Dopo 2 mesi in un pronto soccorso “covid”, mi piacerebbe condividere con voi alcune considerazioni e soprattutto un sacco di dubbi e perplessità.
Prima di tutto un “nostra culpa”. Come convivere con il senso di colpa di non aver mai studiato i coronavirus? Perché li abbiamo sottovalutati?
I Coronavirus
All’Università ci hanno spiegato che sono virus a RNA, presentano delle spicole pericapsidiche che gli conferiscono un aspetto a corona, sono virus rivestiti, hanno una replicazione citoplasmatica RNA polimerasi RNA dipendente. Patogenesi e Trasmissione: Via aerea tramite droplets e contatto diretto tramite le mani.
“Studia il passato se vuoi prevedere il futuro.”
Così diceva Confucio
2002: A novel Coronavirus associated with Severe Acute Respiratory Syndrome
Tra il 2002-2003 si sono verificati circa 8098 casi con 774 decessi, con un tasso di mortalità del 9% (molto più alto nei soggetti anziani, con tassi di mortalità che si avvicinavano al 50% nei soggetti di età superiore ai 60 anni).
L’epidemia di SARS-CoV è stata controllata nell’estate del 2003 e da allora il virus non è più tornato.
2013: MERS-CoV
Un nuovo CoV umano, chiamato Middle East Respiratory Syndrome-CoV (MERS-CoV), è risultato essere l’agente causale di un’altra sindrome respiratoria acuta in Arabia Saudita e in altri paesi del Medio Oriente.
Al 27 agosto 2014, ci sono stati in totale 855 casi di MERS-CoV, con 333 morti e un tasso di mortalità di quasi il 40%, secondo l’ECDC (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie).
Cosa dice la letteratura di SARS:
I sintomi clinici al momento del ricovero includevano: febbre, tosse, mialgia e dispnea sia in SARS che in MERS, meno frequenti i sintomi di infezione del tratto respiratorio superiore come mal di gola.
Sintomi atipici come diarrea e vomito sono stati osservati sia in pazienti con SARS che con MERS. Denominatore comune a tutti i pazienti era la febbre superiore a 38 °C. Successivamente poteva comparire anche la dispnea.
I sintomi normalmente si manifestavano tra i due e i dieci giorni successivi all’esposizione, ma sono stati osservati pazienti manifestare sintomi anche 13 giorni dopo l’infezione. Sia la SARS che la MERS presentano uno spettro di gravità della malattia che va dai sintomi simil-influenzali alla sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) di cui circa il 10% – 20% dei casi hanno richiesto l’intubazione.
Non esisteva nessuna manifestazione patognonomica, ma spesso si osservavano infiltrati infiammatori irregolari nei polmoni.
All’ HRTC: ground–glass opacity era l’anomalia più comune (66%), seguita da consolidamento di un lobo (18%) e raramente versamento pleurico (4%).
Gli studi indicavano una tendenza a una neutrofilia e una linfopenia. Altri test di laboratorio mostravano un aumento del lattato deidrogenasi, dei livelli di creatina-chinasi, della ferritina e della proteina C reattiva.
Circa il 25% dei casi di SARS è stato diagnosticato con quadro di ARDS e il tasso di mortalità associato ad ARDS ha superato il 50%. I pazienti anziani con SARS avevano una prognosi sfavorevole con tassi di mortalità del 50% nei pazienti di età superiore ai 65 anni.
I target dell’infezione da SARS-CoV sono le cellule ciliate dell’epitelio delle vie aeree e pneumociti di tipo II alveolari.
L’ARDS è anche associata all’induzione di citochine infiammatorie tra cui IL-1, IL-6, IL-8, CXCL-10 e TNFa, molte delle quali erano altamente espresse nei polmoni dei pazienti con SARS.
La presenza di linfopenia e la “tempesta di citochine” può avere un ruolo importante nella patogenesi della malattia, soprattutto delle forme più gravi.
Un po’ di fisiopatologia:
Mentre SARS-CoV e SARS-CoV-2 sembrano condividere il recettore di ingresso alle cellule (ACE2), MERS-CoV utilizza un diverso recettore (dipeptidil peptidasi (DPP)-4).
Il recettore putativo di SARS-CoV-2, ACE2, è principalmente espresso in un piccolo sottogruppo di cellule polmonari chiamate cellule alveolari di tipo 2.
È stato riportato che SARS-Co-V infetta direttamente i macrofagi e le cellule T, una caratteristica chiave nella patogenesi di questa famiglia di virus.
Le attuali osservazioni indicano che i coronavirus si sono particolarmente adattati per eludere il sistema immunitario e inizialmente smorzare le risposte immunitarie umane.
Ciò spiega in parte perché tendono ad avere un periodo di incubazione più lungo, in media 2-11 giorni rispetto ad altri virus (come l’influenza, 1-4 giorni).
Un’efficace risposta immunitaria innata contro l’infezione virale dipende fortemente dalle risposte di tipo I dell’interferone (IFN) e dalla sua cascata a valle che culmina nel controllo della replicazione virale e nell’induzione di una risposta immunitaria adattativa efficace.
Per innescare una risposta antivirale, le cellule immunitarie innate devono riconoscere l’invasione del virus, attraverso molecole associate ai patogeni (PAMP). I PAMP (pezzi di RNA genomico virale o intermedi durante la replicazione virale) sono riconosciuti dai recettori dell’RNA endosomiale, TLR3 e TLR7, e da altri recettori citosolici. Questi attivano la cascata di segnalazione a valle, accompagnata dalla loro traslocazione nucleare. Nei nuclei, questi fattori di trascrizione inducono l’espressione dell’IFN di tipo I e di altre citochine pro-infiammatorie e queste risposte iniziali costituiscono la difesa di prima linea contro l’infezione virale.
Sulla base del confronto della sequenza genomica, SARS-CoV-2 condivide la somiglianza genomica con SARS-CoV o MERS-CoV, rispettivamente circa il 79% e il 50%. Il genoma di SARS-CoV-2 contiene anche regioni geniche aggiuntive. È dunque verosimile che SARS-CoV-2 utilizzi strategie simili per modulare la risposta immunitaria innata dell’ospite, in particolare per smorzare la risposta IFN di tipo I.
Che cosa ci potevano suggerire tutte queste notizie? Come avrebbero potuto aiutarci? In teoria conoscevamo il potenziale del SARS-CoV-2 e forse dovevamo farci trovare più pronti… Se avessimo conosciuto meglio la malattia l’avremmo riconosciuta prima, trattata meglio e fronteggiata con più consapevolezza.
Ne siamo così sicuri?
ndr
SEPSIS-4?
Siamo diventati bravi a parlare di sepsi, ma forse esistono vari tipi di sepsi. La risposta dell’organismo a un batterio è sicuramente diversa da quella scatenata da un virus. Cosa ci ha insegnato SEPSIS-3? Disregolata host response a una noxa patogena + Rapido riconoscimento della malattia e della sua evolutività (qSOFA e SOFA score).
1° problema: si parlava di sepsi “batterica”, non era così chiaro se le stesse regole valessero per sepsi “virale”.
2° problema: questi pazienti non hanno una terapia antivirale mirata, non hanno alterazioni emodinamiche e non è facile fare diagnosi precoce.
Secondo me non si può parlare di COVID19 come di una singola patologia bensì bisogna considerarla una sindrome, le cui manifestazioni sono diverse e a volte ancora poco chiare.
1° fase: replicazione del virus / batterio
2° fase: disregolata risposta dell’ospite
DIFFERENZE:
– la fase di replicazione del virus può essere molto più lunga di quella batterica, fino a 4-10 giorni
– la disregolata risposta dell’ospite all’infezione virale è completamente diversa da quella in risposta ai batteri: non ci sono lattati, valori sempre normali nonostante Pa02 molto molto basse: apparentemente la Delivery di 02 è conservata, non c’è metabolismo anaerobio nonostante l’ipossia. Scorporiamo la formula della D02=CO x CaO2. Il CO è conservato, da quello che ci dicono la letteratura e gli intensivisti della RIA. Il contenuto arterioso di 02 [(1.34 X Hb X SaO2) + (0.003 X PaO2)] ci spiega come mai il Pa02 influisce solo in piccola parte sulla delivery mentre sono più importanti l’Hb e la Sa02.
– non sembra esserci un danno del microcircolo, con il danno del glicocalice e l’effetto shunt a livello pre-capillare. Per questo l’ossigeno sembra riuscire ad arrivare alle cellule. Non vi è marezzatura cutanea e i pazienti non sono freddi, non vi è cianosi e il refill capillare è conservato.
– ma soprattutto sembra che l’ossigeno riesca ad arrivare all’interno dei mitocondri! I pazienti, anche i più gravi, non sembrano avere una MOF tipica del paziente con shock settico, probabilmente legata al fatto che non vi è disfunzione mitocondriale.
– i sintomi “sistemici” sembrano essere correlati a una cascata citochinica, che come già spiegato per la SARS, sembra essere uno squilibrio tra una immunità innata “spenta” dal virus nelle prime fasi e una disregolata risposta immunitria adattativa.
– Sembra esserci uno stato ipercatabolico molto importante, probabilmente legato a un effetto dell’interferone tipico della risposta virale.
Conclusioni #parte1:
Potevamo e dovevamo farci trovare più pronti per fronteggiare questo maledetto SARS-CoV-2. Ma stiamo lavorando tutti insieme e con un senso di appartenenza e solidarietà che non si era mai visto. Con questo spirito supereremo tutte le difficoltà.
Abbiamo imparato da poco a capirci qualcosa di sepsi, grazie a questo virus ora dobbiamo ripensare a nuovi paradigmi per la definizione di sepsi.
Nella #parte2 ci concentreremo sulla ventilazione e cercheremo di dirimere il grande dilemma: PEEP o non-PEEP?
Bibliografia:
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https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1111/resp.13196 - FEHR, Anthony R.; PERLMAN, Stanley. Coronaviruses: an overview of their replication and pathogenesis. In: Coronaviruses. Humana Press, New York, NY, 2015. p. 1-23.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4369385/ - TOTURA, Allison L.; BARIC, Ralph S. SARS coronavirus pathogenesis: host innate immune responses and viral antagonism of interferon. Current opinion in virology, 2012, 2.3: 264-275.
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