Dolore toracico e numeri: ebbene sì, la pubblicazione del lavoro “A prospective validation of the HEART score for chest pain patients at the Emergency Department” (1) ci porta a parlare di una tema già affrontato in passato, quello della stratificazione prognostica dei pazienti con dolore toracico. Questa volta tenteremo di rispondere a due domande: cos’è l’HEART score? Sono maturi i tempi per adottarlo nella nostra pratica quotidiana, abbandonando il TIMI risk score?
Di cosa stiamo parlando?
Il dolore toracico è uno dei motivi di accesso più frequenti in Pronto Soccorso e tra quelli che suscitano maggiore incertezza. Uno dei nodi più rilevanti che il Medico d’Urgenza deve sciogliere è quello di distinguere i pazienti che, pur presentandosi con sintomatologia non tipica per ischemia, ECG nei limiti e Tn negativa, sono ancora a rischio e per i quali sono dunque necessari ulteriori accertamenti prima della dimissione, da quelli che al contrario possono essere dimessi con tranquillità al domicilio.
Nel corso degli ultimi anni è emersa una strategia basata sulla stima del rischio di eventi avversi di questi pazienti per mezzo di score clinici: a questo scopo sono stati impiegati sistemi originariamente studiati in altri ambiti quali il TIMI risk score, creato per la stratificazione del rischio in pazienti con NSTEMI e angina instabile, e il GRACE risk score.
Finalmente negli ultimi anni sono stati creati score clinici specificatamente rivolti ai pazienti con dolore toracico in Pronto Soccorso, solo una minoranza dei quali presenta un NSTEMI o un’angina instabile e dunque per i quali l’applicazione del TIMI o del GRACE score potrebbe non essere, almeno concettualmente, corretta. Uno dei supporti decisionali proposti, di cui si è già parlato su questo blog, è la North America Chest Pain Rule. Un altro score, quello di cui ci occuperemo oggi, è l’HEART score (geniale acronimo di History-ECG-Age-Risk factors-Troponin score).
Cos’è l’HEART score (Hs)?
Partendo dal presupposto che i mezzi a disposizione per stratificare il rischio nei pazienti con dolore toracico sono essenzialmente l’anamnesi, l’elettrocardiogramma, i fattori di rischio cardiovascolare, l’età e il dosaggio della troponinemia, gli elementi che costituiscono l’Hs è stati creati “a tavolino” nel 2008 (2). Sebbene questo modo di procedere sia meno rigoroso rispetto alla selezione dei fattori prognostici attraverso un’analisi multivariata, ha basi abbastanze solide nella pratica clinica, è comprensibile e facile da applicare. Lo score è riportato nella figura seguente (clicca per ingrandire).
La popolazione nel quale va impiegato l’Hs è quella dei pazienti con dolore toracico in Pronto Soccorso. L’ Hs non può considerarsi applicabile ai pazienti con sospetto STEMI in quanto, sia nello studio di derivazione che in quello di validazione, questo sottogruppo è marginale. L’Hs è studiato per stimare il rischio di un outcome composito costituito da infarto miocardico acuto, necessità di rivascolarizzazione (PCI o BPAC) o morte a 6 settimane, il cosiddetto MACE. La performance è calcolata basandosi solo sul primo dosaggio della TnI e non su quelli successivi. Nella tabella 1 è riportata una sintesi dei risultati dell’applicazione dell’Hs.
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Tab. 1. Applicazione dell’HEART score. Da (1).
La stratificazione originale del rischio prevede l’indivisuazione di 3 classi: basso rischio (0 – 3 punti), rischio intermedio (4-6 punti) e alto (7-10 punti). Tra i pazienti a basso rischio, l’incidenza di eventi avversi è pari all’1,7%, al di sotto di quel 2% (3) che viene considerato la soglia per escludere l’indicazione a ulteriori accertamenti in urgenza. Nel lavoro di validazione di Six 2013 però, i pazienti con 3 punti presentano un rischio di eventi avversi pari a circa il 2,4%, al di sopra della fatidica soglia: ciò comporta che forse, questa suddivisione in classi di rischio probabilmente andrà rivista.
La performance dello score non si modifica in alcune sotto-popolazioni specifiche quali quella dei pazienti diabetici, le donne e gli over 75-80 (1, 5).
Seguendo la classificazione di McGinn e colleghi, l’Hs può essere considerato al momento di Livello 2 essendo stato validato recentemente in ampio studio prospettico multicentrico (1). Per chi voglia approfondire il suo iter di validazione, rimando al materiale aggiuntivo.
Dato l’avanzato processo di validazione, appare ragionevole utilizzarlo nei pazienti e nelle finalità per cui è stato studiato, sebbene rimangano alcuni quesiti senza risposta: in primo luogo, è più efficace della clinical gestalt del Medico d’Urgenza per stratificare i pazienti con dolore toracico? E’ un aspetto importante, in quanto la sua applicazione non avrebbe senso nel caso in cui risultasse ugualmente o addirittura meno utile del “sesto senso” del clinico. analogamente, gli Autori non hanno mai affrontato la variabilità della variabilità inter-osservatore nell’applicazione dello score, che potrebbe essere alta dato il giudizio soggettivo richiesto per giudicare le caratteristiche di tipicità del dolore. Infine, quale impatto ha l’applicazione dello score? E’ in grado di ridurre gli eventi avversi imprevisti? Garantisce un risparmio delle risorse?
E’ meglio del TIMI risk score?
Senza entrare troppo nei particolari, è possibile giudicare la performance di un score clinico calcolando il valore dell’area sotto la curva ROC dello score (AUROC); il valore massimo è pari a 1, una AUROC di 0,5 indica una che la performance del test è pari a tirare una moneta.
L’Hs è stato sottoposto a due confronti diretti con il TIMI risk score: in entrambe (1, 4), l’AUROC dell’Hs è pari a 0,83 mentre quello del TIMI score a 0,75; la differenza è modesta ma statisticamente significativa (p<0,001). Dal punto di vista pratico, l’Hs e il TIMI identificano come a basso rischio circa il 35% dei pazienti; l’incidenza di MACE è pari all’ 1,7% per la classe a basso rischio dell’Hs, 2,8% per quella TIMI. Tutto ciò ci porterebbe a dire che sì, l’Hs è un po’ meglio del TIMI, sia come capacità prognostica in generale, sia come abilità di individuare pazienti realmente a basso rischio di eventi avversi.
Nota finale: in difesa del contesto clinico
C’è un piccolo paragrafo nel lavoro di Backus e colleghi (1), che trovo significativo, nel quale riportano che l’AUROC della Tn da sola è pari a 0,70, che possiamo considerare discreta; se aggiungiamo l’ECG, l’AUROC sale a 0,78; come abbiamo visto, l’integrazione di questi dati con anamnesi e storia clinica, così come avviene nell’Hs, incrementa ancora l’AUROC, in modo statisticamente significativo (p<0,001), a 0,83. Ciò costituisce un ulteriore prova che i risultati dei test diagnostici non valgono mai da soli, ma devono sempre essere letti nel contesto clinico in cui vengono richiesti.
Altre letture sull’argomento: post di Academic Life in Emergency Medicine e di Emergency Medicine Literature of Note.
Bibliografia
- Backus BE, Six AJ, Kelder JC et al. A prospective validation of the HEART score for chest pain patients at the Emergency Department. Int J Cardiol 2013; 168: 2153-2158. Link
- Six AJ, Backus BE, Kelder JC. Chest pain in the Emergency Room: value of the HEART Score. Neth Heart J 2008; 16: 191-196. Link
- Kline JA, Johnson CL, Pollack Cv, Jr, et al. Pretest probability assessment derived from attribute matching. BMC Med Inform Decis Mak 2005; 5: 26. Link
- Six AJ, Cullen L, Backus BE, et al. The HEART score for the assessment of patients with chest pain in the Emergency Department. A multinational validation study. Crit Pathw Cardiol 2013; 12: 121-126. Link
- Backus BE, Six AJ, Kelder JC et al. Chest pain in the emergency Room. A multicenter validation of the HEART score. Crit Pathw Cardiol 2010; 9: 164-169. Link
Interessantissimo… come d’altronde tutti i post di questo sito che ormai, a mio parere, rappresenta un punto fisso per chi lavora in emergenza.
Il problema dolore toracico è molto sentito da noi medici d’urgenza (soprattutto noi giovani con occhio clinico meno sviluppato perché meno esperti) anche e soprattutto per una questione di gestione posti letto oltre che, chiaramente, per motivi strettamente clinici.
Quotidianamente i pazienti con dolore toracico rappresentano una buona percentuale di accessi al PS e di questi la maggior parte viene inviata a domicilio ed una piccolissima parte viene trattenuta nelle unità di OB al fine di completare lo studio con il test ergometrico di I e/o II livello.
Il problema sostanziale degli ospedali (almeno di quello in cui lavoro io) è l’accesso, in tempi brevi (massimo una settimana), al test ergometrico.
L’HEART score ci offre, come tutti gli score, il grande vantaggio di darci un numero e di poter quindi applicare il nostro iter in modo “rilassato” ma c’è anche da dire che lo stesso numero non ha lo stesso valore (un 2 ottenuto per età è diverso da quello ottenuto in base ai criteri ECGgrafici o ematochimici). Nel primo caso verosimilmente chiunque sarebbe tranquillo a rimandare a casa l’ultraottentenne, nel secondo caso non so (io no!)!
Lo so che è una provocazione (soprattutto difficilmente applicabile in modo diffuso) ma potrebbe essere utile poter riuscire ad eseguire in DEA in autonomia un test ergometrico di I livello? In tal modo potremmo stratificare ulteriormente quei dolori toracici a rischio basso (per fattori di rischio elevati) o intermedio e potremmo così garantire la migliore gestione del singolo paziente ed evitare di sovraccaricare le unità di OB di pazienti borderline per i quali un test ergometrico “fast” potrebbe dirimere ogni ragionevole dubbio. Infine potremmo anche ridurre i test ergometrici che i cardiologi non amano tanto, almeno quelli richiesti da altri. Ultimo elemento da non trascurare potrebbe essere quello di ridurre il numero di consulenze cardiologiche visto che ormai l’ecocardiogramma (almeno al fine di escludere altre cause di dolore toracico) ce lo facciamo da soli!
Un grazie immenso a Carlo e agli altri che alimentano la nostra curiosità scientifica!
Vittorio
Grazie Vittorio per i complimenti.
Sono d’accordo con te circa l’importanza di continuare a studiare le possibili strategie di gestione del paziente con dolore toracico, sia per l’elevata prevalenza del disturbo, sia per le possibile conseguenze derivanti da una stratificazione non corretta.
Concordo pienamente con l’osservazione che “non tutti i 2 sono uguali”, soprattutto per uno score come l’HEART score dove gli elementi costitutivi sono stati scelti “a tavolino” così come i relativi punteggi. dunque, effettivamente, oltre al semplice punteggio, è necessario fare attenzione a come questo punteggio viene determinato. Per altro verso, se il tuo obiettivo principale è quello di una dimissione “sicura”, dovresti tenere in considerazione anche la North America Chest Pain Rule, creata a partire da un procedimento statistico più rigoroso.
Per quanto riguarda il test ergometrico, se segui questo blog con costanza, avrai già notato che vi sono alcuni dubbi sulla sua efficacia diagnostica nel paziente con dolore toracico a basso rischio. Per altro verso vi sono iniziali evidenze di tipo osservazionale (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22221842) che in questa popolazione di pazienti il suo rinvio a dopo la dimissione non aumenta il rischio di eventi avversi. Dunque una possibilità di ridurre il sovraccarico delle Aree di Osservazione potrebbe derivare da un minor ricorso al test ergometrico pre-dimissione piuttosto che ad un aumento del numero degli esami eseguiti, anche se “in proprio”.
Per quanto riguarda l’ecocardiogramma precoce eseguito da urgentisti per il dolore toracico, non sono a conoscenza di evidenze specifiche.
E’ indubbio che gli score piacciono a chi lavora in emergenza. Il numero di apprezzamenti più che meritati a lavoro di Paolo sullo Heart score lo dimostrano inequivocabilmente.
Devo ammettere che ogni tentativo per semplificare il nostro lavoro in grado di aiutarci nelle scelte difficili è bene accetto, ma non so quanto poi si possa calare nella realtà di tutti i giorni.
Quanti tra i pazienti che vediamo in pronto soccorso a causa di dolore toracico presentano uno score HS intermedio? Molti. Ad esempio la presenza di alterazioni ECG aspecifiche,sintomi non specifici, ipertensione in un uomo di 65 anni sono ragione sufficiente per avviarlo a un test provocativo che come sappiamo ha una sensibilità e specificità limitate e anche qualche rischio?
Amo gli score, ma ancora di più la gestalt, quell’impressione clinica che è stata validata nell’embolia polmonare acuta e spero presto possa esserlo anche per il dolore toracico. Intanto usiamo gli score, ma anche il buon senso.