Quello che mi piace e mi è sempre piaciuto della Medicina di Emergenza è la vastità dei suoi argomenti e la possibilità di sotto-specializzarsi in un particolare campo. In questi anni ho visto colleghi di Pronto Soccorso con competenze eccezionali in tutti i campi possibili, ma pochi trattare la tossicologia con interesse. Ho avuto modo di appassionarmene ulteriormente durante il mio periodo lavorativo nel Regno Unito, dove l’utilizzo di farmaci a scopo autolesivo e di droghe di sintesi a scopo ludico è di ben altra entità ed ha un impatto di rilievo sull’attività quotidiana del Medico di Emergenza.
In Italia la tossicologia è stata e rimane un po’ la cenerentola della Medicina di Emergenza (motivi culturali?), ma ciò non toglie che dovremmo essere in grado di riconoscere e trattare i pazienti intossicati ed avere un coinvolgimento che superi il “chiamo il centro antiveleni” nella gestione clinica, perché se è pur vero che l’italiano medio preferisce alla pillola altri metodi per uccidersi (impiccagione, arma da fuoco/taglio e precipitazione), dai dati Istat si apprende che l’avvelenamento è in percentuale il modo più usato per tentare il suicidio (1). A questo si aggiunge che molte intossicazioni possono essere accidentali e coinvolgere bambini e che, soprattutto nelle zone montane o rurali, il morso o la puntura di insetti o serpenti possono causare spiacevoli inconvenienti.
Con questo post (primo, si spera, di una lunga serie) inizierò ad esplorare questo mondo un po’ misterioso, avvalendomi oramai di due strumenti che faranno da cartina e da bussola (#FOAMed e la EBM), partendo da valle invece che da monte: parleremo infatti di un antidoto che tutti noi abbiamo avuto sotto al naso per anni, ma che solo recentemente è stato usato come tale.
Signore e signori, vi presento l’Intralipid!
Questa simpatica soluzione biancastra (che ci piace tanto perché ricorda il nostro amato Propofol) è un’emulsione di lipidi (derivati dalla soia) in soluzione acquosa e fosfolipidi da tuorlo d’uovo (che hanno lo scopo di impedire la coalescenza delle particelle lipidiche) ed è stata usata tradizionalmente sia nelle nutrizioni parenterali per fornire acidi grassi ed energia ad organismi defedati o con difetti del metabolismo, sia come “mezzo” per trasportare principi attivi insolubili in soluzioni acquose.
A questo punto è lecito chiedersi come si sia passati dalla nutrizione parenterale all’uso come antidoto durante le intossicazioni. Per comprendere meglio questo punto, bisogna analizzare un secondo la struttura chimica dell’Intralipid: in esso sono presenti delle micelle di circa 0.5 micron di diametro, rivestite da uno strato lipidico che le separa – una volta infuse – dalla fase acquosa plasmatica.
[Per motivi di comodità Intralipid ed emulsioni lipidiche verranno abbreviate da qui in poi con ILE – Intravenous Lipid Emulsion]
Partì da qui Guy Weinberg quando ipotizzò che le ILE potessero essere un possibile antidoto contro intossicazioni da parte di farmaci lipofilici, come ad esempio gli anestetici locali. La loro tossicità (in particolar modo quella della Bupivacaina) che è piuttosto severa, comprendendo sintomi a carico di SNC (convulsioni, alterazioni dello stato di coscienza, agitazione…) e sistema cardiocircolatorio (aritmie, arresto cardiaco…), veniva studiata da circa 20 anni senza però trovare alcun rimedio fino a che Weinberg non ideò il concetto di “lipid sink”: egli infatti postulò la possibilità di “intrappolare” le molecole di bupivacaina all’interno dello strato lipidico impedendo loro di giungere ai tessuti causando effetti collaterali. Il suo esperimento (2) su ratti anestetizzati e ventilati, piuttosto semplice quanto ingegnoso, prevedeva due rami: nel primo si effettuava un pretrattamento con ILE (controllo: soluzione salina 0.9%) seguito da somministrazione di Bupivacaina e – a seguito di questo – raccolta di campione di sangue per dosare la concentrazione ematica del farmaco; nel secondo ramo invece venivano somministrate differenti dosi di Bupivacaina fino ad arresto cardiaco del ratto seguite da bolo e infusione di ILE (il gruppo dei controlli anche qui riceveva soluzione salina allo 0.9%). L’analisi dei risultati evidenziava come il pretrattamento con ILE aumentasse in maniera statisticamente significativa la dose letale e riducesse la concentrazione plasmatica di Bupivacaina; inoltre la DL50 si incrementava del 48% nei ratti in cui, a seguito di arresto cardiaco, si somministrava ILE. Lo studio, di per sé, aveva numerose limitazioni come ad esempio il fatto che fosse un modello animale, che i numeri fossero molto contenuti (ogni gruppo conteneva 6 ratti) e che, nonostante potesse supportare l’ipotesi del lipid sink, non si potevano scartare altri effetti protettivi dell’ILE (due idee postulate erano l’aumento della produzione dell’ossido nitrico e l’azione sulla produzione dell’ATP a livello delle cellule cardiache).
Questo studio fu seguito da qualche anno di silenzio finchè, nel 2006, fu pubblicato su Anesthesia un case report quasi miracoloso (3) nel quale veniva descritto il caso di un paziente di 58 anni con arresto cardiaco da tossicità sistemica da ropivacaina, irreversibile nonostante le normali misure di supporto vitale avanzato: uno dei presenti si ricordò dello studio di Weinberg e fece somministrare 100 ml in bolo di Intralipid al 20% “ex juvantibus”. La reazione del paziente alla terapia fu imprevista e si ottenne un ROSC dopo pochi secondi: il paziente fu dimesso a casa neurologicamente integro.
Ecco, forse questo case report coincise con l’apertura del vaso di Pandora (in questo caso, pieno di buone notizie): dal 2006 in poi verranno pubblicati numerosissimi case report su come la somministrazione di emulsioni lipidiche possa funzionare come antidoto contro la tossicità sistemica da anestetici locali. Da qui l’apertura del sito Lipid Rescue da parte di Weinberg che si prefigge di raccoglie la letteratura in materia, di fornire una “stanza virtuale” dove i medici possano postare le loro esperienze con tale farmaco e dove è presente un protocollo terapeutico tradotto in moltissime lingue. Il messaggio promosso da Weinberg è quello di mantenere una sacca di Intralipid 20% (o equivalente) all’interno della Resus Room come viene normalmente effettuato con gli altri antidoti.
Quindi i dosaggi consigliati (derivati da quello studio animale del 1998) sarebbero i seguenti:
- 1.5 mL/Kg in bolo seguito da 0.25 mL/kg/min per 30-60 min.
- Il bolo può essere ripetuto 1-2 volte in caso di persistente asistolia.
- L’infusione può essere raddoppiata (0.50 ml/kg/min) per persistente ipotensione.
Nel frattempo, il crescente entusiasmo per le emulsioni lipidiche ha portato all’espansione del loro uso dalla tossicità da anestetici locali a tutta una serie di altri setting tossicologici (triciclici, beta bloccanti, calcio antagonisti, aloperidolo, lamotrigina, amiodarone etc) grazie ad un nuovo case report pubblicato da Sirianni (4) che descriveva come una ragazza di 17 anni in asistolia per overdose di lamotrigina e buprupione, si riprendesse dopo 70 minuti di manovre rianimatorie dopo una somministrazione di emulsione lipidica (come da protocollo scritto). E qui il fomento avrebbe preso chiunque, visto che non siamo a conoscenza di antidoti né per gli anestetici locali né per altri farmaci potenzialmente letali usati a scopo autolesivo.
Tutti felici? No.
Oramai siamo ben tutti consci del fatto che la nostra pratica clinica non possa basarsi su quanto viene descritto nei vari case report: questo perché da un lato mantengono in sé l’intrinseco bias di pubblicazione (in pochi pubblicano un case report per dire “Oh, il mio paziente con intossicazione da bupivacaina è morto nonostante l’intralipid!”), dall’altro perché credo che il concetto di N=1 (rivitalizzato da #FOAMed) non possa essere preso in considerazione in assenza di un RCT valido e solido. Proprio per questo il consiglio che è stato dato è stato di usare le emulsioni lipidiche al 20% come “last resort”, ovvero quando tutto quello che si è usato non ha avuto effetti.
A supporto di questi miei pensieri un editoriale di Anaesth Intensive Care del 2013 (5) riporta:
There is some reasonable animal evidence and a clear rationale for this indication, although controlled human studies have not been conducted to quantify the extent to which this translates into clinical benefits. However, over the last decade many enthusiasts have uncritically extrapolated the use of intralipid to oral overdose of several unrelated drugs, reporting a favourable outcome in unstructured case reports (containing limited detail) as if these provided evidence of effectiveness. These reports may provide ‘food for thought’ but are at best low- level evidence and their use to justify wider adoption of such treatments is clearly poor science.
Esistono alcune review che possono aiutare a schiarirci le idee. In particolar modo trovo di ottima qualità quella pubblicata poco meno di un anno fa da Cave e Harvey su Critical Care (6) che analizzerò (ne esiste anche una più recente di cui vi lascio la referenza a beneficio di inventario (7)).
Gli autori propongono i seguenti come i possibili meccanismi d’azione del farmaco:
- Teoria del “Lipid Sink“: sì, la teoria figlia dello studio del 1998 viene ad essere rafforzata da numerosi studi (essenzialmente in vivo su animali) prodotti negli anni; le emulsioni lipidiche sembrano essere determinanti nel ridurre la concentrazione libera di farmaci lipofilici e nell’aumentare la loro clearance (è stata infatti vista un aumentata concentrazione epatica del farmaco – rimando alla review stessa per la bibliografia); nei pazienti non in arresto cardiaco l’emulsione lipidica funziona anche da carrier verso tessuti “deposito” con significato prognostico tutt’ora incerto; altro problema è il timing dell’infusione, dal momento in cui pare che la somministrazione precoce dopo intossicazione orale possa aumentare l’assorbimento enterico con aumento di mortalità (8)
- Effetto cardiotonico diretto: gli esperimenti su animali vivi hanno dimostrato un aumento dell’inotropismo, della pressione arteriosa e del flusso aortico – qualità che potrebbero spiegare gli effetti positivi in pazienti emodinamicamente critici
- Teoria dei canali ionici: gli acidi grassi liberi (FFA) hanno effetti diretti sui canali del calcio (incrementandone le correnti – il che potrebbe spiegare l’effetto cardiotonico diretto) e del sodio (antagonismo del blocco effettuato dalla Bupivacaina)
Dando una rapida occhiata alla letteratura si evidenziano solamente un paio di trials umani. Il primo (9) ha studiato 30 pazienti con intossicazione di farmaci che non siano anestetici locali (15 sottoposti a somministrazione di emulsione lipidica+manovre di supporto, 15 solo a manovre di supporto) dimostra un aumento medio del GCS di 2 e una riduzione dei livelli di glucosio nel gruppo ILE senza modificazioni statisticamente significative dei parametri vitali e del ricorso ad intubazione orotracheale: metodologicamente non proprio solidissimo (pochi pazienti, blinding sulla raccolta dei parametri assente, assenza di un placebo nel gruppo dei controlli), lo studio non ci aiuta granché. Il secondo (10) ha studiato pazienti che avevano ingerito glifosato (un erbicida); in questo caso i numeri sono di poco più alti (n=44) e i pazienti sono stati suddivisi in coloro i quali hanno ricevuto ILE 20% (n=22) e coloro i quali invece hanno ricevutolo le sole cure di supporto (n=22, pescati nello storico dei pazienti). Un ulteriore suddivisione è stata effettuata in base alle dosi di glifosato ingerito: coloro i quali avevano ingerito dosi > 100 ml sono stati trattati con dosi maggiori di ILE al 20% (500 ml in 2-3 ore, più 42 ml/h per 24 ore) mentre chi aveva ingerito < 100 ml veniva trattato con 20 ml/h di ILE. L’analisi statistica evidenziava assenza (statisticamente significativa) di aritmie o ipotensione nel gruppo ILE contro rispettivamente del 22.7% e 40.9% nel gruppo dei controlli mentre non si raggiungeva significatività negli altri parametri osservati (sebbene l’incidenza di insufficienza respiratoria fosse minore nel gruppo ILE). Anche qui la metodologia può scoprire il fianco a critiche (vedi: controlli presi dallo storico dei pazienti, bassi numeri, agente tossico differente). Case reports e case series per i motivi citati precedentemente, non vengono presi più di tanto in considerazione (sebbene siano incoraggianti nello studiare ulteriormente ILE).
Tutt’ora le seguenti controversie rimangono aperte:
- Uso di modelli porcini negli studi di negatività: i maiali a differenza degli esseri umani, hanno un maggior tasso di reazioni anafilattiche in corso di somministrazione di formulazioni liposomiali e questo può interferire con i parametri vitali
- Uso di vasopressori assieme ad ILE: è stato detto tutto e il contrario di tutto; prima che ILE è nettamente superiore all’adrenalina – che anzi comporta un peggior outcome – in corso di arresto cardiaco da bupivacaina in ratti (11), poi il contrario (12), poi che l’adrenalina ad alte dosi (> 100 mcg/kg) + ILE è deleteria in arresto cardiaco da bupivacaina.
- Interazione con altri farmaci: già, non è che l’emulsione lipidica si pappa solo i farmaci cattivi rendendoci le cose facili!
- Aumento dell’assorbimento enterico: la somministrazione precoce, come già detto, pare peggiorare l’outcome dei pazienti aumentando l’assorbimento dei farmaci lipofilici (8)
Inoltre, per rendere il quadro più complesso, la somministrazione di ILE (e la conseguente lipemia) rende la vita impossibile ai tecnici del laboratorio (e anche al medico che si ritrova in mano risultati difficilmente veritieri) ed inoltre la terapia non è scevra di effetti collaterali (nel setting di “rescue therapy” sono stati identificati ARDS e iperamilasemia).
Sostanzialmente gli autori della review consigliano di utilizzare l’emulsione lipidica al 20% in caso di intossicazione da anestetici locali e di droghe cardiotossiche lipofiliche solo in caso di paziente critico.
Nel frattempo, nonostante la terapia con Intralipid 20% sia stata inserita nelle linee guida di molte società anestesiologiche per il management di tossicità sistemica di anestetici locali, l’interesse verso le ILE sembra stia scemando (giudicando il numero di case report pubblicati).
Weinberg cosa ne pensa di tutto ciò? Al link seguente potrete ascoltare una sua intervista nel podcast Toxtalk (Tox Talk – Dr. Weinberg)
Sostanzialmente lui pensa che ci si stia perdendo sul più bello e che, sostanzialmente, dovremmo lavorare di più per capire dosi e modalità di infusione, visto che il vero potenziale potrebbe risiedere nel trattare i pazienti meno critici con infusioni continue piuttosto che in boli e nella prevenzione delle aritmie piuttosto che nella terapia delle stesse. Inoltre lui crede che le ILE possano risultare determinanti come shuttle di farmaci e droghe dal tratto enterico agli organi deputati alla detossificazione (in controtendenza con quanto stabiliscono gli autori della review pubblicata su Critical Care). Quindi, per corroborare questi suoi pensieri, sta lavorando a dei modelli (animali associati a software) per comprendere quali farmaci siano maggiormente suscettibili ad una risposta alla terapia effettuata (13).
Concludendo, cosa ne penso?
Schematizzando:
- Le ILE sono un farmaco da tenere a portata di mano (e di shock room!) da utilizzare nei pazienti critici con tossicità da anestetici locali
- Le ILE potrebbero risultare una “last resort” nel caso di intossicazioni potenzialmente letali da farmaci cardiotossici lipofilici – da valutare di caso in caso e con eventuali alternative
- L’uso di ILE nel caso di intossicazioni non potenzialmente letali e nei pazienti non critici non è raccomandato dalla letteratura
- L’uso precoce di ILE nelle intossicazioni orali non è raccomandato dalla letteratura
- L’uso di ILE comporta errori analitici e rende gli esami ematici difficilmente interpretabili
- L’uso di ILE non è scevro da complicanze (leggi: ARDS)
- Non è facile pianificare un RCT solido sulla materia, ma sono convinto che senza di esso sia difficile esprimersi con sicurezza sulla reale efficacia di questa terapia (sebbene i meccanismi farmacologici alla base sembrano essere reali e funzionanti)
- L’uso di ILE come antidoto, nonostante sia inserito in diverse linee guida, rimane comunque off label
Bibliografia –
- Dati Istat 2012
- Weinberg GL, VadeBoncouer T, Ramaraju GA, Garcia-Amaro MF, Cwik MJ: Pretreatment with a lipid infusion shifts the dose-response to bupivacaine-induced asystole in rats. Anesthesiology 1998 Apr;88(4):1071-5.
- Rosenblatt M, Abel M, Fischer GW, Itzkovich CJ, Eisenkraft JB. Successful use of a 20% lipid emulsion to resuscitate a patient after a presumed bupivacaine-related cardiac arrest. Anesthes. 2006;105(1):217-8.
- Sirianni A, Osterhoudt K, Calello D, Muller AA, Waterhouse MR, Goodkin MB, Weinberg GL, Henretig FM: Use of Intralipid in the resuscitation of a patient with prolonged cardiovascular collapse after overdose of bupropion and lamotrigine. Ann Emerg Med 2007, 51:412–415
- Buckley NA, Dawson AH: The intralipid genie is out of the bottle – spin and wishful thinking. Anesth Intensive Care 2013, 41:154-156
- Cave G, Harvey MG: Should we consider the infusion of lipid emulsion in the resuscitation of poisoned patients? Crit Care. 2014 Jul 30;18(5):457
- Cao D, Heard K, Foran M, Koyfman A: Intravenous lipid emulsion in the emergency department: a systematic review of recent literature. J Emerg Med 2015 Mar;48(3):387-97
- Perichon D, Turfus S, Gerostamoulos D, Graudins A: An assessment of the in vivo effects of intravenous lipid emulsion on blood drug concentration and haemodynamics following oro-gastric amitriptyline overdose. Clin Toxicol 2013, 51:208–215
- Taftachi F, Sanaei-Zadeh H, Sepehrian B, Zamani N: Lipid emulsion improves Glasgow coma scale and decreases blood glucose level in the setting of acute non-local anesthetic drug poisoning – a randomised controlled trial. Eur Rev Med Pharmacol Sci 2012, 16:38–42
- Gil H, Park J, Park S, Hong S: Effect of intravenous lipid emulsion in patients with acute glyphosate intoxication. Clin Toxicol 2013, 51:767–771
- Hiller D, Gregorio G, Ripper R, Kelly K, Massad M, Edelman L, Edelman G, Feinstein DL, Weinberg GL: Epinephrine impairs lipid resuscitation from bupivacaine overdose: a threshold effect. Anesthesiology 2009, 111:498–505
- Mauch J, Martin J, Spielmann N, Bettschart-Wolfensberger R, Weiss M: Comparison of epinephrine vs lipid rescue to treat severe local anesthetic toxicity – an experimental study in piglets. Paediatr Anaesth 2011, 21:1103–1108
- Fettiplace MR, Weinberg GW. Multi-modal contributions to detoxification of acute pharmacotoxicity by a triglyceride micro-emulsion. J Control Release. 2015 Jan 28;198:62-70