lunedì 20 Marzo 2023

IAP – IntraAbdominal Pressure

Che cos’è la pressione intraaddominale?

La pressione intraaddominale (IntraAbdominal PressureIAP) è definita come la pressione interna alla cavità addominale allo stato stazionario ed è influenzata dalla compliance delle pareti addominali (in parte rigide – colonna vertebrale, pelvi, arcate costali, ed in parte flessibili – parete addominale, diaframma) e dal volume del contenuto addominale (organi solidi, visceri cavi, raccolte, lesioni occupanti spazio). 

Quanto dovrebbe misurare la IAP? Quando si eleva?

Per delineare dell’ipertensione addominale facciamo riferimento alle definizioni della World Society of the Abdominal Compartment Syndrome – WSACS (Updated consensus definitions and clinical practice guidelines – full text). Si ritiene normale una IAP di 5-7 mmHg nel paziente critico adulto, mentre si definisce ipertensione addominale (IntraAbdominal hypertensionIAH) un aumento ripetuto e/o sostenuto della pressione intraddominale ≥12 mmHg, ritenuto inappropriato nella maggior parte dei pazienti (un aumento acuto a 10-15 mmHg è in grado a compromettere la perfusione degli organi viscerali). Esiste una gradazione della IAH:

  • Grado 1 = 12-15 mmHg;
  • Grado 2 = 16-20 mmHg;
  • Grado 3 = 21-25 mmHg;
  • Grado 4 = > 25 mmHg.

Ad un grado più elevato corrisponde un rischio maggiore di danno d’organo, mediato dalla compromissione della perfusione e dal conseguente sviluppo di metabolismo anaerobio, ed una più impellente necessità di intervento. Un’altra tipologia di classificazione correla con il timing dell’instaurarsi del fenomeno, per cui distinguiamo una ipertensione addominale:

  • iperacuta: della durata di pochi secondi, correlata ad attività fisica, eventi fisiologici (tosse, starnuto, defecazione, riso…), sovradistensione gastrica dopo procedure endoscopiche;
  • acuta: a rapido sviluppo, ore, in genere a seguito di traumi o sanguinamenti addominali; può evolvere rapidamente a sindrome compartimentale addominale;
  • subacuta: si sviluppa nell’abito di giorni; è più comune nel paziente medico e può portare a sindrome compartimentale addominale;
  • cronica: aumento progressivo in mesi o anni; non causa sindrome compartimentale addominale ma aumenta il rischio di ACS nel contesto di rialzi acuti o subacuti di IAP.

Un rialzo assoluto (senza relazione con la MAP) della IAP a > 20 mmHg, o comunque un rialzo significativo, sostenuto nel tempo e associato a disfunzione o insufficienza d’organo di nuova insorgenza è definito Sindrome Compartimentale Addominale (Abdominal Compartment SyndromeACS). L’ACS è ritenuto un fenomeno tutto o nulla, senza classificazioni di gravità, ma può essere distinta in:

  • primaria: associata a patologie o lesioni (traumatiche o chirurgiche) addomino-pelviche che determinino IAH acuta o subacuta;
  • secondaria: correla con condizioni extraaddominali che possano comportare IAH subacuta o cronica (sepsi, ustioni, rianimazione volemica…);
  • ricorrente: i sintomi che si ripresentino dopo trattamento medico o chirurgico di ACS primaria o secondaria, eventualmente anche ad addome ancora aperto.

Il valore sostenuto di IAH in grado di indurre sindrome compartimentale non è strettamente definito perchè dipende da diversi fattori, in particolare:

– pressione media (Mean Arterial Pressure – MAP): la pressione di perfusione addominale (Abdominal Perfusion PressureAPP), parametro che stima la perfusione degli organi addominali, è calcolata come APP = MAP – IAP, e dovrebbe essere superiore ai di 60 mmHg. Pressioni sistemiche elevate possono garantire una normale perfusione addominale anche se presente ipertensione addominale.

– compliance addominale: inizialmente minimizza gli effetti dell’aumento della IAP ma tende a crollare oltre una circonferenza addominale critica. In genere pazienti con pressioni superiori a 25 mmHg sviluppano ACS, mentre se la IAP è compresa tra 10 e 25 mmHg possono o meno esserne soggetti.

Quando e perchè valutare la pressione intraaddominale?

L’ipertensione addominale è un problema spesso sottovalutato ma frequente, in particolare in terapia intensiva, che compromette l’outcome determinando un significativo aumento di morbilità e mortalità. Ma quali sono i contesti che rendono il paziente prono allo sviluppo di IAH/ACS?

1. limitazione all’espansione delle pareti addominali:

  • PEEP (anche intrinseca) e ventilazione meccanica, specie a paziente disadattato
  • polmonite basale
  • pneumoperitoneo
  • obesità patologica e gravidanza (associate ad aumenti cronici asintomatici fino a 15 mmHg)
  • chirurgia addominale (specie con suture strette e plastica di ernie, gastroschisi, onfalocele)
  • sistemi di stabilizzazione pelvica e indumenti pneumatici anti-shock
  • pronazione e altri posizionamenti (vedi oltre)
  • sanguinamento/ematoma a livello delle pareti addominali 
  • escare addominali da ustione

2. aumento del contenuto addominale:

  • ileo
  • gastroparesi
  • volvolo
  • neoplasie addominali o retroperitoneali
  • pseudo-occlusioni intestinali
  • nutrizione enterale
  • ematoma retroperitoneale o della parete addominale
  • damage control laparotomy

3. raccolte addominali di fluidi, sangue o aria:

  • cirrosi con ascite
  • infezioni addominali (peritonite, pancreatite, ascessi),
  • emoperitoneo/pneumoperitoneo,
  • eccessive pressioni di insufflazione durante laparoscopia
  • trauma maggiore
  • dialisi peritoneale

4. condizioni associate a capillary leakage e rianimazione volemica:

  • acidosi (pH < 7.2)
  • ipotermia severa (core temperature < 33°C)
  • coagulopatie (PLT < 50,000/mm3 o aPTT > 2 o INR > 1.5
  • sepsi/shock settico
  • rimpiazzo volemico massivo (≥ 5 l di colloidi o 10 di cristalloidi nelle 24h)
  • politrasfusioni (≥10 unità di RBC nelle 24h)
  • ustioni maggiori.
Fattori di rischio per lo sviluppo di IAH/ACS (WSACS).

L’aumento patologico della pressione intraaddominale ha impatto sostanzialmente su tutti gli organi e sistemi, determinandone disfunzionalità ed insufficienza, per compressione diretta delle strutture e per la trasmissione superiore del 25/80% della IAP attraverso il diaframma, che tende a spostarsi a livello cefalico, con un incremento della pressione intratoracica (Intrathoracic PressureITP). Questa condizione media: 

  • effetti emodinamici: compressione della Vena Cava Inferiore, dei vasi polmonari e dell’albero arterioso sistemico, con riduzione del precarico ed aumento del postcarico destro e sinistro, compromissione della contrattilità e calo della gittata;
  • decadimento della funzione polmonare da riduzione della capacità funzionale residua e della compliance, con sviluppo di quadri di ALI/ARDS secondari (extrapolmonari);

  • effetti sul CNS: aumento della pressione giugulare con ridotto ritorno venoso cerebrale, aumento della ICP e riduzione di CPP e SjO2.

Il rene è un organo particolarmente sensibile al danno mediato dall’ipertensione addominale (sembra primariamente attraverso alterazioni del flusso ematico).

Una valutazione clinica dell’addome non è sensibile nel porre diagnosi di IAH o ACS: diventa mandatorio un monitoraggio routinario della IAP nei pazienti a rischio (ogni 4 h o con maggiore frequenza se il paziente è instabile), possibile anche attraverso strumenti semplici e comunemente disponibili.

Come si misura la IAP?

La pressione intraddominale è uniforme, per cui potrebbe essere misurata in ogni punto interno all’addome, con ovvie limitazioni pratiche: una misurazione diretta attraverso drenaggi (postoperatori) o cateteri addominali (ad esempio attraverso cateteri da dialisi peritoneale) è raramente utilizzata; si opta in genere per una valutazione indiretta attraverso presidi posizionati a livello di un viscere cavo o di una struttura vascolare situata in cavità addominale: la parete della struttura agisce come una membrana e trasduce la pressione. Questa misura è accurata proprio in considerazione del fatto che, anche se indiretta, la IAP è uguale in ogni punto. Quali le alternative?

  • catetere a palloncino o sonda a livello gastrico, alternativa di facile accesso ma valutazione complessa e diversi fattori confondenti (largo volume del lume, sfinteri superiore ed inferiore, tolleranza variabile alla nutrizione enterale, attività cardiaca e polmonare);   
  • catetere rettale o uterino, non indicati per il monitoraggio continuo nel paziente critico;
  • catetere venoso femorale con estremo in IVC, efficace se IAP > 15-20 mmHg (affidabilità non nota se valori nella norma);
  • catetere vescicale.

Ci concentriamo su quest’ultima opzione in quanto la misura endovescicale (trans-bladder o IntraVescicular PressureIVP) rappresenta il gold standard per la misurazione indiretta della IAP, in particolare nell’abito di IAH e ACS: la vescica è interna al comparto addominale, la sua parete è compliante ed il suo lume è di facile accesso attraverso un catetere vescicale già in sede (minima invasività). La pressione vescicale correla strettamente con una misura diretta della IAP se non sono presenti situazioni patologiche che compromettano la compliance delle pareti vescicali (traumi pelvici, ematomi e raccolte pelviche, aderenze peritoneali, vescica neurologica) o costrizioni iatrogene quali packing pelvici e addominali o di sistemi di stabilizzazione delle fratture del bacino. Come è possibile misurarla? Un normale catetere vescicale deve essere connesso ad un sistema di rilevazione pressoria: sono disponibili diversi semplici sistemi commerciali preassemblati per la misurazione del parametro, dai più semplici, costituiti da un tubo graduato con una valvola di sfogo ed un sistema per iniettare fluidi, che premettono di valutare la pressione vescicale in termini di altezza in cmH2O della colonna di fluido nel circuito, ad altri più complessi che trasducono il segnale pressorio a segnale elettrico, restituendo un dato numerico in mmHg. É però possibile misurare la pressione vescicale, quindi la IAP, in modo efficace, sicuro ed affidabile con sistemihomemade”, costituiti a partire da materiali disponibili in ogni reparto di area critica. Su queste ci concentriamo, proponendo 3 varianti, descritte step by step nelle immagini, che prevedono la connessione del catetere vescicale ad un normale sistema di trasduzione pressoria (trasduttore con circuito monouso + sacca a pressione per lavaggio e cavo per la connessione a monitor – per i dettagli tecnici sui sistemi di trasduzione link)

1. assemblare in serie il circuito di trasduzione, 2 rubinetti luer lock 3 vie, un connettore luer lock femmina/christmas tree ed il catetere vescicale. Sulle 2 porte libere dei rubinetti vanno inserite una siringa luer lock da 50/60ml per i lavaggi ed un connettore luer lock maschio/funnel per la sacca di raccolta (fig. 1).

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fig. 1 – metodi alternativi homemade per il monitoraggio della IAP, opzione 1 (vedi testo).

2. assemblare in serie il circuito di trasduzione, 3 rubinetti luer lock 3 vie, un tappino luer lock femmina. Sulle 3 porte libere dei rubinetti vanno inserite una siringa luer lock da 50/60ml per i lavaggi e 2 connettori luer lock maschio/funnel rispettivamente la sacca di raccolta ed il catetere vescicale (fig. 2).

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fig. 2 – metodi alternativi homemade per il monitoraggio della IAP, opzione 2 (vedi testo).

3. pungere la porta perforabile dell’urometro con un’agocannula calibro 18G, rimuovere il mandrino metallico e connettere il catetere venoso attraverso 1 rubinetto luer lock 3 vie al circuito di trasduzione. Sulla porta libera del rubinetto va inserita una siringa luer lock da 50/60ml per i lavaggi (fig. 3).

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fig. 3 – metodi alternativi homemade per il monitoraggio della IAP, opzione 3 (vedi testo).

Indipendentemente da quale delle tre opzioni elencate sia scelta, prima della misurazione, il trasduttore deve essere azzerato e posizionato a livello della linea ascellare media, punto di repere di facile identificazione che nella maggior parte dei pazienti si proietta a livello “emivescicale” in posizione supina al suo incrocio con la cresta iliaca (il punto di repere della sinfisi pubica, spesso citato, è più complesso da identificare e può portare ad incongruenza nei valori misurati da operatori diversi). É consigliabile marcare il punto di repere a garanzia della riproducibilità delle misurazioni. Visti i valori contenuti del parametro, un piccolo errore nel livello del trasduttore misura determina un proporzionalmente significativo errore di misura (+/-1.36mmHg ogni 1 cm di offset sotto/sopra il livello corretto). Con tutti i sistemi è necessario clampare la via di deflusso del catetere vescicale (isolandolo dalla sacca di raccolta) e instillare un piccolo volume noto di fluido (NaCl0.9%) a temperatura corporea nella vescica drenata per riempire il sistema. Il volume di fluido non deve superare i 25ml nell’adulto (un volume maggiore può mettere in tensione il detrusore della vescica e determinare la lettura di valori falsamente elevati); nel paziente pediatrico il volume è di 1ml Kg-1 con un massimo di 20ml. Se il volume è minimo, inoltre, una ridotta temperatura del liquido (temperatura ambiente) non determina una risposta in contrazione del detrusore. Qualche ulteriore precisazione…

La IAP deve essere misurata in posizione assolutamente supina; la posizione semiseduta, oltre a determinare alterazione della posizione del punto di repere standard, determina un aumento della pressione intraaddominale per l’incremento della pressione degli organi addominali sulla vescica. L’aumento della IAP è pari a 3-5 mmHg a 30° di Head Of Bed elevation e 6-9 mmHg a 45° di HOB elevation, con aumento dell’impatto per aumento del BMI e se la parete dell’addome non è compliante. Se il paziente non può essere supinato, è necessario considerare lo scarto. Con lo stesso razionale, la posizione in Trendelenburg riduce la IAP (-4 mmHg per -45°) e la posizione anti-Trendelenburg aumenta la IAP (circa 5 mmHg per 45°). La posizione prona aumenta la IAP se l’addome è compresso, la riduce se l’addome è scaricato con supporti inferiormente a pelvi e gabbia toracica (non è ancora definito se queste alterazioni nel valore misurato siano da riferire ad alterazioni sostanziali della pressione o ad errori di misura).

La IAP varia con l’attività respiratoria e dovrebbe venire valutata a fine espirazione. Un aumento significativo della PEEP a > 10/15 mmHg può influenzare la IAP (determinandone un aumento modesto) riducendo la compliance diaframmatica. É necessario verificare l’assenza di contrazione muscolare addominale che potrebbe alterare il parametro.

La misura dovrebbe essere espressa in mmHg; questo rende più immediata la valutazione della APP e la classificazione del dato secondo i range di riferimento. Con la trasduzione a monitor il dato è espresso direttamente con questa unità di misura; con i sistemi a colonna di fluido è invece espresso in cmH20 (fattore di conversione 1 cmH20/1.36 = 1 mmHg).

(Tutti i sistemi descritti prevedono la manipolazione di un sistema che dovrebbe essere mantenuto chiuso e devono essere gestiti in ogni fase modo accurato per limitare il rischio di contaminazione).

E una volta valutata la IAP? di seguito i link agli algoritmi di gestione dell’ipertensione addominale e della sindrome compartimentale addominale proposti dalla WSACS, rispettivamente medico e medico/chirurgico per IAH e ACS refrattarie al trattamento.

IAH/ACS Medical Management Algorithm

IAH/ACS Management Algorithm

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Velia Antonini
Velia Antonini
M. Velia Antonini CCN/CCP trained as ECMO specialist, Cardiovascular Perfusionist & Sonographer, she is an ICU Nurse in Parma & lecturer at UNIMORE, Italy and is member of ECMOed, the ELSO education taskforce. She’s Social Media Editor for ELSO a runs an ECLS educational blog on EuroELSO website and is member of the Social Media council of ASAIO Journal, and Social Media team of ESICM, IFAD & SMART.

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