Claudio ha 35 anni. Da circa una decina di giorni ha febbre alta scarsamente sensibile al paracetamolo e all’antibiotico (amoxicillina/clavulanato). Ha già effettuato un accesso in area di Emergenza una settimana addietro e dimesso con diagnosi di sindrome influenzale. La mia prima impressione è proprio quella di una sindrome influenzale. Parlucchio un po’ con lui, chiedo e richiedo. Non mi arriva nessun campanello d’allarme. Inizio la visita.
Addome OK, Torace Ok.
Cuore OPS… C’è un bel soffio sistolico sul focolaio mitralico. Referto 5/6 Levine sul verbale ma solo perché la stanza è molto affollata, in una stanza silenziosa probabilmente si sente anche solo con il fonendo non poggiato.
Eseguo una ecoscopia cardiaca con sonda addominale.
Il quadro è quello di un prolasso del lembo mitralico posteriore. Eseguo l’esame con un ecocardiografo degno di tale nome. Confermo il prolasso del LMP (è quello a destra nella proiezione 4 camere), l’insufficienza mitralica è severa. Questo tipo di prolasso può essere secondario a rottura (traumatica, infettiva, degenerativa) o elongatio (malattie del connettivo, Barlow) di corde tendinee di II ordine (le corde tendinee di II ordine sono quelle che dal papillare si agganciano alla porzione media del lembo mitralico o zona liscia, le corde di I ordine si agganciano al margine libero del lembo o zona rugosa). Non identifico vegetazioni.
Basta il mio esame per escludere l’endocardite?
L’endocardite infettiva è una patologia non solo letale ma anche gravata da elevata morbidità, secondaria a sequele neurologiche (stroke, ascessi cerebrali), nefrologiche (insufficienza renale, glomerulonefrite) e cardiologiche (scompenso cardiaco, cardiochirurgia). Rende l’idea della gravità della patologia il fatto che una delle prime descrizioni (la seconda se non erro) di tale patologia è in un libro pubblicato nel lontano 1600 dal titolo “DE SUBITANEIS MORTIBUS” ovvero “della morte improvvisa”.
La diagnosi di endocardite nella mia modesta opinione va perseguita, con un modesto grado di scetticismo o di sobrietà, anche in area di emergenza. Il sano scetticismo è legato al fatto che non dobbiamo gridare al lupo al lupo ad ogni paziente con febbre. Dobbiamo tenerne conto, come teniamo conto che in tutti i dolori toracici possa nascondersi alla fin fine un problema aortico.
La metodica cardine nella diagnosi e nella gestione dell’endocardite è l’ecocardiografia nelle sue due forme transtoracica e transesofagea.
Sebbene sia un fautore dell’ecoscopia cardiaca in area di emergenza, un esame mirato alla diagnosi di endocardite purtroppo non si può improvvisare in quanto è necessario sapere effettuare una accurata valutazione morfologica delle valvole e delle possibili complicanze utilizzando spesso delle proiezioni off-axis. Molto spesso l’esame non è diagnostico e bisogna procedere nella stessa seduta o a breve distanza di tempo ad una integrazione con ecocardiografia trans-esofagea. In pazienti che si ritengono a basso rischio a volte si può ricorrere ad un esame transtoracico ad una settimana di distanza.
Secondo quanto riportato dalle linee guida ESC per il trattamento dell’endocardite la sensibilità dell’ecocardiografia trans-toracica per la diagnosi di endocardite su valvola nativa e protesica risulta essere rispettivamente del 70% e del 50% (I dati del trans-esofageo sono decisamente migliori, 96% e 92%). Sia trans-toracico che trans-esofageo risultano avere una specificità di circa il 90%.
http://eurheartj.oxfordjournals.org/content/early/2015/08/28/eurheartj.ehv319
La sensibilità del trans-toracico risulta troppo bassa per poter escludere in qualsiasi caso la diagnosi di endocardite. Questo spinge quasi sempre al proseguimento dell’iter diagnostico attraverso TEE, esame spesso difficile da eseguire, fastidioso per il paziente e considerato invasivo.
È stato recentemente pubblicato su JASE (la rivista della società americana di ecocardiografia) un lavoro di Sivak e colleghi che suggerisce un nuovo approccio ecocardiografico alla diagnosi di endocardite batterica attraverso alcuni nuovi criteri di selezione del campione. Il lavoro è stato considerato talmente importante da meritare un commento editoriale da G. Habib (non è il fratello francese del Gabibbo).
Questo lavoro, seppur non rivoluzionario, secondo me potrebbe essere d’aiuto per i medici di medicina d’urgenza o per chi ha solo una moderata esperienza in ecocardiografia. Vediamo che dice.
Scopo dello studio è quello di trovare una serie di stretti criteri in grado di escludere l’endocardite già al transtoracico.
Metodi
Analisi retrospettiva degli esami ecocardiografici richiesti per sospetta endocardite (dal 2007 al 2014 presso un singolo centro, Duke University Hospital). Particolare importante è il fatto che più del 90% degli esami è stato eseguito con un Philips iE33, la restante parte con un GE Vivid 7 o E9. Tutti apparecchi di fascia alta, non con il V-SCAN.
Sono stati selezionati circa 790 esami che hanno ricevuto una prima analisi attraverso i classici criteri (presenza-assenza di lesioni compatibili con endocardite) ed una seconda analisi attraverso nuovi criteri.
I criteri proposti sono i seguenti:
- Qualità delle immagini almeno moderata
- Anatomia normale *
- Assenza di stenosi o sclerosi valvolare
- Insufficienze valvolari al massimo lievi
- Versamento pericardico al massimo lieve (non complicato)
- Assenza di hardware impiantato (PM, ICD, CRT, valvole meccaniche) o cateteri centrali
- Nessuna evidenza di vegetazione
Questi criteri dovevano essere perfettamente rispettati. Anche la presenza di un criterio indeterminato faceva in modo che l’esame fosse considerato positivo.
Endocardite mitro-aortica. La vegetazione si è propagata dalla cuspide aortica al lembo mitralico anteriore (attenzionate il fugace contatta tra le due valvole in telediastole) dove si è creata una perforazione testimoniata da quella lunga vegetazione che penetra durante la sistole in atrio sinistro.
Risultati
Partendo dal nostro campione iniziale (790 esami) ed utilizzando i criteri classici la maggior parte dei pazienti (661) aveva un ecocardiogramma negativo per endocardite e solo una piccola parte (129) un ecocardiogramma positivo per vegetazione.
Passando per il filtro del trans-esofageo i veri positivi risultavano essere 68 mentre i veri negativi 572.
La sensibilità e la specificità con i vecchi criteri (l’identificazione di una lesione compatibile con endocardite) risultava essere rispettivamente 43.3% e 90.4%, LR(+) 4.50 ed LR(-) 0.627.
Con i criteri classici l’ecocardiografia transtoracica ha un’ottima capacità di rule-in ma una scarsa o nulla capacità di rule-out.
Ripartendo dal nostro campione iniziale (sempre 790 coppie di esami, TTE + ETE) ed utilizzando questa volta i nuovi criteri la maggior parte dei pazienti (686) aveva un esame considerato positivo o indeterminato per endocardite e solo una piccola parte (104) un esame assolutamente negativo.
Ripassando per il filtro del trans-esofageo i veri positivi risultavano essere 154 mentre i veri negativi 101. Da questo ne deriva che i falsi negativi risultavano essere solamente 3.
I nuovi criteri risultavano avere sensibilità e specificità rispettivamente del 98% e del 16%, LR(+) 1.17 ed LR(-) 0.120 e quindi capacità di rule-in e moderata (discreta) capacità di rule-out.
La mortalità all’interno dell’intero campione a 30 giorni risultò essere 9.1% con una incidenza di intervento cardiochirurgico a 180 giorni del 5.6%. Il sottogruppo che rispettava i nuovi criteri ecocardiografici risultava avere una mortalità ad un mese del 2.9% e nessuna necessità di cardiochirurgia a 180 giorni.
Ma chi erano questi 3 falsi negativi?
Gli autori, ai quali riconosco una onestà intellettuale fuori dall’ordinario, hanno tenuto a presentarci le caratteristiche cliniche dei 3 pazienti sfuggiti ai nuovi criteri ecocardiografici proposti.
Paziente A: osteomielite e batteriemia da Streptococcus mitis. Il trans-esofageo mostrò una lesione sulla cuspide aortica coronarica di destra.
Paziente B: paziente in cronica nutrizione parenterale totale con recente rimozione del CVC per il riscontro di Candidemia (albincans) e trombosi della succlavia. La rimozione del CVC al momento del TTE ha fatto sì che il paziente rispettasse i nuovi criteri. Anche in questo caso il trans-esofageo mostrò una lesione sulla cuspide aortica coronarica di destra.
Paziente C: tossicodipendente (intravenous drug abuser come dicono gli inglesi) con emboli settici polmonari e batteriemia da Staphylococcus aureus. Il TEE mostrò una piccola lesione sulla tricuspide.
Nessuno dei tre pazienti ebbe a che fare con i cardiochirurghi.
DISCUSSIONE
Questo studio mostra come l’utilizzo di questi nuovi criteri potenzi a dismisura, incrementando la sensibilità e riducendo il rapporto di verosimiglianza negativo, la capacità dell’ecocardiografia trans-toracica di escludere endocardite in pazienti a basso rischio. Un LR(-) 0.12 non è il massimo ma sicuramente aiuta in molti contesti clinici. Ciò è in accordo con altri studi precedenti.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23111851
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26189120
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26271089
Dando uno sguardo alla figura (modificata dall’articolo stesso) possiamo vedere che i pazienti con probabilità pre-test bassa (30%) presentano un probabilità post-test molto bassa (5%), pazienti con probabilità moderata (50%) presentano un probabilità post-test bassa (10%). I pazienti con probabilità pre-test alta (80%) continuano a presentare un significativo rischio post-test (30% circa).
L’utilizzo dei vecchi criteri (che purtroppo sono applicabili solo ad una minore parte del campione) invece spostano di poco la probabilità post-test.
Tradotto in soldoni che vuol dire? Vuol dire che probabilmente (se questi dati verranno confermati in altri studi) solo i pazienti ad alto rischio, come ad esempio il paziente B (con candidemia e rimozione recente di CVC) o il paziente B (Tossicodipendente), pur presentando Criteri Sivak rispettati devono effettuare un ecocardiogramma transesofageo. Pazienti a rischio basso o moderato con criteri Sivak rispettati possono essere semplicemente gestiti con il trans-toracico, magari con controllo ad una settimana, risparmiandosi il fastidio dell’ecocardiogramma trans-esofageo.
Gli autori tengono a precisare che nonostante questo rappresenti uno studio “real world” e non su un campione selezionato, risulta importante sottolineare che gli esami ecocardiografici furono eseguiti con apparecchiature di fascia alta e da operatori esperti.
Habib che non sembra essere molto entusiasta. Tiene a sottolineare che la natura retrospettiva dello studio non ha il potere di spostare o modificare le tre principali raccomandazioni vigenti:
- Uno scientific statement dell’American Heart Association del 2015
- Le Linee Guida congiunte American Heart Association e American College of Cardiology
- Le linee Guida ESC 2015
Commento Personale
Nella mia modesta opinione questo studio ha il potere di definire meglio che cosa sia un ecocardio transtoracico dubbio o negativo e quali siano i limiti della metodica nella diagnosi di endocardite. Quando l’ecocardiografista ci dice che l’esame è negativo per endocardite abbiamo il diritto di chiedergli: che cosa intendi per negativo?
Sarei d’accordo al 100% con Habib se questa fosse l’unica evidenza isolata ma esistono vari studi concordi.
Uno su tutti è lo studio retrospettivo ma multicentrico di Showler pubblicato su JACC Cardiovascular Imaging ad Agosto us che valutava pazienti con batteriemia da Staphylococcus Aureus. Lo studio mostra come in presenza di emocolture positive per S. Aureus l’assenza di 4 criteri ecografici e clinici era in grado di escludere l’endocardite con ragionevole margine. La sensibilità risultava essere del 97% ed il LR negativo 0,05 (pretty good).
I 4 criteri presentati sono:
- Batteriemia acquisita in comunità
- Vengono differenziate in accordo con letteratura precedente in Health Care Associated ed Hospital Acquired
- Intravenous Drug Use
- Condizione cardiaca al alto rischio
- Protesi meccaniche, biologiche, cateteri, elettrostimolari, pregressa cardiochirurgia
- TTE indeterminato o positivo
- Criteri molto simili allo studio di Sivak, buona finestra acustica, nessuna vegetazione, ispessimenti strani di valvole native o peggioramento di vizi valvolari.
In questo stesso studio non erano predittivi di endocardite una batteriemia prolungata, l’emodialisi, la presenza di MRSA.
Probabilmente è ancora presto per modificare le linee guida ma credo che la letteratura si stia movendo in tal senso.
Come è finita con Claudio? Escludere la presenza di una endocardite da Pronto Soccorso era impossibile ed il vizio era inoltre di per se cardiochirurgico così in accordo con il cardiologo di guardia abbiamo deciso per un ricovero in Cardiologia.