Succede di rado, anzi quasi mai, a essere onesti. Quando accade, tuttavia, lascia piacevolmente sopresi. Così quando, ancora tempo fa, ho letto quest’articolo di EmUpdates sulla Ketamine Sequence Intubation, sono rimasto colpito nel vedere di avere un po’ precorso nella pratica quotidiana, anche se inconsapevolmente, i tempi della FOAM. Ne sono rimasto rassicurato. È in qualche modo confortante avere riscontro dei propri ragionamenti, particolarmente se esulano dalle consuetudini consolidate e medici autorevoli giungono alla stessa conclusione. Purtroppo per voi e ancora peggio per me, vista la nomea che rischio di farmi, anche questa volta la Ketamina sarà argomento ricorrente dei miei discorsi.
Non vorrei essere noioso, pertanto passerò subito al dunque, parlandovi di un caso clinico. Un caso incentrato sulla gestione delle vie aeree.
La quasi totalità dei pazienti critici che ricevo dal territorio giunge con le vie aeree assicurate, qualora sia stata soccorsa dall’automedica e ne abbia necessitato. Non sempre è così. Sei anni di SUEM mi hanno insegnato a essere molto umile e realista nei confronti delle intubazioni effettuate sul territorio, dove le situazioni ambientali sono spesso svantaggiose. Tutto diventa ancora più complicato quando ci s’imbatte in un caso di vie aeree difficili. L’utilizzo diffuso dei presidi extraglottici ha notevolmente semplificato la gestione di queste evenienze. Non è l’ostinazione all’intubazione endotracheale a tutti i costi che salva il paziente. Indipendentemente dal successo dell’intubazione orotracheale, va garantita innanzitutto l’ossigenazione e possibilmente la ventilazione.
Questo è proprio il punto di partenza del caso che mi accingo a illustrarvi.
Siamo stati allertati per una vittima di arma da fuoco, ferita al capo, da un colpo di pistola. Quando l’ambulanza medicalizzata giunge alle soglie dell’area rossa il collega che è intervenuto sul territorio, mi ragguaglia sulla situazione.
Il paziente è in coma ed è stato trovato con un CGS di 3. Il colpo è stato inferto da una distanza ravvicinata. Il soccorso è stato tempestivo. Sono stati fatti due tentativi d’intubazione endotracheale con un minimo d’induzione ma senza paralitici. Entrambi sono falliti. C’era troppo sangue ad oscurare la visuale e comunque la visualizzazione era quella di un Cormack 4. Non si vedeva pressoché niente. Sia la sede del trauma che le caratteristiche del paziente che ha un collo piuttosto corto considerata anche la stazza, fanno presagire il peggio. Il collega ha fatto la scelta che avrei fatto anch’io, rispettando per altro le linee guida: ha inserito una maschera laringea.
I parametri vitali sono ottimali. La saturazione è 100%, pressione arteriosa e frequenza cardiaca sono normali. La ventilazione è stata assistita con l’ausilio della LMA ma, per la verità, il paziente ha di per sé una buona frequenza respiratoria. Peraltro la ventilazione spontanea è molto buona: il respiro non è superficiale ma adeguato per dinamica.
Percorrendo la rapida valutazione primaria:
A: non si apprezzano rumori respiratori grossolani, nel lume della LMA c’è qualche traccia di sangue, accompagnando delicatamente il respiro spontaneo del paziente con l’ambu si apprezza qualche modesto gorgoglio alto.
B: il paziente ha un torace simmetrico, non c’è enfisema sottocutaneo, il mv è presente bilateralmente, Fr 14 atti/min, SpO2 100% con 10 L/min di O2.
C: ci sono cospicue tracce ematiche coagulate sulla fronte con una modesta otorragia destra, la cute è un po’ fredda, non marezzata, la FC 85R e la PA 130/75. Non ci sono altri segni di sanguinamento esterno.
D: il GCS è 4 (E1,V1, M2), il globo oculare destro è avulso dall’orbita, un confronto tra le pupille è impossibile, la sinistra è midriatica.
E: Il trauma è apparentemente isolato al capo. Il paziente non è ipotermico.
Dopo questo esame preliminare, concentrando l’attenzione sul cranio, noto che il percorso del proiettile è pressoché perpendicolare alla teca cranica a livello fronto-laterale destro, poco al di sopra dell’orbita. Questo spiega evidentemente il danno oculare. È presente una ferita compatibile con un foro di uscita a livello fronto-temporale sinistro.
La LMA fa sicuramente il suo lavoro, sebbene, non possa garantire una protezione adeguata delle vie aeree. Il paziente deve essere intubato.
La prospettiva però offre degli evidenti campanelli di allarme. Una via aerea difficile può essere sicuramente preventivata. Sono vari gli elementi che puntano a questa possibilità:
- c’è un trauma penetrante del cranio con un probabile interessamento della base. Questo è un problema non tanto per la distorsione dell’anatomia quanto per il profuso sanguinamento del cavo orale che può associarsi.
- il posizionamento del paziente non può essere ottimale sempre in conseguenza del trauma
- le caratteristiche anatomiche del paziente fanno presagire una difficile visualizzazione
- non ultimo, un operatore esperto, per quanto in una condizione logistica sfavorevole, non è riuscito a visualizzare l’epiglottide.
Un approccio convenzionale prevedrebbe la RSI.
La metodica della RSI si basa su un principio fondamentale: somministrare simultaneamente un sedativo ed un bloccante neuromuscolare, solitamente di breve durata come la succinicolina. Nella combinazione dei due farmaci risiedono tutti i potenziali vantaggi di quest’approccio. Esso offre una breve finestra temporale di profonda sedazione e rilassamento muscolare che permettono di massimizzare il successo di visualizzazione. Il rischio di vomito è minimizzato. Storicamente l’adozione della RSI è particolarmente in relazione alla prevenzione dell’aspirazione. Sebbene quest’ultima sia un evento raro, la protezione della sindrome di Mendelson è uno dei motivi per cui la RSI è così concepita. Sempre per questo motivo una RSI classica non prevede inizialmente la ventilazione del paziente per non aumentare le possibilità d’insufflazione dello stomaco. L’aggiunta del Sellick dovrebbe ulteriormente prevenire questa evenienza per chi ci crede.
Non esistono studi randomizzati controllati, a mia conoscenza, che abbiano evidenziato i benefici di questa metodica rispetto ad altri sistemi. Rimane ancora la principale modalità di gestione delle vie aeree nei dipartimenti d’emergenza. Non esiste neppure una condivisa standardizzazione dell’approccio.
Si tratta di una procedura rapida e pulita nella maggior parte dei casi.
In ogni RSI il vero determinante del successo è il bloccante neuromuscolare. A parità di altri accorgimenti, il paralitico è principalmente il responsabile del grado di visualizzazione delle strutture e, conseguentemente, del corretto posizionamento del tubo endotracheale. Nonostante alcune rivendicazioni sul ruolo degli anestetici, la riuscita della visualizzazione è pressoché indipendente dal sedativo.
Come già spiegato nel bellissimo post di Imma l’uso dei bloccanti neuromuscolari è da preferire. La visualizzazione laringoscopica è invariabilmente migliore e, quindi, anche il tasso di successo d’intubazione. L’introduzione recente del rocuronio, in sostituzione della succinicolina, inoltre ha esteso di gran unga la finestra operativa data la sua durata di azione prolungata.
Come tutti gli approcci, la RSI ha i suoi svantaggi. Alcuni sono legati essenzialmente agli effetti indesiderati dei farmaci. Particolarmente quelli di natura cardiovascolare. L’altro aspetto da considerare è che, nell’eventualità di una situazione d’impossibilità di intubare, si deve avere una valida opzione per ossigenare il paziente. Nei casi di impossibilità ad intubare ed ossigenare (can’t intubate can’t oxgenate: CICO), l’opzione chirurgica riamane l’unica possibile alternativa. In caso di una via area difficile preventivata pertanto tutto deve essere approntato affinché una tale opzione sia immediatamente percorribile.
Un’ottima metafora per l’RSI, come brillantemente ha osservato Levitan, è il paracadutismo.
LA RSI è una scelta a senso unico con un tempo relativamente breve di discesa verso la desaturazione. Richiede un’accurata verifica dei materiali prima del lancio. È necessario un sistema di freno alla caduta libera della saturazione di O2. Nella maggior parte dei casi la ventilazione con Ambu è il primo paracadute. In caso di fallimento di quest’ultimo le principali società scientifiche anestesiologiche indicano nei presidi extraglottici il primo e principale strumento di ventilazione di salvataggio.
Ciononostante anche il primo paracadute può fallire ed è prevista la presenza di un secondo per arrestare la precipitazione. Si tratta della via chirurgica. Ho cercato di riassumere tutto in un infographic.
Ritornando al caso in questione la RSI presenta evidentemente tutti i vantaggi e svantaggi prospettati.
C’è tuttavia un altro aspetto da tenere in considerazione: volendo percorrere la strada consueta della RSI si deve possibilmente evitare sia l’ipossiemia che l’ipotensione.
Anche una sola di queste evenienze, in presenza di un trauma cranico severo, pressoché duplicano la mortalità dei pazienti. È inoltre necessario limitare incrementi bruschi della pressione intracranica. In previsione di una via area difficile queste sono occorrenze molto probabili. È evidente che se la situazione respiratoria è già compromessa per ostruzione imminente delle vie aree o per qualsivoglia problema di B, la RSI rimane l’opzione più appropriata.
Tuttavia, nonostante il GCS basso, il paziente presenta una ventilazione spontanea ottimale. Non è poi una evenienza così infrequente. Vi sono dati che dimostrano come la compromissione dei riflessi delle vie aeree non segue sempre pedissequamente il deterioramento lo stato di coscienza. Allora fin tanto che il migliore ventilatore possibile, l’apparato respiratorio, è in funzione perché non avvantaggiarsene?
Per poterlo fare una strada percorribile è quella di avviare un’anestesia dissociativa, senza paralisi. Se l’RSI è assimilabile al paracadutismo, l’induzione con Ketamina senza paralitici, per rimanere alla metafora, equivale a rimanere in quota con un deltaplano.
Ed ecco che rientra in campo la Ketamina. I vantaggi che offre se adeguatamente somministrata sono vari.
Innanzitutto il mantenimento del drive respiratorio del paziente. Questo evita in caso di difficoltà a visualizzare le vie aeree, di trovarsi in una strada senza ritorno, d’impossibilità a intubare e ventilare. Si previene pertanto, durante la procedura, l’ipossiemia.
Secondariamente si riducono estremamente le possibilità di ipotensione, per le note caratteristiche d’incremento del tono catecolaminergico.
Terza proprietà da considerare è che la Ketamina ha, contrariamente a quanto predicato per molto tempo, un profilo di sicurezza sulla pressione intracranica come recentemente ci ha illustrato Valerio e, una review sistematica pubblicata su Annals of Emergency Medicine, ha ribadito.
Non è una scelta tuttavia esente da svantaggi. Primo fra tutti la possibilità di indurre un laringospasmo e, non ultimo, quella di stimolare il vomito. In realtà quest’ultimo effetto collaterale è generalmente manifestato nelle fasi di recupero dello stato di coscienza ed è più frequente in caso di somministrazioni intramuscolari del farmaco o di dosi endovenose che eccedono i 4mg/kg.
L’altro aspetto da considerare è che il mancato utilizzo della bloccante neuromuscolare rende la visualizzazione più difficoltosa per la permanenza del tono muscolare del paziente. Questo può essere un’ostacolo difficilmente eludibile se ci si affida alla laringoscopia diretta. Se la Ketamina è la brezza che tiene in quota per la riuscita è comunque necessario un deltaplano: il videolaringoscopio. Nella nostra realtà il suo utilizzo fa fatica a prendere piede. Tuttavia, anche i sistemi di laringoscopia ottica, più economici, ma più diffusi, possono adempiere a questo compito.
Tornando al caso del paziente, come in altri casi del passato, ho deciso di non buttarmi a precipizio verso un possibile disastro delle vie aeree. Pertanto ho intrapreso la strada dell’induzione dissociativa senza paralitici. Sebbene non disponga della videolaringoscopia l’area rossa è attrezzata con degli Airtraq che assolvono in maniera efficace, sebbene meno duttile, alla stessa funzione.
Sono stati somministrati 100mg di ketamina (1mg/kg) a dosi rifratte nell’arco di un minuto. Il paziente ha mantenuto un’adeguata dinamica respiratoria. La LMA è stata rimossa.
Due tentativi di laringoscopia diretta non hanno fruttato la visualizzazione dell’epiglottide (Cormack 4). Nessuna tentativo d’intubazione è stato effettuato durante la laringoscopia diretta. È stata quindi sistemata una Fastrach che pur permettendo di ventilare il paziente non ha permesso l’intubazione per scivolamento del tubo endotracheale in esofago.
Conseguentemente la Fastrach è stata rimossa e tramite l’ausilio dell’Airtraq sono riuscito a intubare il paziente al primo tentativo. Durante la procedura non si sono verificati eventi avversi di desaturazione o d’ipotensione. Il paziente è stato quindi trasferito presso la terapia intensiva dopo la stabilizzazione ed il completamento delle indagini.
Certamente la pratica quotidiana non si può basare su dei casi aneddotici come questo. è anche vero che non tutto si può codificare preventivamente e qualche volta ci vuole un po’ di mestiere per uscire in modo ragionato dall’ordinario. Forse in questo risiede ancora quella quota di “arte” che è rimasta alla medicina e l’intubazione senza paralitici facilitata dalla Ketamina rimane una opzione possibile da tenere presente, quando si prevede una incubazione difficile ma si ha un margine temporale residuo di sicurezza.
"If I want to learn the art of medicine, I must first know the facts about the human body, and about various diseases. When I have all this theoretical knowledge, I am by no means competent in the art of medi- cine. I shall become a master in this art only after a great deal of practice, until eventually the results of my theoretical knowledge and the results of my practice are blended into one — my intuition, the essence of the mastery of any art. But, aside from learning the theory and practice, there is a third factor necessary to becoming a master in any art — the mastery of the art must be a matter of ultimate concern; there must be nothing else in the world more important than the art. This holds true for music, for medicine, for car- pentry—and for love." The art of loving Erich Fromm
Complimenti Mattia! Ogni volta che leggo i tuoi post rimango esterrefatto!
Grazie, gentilissimo. Continua a seguirci!
Mattia, ti ringrazio di questo interessantissimo post, bello sia nei contenuti che nella parte grafica. Ti ringrazio soprattutto perché con queste tue riflessioni indichi una strada da seguire dove il medico di pronto soccorso gioca un ruolo fondamentale nel trattamento del paziente critico. Personalmente credo che la gestione avanzata delle vie aeree in casi come quello che tu hai presentato nel post sia patrimonio di pochi medici d’urgenza, ma, al tempo stesso, debba diventarlo, sempre tenendo conto dei propri limiti e cercando la collaborazione di tutti.Un errata valutazione e l’idea di poter governare senza sforzo qualunque situazione può essere molto pericolosa: the airway clean kills!
Posso dire senza timore di essere smentito che i nuovi specialisti che ho visto formarsi nella mia realtà hanno avuto un percorso formativo in questo senso adeguato, pur con i limiti della realtà italiana. In parte perché fattivamente garantito dal loro percorso di formazione istituzionale, in parte perché profondamente interessati a questo aspetto della gestione del paziente critico. Come hai giustamente sottolineato tu è indispensabile un’adeguata coscienza del problema. Rimane la difficoltà della pratica, nota dolente. C’è innanzitutto un aspetto logistico. Le procedure che possono essere svolte in prima persona dai medici MEU in formazione presso il PS sono poche. Innanzitutto per un limite numerico dal momento che sono comunque poche in termini assoluti. Secondariamente perché, proprio per una questione di mantenimento dell’expertise da parte dei medici di ruolo, sono poche quelle concesse in prima persona. Ovviamente dobbiamo tenere conto del fatto che una bassa esposizione difficilmente rende l’evenienza di una via difficile un fatto frequente. Quando ci si trova in difficoltà è necessario avere in mente bene il funzionamento dei presidi ed avere sviluppato un algoritmo adeguato alle proprie risorse. Non ultimo, se il tempo lo concede, è indispensabile chiedere aiuto, senza alcuna remora. Sfortunatamente non sempre la situazione lo consente.
ciao Mattia. Sai forse quali farmaci e a quali doso ha usato il collega del 118 per intubare il paz? perché non ha usato la sch? Come respirava sul posto ? Hai detto che era pieno di sangue…avrà anche inalato immagino? Sicuramente ha fatto bene a mettergli la maschera laringea , non essendo riuscito ad intubarlo.
Tu hai usato direttamente l’airtraq o prima hai messo il laringoscopio e hai visto un cormark 4? (scusa non ho capito da come hai scritto).
Sai perché ti chiedo? perché non mi è capitato mai di vedere intubare qualcuno con cormark 4 senza miorilassante. Proprio perché la miorisoluzione ti fa vedere quel qualcosa in più che altrimenti in un cormark 4 sarebbe impossibile vedere senza . Cormark 4 vuol dire iot totalmente alla cieca. L’airtraq ti può senza dubbio aiutare, ma senza curaro e con solo ketamina? Se questo è accaduto e, ripeto siamo sicuri che il cormark era proprio 4, io non lo considererei come una strada da percorrere come “protocollo” . Non ne sarei così sicura. Anzi.
Al posto tuo io , nella certezza del cormark 4 , avrei usato il curaro (sch) e il propofol + fentanest; ma forse avrei ragionato anche per una IOT con broncoscopio, anzi più probabilmente. Questo lo dico stando dietro ad una tastiera però.
Sul territorio é stato somministrato propofol a dosi relativamente basse. Con un po’ di approssimazione appena al di sotto di 1mg/kg, con un po’ di morfina (3mg). La succinilcolina non è stata somministrata principalmente perché il timore di trovarsi in una situazione di impossibilità a intubare e ventilare è stata ritenuta elevata. Stante il buon drive respiratorio, il buon funzionamento della LMA e la brevità del trasporto direi che è stata una scelta di opportunità condivisibile.
Il Cormack era di 4 alla laringoscopia diretta sia ai tentavi fatti sul territorio dall’anestesista sia a quelli fatti da me. Ho effettuato due tentativi con manipolazione esterna della laringe ma non sono riuscito a visualizzare l’epiglottide. Capisco le tue perplessità. L’impressione è che la laringe fosse alta ed in più il tono muscolare fosse di ulteriore impedimento. L’uso della succinilcolina avrebbe molto probabilmente migliorato la visualizzazione e forse garantito un successo immediato alla procedura. Tuttavia data l’incognita ho preferito rinunciare e provare con la strada dell’anestesia dissociativa.
Una volta posizionato l’airtraq la visualizzazione è stata da subito buona (Cormack 1) ed è bastato aspettare il momento giusto. Certo è che il Cormack riscontrato era influenzato in modo determinante dal mancato rilassamento muscolare, riprova ne è il fatto che l’airtraq ha facilmente aggirato l’ostacolo. La mia idea era tuttavia quella di ridurre le possibilità di desaturazione e di ipotensione durante la procedura come è stato.
Un’alternativa sarebbe stata certamente quella del broncoscopio anche se avrebbe richiesto un po’ più di tempo per l’approntamento, quanto meno nella mia realtà.
Non so se questo approccio possa rientrare di diritto in un protocollo. Rimane per me una possibilità da considerare in casi molto selezionati, ed in altre occasioni mi ha permesso delle intubazioni agevoli ma sempre con l’ausilio dell’airtraq. Con il senno di poi avrei lasciato per ultimo l’uso della Fastrach ed avrei da subito provato con l’airtraq.
……Grande Mattia…bellissimo post….Avvincente….sicuramente quella delle vie aeree aeree difficili e’ una dura battaglia e tu hai aggiunto un arma senza dubbio utile!!!!!…..il VL in PS secondo Me deve essere un must, in molti paesi esteri ormai è’ una realtà consolidata….spero da noi prenda piede presto!!!…..l addestramento alle vie aeree dei medici d urgenza dovrebbe prevedere dei periodi in sala operatoria…dove l ambiente protetto consente di imparare in tutta calma……
Grazie Valerio. A me non dispiacerebbe avere un videolaringoscopio. Che questo debba divenire lo standard come auspicano alcuni sono meno convinto. In effetti una migliore visualizzazione non sempre si traduce automaticamente in un successo più elevato come alcuni studi nel trauma sembrano indicare http://www.ncbi.nlm.nih.gov/m/pubmed/25087907/.
Riguardo al training dei medici d’urgenza c’è molta strada da fare. Gli specializzandi MEU a Padova sino ad oggi hanno effettuato delle rotazioni regolari in sala operatoria. Credo debba essere la nostra categoria a chiedere un training più appropriato. Non mi sembra sino a oggi un interesse per così dire strutturale della nostra disciplina che rimane bloccata in un ruolo, mi ci metto anch’io beninteso, a metà strada tra ciò che dovrebbe essere e quello che storicamente è stato. Ma questa è una mia personale convinzione.
Allora è molto probabile non fosse un cormark 4. Nei casi in cui è difficile intubare il rilassamento muscolare , ma anche la posizione del paz sono importanti per ottenere un miglioramento della visualizzazione dell’epiglottide o glottide. In genere più alta e’ la glottide, più alta devi mettere la testa del paz per cercare di vederla o intuirla.
Come è finita con qs signore?
Sicuramente la visualizzazione sarebbe stata migliore con il paralitico, se però così non fosse stato sarei potuto incappare nella eventualità della desaturazione che volevo evitare. Riguardo alla posizione in questo caso per via del trauma non è stato operato alcun sostanziale cambio come sono solito fare. Anche questo ha influito. Nelle condizioni date pertanto, fatta salva la scelta di somministrare il paralitico, credo che la visualizzazione non potesse essere migliorata granché. Ovviamente la mia è stata scelta fatta a priori: rinunciare ad una migliore visualizzazione ma non incorrere in situazioni di ulteriore pericolo anche se potenziali. Come illustravo nel post la RSI e questo approccio hanno vantaggi e svantaggi. Nel caso specifico ho ritenuto che il piatto della bilancia pendesse per l’anestesia dissociativa. Il paziente sebbene a una considerevole distanza dall’evento è deceduto, come era presumibile accadesse dato il GCS.
Nella mia esperienza, se la glottide è altissima, non riesci ad intubare nemmeno con l’airtraq, se non forse (e non è detto), con espedienti. Questo perché il tubo che segue un percorso obbligato va diretto in esofago , e la glottide sta in alto. In qs caso o forse ce la fai col frova infilato nella scanalatura dell’airtraq (se la glottide è appena più su della linea d’aria del dispositivo), oppure infilando tubo mandrinato con mandrino sporgente ed piegato ad uncino. Ma non è detto neanche così che riesci. Mi permetto di scrivere questo perché mi sono capitate tutte queste situazioni. Anche quella di essere riuscita ad infilare il tubo alla cieca con laringo, dove aver fallito con airtraq, o anche di dover rinunciare e sospendere intervento e successivamente fare IOT da sveglio con FOB.
Secondo la mia esperienza se hai una glottide altissima non riesci molto probabilmente neanche con l’airtraq. , se non -forse- con modifiche della procedura quali inserimento del frova nella scanalatura (se glottide appena più alta rispetto esofago) o uso di tubo mandrinato , piegato all’estremità e con mandrino sporgente e piegato ad uncino. Puoi non riuscire nemmeno così. E allora rimane IOT con FOB. A me sono capitati tutti qs casi e quindi l’airtraq non è una panacea.
Per quel che riguarda l’intubazione in PS con laringo-airtraq o VL e le varie disquisizioni su chi e come , volevo dirvi che in un Paz critico il problema non è l’intubazione, ma il saper gestire correttamente nei modi e nei tempi il DOPO (e con i monitoraggi-dispositivi e ulteriori procedure necessari). E il dopo può essere garantito solo in una rianimazione e da rianimatori
No sicuramente l’airtraq non è una panacea ma in assenza di altro è sicuramente un buon presidio anche se no ha la versatilità di alcuni videolaringoscopi. Il “dopo” non è mio mestiere e il prima è spesso sufficientemente oneroso da bastarmi. Nel caso del paziente è stata posizionata una linea arteriosa ed una centrale, cosa che non sempre riesco a fare perché il turnover dei pazienti è elevato.
Ti credo! In un pronto soccorso se non sei in turno con un numero sufficiente di colleghi ed infermieri/numero accessi, puoi essere nell’ impossibilità di fare quello che vorresti.
Ciao Mattia, grazie sempre per la condivisione delle tue esperienze,spunto di riflessione su temi sempre fondamentali.
Mi chiedevo come mai , considerando che avevi la prova che saresti stato in grado di ventilare il pz con maschera laringea, l’eventualita’di una desaturazione ti fosse apparsa cosi’probabile. In queste condizioni, curarizzare il paziente ti avrebbe garantito la possibilita’di condizioni ottimali per l’intubazione, mentre in caso di fallimento ti sarebbe stato possibile utilizzare nuovamente la maschera laringea, peraltro facilitato dalla miorisoluzione.
Ci tenevo solo a sapere cosa ne pensassi. Grazie,Imma
È un osservazione più che giusta e il paralitico sarebbe stato il passo successivo qualora non fossi riuscito con l’airtraq, per forza di cose. Tuttavia mi sarei dovuto limitare a mantenere in sede la LMA se la RSI non avesse avuto successo lasciando il paziente in una condizione simile a quella in cui era arrivato e affidare l’intubazione ad un tentativo in fibroscopia. Non è detto peraltro che la ventilazione con ambu sarebbe stata efficace e se così fosse stato non avrei potuto probabilmente eseguire più di un tentativo di laringoscopia. Uno dei vantaggi della KSI è quello di garantire tempo per approcciare le vie aeree perché mantiene una ventilazione parafisiologica del paziente e senza sforzi. In un contesto come questo dove si vuole evitare la desaturazione e si deve gestire una visualizzazione difficile l’aspetto del tempo è estremamente rilevante. A differenza della RSI in cui i tentativi di laringoscopia devono necessariamente essere brevi e interrotti dalla necessità di mantenere l’ossigenazione del paziente, con la KSI è possibile avere una più estesa finestra temporale, relativamente sicura, e ottimizzare i tentativi di visualizzazione senza interruzioni frequenti.
Mattia ma nel tuo H che ruolo hanno gli AR? Voglio dire, non li chiamate se una Iot è difficile o tale si presume possa essere? Da come parli sembra non esistano proprio o non ci sia alcuna collaborazione. Non capisco.
Pressoché nella totalità dei casi l’Iot é gestita dai medici di PS. Questa è una consuetudine consolidata da molti anni. Per vie aeree difficili preventivate oltre all’ausilio degli AR possiamo avvalerci anche di colleghi ORL specializzati in chirurgia endoscopica delle vie aeree. Più spesso questa eventualità accade nel caso di IOT non proprio emergenti quando, avendo tempo a disposizione, si cerca la migliore soluzione possibile. Formalmente e nella pratica la collaborazione esiste ed è certamente fondamentale sia per casi di vie aeree difficili che come approccio globale. Solitamente però il PS lavora in autonomia nella gestione delle prime ore dei pazienti critici.
Articolo meritevole Mattia, ma non concordo sul curaro limitato alla sola iot. Mi spiego… se tu hai un ESA od un trauma incosciente con GCS 5 il trisma facilmente ti impedisce una performance ventilatoria accettabile e quindi per rimediare devi per forza di cosa adoperare farmaci che ti “mollano” il paziente con ripercussioni sull’ emodinamica (forse l’ etomidate un poco meno degli altri, e la keta ha comunque effetti tachicardizzanti ed ipertensivi a certi dosaggi). Il curaro no!!! Apparte il suxametonio depolarizzante ha effetti cardioaritmici (in modica probabilità) ma farmaci ammino steroidei e benzilisochinolinici non depolarizzanti non hanno effetti emodinamicamente importanti e paraltro tra i primi, il Rocuronio possiede un reverse fntastico /a breve anche il cisatracurium). Non lo intubi? Ok… ventilo a maschera o posizioni un EG… perchè no?! Mi chiedo la causa di tutta questa paura dei curari che a mio modestissimo parere tolgono dalle peste e non ti ci mettono visto che con dosi normali di induttore puoi rilassare un paziente talmente critico che rischia inevitabilmente di andarci in arresto respiratorio complicando un danno presente. Insomma… siamo certi che non sia un blocco mentale sul causare un arresto respiratorio il problema? Se non è ventilabile col curaro, non lo è senza!!! Scusami il ritardo della risposta… ma purtroppo chiedendo vènia mi sono trovato solo oggi sul tuo bellissimo articolo. Se non ti offendi metto il link di un articolo che contropesa…
http://www.federicoleso.it/doc/IOT_e_curaro.pdf
Salutoni.