. Penso. O qualcosa di simile.
Stella del mattino
Tuttavia guardo Stella e mi sembra stare benissimo. Respira in modo regolare senza affanno. Nessuna presenza di sangue in bocca. Nessuna scena splatter con sangue in ogni angolo della stanza. Cerco i reali “semprepresenti” protagonisti di questi momenti: i fazzoletti pieni di materiale ematico. Non li trovo.
Sbadiglio. Giudico con superficialità il codice di triage e, con la stessa superficialità, non presto eccessiva attenzione agli ulteriori dettagli che Stefania l’infermiera di triage, con petulanza, aggiunge: un altro episodio simile alcuni anni prima. Tutto in assenza di documentazione alcuna.
L’effetto Dunning-Kruger
Pensavo di essere un drago nella emottisi.
Avevo pochi concetti ma chiari. Poche idee, a mio parere non confuse. La mia strategia era la seguente:
- Valutare ABC e Definire la condizione emodinamica. Al momento della valutazione in pronto Stella esplorava con la vista ogni dettaglio della sala codici rossi, respirava e parlava senza alcuna difficoltà; il monitor annuncia valori di pressione e saturazione di norma. Anche il suo cuore batteva a tempo in maniera ritmica e calma.
- Definire la vera origine del sanguinamento: sangue da dove arrivi? dalla bocca, dal sistema GI o dall’apparato respiratorio? in questo Stella era sicura: “ho tossito sangue” mi diceva. Nessun dubbio, fine del discorso. Ossia detto in termini medici escludere la pseudoemottisi: sangue emesso dalla bocca ma proveniente dalla faringe, dalla laringe sopra il piano cordale, dal tratto gastrointestinale; nel dubbio la valutazione ORL è fondamentale.
- Definire entità del sanguinamento: capire quanto sangue era stato emesso al domicilio. La mia strategia è: prendo un bicchiere e chiedo quanto ne riempiva il sangue “scatarrato”. Ma nella mia esperienza la riposta è sempre la stessa: circa metà bicchere. Indipendentemente se li fai vedere un calice di vino, una tazzina da caffè o un boccale di birra.
- Tenere in osservazione, durante la quale se riesci fai la diagnosi ma soprattutto consegni un barattolo per raccogliere il sangue eventualmente emesso nel periodo di osservazione. L’entità prodotto avrebbe definito il mio successivo percorso diagnostico. Un tentativo a mio avviso ottimale per predire la sua eventuale gravità. Il mio cut off personale era 200: in presenza di meno di 200 cc di sangue, dimissione senza colpo ferire. Per cercare di diventare il medico impiegato del mese – quello che fa felice la direzione sanitaria e dimette. Comunque ed ovunque.
Ma sto facendo davvero tutto e lo sto facendo in modo giusto?
Stella della sera
Con stella faccio lo stesso. Emottisi vera con emodinamica assolutamente di norma. Una ecografia toracica con esito negativo mi impedisce di avere una veloce definizione diagnostica della causa.
Stella rimane dieci ore in DEA. Durante la quale, con grande opera di persuasione, riesco anche ad ottenere, incredibilmente, un’esecuzione di TC torace con mezzo di contrasto, che viene repertata di norma.
Non insisto sulla diagnosi ma cerco di stratificare il rischio.
Alle ore 18.00 ritorno da lei e vedo che il suo barattolo era riempito di circa 50 cc di sangue.
Nella mia mente si aprono le porte del pronto e della dimissione.
Eppure Stella mi dice: “No, non me la sento”. Io abbozzo ma provo a convincerla. Nulla. Irremovibile. Un pochino mi spazientisco. “Ma guarda questa, che non rispetta il mio protocollo”.
Ma ascoltare i pazienti non è mai inutile: alle 20 Stella è intubata e sta entrando in sala agiografica per una procedura di embolizzazione di una arteria bronchiale.
Capisco che il mio protocollo non è infallibile, Che forse bisogna capirle meglio questi pazienti e queste emottisi. E che forse devo raggiornare la mia strategia fino ad ieri vincente.
Capire l’emottisi
L’emottisi ha un unico main concern: come respira il paziente. Non importa il livello emoglobinico del paziente ed è di secondaria importanza lo stato emodinamico; se il paziente tossisce e pulisce i suoi polmoni, allora devi essere felice; se il paziente non libera i suoi polmoni allora bisogna preoccuparsi. I pazienti muoiono di asfissia, non di sanguinamento acuto.
Obiettivo della emottisi
Dopo avere valutato l’ABC del paziente ed escluso giustamente la pseudoemottisi gli obiettivi da perseguire sono:
- Valutazione dellanecessità di protezione delle vie aeree
- Valutazione della gravità
- Individuazione della eziologia
- Preservazione dela funzione respiratoria del polmone mentenendo fuori il sangue fuori dai polmoni
- Arresto del sanguinamento
Protezione delle vie aeree
La gestione delle vie aeree è un passaggio fondamentale ma l’intubazione orotracheale non dovrebbe essere una reazione immediata alla parola emottisi. Pazienti svegli e vigili, con una tosse produttiva efficace, possono spesso mantenere un albero bronchiale libero molto più efficacemente di un aspiratore di piccolo calibro passato in modo intermittente attraverso un tubo endotracheale.
Definire l’emottisi e valutazione della gravità
L’emottisi rappresenta lo 0.2% degli accessi in DEA. Il 3-10% di tutti i casi (a seconda delle casistiche) sono severi, con un rischio elevato di mortalità (7-30%).
Ma come si definisce l’emottisi severa o massiva?
Esistono numerose definizione in letteratura, molte arbitrarie.
Sicuramente consideriamo massiva o severa l’emottisi clinicamente rilevante, quella che causa ostruzione delle vie aeree, ipossia o instabilità emodinamica.
Se invece vogliamo affidarci alla sicurezza ed oggettività devastente dei numeri, possiamo considerare severa l’emottisi che produca almeno 100 cc di sangue in 24 ore.
Ma forse è più importante ricordare come il volume medio delle vie aeree sia di circa 150 cc e quindi relativamente piccoli volumi di sangue possono avere conseguenze disastrose.
Il problema è la capacità di quantificare. Il dr. Paolo Villa di Milano mi ha concesso questa sua slide, che ci suggerisce come poter provare ad oggettivare.
Esistono tuttavia dei fattori di gravità aggiuntivi da considerare:
- La presenza di sangue rosso fresco
- Un’insorgenza acuta ed il rapido peggioramento
- Una ingente quantità di sangue nei polmoni
- Anomalie strutturali polmonari e Comorbidità polmonare con una conseguente ridotta riserva polmonare.
Individuare la eziologia
L’infiammazione cronica e l’ipossia, così come le infezioni e le malattie neoplastiche determinano angiogenesi e la formazione di nuovi e fragili vasi, che originano quasi sempre dal sistema bronchiale e sono più soggetti a sanguinare.
Possiamo suddividere 5 grosse categorie eziologiche: neoplastiche (primarie e metastasi) – infettive (tubercolosi, ascessi polmonari, infezioni fungine, polmoniti necrotizzanti) – polmonari (vasculiti, bronchiectasie) – cardiovascolari – iatrogene. Ricordati che alcune cause sono monolaterali, altri saranno bilaterali.
La causa più comune al mondo è rappresentato dalla infezione tubercolare; in aree non tbc endemiche, le bronchiectasie, il tumore polmonare ed il micetoma sono le cause più frequenti.
Mondoni, in un lavoro del 2018, le elenca classificandole a seconda della severità della situazione.
Farkas, sempre lui, ci indica una possibile flow chart diagnostica terapeutico. Manco a dirlo, rimirabile. Che lui intende per le forme severe, ma che a mio avviso è teoricamente utilizzabile per tutte le diverse forme, in tempi e modalità differenti.
Flow chart dove la stabilizzazione, l’identificazione della sede del sanguinamento della eziologia ed il controllo del sanguinamento procedono spesso insieme.
La radiografia del torace non la si nega a nessuno ma ha davvero una scarsa accuretezza (indentificazione del colpevole nel 35% dei casi secondo alcuni studi in letteratura) . La stessa cosa dire a proposito della ecografia toracica, che vede tutta la periferia ma non vede il centro.
La TC torace con mdc con protocollo per studiare la circolazione bronchiale ed eventualmente il sistema polmonare è la regina indiscussa per identificare il sito e la causa del sanguinamento (resa diagnostica della TC torace 80%).
Forse è più interessante discutere non a chi fare tale esame ma a chi non farla: probabilmente le forme lievi che si autolimitano in cui ho un alto sospetto eziologico noto possono evitare di fare la tac torace, soprattutto in regime di urgenza.
L’importanza della anamnesi
Quello che Farkas non sottolinea è la prima e sempre regola della medicina.
Se uno avesse dedicato più attenzione a Stella, avesse ascoltato e non solo sentito la petulante Stefania, avesse cercato nelle cartelle informatiche precedenti della paziente, avesse chiamato il medico di famiglia. Avesse anche solo aperto il programma della radiologia e guardato il regalo di una Tc vecchia dieci anni prima. Forse qualcuno Avrebbe scoperto nell’anamnesi di Stella una storia di fistola broncopolmonare trattata con embolizzazione.
Ascoltare il paziente
Quello che Farkas non sottolinea è anche la seconda regola della medicina.
Perché se Stella non se la sente di andare, perchè se ci dice che è come la volta scorsa, se pensa che debba rimanere non vi è nulla da fare. Siamo li per curarli, per farli sentire meglio, per fargli sentire ascoltati. Nessun dubbio: hanno (quasi) sempre ragione loro. E questo vale non solo per la emottisi.
Arrestare il sanguinamento
La letteratura negli ultimi anni ci ha fornito un nuovo santo graal.
Endovenoso, uso orale o inalatorio, sembra ridurre la durata e la quantità del sanguinamento, la necessità di trasfusioni e di angiografie, tutto in modo sicuro e ben tollerato. 1 g e poi 500 mg ogni 8 ore. Reale efficacia nella real life? Non so. A mio parere fra qualche anno la letteratura si rimangerà ciò che entusiasticamente pubblicizza attualmente. A mio avviso ha un ruolo, ma probabilmente limitato alla emottisi lieve e moderata; oltre non intravedo una reale e verosimile applicazione.
Ovviamente, qualsiasi coagulopatia o diatesi emorragica deve essere corretta. non siamo abituati a pensare alla desmopressina: eppure al dosaggio di 0.3 mcg/kg in 30 cc di SF, infusi in 30 minuti, può essere presa in considerazione in caso di piastrinopatia.
Come la tac è la regina diagnostica, l‘angiografia con embolizzazione (delle arterie bronchiali) è il re terapeutico. Il 95% delle emottisi severe originano dalle arterie bronchiali (sistema ad alta pressione), con un tasso di successo iniziale maggiore del 80%.
E la broncoscopia?
La broncoscopia conserva un ruolo diagnostico operativo.
Può essere utile di fronte a tac negativa nell’indentificare la sede di sanguinamento o la severità della diatesi emorragica, meno frequentemente la eziologia.
Riveste un ruolo terapeutico nell’arresto del sanguinamento bronchiale tramite l’installazione di soluzione fisiologica fredda, adrenalina o acido tranexamico locale o tramite una procedura endoscopica avanzata, soprattutto per lesioni nelle vie aeree prossimali, soprattutto grazie all’uso di broncoscopi rigidi (tamponamento diretto, elettrochirurgia, coagulazione con argon plasma, laser, aspirazione con sondini di largo calibro).
Allo stesso tempo può essere utile per la pulizia delle vie aeree e l’evacuazione di materiale ematico.
Ed in effetti proteggere l’eventuale polmone sano è estremamente utile: nel caso di una gestione avanzata delle vie aeree è possibile ricorrere ad un intubazione selettiva del polmone libero da malattia o ad un otturatore bronchiale, ovviamente nel caso in cui sorgente dell’emottisi sia unilaterale.
E se tutto fallisce?
Nella emottisi severa refrattaria alla terapia standard ed alla gestione medica l’intervento chirurgico deve essere preso in considerazione.
Ma Chi va dove?
E’ questo sarebbe bello saperlo.
L’emottisi severa è facile: talmente brutto che bisogna fare qualcosa e ricoverare in ambito intensivo / subintensivo.
Ma tutti gli altri?
Possiamo procedere guidati dal buon senso:
- Dimetto in 6 ore: emottisi lieve / autolimitante / < 50 cc in 10 ore, con l’avviso o la predisposizione di un follow up necessario
- Osservo per 24 ore e procedo: emottisi moderata – quella che continua ad essere attiva senza essere ingente – quella con fattori di rischio aggiuntivi pericolosi (storia anamnestica personale – comorbidità)
Esiste uno score?
Penso il più proficuo produttore italiano di letteratura in ambito di pronto soccorso, il dottor Vanni Simone, ha pensato ad uno score clinico facile ed immediato per guidare la stratificazione del rischio e la gestione iniziale in pazienti con emottisi, il FLorence HAemoptysis Score – FLHASc.
Vanni ci dice che fattori indipendenti per mortalità, ventilazione meccanica, ricovero in terapia intensiva, necessità di procedure emostatiche e trasfusioni di sangue sono: PAO sistolica all’ingresso < 100 mmHg / Storia di neoplasia / Espettorazione di sangue puro / > 2 episodi di emottisi nelle precedenti 24 ore. I pazienti vengono divisi in due categorie: a basso rischio score zero ed a rischio moderato/alto score > 0. All’aumentare dello score aumenta la probabilità di eventi avversi.
E lo score sembra essere un ottimo SPIN: ossia fra i paziente con score zero, una radiografia toracica negativa permette l’identificazione dei pazienti che possono essere dimessi con sicurezza completa.
I pazienti con rischio moderato severo giovano invece della esecuzione immediata di TC torace come primo di esame di immagine per ottimizzare la loro gestione in DEA.
Lo studio Francese
Esiste un altro studio, francese, un pò più datato, che ha provato a definire i fattori di rischio / predittivi di mortalità in pazienti con emottisi.
Probabilmente l’unione dei due studi e dei fattori di rischio identificati ci possono aiutare nell’identificare ancora con miglior accuratezza cosa sia giusto fare a chi e dove.
E Stella?
Mani gentili accompagnavano Stella ed i suoi polmoni ricchi di sangue ad embolizzare una arteria bronchiale. Due gg dopo veniva estubata e trasferita nel reparto medicina d’urgenza da cui, dopo due giorni, tornava a casa. Con i polmoni liberi e la testa leggera. Preoccupata però perchè, nel nostro mondo, si parla ma con difficoltà si viene ascoltati.
Ho imparato qualcosa?
Forse solo due cose ma importanti:
- che l’arroganza e la superficialità portano sempre all’errore. E che questo errore è sempre colpa;
- che la gestione dell’emottisi, ma come di ogni condizione medica sanitaria, è più facile se si impara a lavorare in team (broncoscopista, rianimatore, radiologo e radiologo interventista); se si impara a conoscersi, a rispettarsi, ad aiutarsi, a collaborare. A diventare, se non amici, il collega che vorrei essere o vorrei avere. “Survival of our patients depends in large part upon the communication with consultants capable of definitive management.”
Ringrazio il Dr Paolo Villa dell’ospedale sacco di Milano per avermi fornito materiale, idee e spunti per impreziosire questo post. Molte di queste parole sono sue.
Bibliografia
- Mondoni M et al. “Observational, multicentre study on the epidemiology of haemoptysis”. Eur Respir J . 2018 Jan 4;51(1):1701813
- https://emcrit.org/ibcc/hemoptysis/
- Davidson K et al. “Managing Massive Hemoptysis”. Chest. 2020 Jan;157(1):77-88
- Atchinson P et al. “The emergency department evaluation and management of massive hemoptysis”. Am J Emerg Med 2021 Dec;50:148-155
- Vanni S et al. “Management of patients presenting with haemoptysis to a Tertiary Care Italian Emergency Department: the Florence Haemoptysis Score (FLHASc)”. Intern Emerg Med . 2018 Apr;13(3):397-404
- Fartoukh M et al. “Early prediction of in-hospital mortality of patients with hemoptysis: an approach to defining severe hemoptysis”. Respiration 83(2):106–114
Grazie mille Davide, un argomento davvero interessante e trattato con estrema chiarezza.
Tutto giusto, però nel caso specifico non ci vedo così tanta arroganza e superficialità… Mi chiedo com’è possibile che in presenza di una fistola broncopolmonare la TAC torace fosse del tutto negativa, passi l’assenza di sanguinamento in atto, ma nemmeno infarcimento, niente?
ciao Silvia grazie del commento.
La prima lettura della TAC era risuolata assolutamente negativa. Una seconda rilettura “guidata” aveva evidenziata una arteria bronchiale “ipertrofica”. A mio avviso un ulteriore elemento che mi ha insegnato ad essere meno superficiale, anche nel rapporto con i consulenti o con i servizi: se al radiologo avessi raccontato meglio il mio sospetto e la storia della paziente, forse si sarebbe potuto fare presto e meglio.