Ecco un altro provocatorio e stimolante post di Maverick, il nostro collega controcorrente.
Vola in ORBITA!
Quando voli in aereo vedi il mondo di sotto ed il cielo intorno in modo diverso. Cambia pregiudizi, idee, conclusioni. E se voliamo in ORBITA e guardiamo il trattamento dell’angina stabile?
È ciò che i colleghi dell’Imperial College di Londra hanno fatto in questo elegante studio pubblicato su The Lancet il 2 novembre -non vi sfugga la involontaria ironia della data di pubblicazione…
Chi di noi sulla terra penserebbe di NON trattare con PCI un paziente con angina stabile e una dimostrata malattia critica di un solo vaso? La metto sul personale: chi noi non tratterebbe se stesso con PCI avendo sintomi da angina stabile ben documentata da test da sforzo, ecostress e coronarografia? Pensateci bene…
Fatti i debiti scongiuri -non ci credo ma siccome non esistono studi randomizzati in doppio cieco per verificare la futilità di certe pratiche e dato l’inesistente costo, l’assenza di effetti avversi anche i più mitteleuropei si sentano autorizzati- catalogo la proposta del cardiologo tra quelle che non si possono rifiutare.
Lo studio
Invece in ORBITA hanno verificato che succede se confrontiamo 200 pazienti con angina stabile tutti trattati con terapia medica ottimale sottoponendone 100 alla ormai tradizionale, consolidata PCI e gli altri a una semplice coronarografia “placebo”. Lo studio è prospettico, randomizzato ed in triplo cieco -pazienti, cardiologi clinici e investigatori. L’esito primario: miglioramento della tolleranza alla propria prova da sforzo a 6 settimane. Leggete lo studio, è scienza ma pare un appassionante giallo di appendice a puntata singola.
Vi rovino il finale: i pazienti trattati con PCI hanno una tolleranza allo sforzo superiore di forse 16 secondi rispetto al gruppo non trattato invasivamente. Forse perché manca anche la significatività statistica. A scongiuri praticati, mettiamola di nuovo sul personale: a me non pare il caso di beccarmi una doppia antiaggregazione per un anno e le rare ma non rarissime (1-2%) complicanze della PCI per forse 16 secondi.
E allora?
Ciò che sulla terra appare logico, intuitivo, fisiologicamente indiscutibile, visto dall’ORBITA diventa un pregiudizio che non regge alla prova sperimentale. O forse è proprio il nostro pregiudizio di medici e di pazienti a costituire paradossalmente un efficace trattamento dei sintomi anginosi. Se ci credi davvero -come medico o paziente- che a ripristinare il flusso di una coronaria ostruita i sintomi miglioreranno, questo succederà che la procedura sia stata davvero eseguita o no. Il rapporto tra scienza e fede appare assai complesso e fecondo di riflessioni e risvolti pratici. E come medici ed esseri umani dovremmo tenerne debito conto. Ammesso che religione sia oppio dei popoli, la fede non pare proprio esserlo.
Almeno in ORBITA!
http://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(17)32714-9/fulltext?elsca1=tlxpr
Maverick
Twitter: @Maverickdocit
N.B.: se siete interessati al tema della “fede” come parte essenziale del trattamento di malattie organiche complesse vi suggerisco la lettura di un articolo pubblicato su National Geographic a dicembre 2016 dal titolo “ the healing power of faith”
https://www.nationalgeographic.com/magazine/2016/12/healing-science-belief-placebo/
vilipendio! sei un sobillatore che attenta al prestigio e alla supremazia degli emodinamisti!
Ed anche un collega che ci aiuta a stare in allerta!
Le fote del National Geographic sono molto significative: ci vedo tutto quello che noi medici abbiamo perso; la nostra taumaturgia….costretti dal “sistema” a produrre piuttosto che prendersi cura….
Questa la risposta di Maverick
Grazie Nicola. Credo alla supremazia del buon senso, dell’intelligenza scettica. Non riconosco gerarchie se non sono funzionali all’unica ragione del nostro mestiere: prenderci cura dei pazienti.
Il “sistema” come lo chiami, siamo noi. Noi costringiamo noi stessi a produrre anziché curare. Possiamo cambiarlo il sistema -certo non da soli- basta volerlo davvero.
@Maverickdocit