L’identità del Medico d’Emergenza-Urgenza.
Chi siamo?
Non siamo eroi, come abbiamo visto nel bellissimo post di Fabio De Iaco, che invito tutti a rileggere.
Non siamo neppure martiri, né vittime del sistema.
Non siamo pedine inconsapevoli, ne piccoli o grandi Rambo che giocano alla guerra.
Evitiamo, vi prego, ogni retorica.
Quindi, ritorniamo alla prima domanda.
Chi siamo, noi Medici d’Emergenza?
Se ci riflettiamo, le domande fondamentali sono sempre le stesse: chi siamo, da dove veniamo e dove stiamo andando…
e mi immagino la scena di “Non ci resta che piangere”, quando il doganiere ripete la stessa formula a Benigni e Troisi, concludendo con “Un Fiorino!”
…Ma cerchiamo di essere seri.
Da dove veniamo, adesso ci interessa poco, del resto ne abbiamo parlato nel primo capitolo del viaggio nei lati oscuri della medicina d’emergenza: adesso ci interessa riflettere sulle altre due domande.
La prima, chi siamo, ci può lasciare un attimo interdetti.
Ma come, chi siamo?
siamo medici d’emergenza, ci occupiamo della gestione dell’emergenza-urgenza.
Facile, no?
No.
La realtà è un po’ più complessa ma almeno in una cosa la COVID-19 ci ha aiutato: ha pulito il quadro, rimosso il rumore di fondo causato dal sovraffollamento, e ha messo a fuoco esattamente chi siamo.
Noi siamo quello che facciamo: è in questo che risiede il segreto dell’Identità del Medico d’Emergenza, e la nostra Identità nasce dalle nostre Competenze.
Quali sono le nostre Competenze?
Pensiamo a cosa abbiamo fatto, durante questa ondata pandemica di malati con la Covid-19: i medici d’Emergenza hanno utilizzato tutte le loro competenze, che sono “rubate” alle altre specialità, ma che abbracciano tutte le necessità del paziente.
Siamo specialisti “trasversali” (o olistici, come direbbe chi scrive bene), e come ha detto un grande medico d’emergenza, Joe Lex:
“siamo i 15 minuti più divertenti di ogni specialità”.
In questi 15 minuti possiamo davvero fare la differenza – e in questa pandemia, forse l’abbiamo davvero fatta.
Abbiamo usato le nostre competenze in ecografia (che sono diverse da quelle del radiologo o del cardiologo, sicuramente meno “profonde” ma in grado di abbracciare tutti gli organi e gli apparati) per fare diagnosi precoci e monitoraggio dei pazienti.
Abbiamo usato le nostre competenze nella ventilazione e nell’uso delle cpap per ventilare un numero enorme di pazienti.
Abbiamo usato le nostre competenze nella sedazione procedurale per permettere di tollerare giorni e giorni di caschi o maschere.
Abbiamo fatto valutazioni etiche, abbiamo gestito una situazione prossima alla medicina delle catastrofi, abbiamo organizzato, riorganizzato, adattato e modificato la nostra organizzazione, più e più volte, anche in una stessa settimana, rispondendo alla realtà che cambiava.
Abbiamo usato le nostre degenze, che non sempre si chiamano in modo adeguato o appropriato, e ci siamo fatti carico di un grandissimo numero di ricoveri.
Abbiamo risposto a quanto accadeva, abbiamo aiutato i nostri pazienti.
Abbiamo fatto squadra, noi e i nostri infermieri, perché di squadra si tratta, e ognuno ha portato un piccolo pezzo a questa storia.
Abbiamo letto EGA, posizionato vie arteriose, drenato pneumotorace, abbiamo comunicato con i familiari, gestito i flussi di pazienti che transitavano per le nostre strutture, rispondendo ad ogni esigenza.
Perché, citando sempre Joe Lex, la Medicina d’Emergenza non risponde alla domanda “cosa ha il paziente”, bensì a quella più immediata “Di cosa ha bisogno”.
Siamo stati bravi?
Non lo so, forse sì, non sta a noi dirlo.
Ma non ha importanza, perché dopotutto, abbiamo solo fatto il nostro lavoro: abbiamo fatto quello che, in circostanze differenti, facciamo sempre.
Lo scorso 4 maggio, al termine di tre lunghi mesi senza quasi respiro, ho ricevuto IL regalo definitivo per lo Star Wars Day: un video messaggio inviato dalla Lucasfilm da parte di Anthony Daniels, ossia l’attore dietro (dentro) C3PO. Nel video messaggio, che riporto qui, Anthony Daniels ringrazia tutti noi per il lavoro che stiamo svolgendo in questa situazione, perché, dice lui, occuparsi di esseri umani in momenti così difficili è una cosa meravigliosa.
Vorrei dedicare questo messaggio a tutti noi
ma riflettere su un aspetto essenziale.
Anthony Daniels dice “It’s just me”.
“Sono solo io”.
Ecco, chi siamo…
Ecco chi è il medico d’emergenza.
“Sono solo io”.
Non eroe, non vittima, non martire.
Sono solo io.
Sono il medico che può farti un’ecografia d’urgenza quando arrivi e riconoscere un aneurisma toracico.
Sono il medico che ti cura l’edema polmonare alle 4 del mattino.
Sono lo specialista che ti imposta il ventilatore per una NIV quando non respiri.
Sono il professionista che inizia una sedazione palliativa quando le cose vanno male.
Sono solo io.
E sono solo io anche quando sbaglio, quando commetto errori, perché siamo esseri umani e l’errore fa parte della nostra natura.
Sono solo io, il medico d’emergenza.
E da questo, dobbiamo ripartire, per cercare di rispondere alla domanda più importante di tutte.
“Dove stiamo andando.”
Di certo, non dovremmo tornare indietro.
Come è stato già scritto, il rischio è un vuoto di memoria: ovvero far finta di niente, e lasciare le strutture dell’emergenza-urgenza in balia delle carenze della sanità, in pasto al sovraffollamento scriteriato, e con il vuoto degli organici insufficienti.
Ora più che mai è il momento di fare quadrato intorno alla nostra Identità per chiedere il rispetto che meritiamo.
Se siamo solo noi, ovvero i medici che hanno saputo gestire la prima linea dei malati con COVID-19, mettendo in gioco tutte le nostre competenze, non possiamo essere gli stessi medici che devono gestire i flussi dei codici bianchi o dei codici verdi a bassa complessità, altrimenti, tutti i nostri sforzi diventano inutili.
Se possediamo competenze trasversali, “rubate” alle altre specialità ma ricreate in una amalgama unica che è la nostra Identità, non dobbiamo mai peccare di presunzione e pensare di non aver bisogno dell’Ospedale dietro di noi e degli altri specialisti, le cui competenze specifiche colmano e completano le nostre – ma allo stesso tempo, l’ospedale e il sistema sanitario non deve dimenticare quali sono le nostre competenze, e lasciarci fare il lavoro che vogliamo fare.
Siamo solo noi, i medici d’emergenza, quelli che hanno gestito la COVID-19 perchè in quel momento c’era la COVID-19, ma che sono pronti a voltare pagina e ad occuparsi di altro, perché siamo abituati a non sapere cosa c’è dietro la porta a vetri che si apre lasciando entrare un nuovo paziente.
E se prima tutto questo lo abbiamo fatto con fatica, difficoltà, con tutte le criticità che abbiamo espresso in tutti i modi possibili, almeno adesso dovremmo pretendere di poter fare il nosto lavoro nel modo migliore possibile.
Ne va della nostra Identità, che poi è la nostra Forza…
E come ci augura Anthony Daniels,
“Che la Forza sia con noi, sempre”
Ringrazio Annacarla, che “pur essendo pediatra”, non è nell’angolo a fare i conti, e che ha molta più Forza di me. E’ stata lei a farmi il regalo meraviglioso del video messaggio. Ma la ringrazio per tante cose, non solo per il video messaggio….
Ma questa è un’altra storia…