Imparare dagli errori in pronto soccorso: primo articolo di una nuova rubrica. Un caso di dispnea più complicato del previsto per i motivi sbagliati!
“IMPARA DAGLI ERRORI ALTRUI, la vita è troppo corta per farli tutti da solo”
Kadé Bruin

Per farla breve, ho fatto un errore.
Meno breve, ho fatto diversi errori.
Per farla più lunga: immaginate di essere uno specializzando di medicina d’urgenza durante una notte in un grande PS.
Un bel PS: colleghi disponibili, non molto affollato, il giusto via vai di persone malate e non. Il turno notturno è iniziato da un’oretta circa. Il mio strutturato/tutor/padrone ha da poco iniziato a fidarsi quel che basta da mandarmi a visitare in autonomia, con dei confronti frequenti in cui se ne pente (lui) e imparo (io).
Seduto al pc leggo il triage del codice azzurro “dispnea in grande anziano già in O2 terapia, SpO2 97%”. Clicco inizia il trattamento del paziente e vado a prenderlo. Vedo un bel signore sull’80ina che mi aspetta con in braccio la sua macchinetta dell’ossigeno che sbuffa, accompagnato dall’elegante figlio intento a leggere il giornale dal tablet.
Qui avviene il primo errore: sottostimo il caso. Il mio primo pensiero è una crisi d’ansia di un papà anziano che ha trascinato il figlio in ospedale per essere controllato. Il mio secondo pensiero è un peggioramento di uno scompenso cardiaco.
L’ISS ci dice che circa il 22% degli accessi in PS è improprio. Questo però significa anche che il 78% degli accessi sono appropriati, per cui è indubbiamente sbagliato sottostimare.
Fissato e inchiodato ai miei preconcetti sono pronto per il paziente.
La visita
Prendo il signore con la carrozzina e mi avvio verso il lettino rubato ai codici gialli per visitare. L’area è già affollata di suo, per cui faccio il secondo errore: dico al figlio di aspettare fuori con la documentazione.
Sento in lontananza rimbombare “Anamnesi è mezza diagnosi…”, mantra del mio tutor, ma in fondo posso prima visitarlo e chiedergli che succede e poi andare a vedere quell’inquietante pila di documenti gelosamente custoditi dal figlio, no?
Inizio quindi a togliere i vari strati di vestiti del mio paziente, parametri ottimi, alla visita giusto qualche crepitio qui e là, e un racconto abbastanza confuso: una sensazione di dispnea da ieri sera, questa sera, l’altra sera.. l’incontinenza a urinare, forse poca, forse tanta..

Inizio a pentirmi di non avere il figlio con me, quando aggiunge “ah dottore, e sono andato a maggio dal cardiologo per lo scompenso!”.
Armato di una rinnovata certezza prendo il fido ecografo per concludere la visita, lo appoggio sul polmone sinistro e delle favolose linee B in campo medio basale. Concludo scorrendo il polmone, non c’è versamento franco, e passo al controlaterale. Passo velocemente l’apice destro alla caccia di altra imbibizione, arrivo al campo medio dove trovo alcune linee B, meno, ma sono comunque soddisfatto: lo scompenso del signore sarà peggiorato per il caldo. Una FAST a cuore e addome rinnova questa mia sicurezza trovando un ventricolo sx ipertrofico e niente di più.
Lascio il signore sulla sua carrozzina e vado dal figlio. Prendo la documentazione e gli chiedo cosa sia effettivamente successo. Mi conferma che il papà dalla sera prima ha detto di far fatica a respirare, che la saturazione è sempre stata buona e che gli ha anche riferito dell’incontinenza a urinare ma da mesi, senza bruciore.
Li ricongiungo in sala d’attesa e mi metto al PC. Apro la documentazione: visita cardiologica con scompenso cardiaco NYHA II con FA, cardiopatia aritmica e ipertensione, visita pneumologica con interstiziopatia polmonare fibrosante e da maggio dispnea per minimi sforzi.
Scrivo tutto diligentemente, la visita, chiedo gli esami e un RX e contento dell’assoluta stabilità del mio paziente vado a riferire al capo. Risposta “aspettiamo gli esami, poi lo rivediamo insieme e se continua ad essere stabile lo rimandiamo a casa”.
Dopo poco tempo ripasso dalla stanza, lo vedo abbassare il telefono e dirmi: “Hanno appena chiamato dalla radiologia: il paziente di prima ha una falda di idroPNX, gli facciamo fare la TC”.
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In che senso?
Come ho fatto a perdermelo?
La mia voce interiore, che nelle ultime settimane ha assunto il suo tono e timbro in modo inquietante, non esita a dirmelo: “non hai controllato lo sliding, m – attac – chione”. Dell’ultima parola la porzione centrale era molto diversa nella mia testa.
La TC conferma con precisione entità e dimensioni. Con tutta probabilità la sera prima era scoppiata una bolla dell’interstiziopatia.
Barelliamo il paziente e ricontrolliamo con l’eco: l’apice destro, che io avevo passato molto, troppo velocemente è effettivamente senza parenchima, e si vede una sottilissima falda alla base. Identifichiamo il punto in cui posizionare il drenaggio in aspirazione, e l’RX delle 5 del mattino conferma la risoluzione del PNX.
Tornato a casa ho fatto quello che mi riesce meglio: sono tornato a casa a studiare.
E questa volta, oltre al manuale di ecografia toracica, ho anche riguardato la definizione di errore di disponibilità (quando scegliamo la prima cosa che ci viene in mente) e la chiusura prematura (quando saltiamo alle conclusioni).
Da piccolo specializzando, e forse anche dopo, tenere sempre la mente aperta e considerare le varie possibilità è una delle cose più difficili a cui approcciarsi ogni giorno.
Per fortuna ci sono buoni tutor da cui imparare.
Cos’ho imparato?
- Quando hai tempo, datti tempo: un codice verde/azzurro non necessita di essere aggredito rapidamente, ma di una valutazione a più ampio spettro possibile per includere le presentazioni atipiche e i casi meno frequenti
- Non fissarti su una diagnosi: per quanto avere una linea d’indirizzo sia importante, non si è legati fino alla dimissione alla nostra prima scelta. È importante essere flessibili e saper cambiare rotta quando la clinica e gli strumentali orientano verso altre direzioni
- Cerca sempre lo sliding quando fai l’ecografia del torace: minimo investimento di tempo, massima resa
Nessuno specializzando è stato maltrattato per la realizzazione di questo articolo.
Personalmente ritengo che accorgersi che manca il gliding sia molto più difficile di quello che sembra e che ti mostrano nelle lezioni sull’argomento. Cioè quando lo sai lo vedi, e a volte anche pur sapendolo fatichi a vederlo. Ma è mia personale opinione ed esperienza, nulla di evidence based.
Allo stesso modo mi stupisce molto di più che con un pnx di quella entità all’auscultazione toracica non si notasse una certa differenza tra un polmone e l’altro! Com’è possibile?
Sì condivido, non è facile da riconoscere ma quello che mi è mancato è stato proprio cercarlo attivamente! Averlo presente e metterlo ai primi posti della propria check-list mentale..
Il PNX non è quello in foto, era più modesto e coinvolgeva “solo” l’apice destro. Non essendo riuscito a recuperare l’immagine del paziente questa è un po’ fuorviante, per cui all’auscultazione non c’era questa grande differenza.
Però sugli errori hai ragionissima, è maledettamente difficile e importante rimanere di mente aperta e flessibile
Buondì! Grazie mille per l’articolo!
Vorrei avere se possibile qualche riferimento di libri/articoli/materiale che parli dei vari tipi di errore citati nell’articolo.
Grazie!
Ciao! Io ho trovato molto chiara la pagina “errori cognitivi nel processo decisionale clinico” dei manuali MSD, la trovi online!
In realtà spessissimo in questi pazienti si ha assenza di sliding per la presenza di placche pleuriche o rimaneggiamenti pleurici di vario genere. Quindi comunque un RX è doveroso farlo. Non hai sbagliato. Se anche avessi visto assenza di sliding non sarebbe stato sufficiente per decidere di mettere un drenaggio. E nella pratica solo un pazzo metterebbe un drenaggio sulla base del solo eco, se non in condizioni di emergenza, sul territorio, e con dati clinici di supporto ben forti (enfisema, shock..).