domenica 6 Ottobre 2024

Intossicazione da Stramonio e fisostigmina. La paura delle streghe

anticholinergic toxidromeLa telefonata che non vorresti mai ricevere durante un turno di Pronto Soccorso.

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“Stanno arrivando sei intossicati da un albergo di V. Sembra dipenda da qualcosa che hanno mangiato. C’è un bambino di 4 anni, ed una ragazza di 17. Gli altri sono tutti adulti. Sono confusi.”

“Confuso” non rende bene l’idea del quadro clinico della prima paziente che arriva in Pronto Soccorso:

allucinata, confabulante, agitata, con midriasi pupillare non reagente alla luce, tachicardica. Si presenta con eritema molto evidente al volto, ma la cute e le mucose sono asciutte.

Il marito e la figlia diciasettenne della donna hanno una sintomatologia meno evidente, ma la confusione e il disorientamento, il rossore al volto, la midriasi sono comunque presenti. Gli altri intossicati sono di un altro nucleo familiare: tutti midriatici, i due genitori confusi (e il padre con dispercezioni visive: riferisce di vedere il pavimento che si muove come un’onda), tachicardici ma nulla più. Il piccolo di 4 anni, invece, è confuso e presenta allucinazioni: descrive degli orsetti che si arrampicano nella stanza.

Tutti hanno consumato la stessa minestra, preparata (a quanto sembra ad una prima valutazione) con un  preparato surgelato di tipo industriale.

Diagnosi: facile.

Sindrome anticolinergica da intossicazione da mandragora.

Quando si è preparati, si è preparati… Nulla da dire… Riuscire a riconoscere non solo la sindrome, ma anche l’agente causale, solo guardando i pazienti…

Ma qualcosa da confessare c’è: la preparazione non c’entra nulla, ma solo la fortuna, perché era ancora fresca la notizia di una possibile intossicazione nel milanese causata da foglie di Mandragora che avrebbero contaminato una partita di spinaci surgelati. In realtà il produttore – che ha ritirato i lotti per via precauzionale – ha sempre negato la contaminazione, e i risultati delle analisi dell’Igiene ha confermato effettivamente l’assenza di mandragora nei prodotti.

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E a dirla tutta, nel nostro caso, non si trattava di mandragora, in quanto nel contenuto gastrico dei pazienti si sono trovate grandi concentrazioni di scopolamina, uno dei principali alcaloidi contenuti nello Stramonio.

Ma Mandragora, Belladonna, Stramonio causano tutte la medesima sindrome tossicologica: la sindrome anticolinergica.

Cosa si intende per sindrome anticolinergica?

Questo argomento è stato già trattato, su empills, in un altro post, e cerchiamo di fare un ripasso. Gli alcaloidi contenuti in queste piante bloccano (per mimesi molecolare) il legame dell’acetilcolina nei recettori muscarinici centrali e periferici, causando

-) blocco della muscolatura liscia oculare (responsabile della midriasi), dell’apparato gastrointestinale (con ileo paralitico), e di quello genitourinario (con ritenzione urinaria)

-) inibizione delle ghiandole salivari, sudoripare, mucipare, con xerostomia, cute secca e calda (per assente sudorazione e conseguente compromissione della dispersione termica)

-) blocco dell’azione del sistema vasovagale sul nodo senoatriale con conseguente tachicardia

-) antagonismo sui recettori muscarinici centrali con un quadro che inizia con la confusione, la dispercezione, l’irrequietezza, fino alla perdita della coordinazione motoria e alle allucinazioni.

Pertanto il paziente si presenta ipertermico (HOT AS A HARE, caldo come una lepre) con cute e mucose asciutte (DRY AS A BONE, asciutto come un osso), arrossato (RED AS A BEET, rosso come una barbabietola), con disturbi visivi per la midriasi (BLIND AS A BAT, cieco come un pistrello) e con vari quadri di compromissione centrale (MAD AS A HATTER, matto come un cappellaio).

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Stramonio Comune, Si nota la somiglianza delle foglie con altre piante commestibili

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Lo Stramonio comune (Datura Stramonio) è una pianta piuttosto diffusa anche in Italia, e il suo uso è noto da secoli:

l’erba delle streghe, o l’erba del diavolo, da sempre è stata usata dagli sciamani per fini rituali e per la divinazione (era utilizzata a tal scopo dai druidi), mentre nel medioevo ha assunto una connotazione più sinistra durante l’ondata di paranoia che ha causato la caccia alle streghe. Al di là del suo uso “divinatorio”, ha avuto anche un ruolo nella medicina popolare per il trattamento del dolore addominale e nel trattamento dell’asma: azioni che svolge anche egregiamente, ma essendo molto stretto il confine tra dose terapeutica e letale, il suo uso è stato abbandonato. La maggior parte delle intossicazioni avvengono in giovani che la utilizzano proprio per le sue azioni centrali, mentre relativamente comuni sono le intossicazioni accidentali, perché scambiato per lo spinacio selvatico. Nel nostro caso ancora non è chiara la fonte della contaminazione.

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Spinacio selvatico. Evidente la somiglianza con le foglie di stramonio.

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Lo stramonio contiene tre alcaloidi: la scopolamina, l’atropina e la ioscamina, responsabili del quadro descritto.

Gli alcaloidi sono contenuti in ogni parte della pianta, ma sono più concentrati nelle foglie e nei semi. I sintomi possono comparire da 30 minuti a 4 ore dopo l’ingestione, ma in genere il picco si ha dopo 45 minuti. Gli effetti sono estremamente variabili e l’entità della sintomatologia dipende dalla parte ingerita, dal periodo di fioritura e della giornata in cui viene raccolta (trattandosi di erba delle streghe, la concentrazione degli alcaloidi aumenta durante la notte), e dall’età del paziente (essendo massimi nei bambini).

Come è stato già accennato, il range tra dose ingerita e dose tossica è molto stretto, e la variabilità individuale è notevole: è stato segnalato un decesso per un singolo infuso con le foglie di stramonio. Il decesso può avvenire per severa compromissione del sistema nervoso centrale (convulsioni) o per la tossicità a livello cardiaco (con aritmie maligne).

I sintomi e i segni si risolvono in genere in 5 ore, ma possono perdurare anche più a lungo e alcune manifestazioni, come la midriasi, possono persistere per molti giorni.

Come si tratta una sindrome anticolinergica?

Le misure generali (gastrolusi, carbone attivo, catartico) sono assolutamente valide. E in particolare, la gastrolusi è indicata fino a 24-48 ore dall’assunzione in quanto il rallentamento del transito gastrointestinale aumenta notevolmente il tempo di permanenza del tossico.

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Le difficoltà di somministrare carbone attivato a sei pazienti sono evidenti

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Per il resto, la terapia è una sola.

L’antidoto.

La fisostigmina.

Si dice che lo stato ansioso possa essere controllato, parzialmente, dalle benzodiazepine, ma in modo poco efficace e con il rischio di dover somministrare elevati dosaggi.

Si dice che la tachicardia possa essere controllata dai beta bloccanti.

E si dice che gli antipsicotici, e in particolare le fenotiazine (promazina, prometazina, clorpromazina) e i butirrofenoni (come l’aloperidolo, il droperidolo), siano controindicati perchè dotati essi stessi di azione anticolinergica.

Si dice anche di usare la fisostigmina solo nei casi di severa tossicità centrale.

Si dice… perché? e cosa è, la fisostigmina?

La fisostigmina è stata scoperta dall’occidente nel 1846, osservando gli effetti del succo della fava del Calabar, utilizzata dagli Efik (una popolazione dell’Africa occidentale) come ordalia nei processi di stregoneria: chi sopravviveva all’assunzione del veleno, veniva considerato innocente. Robert Christison testò il veleno, e sopravvivendo, non solo dimostrò la sua innocenza, ma riuscì a descriverne gli effetti, permettendo di arrivare a comprenderne l’azione. La fisostigmina venne isolata nel 1935.

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Fave di Calabar, da cui è stata estratta la fisostigmina

 

Agisce inibendo la acetilcolinesterasi, aumentando rapidamente i livelli di acetilcolina nei recettori muscarinici e permettendo quindi di superare il blocco determinato dal tossico. Inoltre, passando rapidamente la barriera ematoencefalica, è in grado di contrastare gli effetti centrali di una sindrome anticolinergica.

La dose è a titolazione: si indica di solito 1 mg,

ma si raccomanda di portarlo a 10 ml con fisiologica, somministrando piccoli boli di 1 ml (ossia 0.1 mg) monitorando l’ecg, da ripetere ogni minuto, fino alla dose massima di 1 mg: in questo modo si utilizza la dose minima efficace aumentando la sicurezza. Nei bambini, si utilizza una dose di 0.02 mg/kg.

La fisostigmina ha azione rapida, ma altrettanto rapida emivita (22 minuti), e pertanto sono necessari a volte ulteriori boli alla ripresa della sintomatologia.

Perché si parla di dose minima efficace? La fisostigmina è un farmaco pericoloso?

Avendo un azione di tipo colinergico, il rischio è la bradicardia (o l’asistolia) e la depressione centrale o le convulsioni. Quindi i sacri testi e la tradizione limitano l’uso alle condizioni di effettiva necessità, ossia per severa agitazione psicomotoria.

L’effetto è impressionante, per rapidità ed efficacia: la sensazione, osservando la immediata ripresa delle normali condizioni psichiche dei pazienti, è simile al passare un panno su un vetro reso opaco dalla condensa. La risposta è completa, e in genere (per dosi inferiori a 1 mg) si ha normalizzazione del quadro neurologico dall’85 al 100% dei pazienti: la percentuale per le benzodiapine non supera il 25% dei casi, con il rischio di dover aumentare il dosaggio e compromettere la dinamica respiratoria. Le benzodiazepine, inoltre, controllano solo l’agitazione psicomotoria, ma non influiscono su delirio e allucinazioni (che possono invece addirittura peggiorare con questi farmaci).

Quindi, per quanto riguarda l’efficacia, non c’è davvero partita tra la fisostigmina e le benzodiazepine.

Ma per la sicurezza? l’uso delle benzodiazepine nelle sindromi anticolinergiche è correlato all’aumento delle intubazioni orotracheali.

La fisostigmina, invece, è davvero pericolosa?

Un piccolo studio osservazionale, pubblicato quest’anno da Ngueyn sull’American Journal of Emergency Medicine su 54 pazienti (di età media 30 anni), trattati con dose media di 2 mg ha evidenziato la sicurezza del farmaco: nessun paziente ha presentato bradicardia significativa, e solo 5 pazienti hanno presentato vomito; 1 paziente asmatico ha presentato lieve desaturazione per broncostenosi, ma con adeguata risposta alla terapia broncodilatatoria per aerosol. Gli autori hanno registrato una completa ed immediata risposta neurologica nell’87% dei casi.

Uno studio retrospettivo, pubblicato sempre nel 2017 su un maggior numero di casi, registrati tra il 2013 al 2012 dal coordinamento dei centri antiveleni californiani, ha identificato 191 casi di sicura e adeguata somministrazione di fisostigmina nella sindrome anticolinergica. Gli autori hanno dimostrato una ottima efficacia dell’antidoto con dosi inferiori ad 1 mg (solo il 2% ha richiesto 4 mg), e una grande sicurezza, con assenza di eventi avversi nel 95% dei casi. 4 pazienti (2%) hanno presentato vomito (ma 1 vomitava PRIMA della fisostigmina), e 2 pazienti hanno presentato crisi convulsiva (in pazienti con epilessia poco controllata in anamnesi). Nessun paziente ha presentato bradicardia.

Dove nasce la paura per la fisostigmina?

Quando il farmaco è diventato disponibile, è stato utilizzato per molte intossicazioni, e con dosaggi maggiori, senza titolazione: in particolare, si sono osservati alcuni decessi in pazienti con severe intossicazioni da triciclici nei quali era stata utilizzata la fisostigmina. Gli autori considerano oggi l’utilizzo improprio in questo tipo di intossicazione, e conosciamo tutti la loro gravità, al punto che risulta impossibile stabilire con sicurezza la causa del decesso.

Davvero dobbiamo temere l’utilizzo dell’antidoto, somministrandolo a basso dosaggio e con titolazione, in un ambiente sicuro e monitorizzato come il pronto soccorso?

L’unica cautela sembra essere per i pazienti con storia di epilessia.

In tutti gli altri casi la fisostigmina sembra sicura, e in particolare i suoi rischi teorici sono ampiamente superati dalla sua efficacia, che non ha equivalenti.

I pazienti del secondo nucleo familiare (padre, madre, e la ragazza di 17 anni) hanno ricevuto la fisostigmina: 1 mg la madre (che presentava il quadro più florido, e che ha richiesto una seconda dose di 1 mg dopo 40 minuti dalla prima), 0.8 mg il padre, e 0.5 mg la figlia. La risposta è stata immediata e stupefacente per la lucidità raggiunta dai pazienti. L’altro nucleo familiare non ha ricevuto invece l’antidoto perché l’intossicazione era lieve. Il bambino di 4 anni, sebbene presentasse allucinazioni, era nel complesso tranquillo e si è deciso di soprassedere. E’ evidente che una singola esperienza non possa esser presa ad esempio, ma nessuno dei pazienti trattati con fisostigmina ha presentato eventi avversi.

Credo che la somministrazione in piccoli boli di 0.1 mg possa davvero essere un elemento di sicurezza; sono altresì convinto che sia più pericoloso non trattare un quadro tossico simile nel timore di eventi avversi derivati da informazioni derivanti da errori del passato.

Ecco, gli errori del passato:

un’erba antica con connotazioni stregonesche e diaboliche ci può insegnare che la medicina d’emergenza non può fermarsi mai alle prime impressioni, e scavare a fondo nelle evidenze per scoprire che spesso, queste evidenze, non esistono o sono basate su “leggende”.

Quindi la fisostigmina, se serve, deve essere usata senza paura.

L’unica paura che dobbiamo avere, semmai, è per l’erba delle streghe, perché la paura della strega ha fatto molti danni.

Come scrisse Jules Michelet, nel suo saggio ottocentesco “La Strega”

“Unico medico del popolo fu, per mille anni, la strega. Imperatori, re, papi, i più ricchi baroni avevano qualche dottore di Salerno, qualche moro o ebreo; ma la grande massa, un po’ tutti e d’ogni condizione, consultavano solo la Saga o Saggia-donna. Non guarendo, la insultavano e le dicevano strega. Ma di solito, per rispetto e anche timore, la chiamavano Buonadonna o Belladonna: lo stesso nome dato alle fate.

Le capitò quanto ancora capita alla sua pianta preferita, la belladonna, e alle pozioni benefiche da lei usate, rimedi dei grandi flagelli del medioevo. Il ragazzo e l’ignaro passante maledicono queste livide erbe senza conoscerle. I colori indefiniti li terrorizzano. Arretrano, s’allontanano. Eppure si tratta solo di lenitivi (solanacee) che, somministrati con misura, hanno spesso guarito e alleviato molti mali.

Li trovate nei luoghi più sinistri, solitari e pericolosi, tra macerie e ruderi. Anche in questo somigliano a chi li utilizzava. Dove se non in lande selvagge avrebbe potuto vivere quell’infelice così perseguitata, quella maledetta, reproba, avvelenatrice che guariva e salvava? La sposa promessa del diavolo e del Male in persona, colei che ha fatto tanto del bene, come dice il gran dottore del Rinascimento Paracelso: che, nel 1527, fece a Basilea un falò di tutta la medicina, dichiarando di non sapere niente oltre a quanto appreso dalle streghe.

Meritavano un premio. L’ebbero. Le compensarono con torture e roghi. S’escogitarono appositi supplizi, inediti strazi. Venivano giudicate in massa e condannate per una parola. Mai ci fu più spreco di vite umane.”

 

Ecco, non usiamo lo stesso pregiudizio sulla fisostigmina

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Alessandro Riccardi
Alessandro Riccardi
Specialista in Medicina Interna, lavora presso la Medicina d’Emergenza – Pronto Soccorso dell’Ospedale San Paolo di Savona. Appassionato di ecografia clinica, è istruttore per la SIMEU in questa disciplina, ed è responsabile della Struttura di Ecografia Clinica d’Urgenza . Fa parte della faculty SIMEU del corso Sedazione-Analgesia in Urgenza. @dott_riccardi

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