Questo post parla di bugiardini, di etichette, di un farmaco dal colore bellissimo e dal profilo eccezionale – Questo post parlerà di sicurezza, e racconterà della triste morte di Michael Jackson.
Questo post, diviso in due puntate, parlerà di propofol.
Mi stupisco sempre di fronte all’atteggiamento di serena inerzia dei medici, che insistono in prescrizioni pericolose o controindicate; allo stesso tempo si fermano davanti a farmaci la cui sicurezza è dimostrata da quintali di letteratura scientifica.
Prendiamo il propofol, un potente agonista GABAergico con brevissima emivita, ad azione ultrarapida, e quindi diventato il farmaco di riferimento per la sedazione procedurale. La letteratura scientifica è unanime nel riconoscere la sicurezza del propofol nella sedazione procedurale eseguita dal medico d’emergenza: un lavoro inglese specifica nell’introduzione che:
“la sicurezza del propofol è stata già dimostrata, e che il suo uso dovrebbe essere promosso.”
Eppure…
…eppure viene spesso visto come un farmaco ad esclusivo uso anestesiologico (non è vero), pericoloso (non è vero, a patto di conoscerlo bene), e il cui uso dovrebbe essere ristretto.
Krauss, in un lavoro di qualche anno fa, parlava già delle barriere alla diffusione di questo farmaco: ancora oggi, c’è molta confusione sulla possibilità di un non anestesista ad utilizzarlo. Per meglio spiegare il grado di confusione, basti pensare che il bugiardino del propofol con il suo nome commerciale più famoso lo indica come ad uso esclusivo anestesiologico; il bugiardino del generico specifica invece che possa essere utilizzato sia dall’anestesista che dal medico esperto di terapia intensiva (e quindi anche all’urgentista).
Già il fatto che il medesimo farmaco abbia due bugiardini differenti mi fa venire qualche dubbio sulla loro utilità, soprattutto se pensiamo a due elementi fondamentali:
- la possibilità di utilizzare farmaci offlabel di cui abbiamo già parlato, se l’evidenza scientifica è soverchiante
- la legge Gelli, che tutela il professionista sanitario se si muove nell’alveo di linee guida e di protocolli validati e supportati da evidenza scientifica.
Quindi parliamo di lui, del propofol,
e per farlo prendiamo a riferimento l’update sulle linee guida cliniche sulla sedazione procedurale con propofol pubblicate sugli Annals of Emergency Medicine da Krauss quest’anno. E vedremo come questo farmaco non ha eguali, in termini di sicurezza, a patto di utilizzarlo con competenza e consapevolezza.
Il lavoro si apre con un punto fermo, che possiamo tradurre con
“L’uso del propofol nella sedazione procedurale in medicina d’emergenza fu descritta per la prima volta da Swanson nel 1996. Evidenze cliniche peer-reviewed nelle successive due decadi hanno dimostrato l’efficacia e la sicurezza del propofol per questo uso.”
1 a 0, palla al centro.
CONTROINDICAZIONE ASSOLUTA:
una e una sola. L’allergia al propofol. Non alle uova. Il propofol è veicolato con lecitine ed altre sostanze grasse dell’uovo, e pertanto un tempo si poneva cautela nei soggetti allergici a questo alimento. In realtà, l’allergia all’uovo è veicolato da proteine, non da lipidi, e pertanto il paziente allergico alle uova NON è allergico al propofol; sebbene possa esistere un rischio (teorico e mai dimostrato) che residui proteici possano contaminare i grassi di preparazione del propofol, le evidenze scientifiche sono molto chiare ed escludono ogni rischio.
CONTROINDICAZIONI RELATIVE:
il propofol dovrebbe essere usato con cautela in
- pazienti con classe ASA elevata (III e IV)
- pazienti anziani (il rischio diventa significativo sopra i 75 anni di età)
- lattanti sotto i 6 mesi
- pazienti con ipovolemia
condizioni in cui si raccomanda una riduzione della posologia del propofol o, se possibile, l’utilizzo di un altro farmaco. Se la classe ASA elevata costituisce, in genere, un limite alla sedazione procedurale del medico d’emergenza a meno di situazioni d’emergenza, e se i lattanti sotto i 6 mesi richiedono competenze e specializzazioni del tutto specifiche, le altre due situazioni meritano considerazioni a parte.
GLI ANZIANI: la classe ASA non contempla l’età, e può essere giustamente considerato un fattore di rischio indipendente. Il paziente anziano è particolarmente suscettibile agli effetti del propofol sulle vie aeree, ma la stessa cosa si può dire del midazolam: non vedo particolari controindicazioni nel soggetto anziano in classe ASA 1 e 2, se non una riduzione del dosaggio (vedi oltre), ed una aumenta cautela nell’osservazione del paziente. L’emivita del propofol è e rimane breve nel paziente anziano, anche se si osserva spesso un modesto incremento con un risveglio più tardivo (sui 10′) rispetto al giovane.
L’EMODINAMICA: L’altro aspetto è l’instabilità emodinamica o l’ipotensione da ipovolemia: il propofol in questi pazienti determina un peggioramento della stabilità grazie al suo effetto di veno e arterodilatatore, per cui non rappresenta la scelta ottimale (che potrebbe essere la ketamina).
DIGIUNO:
non esistono evidenze sulla necessità di digiuno prima di una sedazione procedurale, e lo stesso vale anche se si usa il propofol. Il rischio di vomito durante la sedazione procedurale è in genere piuttosto basso, perché non c’è manipolazione delle vie aeree. Ne consegue che le linee guida per le procedure in elezione non sono applicabili alla sedazione procedurale, che non è una procedura anestesiologica. Il rischio di vomito ed aspirazione durante una sedazione procedurale deve essere tenuto in conto anche se il paziente è a digiuno. Una ottima strategia valuta la necessità del digiuno in relazione al grado di urgenza della procedura: se la procedura è necessaria per il rischio di vita o di funzione, il digiuno è ininfuente; se la procedura è rimandabile (pensiamo ad una cardioversione nel paziente stabile), diviene più importante tenere in considerazione un periodo di digiuno.
TEAM:
chi usa il propofol deve avere esperienza con questo farmaco, conoscere i suoi effetti e le reazioni avverse, ed essere in grado di anticipare la risposta. Ho usato il termine “anticipare” in modo preciso: non si deve attendere la “desaturazione” per intervenire, perché l’apnea o l’ipoventilazione sono insorte da almeno 2 minuti. Chi somministra il propofol deve avere competenze nelle tecniche di rianimazione e di gestione delle vie aeree: ricordiamo però che l’emivita brevissima del farmaco (3 minuti circa) ci garantisce la massima sicurezza possibile, e pertanto un intervento sulle vie aeree richiede, in genere, la sola apertura delle stesse o, al massimo, una ventilazione con pallone ambu.
Il farmaco, ovviamente, deve essere somministrato in un luogo attrezzato per procedure d’urgenza
con saturimetro, strumenti per aspirazione, strumenti per la gestione delle vie aeree, un monitor ECG e, idealmente, anche un capnografo. Da un punto di vista teorico, si consiglia che chi somministra il propofol non esegua anche la procedura, per avere un controllo diretto delle vie aeree del paziente: rispetto al midazolam, l’impatto sulla dinamica respiratoria è senza dubbio maggiore e quindi è un approccio saggio. Se chi lo somministra esegue anche la procedura, deve effettuare un controllo attento delle complicanze ed essere pronto ad interrompere la procedura in caso di evento avverso.
DOSAGGIO
ADULTI: 1 mg/kg
ANZIANI: 0.025-0.5 mg/kg
BAMBINI PICCOLI (tra i 6 mesi e i 3 anni): 2 mg/kg
BAMBINI E ADOLESCENTI: 1.5 mg/kg
titolando con boli successivi (dimezzati rispetto al primo) ogni 1-3 minuti fino al raggiungumento del target di sedazione necessario.
Il propofol si può associare con gli oppiacei, per quanto non ne veda l’utilità per le finalità di una sedazione procedurale. Il propofol, sebbene privo di azione analgesica, da solo permette una sedazione profonda, e l’oppiaceo nulla può per contrastare il picco di dolore acuto della procedura. Infine si può associare alla ketamina (ketofol), associazione sicura ed efficace ma di cui ho scarsa esperienza. In generale, preferisco un solo farmaco alla dose necessaria, anziché due alla dose dimezzata.
SICUREZZA
Il propofol, lo abbiamo intuito, spaventa e forse l’elemento che più preoccupa è l’assenza di un antidoto. Davvero? per 6 minuti di possibile apnea in cui possiamo supportare le funzioni vitali del nostro paziente? paradossalmente, la presenza di un antidoto per il midazolam ci crea una falsa sicurezza, considerando la sua lunga emivita. Al termine della procedura il paziente non ha più lo stimolo doloroso, ne la continua stimolazione da parte del personale sanitario: se abbiamo utilizzato il midazolam, il livello di coscienza si può approfondire. La rapidità d’azione del propofol ci fa superare tutto questo, offrendo grande sicurezza……a patto di sapere cosa aspettarci:
depressione delle vie aeree:
il propofol causa depressione della funzionalità respiratoria, soprattutto a dosaggi elevati e soprattutto nei soggetti anziani. E’ un effetto che si osserva più frequentemente rispetto al midazolam ed è l’evento avverso più comune. Attenzione: in sedazione procedurale si definisce “evento avverso” qualsiasi intervento sul paziente, anche solo l’apertura delle vie aeree con il sollevamento del mento – che poi, spesso, è il solo intervento necessario.
La depressione respiratoria deve essere anticipata osservando il cambiamento della dinamica respiratoria,
o osservando l’incremento della pCO2 espiratata se abbiamo il capnografo, ma non deve essere mai osservata con il saturimetro. Se accade, stiamo trattando una depressione respiratoria di due minuti prima, di cui non ci siamo accorti. Se l’apertura delle vie aeree non è sufficiente, ventiliamo il paziente con il pallone ambu sino al risveglio. La preossigenazione ci aiuta? aumenta l’intervallo di saturazione normale in caso di depressione respiratoria e in linea di massima aumenta la sicurezza del paziente, ma non riduce il livello di attenzione sulla dinamica respiratoria.
ipotensione:
trascurabile nel paziente normovolemico, diventa sensibile se il paziente è ipovolemico. E nel paziente instabile per una aritmia cardiaca? adesso parlo per esperienza personale: preferisco il propofol perché il paziente non è ipovolemico, e la rapidità della sedazione mi permette di ripristinare la stabilità emodinamica.
dolore nella sede di infusione:
nell’adulto si osserva raramente, soprattutto per vene di piccolo calibro. Se possibile, infonderlo in vene di calibro maggiore; nei bambini è più frequente, e si può ovviare somministrando anche lidocaina al dosaggio di 0.5mg/kg
aspirazione:
come tutti i sedativi centrali, dobbiamo tenere conto del rischio di aspirazione, che però è più teorico che reale. Intanto, il propofol esercita un’azione antiemetica centrale, che riduce il rischio assoluto di aspirazione: sulla base della letteratura si assesta sullo 0.05%. Si può idealmente osservare in 5 casi su diecimila sedazioni. E il rischio di morte per aspirazione? è stato calcolato in circa il 3% su tutti i casi di aspirazione, ossia 0.000015% su tutte le procedure con propofol (circa 1 caso su 1 miliardo).
L’emivita così breve ci permette di dimettere il paziente una volta che ha recuperato lo status psicofisico posseduto prima della sedazione procedurale. Si consiglia cautela nelle 24 ore successive perché qualche metabolita del propofol può determinare sonnolenza successiva, per quanto teorica.
Da quanto abbiamo esposto poc’anzi, emerge con chiarezza la maneggevolezza e la sicurezza del propofol in mano esperte – che possono e devono essere quelle del medico d’emergenza.
Per definire con maggiore chiarezza questa grande sicurezza, non ci resta che raccontare una storia. Una storia triste: la storia della morte di Michael Jackson.
Come è possibile che l’evento più eclatante che abbia coinvolto il propofol sia in grado di spiegarne la sicurezza?Ne parliamo alla prossima puntata….
(segue)
Bellissimo post, complimenti Alessandro per la chiarezza su un farmaco ancora troppo poco utilizzato inPS
Grazie mille!
Scusate, ma
Nelle terapie intensive lavorano esclusivamente anestesisti rianimatori, non urgentisti
Gli unici che utilizzano quotidianamente il propofol sono gli specialisti che lavorano ogni giorno in sala operatoria e in terapia intensiva, e il propofol non è un giocattolo da usare 10 volte all’anno.
Nessun anestesista fa una sedazione profonda se il paziente non è digiuno (un motivo ci sarà? )
Essendoci un rischio effettivo di vomito durante la perdita dei riflessi della deglutizione , è necessario avere una competenza nel gestire in modo avanzato le vie aeree non solo in caso di apnea (l’evento più ovvio e semplice) , ma anche il vomito e le vie aeree ostruite dal vomito con tutto ciò che ne può conseguire. Gli urgentisti hanno queste skills? Quante volte gestiscono queste situazioni all’anno? Le competenze si acquisiscono sui manichini , sulle linee guida, sui libri , nei pronti soccorsi quando per fortuna raramente si possono presentare emergenze del genere,
Oppure nella pratica quotidiana di chi per professione gestisce farmaci e vie aeree in tutti i modi e situazioni ogni santo giorno?
Un’altra cosa: gli anestesisti non usano il propofol se sussiste un’allergia all’uovo.
Scusate , ma certi farmaci non si possono usare solo perché dei bugiardini o linee guida (cosa sono le linee guida rispetto le soggettività di ogni singolo caso clinico , che sappiamo possono avere una estrema variabilità ed imprevedibilita’ anche in itinere) lo scrivono. Le competenze e l’esperienza quotidiana nel saper gestire tutte le situazioni che vanno dalla routine all’emergenza più terribile sono un’altra cosa . Il propofol è un farmaco che fa parte di questo. Non è e non dovrebbe essere considerato giocattolo di uso comune.
Non vuole essere un’offesa a nessuno questo mio commento, ma solo una puntualizzazione di alcuni aspetti.
Arianna, hai letto il post, da nessuna parte traspare che il propofol sia da considerare un giocattolo.
Sul digiuno, esistono numerosi studi che ne trattano e sinceramente vorrei che mi venisse portato il motivo per cui il digiuno è sempre importante a prescindere (e non un generico “un motivo ci sarà”): ovvio che non si fa una sedazione procedurale rimandabile se il paziente ha anche mangiato uno snack, ma se non è rimandabile, il digiuno non è così rilevante. I dati sul vomito e sulle aspirazioni da propofol in sedazione procedurale on medicina d’emergenza sono peraltro chiari.
Tu parli di complicanze, ma la sedazione procedurale in mano all’urgentista preparato e competente si è dimostrata sicura: quindi di cosa parliamo? Sempre di dati, che mancano e invece abbondano murate sulle competenze anestesiologiche a fronte di competenze considerate sempre insufficienti per i MEU.
Però su una cosa, mi dispiace, ti devo contraddire. Io, per esempio, non faccio 10 sedazioni con propofol all’anno, ma un numero ben superiore ogni mese, con un protocollo di reparto con aree e competenze definite, rispettando ovviamente le competenze superiori del collega anestesista rianimatore.
Per l’allergia alle uova, beh, le evidenze sono andate avanti…
Ma soprattutto, non far trasparire dal tuo commento che nel post si tratti il propofol come un giocattolo. Richiede conoscenza, competenza ed esperienza, che il medico d’urgenza può possedere. Nessuno si deve improvvisare, ovviamente. Ma anni di studi e metanalisi hanno dimostrato la sicurezza del propofol in mano al medico d’urgenza competente ed esperto.
Scusa
Abbi pazienza
Il propofol è un anestetico generale dunque ad esclusivo uso anestesiologico (secondo il bugiardino ufficiale) . Solo la denominazione “anestetico generale” rende chiaro la pertinenza dell’utilizzo.
Sul foglietto illustrativo dei generici è scritto chiaro : deve essere somministrato esclusivamente da anestesisti o da medici specialisti operanti in unità di terapia intensiva.
In Italia gli unici medici che possono lavorare nelle terapie intensive sono gli specialisti in anestesia e rianimazione. Quindi la sostanza non cambia .
O sbaglio? Mi sono persa qualcosa? La specialità di anestesia /rianimazione ha equipollenza con altre specialità?
– “Se chi lo somministra esegue anche la procedura, deve effettuare un controllo attento delle complicanze ed essere pronto ad interrompere la procedura in caso di evento avverso.” -Ma davvero pensate di usare questo farmaco ed eseguire la procedura per mano di uno solo di voi? Davvero esistono articoli e linee guida che autorizzano questa modalità di gestione? Li puoi indicare?
– “Il propofol, lo abbiamo intuito, spaventa e forse l’elemento che più preoccupa è l’assenza di un antidoto. Davvero? per 6 minuti di possibile apnea in cui possiamo supportare le funzioni vitali del nostro paziente?” –
6 minuti di apnea? Sulla base di cosa quantifichi i minuti di apnea? La farmacologia e la farmacodinamica del propofol dipendono dalla dose, dall’età del paziente, dalle patologie, dalla clinica e non sono esprimibili in un banale numero generico di 6 minuti . Non lo trovo serio né corretto.
-” Se la classe ASA elevata costituisce, in genere, un limite alla sedazione procedurale del medico d’emergenza a meno di situazioni d’emergenza,…”-
Nelle situazioni d’emergenza però va sempre chiamato il rianimatore , percio il problema non si pone. Ma se il limite sarebbe la classe ASA 1-2 , perché poi scrivi che preferisci usarlo nel paziente instabile con aritmia cardiaca ?(per definizione l’instabilità clinica corrisponde ad un ASA di minimo 3 e dunque si porrebbe il limite all’utilizzo di un urgenzista, contrariamente a quanto dici di fare tu)
– ” Questo post rappresenta il punto di vista dell’urgentista che tratta con estremo rispetto un farmaco che (per legge) può utilizzare,…”
Per favore puoi citare l’articolo di legge che autorizza un non anestesista ad usare il propofol in Italia?
Grazie se mi rispondi a questi appunti
Con cordialità
(Scusatemi non voglio sembrare noiosa, ma mi interessano molto le risposte a queste mie domande)
Non ho più risposte se non vogliamo trovare un incontro. Se è evidente che per te, come per molti rianimatori, il propofol è di esclusivo utilizzo anestesiologico, allora non posso risponderti. In realtà, in tutto il mondo il propofol è in protocolli meu per la sedazione procedurale, e quindi in scienza e coscienza certo che un medico d’emergenza preparato lo può utilizzare. Per legge (peraltro del 1936) solo le radiazioni ionizzanti e i gas anestetici sono vincolate ad una specializzazione. Il propofol non è un gas e quindi, per legge, si può usare. Ovviamente assumendosi le proprie responsabilità. I minuti di apnea… È una frase estrapolata dal contesto, e si rivolgeva al confronto con il midazolam… Che continua a spaventarmi di più del propofol. È evidente che, come hai letto nel post, il paziente non viene mai abbandonato e controllato con occhi, saturimetro e capnografo… E la questione procedura: è indicato così nel lavoro di Krauss, quindi rivolgi le tue perplessità (che condivido, peraltro) algli Annals. Nei corsi, spiego chiaramente che ci vuole un sanitario esperto alla testa del malato e che quindi chi somministra il propofol non esegue la procedura.
E infine, la questione instabilità. Sei troppo intelligente (lo dico senza ironica) per non capire il contesto. Se il paziente ha una aritmia instabile è un classe Asa 3, ma se è instabile, perdonami, non attendo l’intervento del rianimatore. Inizio a trattarlo. Credo che questo sia assistenza, e non vedo come si possa criticare.
Ma ancora non mi hai risposto. 1 mg kg, o 0.5 mg kg negli anziani (possiamo discutere sugli anziani, semmai, che hanno risposte importanti) possono davvero essere rischiose? Io ho i dati che ho presentato. Tu, ancora, non mi hai presentato un articolo, un testo, che dimostri la pericolosità del propofol basandosi su casististiche. Ovviamente non può essere diffuso il suo utilizzo, la. Competenza deve essere garantita, cerchiamo di valutare come garantirla, ma senza dati che dimostrino la sua pericolosità in mano MEU, la tua difesa è Corporativistica. Io attendo dati. Senza una risposta scientifica, non voglio proseguiremo in questo stillicidio di polemiche
Alessandro l’esperienza l’acquisisci con la pratica quotidiana. Non con pratiche saltuarie. I cosiddetti rischi bassi di vomito enunciati dalle linee guida equivalgono a dei casi accaduti . La gestione avanzata delle vie aeree in caso di vomito e tutte le variabili prevedibili o imprevedibili richiede un’esperienza quotidiana sulle vie aeree . La denominazione di “medico esperto”
Cosa significa?
Un medico che usa il propofol e intuba 3-4- 10 volte al giorno ogni giorno pazienti di ogni tipo e ogni situazione clinica (dai bambini , ai grandi geronti, ai paz con shock di ogni genere , ai politraumatizzati,) per tot anni,
Oppure è esperto un medico che che usa questo farmaco e -forse- intuba alcune volte la settimana ( bambini , politraumi, stati di shock ecc spero esenti da tali procedure con il MEU) ?
Tutto è relativo
I dati….mah….sono tanto belli i dati …ne ho visti così tanti da quando ho iniziato a studiare . Sulla carta però.
Poi per molte situazioni mi sono resa conto che la pratica , quella vera , dove sei da solo e nella peste fino al collo , quella dove dopo l’anestesista purtroppo non c’è nessuno , è un’altra cosa . E là sì che l’esperienza conta veramente. La carta e i dati sai dove li butti? Perché l’imprevisto e la vera urgenza stanno lì, dietro l’angolo. Sempre. E quel “basso rischio” non impedisce loro di palesarsi. E poi …c’è il giudice , al quale devi dimostrare di avere operato con la stessa rapidita’ e competenza di chi per lavoro fa queste cose ogni santo giorno ., e che comunque si può trovare nonostante tutto in difficoltà. Ad ogni modo il mio voleva essere solo un monito. Ognuno poi deve fare ciò che crede, assumendosi la completa responsabilità.
Grazie intanto del tono, lo gradisco molto. La questione è complessa, e allora non potrei neppure somministrare l’antiaritmico perchè potenzialmente pericoloso, ne effettuare una cardioversione elettrica. I dati, le linee guida, la legge Gelli… Servono tutte per dimostrare, se si è operato nel modo giusto, con competenza acquisita e dimostrata per quel tipo di pratica, che non c’è negligenza. E comunque, la sedazione procedurale è pratica a sé stante. Questo è riconosciuto. Se non lo si vuole accettare, amici come prima…
Gentile Arianna,
nessuno vuole banalizzare l’uso di un farmaco così efficace e ti assicuro che le skills vengono acquisite con impegno e professionalità. I medici d’urgenza hanno ormai raggiunto in tutto il mondo un ruolo ben definito per ambiti e competenze è ora che ciò venga compreso anche in Italia.
Svolgiamo tutti un lavoro molto complesso che risulta un po’ più leggero se si collabora insieme nel rispetto dei ruoli senza alzare anacronistici distinguo.
Buon lavoro
Grazie!
Caro Alessandro,
ho letto tutto d’un fiato il tuo post. Di grande valore educativo per me e, son convinto, per molti che come me condividono la Medicina praticata in Prima Linea. Un post scritto, come sempre e come molti altri in questo blog, con la forza della passione e dell’amore per questo lavoro, ma supportate da una rigorosissima ricerca, riferimenti precisi e senso critico. C’è sempre molto, e inevitabilmente, dell’esperienza individuale, ma mai si scade nell’autoreferenzialità.
Al di là dei vari modi di esporre che sovente si caricano di uno stile piacevolissimo che attinge dal mondo del racconto letterario nelle sue varie forme, il messaggio, non privo di contenuti “etici o filosofici” (nel senso più nobile di questi termini), è affatto concreto. Esso è chiaramente finalizzato a far emergere sempre più il grande sforzo che si sta compiendo per dare un’incontrovertibile dignità scientifica (galileiana) alla Medicina. La Medicina d’Urgenza NON ha ora minore dignità scientifica di altre considerate più “nobili” e storicamente riconosciute come vere espressioni della Medicina: la Medicina Interna e la Chirurgia, in particolare.
Sono abbastanza vecchio (sigh…) da ricordare quando nei nostri Pronto Soccorso, nei turni di guardia, si avvicendavano ginecologi, dentisti, urologi, dermatologi, etc.. Tutti ottimi professionisti, nelle loro specialità e, fatta qualche rara eccezione, perfetti nel controfirmare la base di ricovero dei Pazienti nelle quasi infinite disponibilità di posti letto delle allora immense corsie ospedaliere.
Il lavoro in PS era prevalentemente di cucito e gesso. Poche brandine sparse nei locali, qualche bombolone di O2, camicie di forza e ferri a bollire…
Sono solo passati più o meno cinquant’anni da quelle realtà. Ricordo ancora (con orrore) quando corpulenti infermieri ti agguantavano con forza e sentivi il dolore lancinante di ago e filo di sutura – da far invidia ai materassai – che ti trapassavano la carne per ridare dignità anatomica alle inevitabili ferite provocate dai giochi dell’infanzia. (chi farebbe ora quella roba lì?)
Ne è passata di acqua sotto i ponti. Ma la Medicina d’Urgenza ha continuato (e continua) ad attingere i suoi specialisti equipollenti o affini da altre discipline. Non solo in Italia. Da noi il riconoscimento di una specificità ed autonoma dignità è recentissimo e ancora, ainoi, osteggiato (prova ne è la malcelata acredine di Arianna). In altri Paesi nessuno si permette più di mettere in discussione la NOSTRA dignità specificità autorevolezza autonomia (…).
La Medicina d’Urgenza non ha confini definiti. Non può e non deve averne. I nostri Pazienti non sono selezionati o selezionabili. Non mi cimenterò certo a tediare con i motivi arcinoti a tutti. È evidente che nella sua apparentemente antinomia tra specificità e universalità si avvale delle conoscenze e delle competenze appannaggio di altre discipline. Da questo ne deriva il suo grande fascino e, forse, anche il suo giusto limite. Ma non è e non dovrebbe essere il nostro limite di competenza conoscenza azione. Anche farmacologica.
Le Persone che si rivolgono a noi vogliono risposte competenze conoscenze e azioni che non prevedono i tempi dei CUP o di pre-valutazioni elettive. Ora e subito o, almeno, quasi ora e quasi subito (in qualunque tempo e luogo, aggiungerei) dobbiamo dare loro risposte che, spesso, tracciano un infinitesimo limite tra Vita e morte. E non solo e soprattutto sulla sola gestione avanzata delle vie aeree, ma anche sul bubbone purulento come sulla interpretazione di una deflessione elettrocardiografica o sulla intepretazione del dolore addominale in una donna incinta o… ecchecavolo! non posso trascrivere il Tintinalli, giusto! 🙂
Concludo: il “Latte degli Anestesisti” ha “nutrito” con piena soddisfazione tantissime Persone che mi hanno chiesto aiuto. Da molti anni lo uso e, penso, con competenza. Ho imparato a somministrarlo sotto la guida di validi anestesisti (ma guarda un po’!) in S.O., inducendo e poi intubando decine, centinaia di volte. Dai bambini in su. Usarlo (centinaia di volte) nelle procedure di PS con Paz. in ASA I e II non mi ha MAI dato alcun problema. Nessun evento avverso significativo. Ho avuto culo? o più semplicemente ho usato con perizia, prudenza, competenza un farmaco che ormai è, universalmente, ritenuto sicuro? (come tu affermi, se lo si conosce e si è sicuri di come usarlo).
Dove ho tremato e sudato è stato piuttosto, ad es., con la Flecainide e non mi risulta che gli 1C siano farmaci di pertinenza esclusiva anestesiologica o cardiologica, o sbaglio?
Come ho visto ematemesi dopo somministrazioni del tranquillo… Ketorolac.
PS: l’azienda dove lavoro ha emanato, pochi giorni or sono, una direttiva sulla competenza “esclusiva” dell’anestesista-rianimatore nella somministrazione del Propofol (compreso il generico). Non chiedermi perché.
Quando ho visto il titolo del post e l’ho letto e riletto ho avuto anche un “tuffo al cuore”. E tanta, tanta amarezza…
Puoi ben capire perché.
Grazie davvero, Alessandro e scusa per averla fatta veramente lunga.
Grazie Mauro, davvero. Un sincero ringraziamento per il commento, toccante e profondo.
Vero.
Non posso aggiungere altro se non un grazie. Ed un dispiacere per quell’esclusività che porta danni ai pazienti. Non che gli anestesisti non sedino, ma non vorrai mica chiamarlo per quel polso? Da lì a non fare neppure il midazolam, il passo è breve, tanto è un attimo, è solo il periostio… Dispiacere, perchè i muri di abbattono, non si ergono, e le competenze devono circolare. Noi urgentisti occupiamo sedie vuote che diventano appetibili dopo che le abbiamo occupate (questa non è mia!)… Eppure erano vuote prima.
E nell’occuparle studiamo, creiamo formazione, studiamo i nostri risultati, ci mettiamo in discussione, ma evidentemente ci sarà sempre qualcuno un po’ più bravo.
Su tutto, anche io uso l’esempio della flecainide per dimostrare con quale leggerezza usiamo farmaci pericolosi.
Grazie, di cuore
Strano luogo, il pronto soccorso… dove tutti gli specialisti reclamano gli onori ma nessuno vuole sobbarcarsi gli oneri… Vorrei vedere gli anestesisti scendere in p.s. per ogni sedazione procedurale, cardioversione, stato di agitazione e via discorrendo…
Nessun meu si atteggia anestesista, semplicemente non lo è e non gli serve esserlo, gli bastano alcune competenze “rubate” (neanche fossero proprietà privata) agli anestesisti. Quando un meu sarà competente sulle vie aeree? dopo 20 intubazioni… 200 intubazioni? oppure dopo essere diventato anestesista? Mah…
Battute a parte, torno sul tema del post, facendo vivi complimenti e ringraziando il collega per la sua condivisione.
Mi domandavo, riguardo ai profili di responsabilità, linee guida e legge Gelli: quando arriverà il momento di stendere le linee guida sulla sedazione procedurale, chi la spunterà… SIAARTI o SIMEU? Perchè questa diatriba non coinvolge singoli professionisti, ma le intere categorie…
Grazie per il commento e l’integrazione. Sì, in effetti ho iniziato ad effettuare sedazioni procedurali (studiando, formandomi, imparando dai colleghi rianimatori) esasperato dall’ennesimo “ma mi chiami per ridurre un polso? Da sveglio corri meno rischi e ci metti comunque un attimo”…
Per quanto riguarda le linee guida intersocietarie, quelle sul dolore siaarti, simeu e sis118 sono piuttosto caute nella brevissima parte dedicata alla sedazione. Sono scettico che si potrà fare un documento congiunto, basti vedere all’alzata di scudi che questo post ha suscitato. D’altra parte, anche in America, ove la sedazione procedurale meu è una realtà consolidata e codificata, l’ASA un paio di anni fa ha provato a mettere paletti rigidissimi, suscitando un mare di polemiche. Non credo si potrà raggiungere un accordo.
Alessandro non metto in dubbio che tu sia un bravo professionista , per l’amor del cielo
E non metto in dubbio che tu lavori con competenza
Ma non è una questione di accettare o meno la questione
Se tu fossi un anestesista , ti assicuro che ragioneresti come ragioniamo noi e ti accorgeresti quanti passaggi di questa descrizione che hai fatto sul propofol sono superficiali , inesatti, molto discutibili. Il foglietto illustrativo e le linee guida dei farmaci ti dà una indicazione di massima o minima. Il resto (quello che conta veramente e che si vede realmente) è pratica , e come sempre , come per tutti i farmaci , non è sempre coerente ai testi . Anzi. Soprattutto con i farmaci utilizzati in anestesia. Auguri per il tuo lavoro
Guarda, potresti girare le tue rimostranze come lettera in risposta al lavoro di Krauss (neppure lui è un anestesista, e forse ragiona come me) e indirizzarla agli Annals of Emergency Medicine. Questo post rappresenta il punto di vista dell’urgentista che tratta con estremo rispetto un farmaco che (per legge) può utilizzare, ma si basa su un update su linee guida americane sul propofol in sedazione procedurale, pubblicato sugli Annals. Mi dispiace che le reputi superficiali, inesatte o discutibili. Io, in tutto questo fiorir di discussione, non ho ricevuto altro che critiche basate su opinioni, difesa delle competenze superiori del rianimatore e critiche sulle assenti competenze del medico d’emergenza. E le asserzioni sulla pericolosità del propofol, sulla variazione di risposta interdividuale, sulla necessità di gestire le vie aeree, si basano su esperienze personali, perché ho chiesto lavori e testi di riferimento ma non ho visto nulla. Io attendo qualcosa di tangibile, se puoi fornirmelo, bene… Altrimenti non ha senso discuterne ulteriormente. Alcuni dei dati (con casististiche molto ampie, alcuni superiori a 4000 casi) che ho pubblicato dimostrano l’assenza di eventi avversi pericolosi se la sedazione procedurale con propofol viene svolta dal meu competente ed esperto. Io ti chiedo di presentarmi qualcosa che non sia una tua opinione personale, che rispetto, ma che non basta.
L’argomento è molto complesso. Lo so che il propofol lo usano tutti , non solo voi MEU, anche endoscopisti , pediatri , pneumologi. Proprio per questo la società americana degli anestesisti ha pubblicato delle rigorose linee guida con requisiti di competenze per non anestesisti molto rigide, ma al tempo stesso enuncia perplessità, molte riserve, non univocita’ su tale argomenti e soprattutto dei “lati oscuri che riguardano problematiche politiche e commerciali non meglio precisati e che non vengono mai resi pubblici”.
In ogni caso noi siamo in Italia , e come ho già sottolineato , da noi non esistono urgentisti che fanno anestesie, né che lavorano nelle terapie intensive. Quindi basta questo per chiudere il dibattito, perchè in caso di evento avverso , il giudice fa riferimento alle chiare disposizioni dell’agenzia del farmaco e se non sei un anestesista rianimatore, non sei autorizzato ad usarlo. Se pensi , anche il protossido è un gas anestetico, dunque utilizzabile per legge (come ha evidenziato tu) solo da anestesisti. Eppure ….a concentrazioni minori (quasi omeopatiche) lo usano tutti , perfino i dentisti . Anche in questo caso uno dei requisiti più rigorosi per il suo utilizzo (anche al 50% – 50%) è la competenza sulla gestione avanzata delle vie aeree. Li vedi tu i dentisti a gestire le vie aeree? E i pediatri? E le ostetriche? I ginecologi? Allora forse si può intuire cosa voglia intendere l’ASA, quando parla di interessi finanziari. Già, forse ha ragione. In ogni caso traspare molto bene la tua passione e l’entusiasmo quando scrivi , tra l’altro sempre con garbo ed educazione (non è scontato) , e questo ti fa onore . Il propofol? È indiscutibile che sia un farmaco straordinario e sicuro , se usato da mani esperte.
Grazie a te per la pacatezza di questa discussione… Finalmente un punto di incontro! Anche io nutro perplessità quando altri specialisti non urgentisti utilizzano il midazolam perché noto atteggiamenti lontani dai requisiti di sicurezza (dose fissa, non titolazione, considerare i sedativi come “farmaci” e non come potenziali anestetici) e quindi arrivo a comprendere le perplessità anestesiologiche verso i MEU, soprattutto per la grande disomogeneità esistente tuttora nel nostro mondo. Però, allo stesso tempo, se un pediatra urgentista ha l’esperienza e le competenze per utilizzare il propofol, non vedo problemi… Ecco, concordo con te l’esigenza di definire adeguatamente standard per utilizzare questi farmaci e che forse, sedersi tutti intorno ad un tavolo, serenamente e senza pregiudizi, possa essere una soluzione… Perché, come cantava Bob Dylan “the time they are a-changing”. E i meu che usano il propofol non sono invasati che non sanno cosa fanno ma persone consapevoli e preparate. Sulla questione commerciale, beh, hai ragione, e si creano paradossi… Noi urgentisti, ti garantisco, non abbiamo alcuna intenzione a svolgere queste cose privatamente… E capisco e condivido che una liberatoria possa condurre, davvero, a situazioni pericolose. Per questo parliamo di competenze e adeguatezza dell’ambiente e della strumentazione… Altrimenti accade quello che è successo a Michael Jackson, di cui parlerò nel prossimo post. Però i paradossi esistono, come giustamente dici tu… Il meopa è un farmaco per il meu, per le sue caratteristiche vantaggiose, eppure l’AIFA ci aveva escluso, inserendo invece i dentisti! Nutro qualche riserva sull’aifa e sui criteri che la guidano. Forse, se davvero unissimo le forze, visti i tempi, potremmo davvero migliorare tutto
Io mi riferivo agli interessi farmaceutici nel vendere i farmaci. Business.
Non uso privato dei farmaci.
Credo sia questo il motore su cui ruota tutto . Ahimè
E la sicurezza si va a fottere
Scusa gli interessi delle case farmaceutiche nel vendere i farmaci a più target possibili
Buongiorno, Arianna.
Per me direi basta, mi hai convinto.
La prossima dislocazione di spalla chiamerò l’anestesista.
Mi risponderà (ne son certo) come ha risposto ad un mio collega che non gestisce personalmente procedure emergenti/urgenti:
“è digiuno? è allergico alle uova? e alla soia? altre allergie? quanti anni ha? i denti sono i suoi? è un’intubazione potenzialmente difficile? quanto pesa? ha il collo corto? di che malattie soffre? che farmaci prende? ha fatto già anestesie? ha un buon accesso venoso? gli hai fatto l’ECG? e una Rx del torace? è monitorato? ha altri traumi? (…)?” ad libitum—>
Il giovane maschio, 19 anni, 70 kg, sportivo, con dislocazione “isolata” di spalla (che, dolore atroce a parte, può compromettere seriamente vasi e nervi oltre ai legamenti) occorsa durante attività di nuoto, no farmaci, no sostanze, no allergie, no tutto… SOLO per aver mangiato un Kinder Pinguì e uno Yogurt è stato sottoposto alla procedura di riduzione oltre TRE ore dopo essere giunto in PS.
Il giovane per tutta la vita temo non conserverà un buon ricordo, ma non solo della dislocazione, penso soprattutto del PS, dei medici e della medicina in generale.
E spero non ci siano stati esiti negativi in relazione al ritardo della riduzione.
Io, come penso di aver già detto, temo un po’ la mia senescenza. A tal guisa capisco perfettamente alcune fondamentali domande e altre valutazioni e accorgimenti. Sono talmente necessari e ovvii che li scrivo in anamnesi usando il famoso acronimo inglese S.A.M.P.L.E. per non tralasciare nulla di importante. E mi fermo lì. Perché, ripeto, probabilmente la vecchiaia gioca brutti scherzi, alla fine. Ma, forse appunto per senescenza, non comprendo l’esasperazione della medicina difensiva, lavorare non nell’interesse primario del Paziente, bensì concentrando prima l’attenzione sulla mannaia della giustizia che pare sia sempre pronta a colpirti se solo hai omesso un “cicinìn” (un’inezia) di una, una sola, delle infinite LL.GG. o degli acronimi o delle consuetudini o dell’ultimo studio che ha trovato 1 vomito per milione di casi di pazienti sedati che hanno mangiato un Kinder Pinguì e uno Yogurt.
Altrettanto non capisco perché, dopo anni e anni di esperienza e di studio, mi sia precluso l’uso di un farmaco che so usare per svolgere al meglio il mio lavoro di urgentista (che vuol dire colui che sa trattare adeguatamente una condizione patologica acuta e ad alto rischio evolutivo di danno per uno o più organi o di mortalità).
Non esiste UNA, ripeto, UNA sola azione o omissione, siano parole o atti concreti, dalla somministrazione di una suppostina di Paracetamolo a un bimbetto sino al proporre “verbalmente” una banale diagnosi di ansia a un Paziente adulto, che NON possano avere conseguenze giudiziarie. Ma vuoi che ti rifaccia la zolfa che questo è l’Humus del nostro lavoro? che dobbiamo sempre essere in grado di dimostrare che ciò che abbiamo fatto somministrato detto lo abbiamo fatto somministrato detto secondo Scienza e Coscienza? e di tutte le infinite “zone grigie” della medicina ne vogliamo parlare? quelle dove le mettiamo? quelle dove ti trovi a affrontare robe che noi umani…
Scienza e Coscienza sono un binomio dal quale nessuno di noi può prescindere, ma neppure, consentimi, trascendere nell’Iperuranio e perdersi nel “perché seppoi un consulente del giudice al processo ha letto in uno studio della Tasmania che in un caso su un milione il Kinder Pinguì ha provocato un vomito durante una sedazione…”
Se dovessi arrivare a quel punto cambierei mestiere: mi metterei a vendere i Kinder e tutte le altre merendine (per non far torto alle altre marche).
Con simpatia
E con questo, caro Mauro, chiudi la partita.
Grazie ancora, e perdonami la retorica, è questo atteggiamento che ha fatto nascere la nostra identità e che, forse, la salverà… L’ignavia, che ben conosciamo, ci porterebbe a fare il vigile… E hai proprio ragione. Qui si parla di dati: se il propofol, a questi dosaggi e con queste attenzioni, in mano meu si è dimostrato sicuro, non ha davvero alcun senso affermare che “sì, ma è comunque pericoloso perché in un caso ipotetico puoi scatenare xxx e poi ipoteticamente scatenare yyyy e allora noi diremo che non lo potevi usare”. Allora gli antiaritmici, come hai detto altrove? Ci vuole il cardiologo. E vogliamo parlare degli antibiotici? Che rischio hanno? Ci vuole l’infettivologo. E l’insulina? Il diabetologo… E così via. La. Medicina cambia, noi proponiamo atteggiamenti cauti basati su competenza e, soprattutto, dati, ma le risposte sono alzate di scudi…
Grazie ancora
Caro Mauro
In genere non si fanno mille domande per fare una sedazione, né si richiede ecg e torace se non ci sono motivi acuti clinici. L’ultima lussazione di spalla per cui sono stata chiamata in Ps era di un ragazzo giunto completamente ubriaco e caduto a terra da qualche parte , motivo della lussazione. In quell’occasione sinceramente mi seccava parecchio pensare di portarlo in sala per intubarlo, considerato lo stomaco sicuramente non vuoto, e la necessità a parer mio di proteggere le vie aeree. Così accordo con l’ortopedica, quest’ultima ha tentato la riduzione senza fare nessun farmaco. In effetti la manovra è andata a buon fine senza che lui nemmeno si accorgesse , tanto ubriaco era.
Pensa se tu l’avessi sedato. Con il propofol o altro . Una semplice sedazione. Tanto il mancato digiuno difficilmente dà vomito in una sedazione …giusto?
Ebbene, il nostro amico ha vomitato il vomitabile dopo pochi minuti dalla riduzione della spalla.
Pensa che bello ….raccontare poi al giudice che lo stomaco pieno non è una controindicazione alla sedazione procedurale. E doverlo intubare al volo con le vie aeree ostruite dal vomito e probabilmente già cianotico.
Questo sarebbe accaduto se l’avessi sedato. Un ragazzo di 20 anni.
Purtroppo è vero, gli anestesisti e i MEU hanno modi di pensare diversi per impronte culturali ed esperienze diverse.
A volte ci si trova davanti a situazioni non facili , ma la sicurezza prima di tutto. Io quel ragazzo l’avrei portato in sala operatoria, con il mio nurse di anestesia e tutto a disposizione, e l’avrei sedato ed intubato, se la riduzione non fosse andata a buon fine al primo colpo. Come mi è capitato altre volte per altri casi particolari. E tu?
Questo è un caso limite, nessuno lo sederebbe perché il rischio è altissimo, anche e soprattutto perchè lo mandi in arresto respiratorio (alcol e propofol, e chissà che sostanze?) e, perdonami, è intellettualmente poco onesto paragonare questo caso al caso di Mauro. Che testimonia, del resto, la grande variabilità che esiste anche tra i colleghi rianimatori, perché di casi in cui sono state fatte mille storie per sedazioni a bassissimo rischio ne abbiamo tutti decine… E non regge la storia della superiore competenza. Gli studi di Krauss sul digiuno in sedazione procedurale hanno dimostrato che il vomito è indipendentemente dal pasto… Ma è evidente che un ubriaco non rientra in nessuna categoria.
Certo , è un caso limite
Ma per altri casi con solo qualche snack in stomaco , io e tutti i miei colleghi , o abbiamo fatto aspettare (laddove possibile) o portato in sala. La rarità di un evento non lo esclude completamente e su questo punto credo che chi lavora in sala e sa cosa significa avere un ab ingestis in un paziente sano (perché a tutti capita nella vita professionale di avere avuto uno o più episodi di vomito durante l’induzione di un paziente teoricamente digiuno) , impone la massima prudenza. Ma non vi tedio oltre. È inutile. Voi vi affidate ai dati. Io e molti miei colleghi invece ci affidiamo alla pratica quotidiana. Così è.
Mi dispiace di questo tuo commento, che tradisce la tua concezione del nostro lavoro, e che dimostra che pecchi, un po’, di arroganza. Perchè io parlo di “dati”, è ovvio, perchè sui dati si basa la scienza, ma soprattutto ti parlo di esperienza, perché avrò effettuato un migliaio di sedazioni procedurali. Non avrò esperienza di sala operatoria, ma in questa mia attività avrò diritto di descrivere la mia esperienza su quanto osservato? in particolare, sul vomito: la mia casistica – e la mia esperienza – è del tutto simile a quella delle casistiche presentate in letteratura. Ai dosaggi indicati, con una attenta selezioni dei pazienti, non ho mai osservato episodi di vomito. L’EBM si basa su letteratura ed evidenze scientifiche, il contesto clinico e l’esperienza dell’operatore. Da quello che dici, sembra che i colleghi anestesisti-rianimatori si basino solo sull’esperienza quotidiana: credimi, non è così, e voglio ben sperare che non sia così, altrimenti mi proporresti una medicina ferma a 30 anni fa. I dati non sono tutto, ovvio, ma sono quelli che descrivono, con una precisione molto alta, il rischio clinico reale, su cui si deve necessariamente inserire l’esperienza dell’operatore – che deve essere presente, soprattutto in un ramo così delicato come è la sedazione procedurale. Ma questa esperienza, in chi svolge questa attività, è ben presente: dei miei colleghi, per fare un esempio, nessuno usa il propofol ma preferiscono usare il midazolam: quindi non è mai passato il concetto che sia un farmaco facile o accessibile. Che poi si debba definire bene come “quantificare” questa esperienza, posso essere d’accordo con te.
Ma ti prego, non dire mai più che “noi ci affidiamo ai dati, mentre voi vi affidate alla pratica quotidiana”. Offendi noi urgentisti, e denigri, svilendola, la tua specializzazione, che è ben più nobile di così
No per l’amor del cielo
Lungi da me essere arrogante o offensiva.
Ma le esperienze scottano. Credimi. E molto. Anche se tu hai operato con diligenza, perizia e competenza e alla fine non ci sono stati esiti.
hai ragione! da oggi non somministrerò più antiaritmici, perché possono causare eventi avversi. Basta antibiotici, metti mai… basta antiinfiammatori… e la terapia analgesica con oppiacei? o cavolo, che rischi immani, a somministrare morfina a 0.1 mg/kg. La medicina è una scienza, un’arte, un mestiere… ma ha dei rischi, in tutto quello che facciamo. Ignorarli, è da incoscienti. Evitarli, è da pavidi. Affrontarli con un bagaglio di cultura, esperienza e competenza è fare il medico.
A prescindere da battute di vario genere
Tu mi hai chiedo dati
Non ho trovato alcuna linee guida emessa dalla SIAARTI o altre società anestesiologiche che riguardano la sedazione procedurale in pronto soccorso o altri ambienti che non siano sala operatoria o terapia intensiva. Salvo le perplessità che avevo gia’ riportato da parte dell’Asa.
Per quanto riguarda il digiuno. Non c’è univocita’ e ciò che emerge da parte dei vari protocolli /disposizioni /linee guida di vari ospedali o società non anestesiologiche, sottolineano la non necessita’ di digiuno in caso di sedazione lieve o con il protossido o comunque fino a quando i riflesso della deglutizione sono mantenuti. In caso di sedazione profonda (verso bambini , per fare colon, gastro, bronco, ecc) ci sono ospedali che dispongono l’intervento dell’anestesista, altri no. Tutti però comunemente raccomandano o consigliano il digiuno secondo le solite regole , salvo i casi di urgenze non differibili, in cui in maniera sibillina vengono utilizzate frase in cui si dice ” “Si raccomanda che la valutazione del digiuno sia
parte integrante della valutazione preanalgosedazione, senza attribuire al
mancato
digiuno un valore ostativo alla esecuzione della analgosedazione procedurale
in senso assoluto”. (Simeup 2018) dopo aver scritto ” “Si consiglia, qualora si decida, dopo un bilancio
rischi/benefici, di sedare in Pronto Soccorso un paziente non digiuno, per una
procedura non elettiva, di:
Privilegiare una sedazione minima o moderata
Utilizzare tecniche aggiuntive per ottenere l’analgesia e la cooperazione del
paziente (distrazione, immaginazione guidata, video-games, anestesia
topica e locoregionale)
Utilizzare farmaci con minor rischio di depressione dei riflessi protettivi delle
vie aeree come la ketamina” e aver citato le regole del digiuno (in questo caso nei bambini).
Sono solo parole , tra l’altro giustamente prudenziali, e senza alcuna direttiva netta e chiara . In procedure programmate in sedazione tutti osservano il digiuno . In urgenza tutto cambia , ma nessuno scrive che si possa fare senza rischi.
La linea di confine del rischio sta nella perdita o nel mantenimento dei riflessi della deglutizione. Ovvero il grado di sedazione. Potremmo parlare per ore , ma in effetti non ci sono linee guida scritte da societa’ di anestesisti al riguardo. Solo alcuni protocolli interni da parte di alcuni ospedali . O almeno io non ho trovato.
Complimenti per il post , sai unire come pochi il rigore scientifico alla narrazione . Ringraziandoti per quanto mi hai insegnato nei tuoi corsi di analgosedazione , colgo l’occasione per sottolineare una lieve imprecisione. Il propofol non ha un’emivita brevissima : si aggira intorno alle 5 ore . Sono altri i meccanismi farmacocinetici che determinano la sua breve durata d’azione. Ovviamente non mi dilungo su tali meccanismi poichè non sono fondamentali per usare il farmaco in maniera sicura e responsabile. Non volendo inoltre per nulla rimanere invischiato nella bagarre tra anestesisti e urgentisti volevo solo suggerire alla collega Arianna che esistono le linee guida della società europea di anestesia (ESA) sulla sedazione procedurale. Si possono scaricare gratuitamente. Un saluto affettuoso
Grazie Bino!!! Dei complimenti e della preziosa correzione. Hai ragione, sono stato impreciso, e ho unito il concetto di emivita con l’azione clinica. Il profilo Farmacodinamico del propofol è del tutto peculiare, perché porta al risveglio dopo relativamente pochi minuti anche per infusioni prolungate… Però è vero, l’emivita è cosa differente…
Credo che ognuno abbia le sue ragioni.
Il propofol è un farmaco “sicuro” in mani sicure.
Ma quali sono le mani sicure?
È questo il punto
Credo che ogni medico d’urgenza debba aver effettuato almeno 500 iot in sala prima di poter utilizzare il propofol anche per sedazione, e debba settimanalmente andare in sala operatoria con i colleghi anestesiti garantendo almeno 5/10 iot al mese per avere una sufficiente maneggevolezza non tanto per affrontare una iot ma per andare incontro a eventuali problemi post sedazione. In sala si prende maneggevolezza spt con il vai e vieni.
Dopo 3 anni di sala non ho quasi più problemi a ventilare, ma ogni 100 procedure c’è sempre quella che l’anestesista affronta meglio di me.
Io pertanto credo che il meu debba arrivare a gestire certi pazienti ma solo se ha fatto e continua un percorso formativo di questo tipo, altrimenti è molto pericoloso.
Mi permetto di aggiungere che in questi anni qualche casino da propofol gestito in due nano secondi dal collega l’ho visto..
Non farei pertanto una divisione meu anestesista ma medico esperto e medico non esperto..
Ciao Alberto… capisco perfettamente il tuo punto di vista, che riguarda necessariamente le competenze che il medico d’emergenza deve possedere. Non sono d’accordo sul discorso generale in merito al propofol. Le linee guida sulla sedazione procedurale di tutto il mondo pongono la questione delle vie aeree in una posizione secondaria, perché i rischi emersi dai big data, dalle grandi casistiche, non hanno mai fatto emergere problematiche respiratorie quando ad usare il propofol è un medico MEU esperto e qualificato per la sedazione procedurale, quando lavora in un team altrettanto esperto, quando usa 1 mg/kg e titola, e così via. Quando si parla di sicurezza, si parla di casistica. Nessuno ha mai scritto che il propofol è un farmaco sicuro, ne innocuo – e il secondo post su Michael Jackson mi è testimone; ma la letteratura internazionale dimostra queste percentuali di eventi avversi, per lo più minori e transitori, parlando di sedazione procedurale. A quali dosaggi di propofol hai visto eventi avversi? ed era usato da solo o con altri farmaci? e che tipo di eventi avversi? perché io ti posso parlare della mia casistica, o di quella dei miei colleghi del gruppo SAU: la nostra esperienza conferma quanto osservato dalle linee guida e dagli studi che ho citato, o da quelli che non ho citato. Poi, parliamo di gestione delle vie aeree. Vero che una intubazione orotracheale richiede competenze specifiche, esercizio costante, e vero che è il gold standard per la protezione delle vie aeree. Ma oggi esistono presidi sovraglottici con protezione davvero adeguata… che non sarà equivalente al tubo, ma quanti sono i casi in cui si devono utilizzare? il punto, perdonami, è sempre questo. Io non ho le competenze del collega anestesista rianimatore a gestire le vie aeree, e per questo non farò mai una sedazione procedurale in un paziente “difficile”. La adeguata selezione dei pazienti, l’accurata valutazione rischio-beneficio per quanto riguarda la necessità della procedura in merito all’entità del pasto, la scelta del farmaco (perchè non esiste solo il propofol in sedazione procedurale), e qui mi fermo perché non posso sintetizzare la posizione della faculty SAU in un messaggio… porta ad una procedura, in un ambiente sicuro, che si dimostra sicura. Con alle spalle più di un migliaio di sedazioni procedurali, ti posso dire che con queste caratteristiche la sedazione procedurale fatta dal medico d’emergenza esperto e consapevole dei rischi possibili, è una procedura sicura. Sicura se sappiamo che è rischiosa, che è complessa, che richiede tutta l’attenzione possibile, tutte le nostre competenze… Non sono bravo come un anestesista-rianimatore ad intubare? quanti sono i pazienti che necessitano di intubazione per sedazione procedurale in classe asa 1-2 al dosaggio che indichiamo? perchè se ragioniamo in termini di eventi avversi o possibili rischi, allora, neanche una cardioversione, sia elettrica che farmacologica, dovrebbe essere più eseguita, o una terapia analgesica con oppiaceo, o una terapia antibiotica…
Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare
W. Churchill
PS: caro Ale, carissimo Ale… ne abbiamo parlato su Messenger… Credo che spesso fà più timore l’espandere per il perdere che il contrario. Io sono un misero, miserissimo infermiere che in venti anni di anestesia, coadiuvando uno specialista, non ha MAI visto problemi iniettando Propofol fino a 2.5mg/kg in bolo (unica accortezza è stare attenti alla velocità di somministrazione), a malati davvero critici ASA IV/E, cardiopatici,ERCP, TIVA,RCU, bambini piccoli ed altro. Molto spesso, per bilanciare l’ipotensione che sovente può avvenire nei soggetti ipovolemici, la associavamo alla Ketamina… 50mg/50mg alla dose di 0.5mg/kg.
Ma il mio parere non vale nulla… sono subalterno (anche se la prima volta che l’ho iniettato era il 94…costava un botto!Il primario di allora ordinò di adoperarlo con parsimonia negli interventi sotto i 30 minuti), ma in Svizzera e USA gli infermieri sul territorio lo adoperano come LG. Qua in Italia, in ET, non si trovano AR ma appunto ginecologi, dermatologi, dentisti etc etc… ed andrà sempre peggio perchè alla fine, vista la carenza medica e dato che i “subalterni” non ne sono capaci, verranno i fruttivendoli ed i benzinai…
E’ il bel paese, caro. Con affetto e stima.
Sul misero, miserissimo infermiere, lasciamo perdere… Ho avuto la fortuna di condividere con te la docenza in alcuni corsi e quindi di sentirti parlare, avendo immediatamente la percezione di una grandissima competenza scientifica, professionale e tecnica, oltre che dell’esperienza. E quindi io, medico, posso ben dire di aver imparato da te. Come tanti altri, del resto…. Per quanto riguarda il propofol, beh, hai visto quello che ho scritto. Grazie per il tuo commento e per i tuo sostegno!!!
Sono stato abituato, empiricamente, e ho imparato a conoscere il propofol secondo uno schema mentale molto pratico, in tre diversi momenti sempre considerando pazienti a basso rischio:
Un basso dosaggio per il quale il paziente non necessita di essere ventilato (0.5 mg/kg fino a 1 mg/kg se usato da solo) ma solo pre ossigenato e ossigenato.
Un rischio alto (almeno 2 mg/kg) per il quale il paziente va in arresto respiratorio e è bello mollo e ben ventilabile..
Poi c’è il dosaggio intermedio che di solito é il dosaggio più insidioso..
Il paziente è troppo cotto per garantire un respiro spontaneo adeguato anche se ossigenato, e troppo reattivo per farsi ventilate.. Diventa anche difficile a volte supportarli in questi casi..
Se il paziente è obeso e il dosaggio è un dosaggio intermedio (chiaramente spesso senza volerlo) si rischia di andare incontro a immediate desaturazioni dalle quali si esce talvolta con un l’ausilio di cannule, iperestensione del capo, aggiustamento della maschera, e soprattutto l’infusione immediata di altro propofol per far mollare il paziente e renderlo del tutto passivo potendolo ventilare liberamente.
Sono però attimi brutti.
La saturazione scende, e tu devi rendere ancora più passivo il paziente.
Per arrivare a questo tipo di maneggevolezza e expertise, credo siano necessari anni di sala operatoria.
È una mia idea. Non è detto sia scienza, io dico quello che penso in base alle mie esperienze giuste o sbagliate.
In questo senso è un farmaco pericoloso.
E spesso lo è di più paradossalmente quando si usa a dosaggi non massimali proprio per il rischio di trovarti in quella terra di mezzo che talvolta ho sperimentato in sala durante le sezioni con i colleghi e che va rapidamente abbandonata con quegli accorgimenti.
Il post è meraviglioso perché è ben fatto, come sempre.
C’è anche da dire che non tutte le sedazioni sono uguali.
Per una Cve il paziente io lo lascio in respiro spontaneo.
Mi bastano 30 mg di propofol e 2 mg di midazolam a peso medio con il reservoir. E non ho paura.
Se devo però sedare il paziente per una spalla, laddove ho fallito con la sedia e so che bisogna lavorarci un po’, ho bisogno di un fentanest in appoggio e di sedare bene il paziente anche perché non voglio senta dolore o abbia ripercussioni emodinamiche o respiratorie. Quindi salgo con i dosaggi e lo rendo passivo. E ho paura e somministrare dosaggi intermedi, perché su certi pazienti ho visto queste desaturazioni. Se è palesemente ben ventilabile, è sentendomi sicuro nella procedura somministro 1.5 mg/kg pronto a arrivare a 2 mg/kg dopo averlo preossigenato e me lo tengo passivo in mano per il tempo necessario. Il tuttoa stomaco vuoto perché ventilare un paziente a stomaco pieno é molto pericoloso.
Ti dico, nella mia esperienza ho visto tantissimi pazienti vomitare in urgenza a stomaco pieno non per imprizia ma perché non potevano non essere ventilati. Purtoppo secondo me è un problema.
Ho visto qualche bradicardia spinta da propofol e qualche seria ipotensione (tipo 40/20) certo a dosaggi induttivi.
Poi negli obesi spessissimo vedi importati bronvospasmi. Potresti trovarti addirittura a non riuscire a ventilare..
Ti dico, sarò troppo pauroso, ma è un farmaco che comunque guardo sempre con grande “rispetto”. Secondo me è giusto che lo usino anche i medici del PS in un’ottica di nuova medicina d’urgenza, ma è d’obbligo un significativo back ground con gli anestesiti..
Tutto corretto, ma quella terra di mezzo è imprevedibile, come risposta clinica. Vero che nel paziente non completamente rilassato puoi avere qualche difficoltà a ventilare, ma intanto, di quanto stiamo parlando? 1 o 2 minuti? Con un paziente preossigenato? Io, per mia esperienza e come ho scritto nel post, non attendo mai la desaturazione ma inizio l’intervento sulle vie aeree al primo cenno di cambiamento della dinamica respiratoria, e mai ho avuto particolari problemi. Per quanto riguarda l’esperienza sul propofol, dobbiamo definire bene i ruoli. La sicurezza in mano meu è dimostrata dalla letteratura e tanto ci deve bastare. Chi lo usa deve dimostrare di avere competenza ed esperienza, ma quanto dici mi pare eccessivo perché a mio avviso non serve per le nostre finalità. E anche i trucchetti che descrivi… Sono finezze da grande esperto, ma che non sono necessarie per una sedazione procedurale, passami il termine, semplice… Che semplice non lo è mai, ma ci sono pazienti in cui il MEU dovrebbe lasciare il campo al collega rianimatore, come il paziente obeso o il roncopatico, che sono fonte di grandi rogne… Negli altri casi, il propofol in mano al medico d’urgenza che ha esperienza di sedazione procedurale, che lo conosce bene, ha fatto il suo percorso… Lo può e lo deve usare come previsto dalle linee guida
Nelle controindicazioni del Propofol ricorderei anche la S. di Brugada
(Brugadadrugs.org).