sabato 18 Gennaio 2025

Ketamina in una notte buia e tempestosa

Sembra l’incipit di una striscia di Snoopy.
Era una notte buia e tempestosa, e ad un tratto riecheggiò un grido.
Non era proprio una notte buia e tempestosa, piuttosto il caotico inizio turno di una notte domenicale di primavera ma il grido, anzi le grida sono riecheggiate.
E’ un caotico inizio turno di una notte domenicale di inizio primavera quando arriva lui.
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Il problema.
Mi accorgo del problema dalle grida e dal trambusto. Accorro nella sala del triage e trovo lui, Franco, trattenuto a fatica da tre infermieri sulla barella, e circondato da familiari terrorizzati. Franco urla, si dimena, presenta una agitazione estrema.
Vengo assalito dai familiari.
“Non sedatelo troppo”
(Tranquilli, adesso intavolo un sereno dialogo con lui e lo convinco a calmarsi)
“Che poi lo dovete intubare e non vorremmo farlo tornare in rianimazione”
(Quindi è già successo)
“E poi non ci torna più a casa”
(Si, ma che diamine è successo?)
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Gli infermieri mi guardano, speranzosi ma anche un po’ inquieti, con il messaggio non detto “Fai qualcosa”.
“Qualcuno mi spiega cosa sta succedendo?”
Io vedo Franco, la sua angoscia, e sento le sue grida, espressione di un dolore acuto, severo, oltre ogni portata.
Si fa avanti il medico dell’emergenza territoriale, che era rimasto in disparte, e mi spiega:
“Il paziente ha una stenosi midollare severa, ed è in terapia con metadone per il dolore”
“Quanto”
“In tutto sono 120 mg al dì”
(120 mg al dì? 120 MG AL DI’?)
Faccio rapidi calcoli e mi risultano – a spanne – oltre 500 mg di equivalenti di morfina.
Bene, abbiamo un problema.
“Stasera ci hanno chiamato perché il paziente non rispondeva: siamo arrivati e lo abbiamo trovato in arresto respiratorio, pupille miotiche, in overdose da oppiaceo. Gli abbiamo fatto del naloxone.”
“Giusto. Quanto?”
“Tre fiale subito, e poi altre due durante il trasporto”
(Quante?)
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Di bene in meglio, abbiamo molti problemi.
Il mio cervello cerca una soluzione, trafitto dallo sguardo degli infermieri perché vogliono una soluzione rapida.
E hanno ragione, Franco non può sopportare ancora a lungo uno stress simile. Non ha solo una crisi dolorosa iperacuta, ma anche una crisi astinenziale. Tutti i recettori mu del paziente adesso sono saldamente legati al naloxone, e lo saranno ancora per 5 ore. Dopo, il metadone ritornerà prepotentemente a reclamare i suoi recettori, ma ci penseremo.
Cosa posso fare? Somministrare morfina? ma a che dosaggio? calcolare una rescue dose per un dosaggio di metadone simile mi atterrisce. E poi dovrei superare il “blocco” del naloxone, e quindi utilizzare un dosaggio di morfina ancora superiore. Cosa accadrà, quando il naloxone sarà eliminato, e quindi il metadone ritornerà in azione insieme alla dose di morfina che ho somministrato? terra incognita, decido rapidamente che non voglio avventurarmici.
Propofol? i familiari non vogliono, me lo hanno già detto… Midazolam? potrebbe essere una soluzione, ma dovrei iniziare una infusione continua, e forse preferirei avere una via aerea protetta, che i familiari respingono.
Ennesimo sguardo dell’infermiere.
Mi decido.

Ketamina.

2 mg/kg. Dose dissociativa.
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Spiego ai familiari quello che sto per fare e cosa sta per accadere, e inizio il bolo (lento, sopra i 60 secondi).
La pace.
Franco si calma, all’istante. Il respiro diviene regolare, la pressione si normalizza. Smette di gridare, l’analgesia è completa, i familiari – sebbene stupiti dal vedere Franco immobile sulla barella con gli occhi spalancati a fissare il soffitto – sono sereni.
Io respiro. Per un attimo.
Perché sono consapevole di aver solo spostato un po’ più in là il problema: la sedazione dissociativa durerà non più di 30 minuti. E poi? Posso ripetere la dose dissociativa? Preferirei di no.
Un post di Carlo d’Apuzzo di qualche anno fa suggeriva un altro uso per la ketamina. L’analgesia.
Negli ultimi anni si sono accomulati i lavori sul ruolo della ketamina come analgesico, sia da solo che in aggiunta agli oppiacei, e abbiamo già parlato del dosaggio intranasale della ketamina come analgesico in un post della serie sull’intranasale. Alcuni autori (come Sergey Motov) sognano un pronto soccorso senza oppiacei e investono molto nella ketamina.
Preparo l’infusione: 0.3 mg/kg/ora (la dose analgesica indicata in genere è di 0.1-0.3), e inizio, perché l’insorgenza dell’effetto analgesico nell’infusione continua non è immediato e così, al risveglio, avrò già raggiunto una dose efficace.
Ma non è ancora sufficiente: non ha solo una crisi dolorosa, ma anche una sindrome astinenziale e non vorrei che si sommasse all’effetto della dose subdissociativa (che talvolta può indurre lieve agitazione), quindi associo una infusione a basso dosaggio di midazolam (calcolo circa 2 mg/h) e poi titolo.
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Ma la ketamina è un valido analgesico?
potrà davvero sostituire (o ridurre) gli oppiacei come vorrebbe Motov? un caso estremo come questo non potrà mai essere portato come esempio per formarsi una opinione efficace e valida, ma almeno ci può fornire qualche spunto per discutere.
Come agisce la ketamina?
E’ un derivato della fenciclidina, e blocca i neuroni NMDA della formazione reticolare (il più noto tra i molteplici siti d’azione del farmaco), con diverse azioni a seconda del dosaggio, da una azione analgesica fino alla dissociazione,
La ketamina è un analgesico sicuro? la ketamina sembra avere pochi effetti collaterali, e tutti definiti come “minori”: nausea, disforia, sensazione di irrealtà, agitazione psicomotoria, allucinazioni.
Minori?
Ecco, io sono abituato ad usare il fentanyl anche nei bambini, soprattutto per via intranasale (magari sottodosando un po’ quando sono certo che non ci sia frattura e che prevalga la componente di paura sul dolore stesso) e non mi ricordo di aver avuto qualsiasi evento avverso, ma davvero non mi vedo a spiegare ad una mamma che sto per usare un farmaco che potrebbe determinare allucinazioni nel bambino…
In questo credo che possa esserci un bias in chi vorrebbe estendere l’uso della ketamina “al posto” degli oppiacei.
Perché ci sono questi eventi avversi?
La ketamina ha un profilo farmacodinamico del tutto differente rispetto ad altri sedativi ed analgesici, soprattutto per gli eventi avversi.
Se la depressione respiratoria del propofol è dose dipendente (ossia maggiore è la dose e maggiori saranno i problemi), per la ketamina i guai insorgono quando si rimane nella parte “subdissociativa”, quando possono comparire le reazioni psicotiche di “emersione”.
Gli effetti del farmaco cambiamo infatti profondamente a seconda della dose utiizzata, come si evidenzia da questa ormai classica immagine creata da Strayer.
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Una volta raggiunta la quota dissociativa, questa non viene superata e ad aumentare la dose aumenta (in genere) la durata della sedazione dissociativa.

E funziona, come analgesico.

Motov ha dimostrato una piena equianalgesia tra la dose di 0.3 mg/kg di ketamina in confronto con 0.1 mg/kg di morfina, e lo stesso ha fatto Sin.
Ma io vedo un problema, ed è connesso all’effetto tetto degli analgesici. Una volta raggiunta la dose di massima analgesia possibile, un ulteriore aumento di posologia aumenta solo gli effetti collaterali.
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I FANS, il paracetamolo, gli oppiacei deboli hanno un effetto tetto. Gli oppiacei maggiori, no: se l’analgesia è insufficiente, titolo somministrando ulteriore farmaco…
La ketamina ha un effetto tetto?
É una domanda senza senso, perché all’aumentare della posologia, cambiano radicalmente gli effetti del farmaco, passando attraverso le sabbie mobili della subdissociazione e arrivando infine alla dissociazione. Quindi, se la dose analgesica della ketamina è poco efficace, rimane poco efficace perché non posso aumentare ulteriormente la posologia.
Ecco, io non credo che la ketamina potrà sostituire gli oppiacei, ma ritengo che sia un farmaco insostibuile per la sua versatilità e per la sua capacità di intervenire in situazioni difficili, come nel caso descritto. Il suo ruolo come analgesico, pertanto, potrebbe essere quello di supporto, o di seconda scelta “di lusso”. La ketamina può essere vista come un farmaco in grado di svolgere egregiamente ogni tipo di lavoro, compresi quelli “sporchi”. Un lavoro sporco come il trattamento di una brutta bestia come l’overdose da metadone in una sindrome dolorosa cronica.
Ma la ketamina ha alcune aree di maggiore “competenza”, come il trattamento del dolore neuropatico, che è abitualmente una condizione di difficile gestione – e in effetti, il caso raccontato era caratterizzato prevalentemente da un dolore neuropatico.
Franco ha passato la notte, e l’indomani si sono progressivamente attenuati gli effetti di sovradosaggio del metadone. É stata ripresa la sua terapia con aggiustamento della posologia dopo valutazione da parte del collega algologo che lo aveva in cura.
Io non sono sicuro di aver scelto l’opzione terapeutica migliore, e sicuramente non era l’unica possibile, ma senza dubbio la ketamina mi ha dato un grandissimo aiuto, e per il suo profilo di sicurezza, i suoi effetti diversificati, è un farmaco davvero imprescindibile per chi lavora in emergenza, sia sul territorio che in ospedale.
Eppure la ketamina, da sempre, è sotto attacco, e ha suscitato paure ingiustificate.
Io credo che tutto nasca dalla sua farmacodinamica, che determina risposte profondamente differenti a seconda del dosaggio.
Se non conosco il midazolam e voglio prendere confidenza, inizio con un dosaggio submassimale per timore degli eventi avversi, e poi aumento fino al raggiungimento della dose efficace. Lo stesso vale per la morfina, per il propofol…
Con la ketamina, no: se uso una dose ridotta non solo non ottengo l’effetto che mi sarei atteso (la dissociazione), ma posso vederne molti degli effetti collaterali. Ecco, credo che la paura della ketamina derivi da questo. Opinione mia, direi, quasi una sensazione, quindi nulla di scientifico… Però, la sua peculiarità rispetto a tutti gli altri sedativi ed analgesici è evidente. L’ACEP americana ha infatti pubblicato un documento indipendente rispetto a quello della sedazione procedurale, e interamente dedicato alla ketamina. Come a dire, questo è un capitolo a parte…
Quindi usiamo la ketamina, ma ai dosaggi giusti, senza timori, perché i timori spingono al pregiudizio, e i pregiudizi sono dannosi.
La Cina spinge da qualche anno per far inserire la ketamina nella lista degli stupefacenti pericolosi, al pari di altre sostanze d’abuso senza usi clinici (come la mescalina, LSD, e altri). Questa decisione si basa sul grande numero di persone che la utilizzano per scopi ricreazionali. Un paradosso, come la fobia per gli oppiacei che si osserva negli USA. Il mio amico Mario Guarino, nell’ultimo SAU a Bologna, rispondendo a chi temeva per la ketamina per la sua diffusione illegale, ha risposto: “Scusate, ma in Ospedale avete eliminato lo zucchero perché esistono i diabetici?”
Ecco, gli urgentisti devono pensare così.
Devono essere lontani dai pregiudizi, e in più hanno il compito di prendere decisioni rapide in situazioni critiche, potendo applicare quanto appreso con i molteplici canali a nostra disposizione: lo studio, l’aggiornamento, i corsi, i blog, i podcast. Se si inizia ad usare la ketamina, l’unico consiglio è quello di non averne paura, di usare i dosaggi corretti, e di gestire il paziente con tutti gli strumenti di sicurezza che abbiamo a disposizione.
Come scrive T.E. Lawrence nei “Sette pilastri della saggezza”:
Tutti gli uomini sognano: ma non allo stesso modo. Coloro che sognano di notte, nei recessi polverosi delle loro menti, si svegliano di giorno per scoprire la vanità di quelle immagini: ma coloro i quali sognano di giorno sono uomini pericolosi, perché possono mettere in pratica i loro sogni a occhi aperti, per renderli possibili.”
E quindi, sogniamo di poter usare tutti gli strumenti in nostro possesso per combattere il dolore.
Compreso la ketamina.
Alessandro Riccardi
Alessandro Riccardi
Specialista in Medicina Interna, lavora presso la Medicina d’Emergenza – Pronto Soccorso dell’Ospedale San Paolo di Savona. Appassionato di ecografia clinica, è istruttore per la SIMEU in questa disciplina, ed è responsabile della Struttura di Ecografia Clinica d’Urgenza . Fa parte della faculty SIMEU del corso Sedazione-Analgesia in Urgenza. @dott_riccardi

4 Commenti

  1. Caro Alessandro, caro amico mio, non fai una grinza!!! La prima volta che ho visto la K in azione é stato nell’ 88 in clinica dove un anestesista mi spiegó le sue peculiarità da dirmi che eranp anni che la usava come start induttivo a chiunque somministrandola a 2mg/kg ev perché, nonostante lui fosse neurolletista puro, aumentava l’ effetto oppiaceo del Leptofen (DBP e Fentanest) per togloere l’ effetto nocicettivo alla IOT e all’ azione chirurgica immediata. Unica cosa usava un pó di Valium per l’ effetto allucinogeno. I suoi malati si svegliavano strabenissimo (era un grande!). Poi la adoperava nei bambino al dosaggio di 1mg/kg im per portarli in sala operatoria… dove induceva con il Valium e Sintodian. Inoltre, entrato in anestesia, la K era il farmaco di aggressione per startare gli shoccati. Insomma, quando la tolsero nn me capì i motivi. Ho molto approfondito l’ argomento ed ho solo un dubbio su questo farmaco il cui uso lo straconsiglierei… é sul trauma cranico severo. Avendo un azione aminica tende a far salire la pic ed ho visto molti incauti sottodosare la succi per questo motivo… mah! Ecco, lì userei il propazolam :-). Dimostri sempre che sei un grande, grandissimo professionosta. Ad maiora, magari ad un cad lab

    • Grazie Massimo, del tuo commento e del tuo supporto! e della tua grandissima esperienza… Sui motivi per cui la ketamina abbia sempre suscitato simili “paure”, a fronte di un farmaco con simile sicurezza e simili vantaggi, ho provato a dare una interpretazione nel post… Per quanto riguarda la questione del trauma cranico, però, le evidenze attuali spingono verso l’utilizzo anche nel trauma cranico… ti riporto il link ad un bellissimo post proprio sulla questione Ketamina e trauma cranico, di Valerio Pisano Brasca
      https://www.empillsblog.com/ketamina-nel-trauma-cranico-puro-dogma/
      A presto, magari ad un corso… ma meglio ancora dietro un lauto banchetto!

  2. Può essere un discorso un po’ antipatico, però, a differenza che in altre realtà, nel nostro Paese certi farmaci sono competenza dello specialista Anestesista/rianimatore. Il fatto che in altri Paesi la “terapia intensiva” sia aperta, e non è un caso che si usi questo termine, anche a colleghi con altre specializzazioni fra le quali Medicina di Urgenza, non si traduce automaticamente nel fatto che questo debba avvenire anche da noi.

    Penso che la prescrizione/somministrazione di certi farmaci dovrebbero restare prerogativa stretta degli anestesisti/rianimatori (i quali sono tra l’ altro anche incaricati della Terapia del Dolore) . Il Medico di Emergenza Urgenza ha già tante cose a cui pensare e ci manca solo che si ci debba riempire la testa di farmaci attivi sulla Formazione reticolare.

    Per carità, si ci può anche al limite mettere d’accordo con gli Anestesisti che deleghino certi atti medici, come potrebbe essere l’ uso di questi farmaci al di fuori della sala operatoria, ma in cambio si devono prendere qualche altra rogna (come i CVC o gi accessi venosi femorali)

    • Non è un commento antipatico, ma un po’ anacronistico. Rispetto ovviamente la tua opinione, ma a non condividerla non sono soltanto io ma ormai moltissime società scientifiche non solo MEU ma anche anestesiologiche. Anche perché l’esplosione dell’uso della ketamina nel mondo occidentale negli ultimi anni è tutta farina dei MEU, che hanno ripreso un farmaco, lo hanno studiato a fondo, lo hanno capito e lo hanno usato in modo estensivo. Nel mondo anestesiologico era considerato un vecchio farmaco un po’ in disuso.
      Poi sei davvero convinto che l’anestesista debba essere l’incaricato della terapia del dolore? Abbiamo circa il 70% di accessi per dolore in Ps. Sono circa 18 milioni di accessi. Vuoi davvero dire che l’anestesista debba sobbarcarsi queste valutazioni o possiamo ormai ammettere che il meu ha competenza in questo ambito?
      Comunque, ti attendo con piacere in sala visita di Ps, perché per noi è fondamentale togliere il dolore e gestire situazioni per noi quotidiane, e vedere come si possono gestire in modo alternativo certe situazioni (e in molte realtà i MEU fanno già le cose che un po’ provocatoriamente hai citato, facendo già parte del loro core curriculum). Vedi, noi vorremmo fare discorsi di condivisione dei percorsi non per rubare spazi o mansioni di altre specialità, ma per togliere agli altri specialisti la maggior parte delle cose per noi ordinarie, e chiamarli per le cose che richiedono la loro diversa competenza, magari superiore alla nostra perché abbracciando tanti ambiti, riconosciamo e rispettiamo tutti i nostri colleghi.
      Comunque, i dati della sedazione procedurale MEU dimostrano una sicurezza che dovrebbe superare questioni simili. I nostri registri dimostrano usi sicuri dei farmaci impiegati, sempre rispettando gli standard di sicurezza e di procedura. Dopo dieci anni, credevo fossero questioni superate, ma evidentemente non è così.

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