HAPPY HYPOXEMIA e BABY LUNG: i paradossi della ventilazione COVID19
“Io credo, lo ripeto, che oggi l’errore fondamentale sia trattare questi pazienti come se avessero tutti una ARDS severa. Come varcano la soglia dell’ospedale, gli si mette un casco CPAP, 15 cmH2O di PEEP e si sta a vedere quello che succede, limitandosi a valutare la sola ossigenazione. L’ossigenazione è l’ultimo segno di un processo che sta a monte che bisogna conoscere. Se non si conoscono questi pazienti, non si curano in modo corretto”.
[prof. Gattinoni]
L’approccio clinico iniziale a questi pazienti è stato quello tipicamente usato per le ARDS gravi, alte PEEP e pronazione.
Tuttavia, i pazienti COVID19, pur soddisfando i criteri di Berlino dell’ARDS, presentano una forma atipica.
Come mostrano i primi dati di letteratura e confermato dai clinici, la compliance del sistema respiratorio è alta ed è associata a una altrettanto alta frazione di shunt.
Una discrepanza così ampia non si è praticamente mai vista nella maggior parte delle forme di ARDS: pazienti con compliance quasi normale che si presentano con una ipossiemia gravissima, con valori di PaO2 di 35-40 mmHg ed una saturazione di 65-70%.
Una possibile spiegazione per tale grave ipossiemia che si verifica nei polmoni malati è la perdita della regolazione della perfusione polmonare e della vasocostrizione ipossica: semplificando molto vi è una enorme alterazione del rapporto ventilazione/perfusione.
La fase iniziale è caratterizzata da un polmone che non presenta ancora zone collassate e all’imaging si vedono lesioni con aspetto ground glass maggiormente mantellari, tra pleura e alveoli, dove si concentra maggiormente lo stress e lo strain durante la respirazione, soprattutto in questi pazienti dove lo sforzo e il tidal volume sono molto alti.
Ma qual è il prezzo di questo sforzo? Con il peggioramento dell’ipossia, il paziente deve aumentare il tidal volume (come succede durante uno sforzo) e di conseguenza anche le pressioni negative all’interno della pleura; tutto questo porta a una deregolazione del flusso ematico polmonare con uno squilibrio tra le forze di filtrazione con conseguente edema (non lesionale).
Secondo Gattinoni et al, “l’edema fa diventare il polmone come una spugna bagnata, diventa più pesante e tende a collassare su se stesso”
Probabilmente è questo il momento in cui si ha il bivio tra una situazione ancora reversibile e una più complessa.
In questo momento della malattia, se riusciamo a controllare lo sforzo del paziente garantendo una ossigenazione adeguata probabilmente si riesce a “bloccare” il peggioramento.
Se invece non si riesce ad equilibrare la PaO2 con il drive respiratorio la situazione “deraglia”: oltre alla severità dell’infezione infatti in questa fase, i fattori meccanici diventano fondamentali (attenzione al cosiddetto pSILI: patient Self Induced Lung Injury).
Con il progredire di questa condizione, quando anche il quadro TC mostra una grave compromissione polmonare, allora, solo allora, il paziente rientra nella cosiddetta ARDS.
Il main goal sarebbe quello di capire in che fase della malattia ci troviamo davanti e non trattare dall’inizio un paziente che si presenta con grave ipossiemia come se avesse una ARDS.
Il lavoro respiratorio
“Bisognerebbe fare una misurazione dello sforzo inspiratorio, la negatività della pressione pleurica che il paziente presenta in quel momento. Se il paziente ha una pressione pleurica molto negativa, inferiore a -12/15 cmH2O, sappiamo per certo, abbiamo evidenze sperimentali ampissime in merito, che un polmone sano viene distrutto in 24-48 ore”
Continuando a citare il prof. Gattinoni
Quando un paziente si presenta in DEA o di fronte ad un peggioramento del quadro, il goal sarebbe quello di “quantificare” lo sforzo respiratorio.
Il tidal volume molto aumentato associato al distress è un alert importante che ci sta lanciando il paziente: abbiamo dei metodi per quantificare questo lavoro?
Idealmente la misura della pressione pleurica con un pallone esofageo sarebbe il gold standard.
Per cercare di essere un po’ più concreti si potrebbe provare a guardare la meccanica respiratoria: FR, distress respiratorio, utilizzo della muscolatura accessoria (contrazione dello sternocleidomastoideo, dei movimenti diaframmatici e dei muscoli intercostali, gli spostamenti dell’addome) che vanno di pari passo con le variazioni della pressione pleurica.
L’intenso sforzo inspiratorio può indurre a danno polmonare a causa delle oscillazioni incontrollate della PL
Queste oscillazioni inducono stress polmonare e comportano l’inflazione di elevati volumi correnti, che vengono diretti nelle zone ancora aerate (baby lung)
Le oscillazioni profondamente negative della Pescausano un aumento della pressione transmurale vascolare e della permeabilità vascolare: tutto questo comporta un aumento dell’edema polmonare lesionale.
A complicare il tutto, in questa fase iniziale vi è una alterazione della vasoregolazione, in cui la vasocostrizione polmonare che si verifica normalmente in risposta all’ipossia non si verifica a causa del danno endoteliale.
L vs H
“Ci sono due fasi della malattia. In una prima fase pazienti hanno polmoni “L-light” (alta compliance, basso V/Q): in questi pazienti il polmone non pesa tanto quindi non ho l’effetto spugna.”
L’ infezione virale causa edema interstiziale subpleurico (lesioni ground-glass alla TC) e la severa ipossiemia causa vasoplegia polmonare: risposta del paziente con aumento del volume corrente (fino a 15-20 ml/kg) ed aumento delle pressioni intratoraciche negative.
FENOTIPO L:
– ELEVATA COMPLIANCE: quantità di gas nel polmone NORMALE
– BASSO RAPPORTO V/Q: perdita di regolazione della perfusione e della vasocostrizione ipossica
– BASSO PESO POLMONARE
– BASSA RECLUTABILITA’: quantità di tessuto non aerato bassa
In una seconda fase i polmoni diventano “H-heavy” (più simili al quadro di ARDS) e avranno una ridistribuzione delle densità come nell’ARDS classica”, con un peggioramento dell’edema con aumento delle zone atelectasiche e riduzione di quelle aereate.
FENOTIPO H:
– ELEVATA ELASTANZA (BASSA COMPLIANCE): riduzione volume di gas
– ELEVATO SHUNT DESTRO-SINISTRO: perfusione zone non-aerate
– ELEVATO PESO POLMONARE
– ELEVATA RECLUTABILITA’
RUOLO DELLA CPAP
Concettualmente, il ruolo della CPAP sarebbe quello di bloccare la malattia nella fase L. In presenza di uno sforzo respiratorio eccessivo con distress del paziente e ipossia importante è ragionevole iniziare precocemente una CPAP/NIV, interrompendo il circolo vizioso che porta all’aggravamento.
Presupposti teorici della CPAP:
– previene il collasso alveolare: riduzione delle zone atelectasiche
– migliore distribuzione della pressioni riducendo l’iperinflazione delle zone aerate
– Riduzione delle oscillazioni negative della pressione esofagea
– ↑ della capacità funzionale residua (CFR)
– ↑ compliance polmonare
– ↓ effetto shunt per un miglioramento del rapporto ventilazione/perfusione
– ↓ del lavoro da parte del paziente
– potrebbe essere utile per rimodellare le zone areate
– Non serve per il reclutamento
– riduzione del lavoro del Vsx
Per rendere ancora più complesso il tutto, bisogna almeno citare (goffamente, ndr) un altro meccanismo di danno a livello polmonare e che si basa sull’effetto Pendelluft.
In condizioni fisiologiche, esistono aree in cui i tempi di riempimento e svuotamento alveolare sono brevi (soprattutto agli apici) ed aree posteriori con comportamento più “lento”.
Con l’aumento della frequenza e dello sforzo respiratorio, si ottiene un’esaltazione del comportamento asincrono degli alveoli con una maldistribuzione intra-polmonare dei gas (“effetto zoning”), un peggioramento del Va/Q e rischio d’iperinsufflazione delle aree a bassa costante di tempo.
L’effetto netto è che il volume di distensione del sistema non dipende solo dal volume di aria dall’esterno ma dipende anche da un volume di ridistribuzione interna all’interno del polmone.
Quando il paziente comincia ad avere polmoni malati, nelle aree del polmone addensate/pesanti(H) la pressione pleurica viene trasmessa più precocemente rispetto alle zone più areate perché il tessuto edematoso fa da stress-raiser e lo sforzo respiratorio viene trasmesso in maniera più intensa.
Ci sono dati certi che la ventilazione meccanica possa regolarizzare la distribuzione dei gas ma anche delle pressioni all’interno del sistema toraco/polmonare. Questo effetto è principalmente dovuto all’applicazione di una PEEP: perché non provarlo anche con la CPAP?
ATTENZIONE AI LIVELLI DI PEEP
La PEEP nei pazienti con compliance polmonari molto alte (e quindi polmone molto distensibile) provoca sovradistensione delle regioni con minor compliance del polmone con la risultante compressione del microcircolo polmonare locale che prova un aumento delle resistenze vascolari in queste zone.
Tutto questo provocherà una ridistribuzione del flusso ematico polmonare nelle zone non sovradistese che però saranno anche quelle “più malate” e questo non fa altro che aumentare l’effetto shunt.
Alte PEEP e posizione prona non permettono un reclutamento di aree collassate perché non ce ne sono così tante da reclutare, ma regolano e “aggiustano” la perfusione polmonare.
Lo shunt è già alto (50%) e aumentarlo può essere deleterio ma soprattutto pericoloso.
La vasocostrizione ipossica è la causa e l’effetto della grave ipossia: alti livelli di PEEP in questi pazienti possono aumentare questo circolo vizioso.
In questi casi bisogna concentrarsi più sulla perfusione piuttosto che la ventilazione.
SVEZZAMENTO DELLA CPAP
– precoce
– monitorizzare FR e distress respiratorio e NEWS (peggiorano in fretta)
– non guardare il P/F ma guardare la Sp02
– non avere paura della Fi02 perché non sono ipercapnici
– iniziare rapidamente a diminuire la PEEP perché diventano PEEP-dipendenti – l’effetto CPAP crolla quando si stacca il casco
– prima ai pasti e possibilmente alternare la CPAP con HFNC
RUOLO DELLA PRONAZIONE
La tradizionale posizione supina adottata dai pazienti nei letti degli ospedali è stata ampiamente criticata negli ultimi anni.
Il posizionamento supino porta a:
• Distensione delle aree ventrali e atelectasia degli alveoli dorsali (a causa di un aumentato gradiente di pressione trans-polmonare)
• Compressione degli alveoli sotto la pressione diretta del cuore e del diaframma che viene spinto cranialmente dai visceri addominali.
• Alterazione del rapporto V/Q: gli alveoli dorsali sono preferibilmente perfusi ma anche scarsamente ventilati.
Nell’ARDS “tipica”: le lesioni sono nelle zone del polmone più vicine alle vertebre, mentre in alto, verso lo sterno, il polmone sembra meno compromesso. Con la posizione prona, sempre tramite studi TC, è stato dimostrato un aumento di densità verso lo sterno.
Nacque così il modello, ancora valido, del polmone assimilabile ad una spugna. Pronare i pazienti significa “spostare” l’edema lesionale dalle zone posteriori a quelle anteriori e, siccome la perfusione si modifica solo lievemente, si ottiene una porzione maggiore di polmone ventilato e perfuso, cosa che fa aumentare l’ossigenazione.
La pronazione quindi serve soprattutto per la ridistribuzione del danno, soprattutto dell’edema “pesante”, perché è un edema lesionale e non idrostatico – è un edema denso.
Nei pazienti COVID19 l’effetto classico della pronazione viene a mancare perché viene a mancare nelle prime fasi l’edema “pesante”.
I potenziali benefici della pronazione includono:
• Ridistribuzione del flusso e della ventilazione (concettualmente simile a quello che viene fatto dalla PEEP) secondaria ad un’aerazione più omogenea del polmone e al miglioramento del gradiente di pressione transpolmonare ventro-dorsale)
• Reclutamento dei segmenti polmonari posteriori a causa dell’inversione dell’atelettasia
• Migliore eliminazione delle secrezioni
COME FARCI GUIDARE DAL PAZIENTE E NON DALL’EGA
Continuo ad avere in mente i numeri del P/F della giornata e i dubbi non fanno che aumentare:
– usare il casco non permette di avere valori precisi di Fi02 e con i caschi ricondizionati è ancora peggio; calcoliamo e confrontiamo con una precisione maniacale un rapporto senza avere dei numeri precisi al denominatore;
– 2 pazienti, 2 situazioni diverse: Pa02 63 al 21%, Pa02 150 al 50%. Il risultato è sempre 300 ma i pazienti sono molto diversi.
– Inoltre, l’iperossia è la cosa più innaturale che esista, avere una Pa02 oltre i valori fisiologici è dannoso, non utile con maggior produzione di ROS.
Per capire qualcosa di più anche sui numeri che quotidianamente vengono usati per valutare la funzionalità del sistema toraco-polmonare ispiriamoci agli insegnamenti del maestro Natalini:
– Il PaO2/FIO2 non è un indice di ipossia bensì di funzionalità del polmone (un po’ come la creatinina per il rene). Tanto maggiore è il mismatch ventilazione-perfusione, tanto peggiore è la funzione polmonare e quindi il rapporto PaO2/FIO2 sarà basso.
– Cosa ci dice invece la Pa02? La quantità di ossigeno “libero” disciolto nel sangue arterioso.
La maggior quantità di 02 però è legato all’emoglobina (quindi Sa02) che riesce a trasportare molto più efficacemente l’ossigeno rispetto a quello libero disciolto.
Per stimare la SaO2 è sufficiente usare la SpO2, letta tramite saturimetria.
Le conclusioni le lascio al maestro Natalini: “Al contrario nei pazienti con insufficienza respiratoria ipossiemica (tipicamente la ARDS), meno emogasanalisi si fanno, meglio è. In questi pazienti ci è sufficiente osservare la saturazione non-invasiva del saturimetro (SpO2) e cercare di mantenerla tra 90 e 95%. PaO2, PaO2/FIO2, PaCO2 e pH sono solo indicatori della gravità della malattia polmonare che non devono essere utilizzati per valutare l’efficacia dell’impostazione della ventilazione”.
COMMENTI PERSONALI
COVID19 è una sindrome complessa, dovuta all’infezione da SARS-COV-2 ma legata a una abnorme e disregolata risposta dell’organismo alla noxa patogena. L’organo più colpito è sicuramente il polmone, ma la tempesta citochinica scatena una risposta sistemica aggressiva e rapidamente evolutiva.
Dopo più di 1 mese di esperienza “sul campo” secondo me possiamo lanciarci verso alcune considerazioni:
– non dimenticare mai l’anamnesi! le manifestazioni di malattia cambiano in base a età e tempi di insorgenza: le malattie più brutte sono quelle più “trascurate” da tanti giorni, cioè quelli che hanno superato la fase “virale” e che sono in piena tempesta citochinica.
– All’arrivo del paziente bisogna innanzitutto valutare nel modo più accurato possibile il lavoro respiratorio del paziente; quello che guida il paziente è lo stimolo ipossico.
Come dicevamo prima: meccanica respiratoria, FR, distress respiratorio, utilizzo della muscolatura accessoria, movimenti diaframmatici (maggiore è il lavoro del paziente, tanto maggiore sarà l’escursione diaframmatica) e dei muscoli intercostali, spostamenti dell’addome, ecc.
– Rapida interpretazione degli ematici eseguiti: attenzione ai campanelli d’allarme come DDimero, ferritina, IL6, PCR, anemia, ipossia severa all’EGA, ecc.
– Ecografia toracica: Molto utile monitorizzare con l’ecografia il sovraccarico di fluidi e l’edema interstiziale; la CPAP può avere un ruolo nella fase “bagnata” di malattia, non a polmone consolidato. Tanto più peggiora il pSILI, tanto peggiora l’infiltrazione soprattutto mantellare e quindi tanto maggiori devono essere i segni ecografici.
– L’IOT precoce è stato l’unico modo che abbiamo avuto per “prendere tempo” e capirci qualcosa di più quando la situazione è stata davvero molto critica. L’IOT precoce però non è la soluzione di ogni male, bisogna cercare di essere più precisi nel selezionare i pazienti che merita un accesso precoce alla RIA.
Avvio di CPAP molto precoce, senza farsi guidare dal P/F.
Trial di durata non chiara, sicuramente bisogna valutare l’effetto dal punto di vista clinico prima che laboratoristico.
Non seguire le mode: meglio usare quello che si ha e che si sa usare, ventilare bene i pazienti con le macchine che si hanno a disposizione. Fare CPAP con una ventilatore e una maschera per NIV secondo me non ha molto senso, un po’ di supporto non ha mai ucciso nessuno.
Attenzione all’uso indiscriminato della CPAP: l’elevata PEEP in un polmone scarsamente reclutabile tende a provocare una grave compromissione emodinamica oltre che un possibile ulteriore danno polmonare nelle aree più distensibili.
Valutazione di efficacia della NIV
Nel paziente in NIV diventa fondamentale valutare la presenza di elevati volumi correnti (indice di elevato sforzo inspiratorio) e dalla valutazione della meccanica respiratoria.
Mai giocare con i numeri e soprattutto con quelli del volume corrente: in questi paziente trovare un volume corrente elevato è normale e legato all’aumentato drive respiratorio dell’ipossia, non è legato dal supporto che stiamo dando.
Se in questi casi abbassiamo il PS o la PEEP nella speranza di ridurre il volume corrente non garantiamo un supporto ottimale al nostro paziente, predisponendo ad una rapido fallimento della NIV.
SUPPORTO OTTIMALE = RIDUZIONE DEL LAVORO RESPIRATORIO (Frequenza respiratoria, utilizzo muscoli accessori, dispnea)
I pazienti che entro poche ore non avranno beneficio dalla CPAP/NIV, con ematici suggestivi per malattia aggressiva ed ecografia toracica caratteristica, meriteranno un trattamento intensivo in RIA per evitare pressioni negative intratoraciche eccessive e lesioni polmonari autoinflitte (pSILI).
Che ruolo può avere lo score HACOR?
Heart rate, Acidosis, Consciousness (GCS), Oxygenation, Respiratory rate.
HACOR > 5 pt predice necessità di IOT con specificità 90% e sensibilità 72%.
Conclusione
In questi pazienti tutto ciò che possiamo fare è guadagnare un po’ di tempo aspettando che superi l’infezione con il minimo danno aggiuntivo.
E se a questi pazienti associassimo all’ossigenoterapia una blanda sedazione? Per tranquillizzare il paziente e ridurre il pSILI, abbassare il tono catecolaminergico e migliorare l’adattamento alla ventilazione.
Il farmaco ideale in un contento di terapia sub-intensiva forse sarebbe la dexmedetomidina, ma è costosa e non disponibile in ogni struttura.
In mancanza di questa, un’idea è quella di usare basse dosi di morfina ev in infusione continua.
Una possibile strategia terapeutica potrebbe essere:
– ossigenoterapia fin dai primi segni di dispnea/desaturazione
– controllo della temperatura, attenzione ai picchi febbrili
– sedazione leggera con morfina ev in i.c. a bassi dosaggi per i pazienti con distress e elevato sforzo respiratorio, già dai primi segni di fatica
– se peggioramento del quadro clinico/ecografico, inizio di CPAP/NIV
– durante la ventilazione devono essere frequentemente monitorate le variazioni dell’HACOR score
– valutare cicli di pronazione e/o ventilazione da seduti
Se, nonostante tutto, il paziente peggiora contattare i rianimatori per IOT e prosecuzione delle cure in un setting più intensivo.
Cosa ne pensate?
BIBLIOGRAFIA
- ARDS Definition Task Force., Ranieri V, Rubenfeld G, et al. Acute respiratory distress syndrome: the Berlin Definition. JAMA. 2012;307(23):2526-2533. doi:10.1001/jama.2012.5669
- Gattinoni L, Coppola S, Cressoni M, Busana M, Rossi S, Chiumello D. Covid-19 Does Not Lead to a “Typical” Acute Respiratory Distress Syndrome. Am J Respir Crit Care Med. March 2020. doi:10.1164/rccm.202003-0817LE
- Gattinoni L, Chiumello D, Caironi P, et al. COVID-19 pneumonia: different respiratory treatments for different phenotypes? Intensive Care Med. April 2020. doi:10.1007/s00134-020-06033-2
- https://emcrit.org/pulmcrit/happy-hypoxemia-physiology/
- https://emcrit.org/wp-content/uploads/2020/04/2020-04-12-Guidance-for-conscious-proning.pdf
- https://emcrit.org/wp-content/uploads/2020/04/COVID-CARP-Protocol-postable.pdf
- https://emcrit.org/wp-content/uploads/2020/04/Self-Proning-Positioning_Eng-n-Spanish.pdf
- https://emcrit.org/wp-content/uploads/2020/04/COVID-Oxygen-Management-Flowchart-SDW-edits.pdf
Grande Traversa, grazie per la sintesi e la chiarezza.
Nella mia esperienza di urgentista in PS e in una medicina d’urgenza adattata a subintensiva COVID, abbiamo ventilato con CPAP e casco, CPAP e ventilatore in maschera, NIV in maschera, numerosi pazienti con interstiziopatia COVID-relata e insufficienza respiratoria acuta e P/F32 mmHg, responsivi alla pronazione e con una prevalenza di vetro smerigliato rispetto a consolidamenti.
Grazie Andrea per i complimenti! La condivisione è stato uno degli insegnamenti più importanti del COVID!
Nella teleconferenza proposta da Voi ad inizio aprile il Dott. Mirko Di Capua
ha parlato molto chiaramente dello svezzamento precoce da cpap e del monitoraggio della frequenza respiratoria e del distress respiratorio invece del p/f.
vi invito a guardarlo perché è davvero molto esauriente.
Grazie Deborah, concordo con te era davvero molto interessante. I webinar e in generale tutto il movimento FOAMed è stato davvero fondamentale in questa emergenza COVID.
Complimenti per l’articolo , davvero interessante.
Volevo chiederle se nei pazienti Covid, classificati come Tipo L , la vasoplegia polmonare provochi un V/Q basso poichè l’aumento relativo di perfusione polmonare che mal si accoppia con la ventilazione? o la vasoplegia non garantisce la perfusione adeguata comportando zone in cui vi è una ventilazione aumentata ma non sufficientemente perfusa e quindi un V/Q alto? grazie.