A volte ci sono dei post che ti colpiscono per la loro semplicità ed allo stesso tempo per la profondità di quanto esprimono. E’ il caso di questo post, pubblicato su Resus.me e scritto da un collega anestesista di formazione anglo-australiana ma che ora lavora in Svezia. Lo propongo tradotto in italiano perché penso meriti la massima diffusione e possa stimolare delle interessanti riflessioni trasversali.
Uno degli aspetti che più mi colpisce della nostra nuova/vecchia “pan specialità” di Critical Care, finita sotto i riflettori anche attraverso l’effetto globalizzante della FOAM e di Twitter, è che nelle diverse parti del mondo questa disciplina ricade nell’ambito di specializzazioni diverse. Questo provoca inevitabilmente commenti come “i medici d’emergenza non dovrebbero intubare”, “gli anestesisti non sono in grado di prendersi cura dei pazienti critici”, “gli infermieri non dovrebbero fare questo o quell’altro” e così via. Tutte queste frasi sono delle stupidaggini perché, ovviamente, in parti diverse del mondo le stesse cose vengono fatte da tutte queste diverse figure. E vengono fatte veramente molto bene. Certo ci sono differenze tra paese e paese, continente e continente, differenze di popolazione e di ambienti, ma alla fin fine non importa dove tu sia: le persone finiscono per ammalarsi, infettarsi, partorire, essere tirate sotto, accoltellate o colpite in testa da oggetti contundenti.
In tutto il mondo, in luoghi che fino a poco tempo fa erano relativamente isolati tra loro, questa stessa ”pressione selettiva” ha obbligato il personale sanitario ad evolvere attraverso il processo della “evoluzione convergente”. Benché ovviamente non si possa considerare un fenomeno darwiniano in senso stretto, gli effetti della simultanea evoluzione del più adatto a praticare posso essere visti con grande chiarezza.
L’evoluzione convergente è il processo attraverso cui, in parti diverse del mondo, specie animali completamente differenti sono evolute in parallelo per soddisfare ruoli analoghi ed hanno sviluppato caratteristiche simili. Non importa se si trattasse di un cervo, di uno gnu o di un canguro: c’era uno spazio vuoto nell’ecosistema riservato ad una animale grosso a cui piaceva mangiare erba e muoversi in branco… ed ecco che qualcuno si è fatto avanti.
Non è una sorpresa che i sanitari che si occupano di rianimazione e critical care siano leggermente differenti da nazione a nazione e tra un continente e l’altro. Hanno titoli accademici diversi e lavorano in maniera leggermente diversa. Ma quando guardi in azione un medico di area critica, o ci parli, o lo segui su Twitter, ti rendi conto subito che siamo tutti fatti della stessa pasta. Si potrebbe dire che la FOAM abbia creato uno zoo dell’area critica dove canguri ed antilopi, lemuri e scimmie, aardvark ed ornitorinchi ed anestesisti e medici d’emergenza sono tutti messi insieme nella stessa gabbia. Si guardano tutti l’uno con l’altro pensando: “Mi assomigli ma in qualche modo sei diverso. Sembra che facciamo le stesse cose ma non siamo uguali – qualcosa non quadra!”.
Negli Stati Uniti l’idea che un anestesista esegua una toracotomia suona alquanto strana. Nei paesi scandinavi un medico d’emergenza che posizionasse accessi venosi centrali o intubasse farebbe alzare più di un sopracciglio. Un collega svedese, anestesista e rianimatore, passò un periodo lavorativo in Australia. Mentre collaborava nella gestione di un paziente nell’area rossa del pronto soccorso il medico d’emergenza disse: “abbiamo bisogno di un aiuto esperto per una via aerea difficile”. Il mio amico, che lì lavorava in terapia intensiva, disse “io sono l’aiuto esperto”. “No intendo un anestesista!” rispose il medico d’emergenza. “Ma io sono un anestesista!” “No intendo…” e così via.
Gli effetti di questo processo non sono ovviamente limitati ai soli medici. Infermieri, paramedici, fisioterapisti sono tutti parte di questo ecosistema in evoluzione. Un mio collega stava mostrando la nostra shock room ad un medico d’emergenza australiano e descriveva come qui in Svezia il trauma maggiore sia gestito senza alcun coinvolgimento dei medici d’emergenza. “Quando la situazione è veramente grave entrano in gioco anestesista e chirurgo”. Vi lascio immaginare come sia finita. In realtà la frase conteneva un nucleo di verità dentro di sé, ma era formulata in maniera errata. Sarebbe dovuta essere: “Quando la situazione è veramente grave entrano in gioco le vie aeree, l’accesso venoso, le trasfusioni e le procedure invasive e il modello mentale della rianimazione”.
La qualifica della persona che regge in mano il bisturi o il laringoscopio o l’ago non ha importanza. Quando le cose si fanno serie quello che conta sono le capacità tecniche e la forma mentis, e non la serie di lettere che ci sono dopo il tuo nome sul curriculum.
Tradotto da “CONVERGENT EVOLUTION IN THE JUNGLES OF CRITICAL CARE” di Stuart Duffin (@stuart_duffin). Pubblicato la prima volta su Resus.me
(http://resus.me/convergent-evolution-in-the-jungles-of-critical-care/)
Non credo ci sia molto da aggiungere alle parole di Stuart. Quando ho iniziato la traduzione non era ancora stata pubblicata la recente lettera del presidente AAROI-EMAC e successive repliche. Penso che il rispetto reciproco e la collaborazione tra specialisti diversi passi anche attraverso la consapevolezza che molto ci unisce, anche se all’apparenza possiamo apparire tanto diversi.
Ho lavorato come medico spec.in orl x tanti anni in ospedale. Ho passto notti a gomito a gomito con tanti colleghi delle svariate specialità ed infermieri capaci e bravi ( dai quali ho sempre “rubato ” preziosi consigli), e pertanto posso affermare che nel rispetto reciproco e nell’interesse unico verso colui che soffre davanti a noi, condivido in pieno le considerazioni e le aspettative che si evincono dal tuo articolo. Sarebbe un passo “evolutivo” notevole.
Ok questi sono argomenti seri che tutti noi dovremmo affrontare. Competenze, certificazione delle stesse e formazione atta a mantenerle. Sta tutto qui il futuro e la credibilità dei sistemi sanitari. La polemica o la guerra tra lobby la fa chi pur di non occuparsi di clinica ed organizzazione farebbe di tutto.. Lo sconosciuto fa paura! Odio rispondere ad un post con un altro, ma trattandosi di Giacomo faccio un’eccezione…….
Developing a leadership portfolio in ED
http://stemlynsblog.org/developing-a-leadership-portfolio-in-your-ed/
Strssa estrazione, FOAMED, stesse conclusioni. Mission per i professionisti sanitari con incarichi professionali mirati ad obiettivi di struttura reali (non tanto per scivere) e valutazione legata al raggiungimento di risultati dichiarati e condivisi (non a pioggia ed a priori). Se s’avesse voglia di lavorarci si potrebbe elaborare un modello che in Italia, ed in sanità in particolare, non ha precedenti.
Grazie Giacomo per lo spunto di riflessione che guarda come la solito avanti. Anche troppo???
Caro Mario, grazie per l’apprezzamento e per il post, che non conoscevo pur essendo un fedele lettore di quel blog!
P.S. Non si guarda mai troppo avanti! 😉