lunedì 11 Dicembre 2023

Epatite E: NEJM Review 2012

“Ti ricordi di quella paziente che abbiamo visto la scorsa settimana? Quella con l’ittero le transaminasi elevate e tutti gli accertamenti negativi? Non potrebbe avere avuto l’epatite E?” Quello che mi piace del lavorare insieme a studenti e giovani colleghi è lo stimolo continuo ad aggiornarsi e approfondire. La domanda postami non è casuale perché è appena uscita una revisione sul New England proprio su questo topic.

L’epatite E è probabilmente la forma più comune di epatite acuta itterica nel mondo ma il suo ruolo nel determinare una malattia epatica in America e in Europa non è ancora ben definito.
La sua prima identificazione del virus è sta nel lontano 1980 in un epidemia di epatite non A non B simile  a quella A. Tre anni dopo il virus venne identificato al microscopio elettronico nelle proprie feci  da parte di Mikhail Balayan che preventivamente si era somministrato materiale infetto

L’HEV è un piccolo virus a RNA a singola elica. Se ne conoscono 4 genotipi. I genotipi 1 e 2 sono umani e sono stati identificati in epidemie dove la trasmissione del virus è avvenuta attraverso l’acqua o di tipo oro-fecale. Il 3-4 infettano comunemente il maiale, sia domestico che selvaggio e talora da essi può essere trasferito all’uomo causandone una forma sporadica o autoctona.

Epidemiologia
Nei paesi in via di sviluppo l’epatite E si presenta sia in forma sporadica che epidemica ed è generalmente dovuta al genotipo 1. Le donne in gravidanza sono particolarmente soggette alla forma fulminante- la prevalenza negli Stati Uniti e in Europa è sicuramente inferiore a quella di Asia e Africa anche se in uno studio sulla popolazione americana condotto tra il 1988 e il 1994 la presenza di anticorpi contro l’HEV era del 21% contro il 38,4 di quello A e il 5,7% di quello B.
I fattori di rischio della forma sporadica o autoctona sembrano anch’essi diversi, la carne di maiale poco cotta e le salsicce chiamate in causa nei paesi in via di sviluppo non sembrano ricoprire un ruolo importante in occidente e la carne normalmente cotta non sembra una fonte di questa infezione.
Del resto anche i comuni fattori di rischio per le altre forme di epatite non sembrano essere condivisi da questo virus: la prevalenza tra i neri americani  è inferiore  a quella dei bianchi non ispanici, inferiore anche la prevalenza di anticorpi riscontrati  tra i pazienti affetti da infezione da HIV e i consumatori di cocaina.
La prevalenza aumenta con l’età ed è leggermente superiore nei maschi. Consumo di pesce e trasfusioni sono stati identificati come possibili fonti di infezione ma la loro prevalenza nella popolazione generale rimane comunque bassa. Ciò detto l’identificazione di casi acuti di malattia negli Stati Uniti rimane bassa e in parte sconosciuta

Sintomi
L’epatite acuta E ha un periodo di incubazione di 3-8 settimane, una breve fase prodromica e un periodo sintomatico caratterizzata dalla presenza di ittero della durata da alcuni giorni a diverse settimane. nella serie di casi pubblicati la maggior parte di essi è autolimitantesi e non ha nessuna evoluzione verso la cronicità. La mortalità media si aggira intorno al 5% e sebbene l’epatite fulminante sia sta descritta in gravidanza e associata al genotipo 1, è rara nelle forme autoctone dando ragione di meno dell’1% dei casi di insufficienza epatica acuta negli Stati Uniti.

Diagnosi 
La viremia inizia nel periodo di incubazione e  gli anticorpi sia di tipo IgM che IgG compaiano appena prima l’esordio dei sintomi e l’aumento delle transaminasi. La guarigione si caratterizza come per altre infezioni dal progressivo aumento delle Ig G e da una riduzione delle Ig M. Queste ultime in genere persistono per 3-12 mesi mentre le IgG per anni se non per tutta la vita.

Il virus può essere presente anche nelle feci di solito già nel periodo di incubazione, ma persiste durante la fase clinica e nel periodo iniziale di guarigione.
Esistono diversi kit in commercio per la ricerca degli anticorpi anti HEV, con una sensibilità e specificità pero piuttosto diverse, il che da ragione della differente prevalenza nelle diverse popolazioni studiate.
Esiste poi l possibilità di ricerca l’RNA del virus sia sul sangue che sulle feci ma al momento questo tipo test sono solo sperimentali

Epatite acuta su cronica
Pazienti con preesistente malattia epatica anche in forma subclinica possono manifestare, se infettati dal virus dell’epatite E, un quadro clinico caratterizzato dalla rapida comparsa di segni di insufficienza epatica, ascite ed encefalopatia porto-sistemica

Manifestazioni extraepatiche
Diverse manifestazioni extraepatiche possono accompagnare l’infezione da HEV quali artrite, pancreatite e anemia aplastica. Tra quelle neurologiche si riconoscono:
– poliradicolopatia
– sindrome di Guillan-Barrè
– paralisi di Bell
– atassia
– confusione mentale
– neuropatie periferiche
talora queste ultime condizioni  si confondono con il quadro clinico  dell’epatopatia stessa e con essa tendono a regredire una volta che l’infezione sia stata superata.

Epatite cronica
La forma cronica di questa epatite non è comune e si riscontra quasi esclusivamente nei pazienti immunocompromessi. L’inaffidabilità della ricerca degli anticorpi e la necessità quindi di dover ricorrere allo studio del RNA pone nn pochi problemi diagnostici in questi casi.
A differenza del paziente immunocompetente la percentuale di cronicizzazione nei pazienti immunodepressi raggiunge i due terzi dei casi

Terapia
Come per altre forme di epatite è possibile trattare questi pazienti con farmaci antivirale come peginterferon e ribavirina. Soprattutto quest’ultima sembra avere dato risultati promettenti; al dosaggio di 600-800 mg al dì per 12 settimane ha determinato una clearance sostenuta del virus nei due terzi dei casi. Risultati promettenti con questo stesso farmaco sono stati ottenuti anche nelle forme severe di epatite acuta. Questi trattamenti al momento però devono essere considerati sperimentali e non sono inclusi in alcuna linea guida

Sintesi conclusiva
Allo stato attuale si conoscono due forme di epatite E una epidemica, correlata alla trasmissione tramite l’acqua  e al genotipo 1 e 2 riscontrata nei paesi in via di sviluppo  caratterizzata da un andamento clinico di tipo severo.
Una forma epidemica messa in relazione all’assunzione di cibo e da considerare a tutti gli effetti una zoonosi con un andamento lieve o subclinico conseguente all’infezione di virus con genotipo 3-4.
La diagnosi di quest’infezione viene fatta attraverso la determinazione degli anticorpi HEV-IgM,  ma la sensibilità di questo test non è alta.
La forma sporadica si manifesta per lo più nei maschi e nelle persone anziane. Esiste anche una forma cronica dell’epatite E che pero colpisce prevalentemente  i soggetti imnunodepressi.
Tra le diverse entità cliniche si riconosce anche una forma acuta su cronica  che si può manifestare con un quadro di insufficienza epatica ab initio o con la comparsa di manifestazione neurologiche.

In estrema sintesi penso si possa dire che l’epatite E per lo più si manifesta alle nostre latitudini in forma sporadica, non è facile da diagnosticare a causa della non elevata sensibilità dei test anticorpali ma è una condizione clinica  da considerare di fronte a un paziente che si presenta in pronto soccorso con le caratteristiche cliniche e di laboratorio sia di  un’epatopatia acuta o che di una forma cronica .

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Carlo D'Apuzzo
Carlo D'Apuzzo
Ideatore e coordinatore di questo blog | Medico d'urgenza in quiescenza | Former consultant in Acute Medicine | Specialista in medicina interna indirizzo medicina d’urgenza e in malattie dell’apparato respiratorio | #FOAMed supporter

1 commento

  1. Bello, come tutti gli argomenti di Medicina Tropicale e Malattie Infettive.
    Un solo appunto: la malattia non è a trasmissione oro-fecale (a parte la sifilide, non mi vengono in mente altri germi che dalla bocca contaminino l’ano-retto, e anche la lue è difficile a contrarsi così)…
    L’epatite E, come molte altre patologie, è a trasmissione fecale-orale.

    Ovviamente è una chiosa. 🙂

    Buon proseguimento, Carlo.

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