Domanda: cosa hanno in comune i seguenti esami ematici?




Risposta: una severa ipernatriemia in pazienti anziani visitati in DEA in questi mesi estivi.
Quante volte abbiamo visto disnatriemie così spiccate in PS in pazienti più o meno avanti negli anni, giunti alla nostra osservazione pressocchè ” liofilizzati” ? credo, sicuramente, molte e soprattutto in questo periodo dell’anno.
I disturbi di fluidi ed elettroliti sono, infatti, tra i più comuni problemi clinici incontrati in DEA: in particolare i disordini del sodio si verificano simultaneamente con alterazioni del bilancio idrico e la priorità consiste pertanto nel correggere quest’ultimo. Recenti studi hanno riportato che le diselettrolitemie si associano ad aumentata morbidità e mortalità nel malato critico, ricordando tuttavia che una ” liberal fluid administration” è associata ad outcomes sfavorevoli, quali una prolungata permanenza nelle ICU, costi di cura maggiori e incrementata mortalità. Si parla di ipernatriemia, quando i valori di sodio superano i 145 mEq/l: può essere ulteriormente distinta in “moderata” (tra 145-160 mEq/l) e “severa” (livelli superiori a 160 mEq/l).
La letteratura è ricca di lavori sulla “ hospital-acquired hypernatriemia “, mentre sono pochi gli studi disponibili riguardo le cause, le co-morbidità, la necessità di cure intensive, la durata ideale per la normalizzazione dei livelli del sodio nei pazienti al di sopra dei 65 anni e in quelli con più di 75, provenienti dalla “comunità”.
A tale proposito c’ è un lavoro, pubblicato su MedSciMONIT (1), in cui vengono analizzate le caratteristiche cliniche e gli outcomes della CAH (Community-Acquired Hypernatriemia) nei pazienti anziani e molto anziani che accedono in Ospedale.
Se nella prima infanzia prevale la DISIDRATAZIONE IPERTONICA (perdita di fluidi che contengono una percentuale di sodio inferiore a quella del plasma: vomito, diarrea, sudorazione, iperventilazione…) e nell’adulto sono più frequenti le SINDROMI IPEROSMOLARI SECONDARIE a diabete insipido, diabete mellito (etc..), nell’anziano prevalgono altre cause; la sete è una vera e propria difesa contro lo sviluppo della ipernatriemia, ma “elderly patients ” hanno tipicamente un decremento di questo stimolo, che esita in un ridotto introito di acqua, sotteso dal fenomeno del “reset osmostat”, vale a dire una disregolazione dei meccanismi neuroipofisari di produzione/liberazione di ormone antidiuretico (ADH), andando pertanto incontro a disidratazione marcata.
L’ipernatriemia è lo squilibrio elettrolitico presente in circa l’ 1 % dei pazienti ospedalizzati al di sopra dei 60 anni d’età.
Lo studio sopracitato è retrospettivo demografico, della durata di un anno, condotto su 4960 persone in un Dipartimento d’urgenza della Turchia, suddividendo gli ammalati con CAH (in totale 102) in due gruppi secondo l’età: il primo era composto da “elderly patients” tra 65 e 74 anni (n=38), mentre il secondo comprendeva “very elderly people ” di età superiore a 74 (n=64). Tra i due gruppi i livelli di CO2, il volume urinario all’ingresso e l’osmolarità plasmatica non erano particolarmente differenti (p>0.05).
I più frequenti motivi di accesso erano un ridotto introito di acqua (76,4%, n=78)), nausea e vomito (13,7%, n=14) e diarrea (9,8%, n=10). In particolare, il ridotto introito di liquidi era statisticamente più rilevante rispetto ad altre cause di “admission” (p<0.05).
Di ogni paziente venivano valutati quotidianamente: la pressione arteriosa, lo stato di riempimento volemico, la prescrizione di fluidi, i reperti laboratoristici, la diuresi giornaliera.
Le comorbidità e i fattori responsabili per CAH sono mostrati rispettivamente in tabella 1 e 2 e da qui si può notare come l’ Alzheimer fosse, dal punto di vista statistico, la malattia di accompagnamento significativamente più rilevante rispetto ad altre (p<0.05), mentre tra le più comuni cause di CAH figura l’associazione di “oral intake impairment + ACE-inhibitor use “.

Le più frequenti complicanze dei soggetti ipernatriemici erano le infezioni: CAP (n=4), infezioni nosocomiali delle vie urinarie (n=12), ma anche emorragie del tratto gastrointestinale (n=5), iponatriemia (n=5) e stroke (n=4).
Outcomes clinici e mortalità: la mortalità risultò pari al 30,5% (n=18) nel gruppo 1 e 69,5% (n=41) nel gruppo dei più anziani e la maggior parte delle volte non poteva essere direttamente attribuita all ‘ipernatriemia stessa, ma a fattori concomitanti che includevano: multiorgane failure, sovrapporsi di infezioni, morte cardiaca improvvisa, severa emorragia gastrointestinale. Si notò anche come la frequenza di mortalità fosse più alta nei soggetti in cui i livelli
di sodio venivano normalizzati entro 24 ore o in più di 72 ore.
Discussione
Da questo lavoro si evince che, nella predisposizione a sviluppare incrementati livelli di sodio, un ruolo rilevante è svolto, in generale, dal declino organico età-correlato, dalla “disability“e dalla incrementata richiesta di fluidi che favoriscono negli anziani la disidratazione e l’ ipertonicità perchè, sebbene i livelli di ormone antidiuretico siano per lo più aumentati, la capacità di concentrare le urine da parte del rene è invece alterata, come si legge anche in uno studio del 2011 (2).
Altra nota dolente è quella iatrogena, in particolare l’assunzione di ACE-inibitori (associata a scarso introito di liquidi), infatti Latcha et al. hanno riscontrato che l’ ipoangiotensinemia danneggia la secrezione di arginina-vasopressina, incrementando la predisposizione all’ipernatriemia e riducendo il senso della sete (3), in quanto l’angiotensina II è diretto stimolatore di quest’ultimo. Gli ACE-inibitori, inoltre, riducono il riassorbimento di acqua dai tubuli (4).
La malattia di Alzheimer era la più comune morbidità di accompagnamento per entrambi i gruppi (anziani e molto anziani) in cui veniva riscontrata l’ ipernatriemia, poichè impedisce di bere sufficientemente e con regolarità.
La mortalità è risultata essere più elevata (fino al 75%) in soggetti che presentavano livelli di sodio superiori a 160 mEq/l (5), mentre lo studio di MedSciMONIT ha rilevato che i pazienti ipernatriemici con più di 75 anni, avevano una frequenza di mortalità significativamente più alta quando comparata con anziani tra i 65 e i 75 anni.
… E la terapia allora?
Innanzitutto si basa sul ripristino di una adeguata volemia, andando a calcolare il deficit di acqua totale corporea (6) : ATC X [(285-Posm)/Posm]
Di questo deficit teorico di liquidi che abbiamo calcolato, 1/3 può essere somministrato attraverso sondino naso-gastrico sotto forma di acqua libera, e i 2/3 , invece, con destrosio al 5% endovena.
I fattori che determinano la strategia terapeutica sono la rapidità di insorgenza, la severità della ipernatriemia e se il paziente è sintomatico o meno.
Il target, nel soggetto acutamente sintomatico, è ridurre i livelli sierici di 1.0 mEq/l/h (massimo 10-15 mEq/24 ore), altrimenti la correzione va ottenuta più lentamente (0,5 mEq/l/h).
Mentre alcuni autori sostengono che i pazienti hanno un migliore recupero dall’encefalopatia, se la normalizzazione dei valori di natriemia è attuata entro 72 ore , altri ritengono che le funzioni mentali possano subire danni permanenti se la correzione avviene in più di 96 ore (7).
Samuels et al riportano invece, nel loro studio, che lesioni neurologiche e morte possano verificarsi se la normalizzazione della natriemia è raggiunta prima delle 24 ore (8); in tal senso si suggerisce di centrare il target entro i 3-4 giorni, per ridurre al minimo la mortalità (insomma per ” le particelle di sodio” vale la regola dei latini che …” In medio stat virtus “).
BIBLIOGRAFIA
2) Sato M, Kanikowska D, Sugenova J et al: Effects of aging on thermoregulatory responses and hormonale changes in humans during the four seasons in Japan. Int J Biometeorol , 2011; 55(2): 229-34
6) F. schiraldi, G. Guiotto; Equilibrio acido-base, ossigeno, fluidi ed elettroliti, Mac Graw Hill
7) Latcha S et al. : Severe hyperosmolarity and hypernatremia in an adipsic youn woman. Clin Nephrol 2011; 76 (5); 407-11
Ottimo articolo, complimenti! Utilissimo e di semplice lettura.
Grazie mille Mick per l’apprezzamento!
Condivido: articolo interessante. Vale la pena perdere un po’ più di tempo e leggersi qualche articolo della bibliografia, oltre al libro del prof. Schiraldi.
Grazie Agostino! Sono d’accordo con te. Si parte sempre da uno spunto per poi ampliare i propri orizzonti 🙂
acqua e sale. acidi e basi. Casagranda. Guariglia. Sbrojavacca. Tarantino. e’ un ottimo libro. utile e discretamente chiaro.