Giulia
Giulia è di una bellezza devastante, di quelle bellezze che riempiono la stanza in cui entrano e la svuotano di parole. Rimane solo il silenzio ad accompagna il suo incedere regale nella sala visita del pronto soccorso, scortata dal personale sanitario dell’emergenza extraterritoriale, che ti sussurrano a mezza voce: “Ha provato ad uccidersi”.
"Se gli uomini fossero belli ed intelligenti, si chiamerebbero donne."
Hepburn A.
Giulia ha i capelli colore ribellione, i lobi delle orecchie sostituiti da grandi orecchìni bucati, occhi tristi, nessuna voglia di sorridere o di parlare, tagli superficiali a livello dei polsi notati, sottolineati e già medicati dal primo soccorso a mo’ di manette, ed altri, probabilmente più profondi a livello dell’anima. Hai l’impressione che voglia piangere ma è troppa orgogliosa per farlo.
Già seguita dla CSM territoriale, tu conosci Giulia una domenica mattina alle 7 trascorsa dopo una notte faticosa per entrambi: piena di lavoro per te, ricca di delusione per Giulia. Siete entrambi stanchi, solo tanta voglia di tornare a casa. Tu aspetti le otto ed il tuo cambio e vorresti che Giulia aspettasse lo specialista psichiatra. Ma Giulia ti implora – vuole solo tornare a casa – e non vuole fermarsi a parlare con una sconosciuta di problemi che sono solo suoi e della sua compagna.
Ti guarda in faccia e ti chiede, anzi ti implora, ti scongiura solamente di andare. Tu sei toccato per una ragazza che sta male e ti chiede solo il permesso di andarsene. O forse non te lo chiede neanche, ma te lo sta comunicando.
E noi?
Ma cosa dovremmo fare, noi medici di pronto soccorso? Siamo davvero in grado di stimare il rischio correlato ad una dimissione veloce, ma non per forza indolore di Giulia? Dobbiamo convincerla, costringerla, tranquillizzarla, prendere tempo, sedarla, addormentarla, abbatterla, per proteggere lei o noi?
Lo ho chiesto alla mia psichiatra di riferimento, non perchè cura me, ma perchè in sei anni di conoscenza ha risolto sempre tutti i miei, leciti o meno, dubbi e problemi, a volte grane, che quotidianamente le affidavo.
Si chiama Marina Mazzucco.
Lei si definisce: Medico psichiatra, per parecchi anni sul territorio e ora, da alcuni, in SPDC.
Io la definisco medico delle emozioni.
Dico che Assomiglia a Gulia nel suo incedere regale e per come riempe la stanza quando scende in pronto. Regala tranquillità e competenza in ogni situazione.
Questi sono i suoi consigli. E questo è anche il mio modo di ringraziarla: la consulente che ogni medico di pronto soccorso vorrebbe.
La visione dello Specialista Psichiatra
Quando Davide mi ha chiesto di redarre un prospetto per valutare il rischio sucidario, ho subito pensato che il compito fosse realmente arduo.
Con gli ormai numerosi anni di esperienza e i complimenti, piuttosto immeritati, ricevuti da un super urgentista, mi sono detta che avrei dovuto avere una riposta chiara ed esaustiva. Ci ho pensato e ripensato e sono andata a rileggere un po’ di letteratura (per altro è piuttosto recente un’interessante review sul tema).
La probabilità di individuare chi realmente è a rischio di commettere un atto suicidario è di poco superiore alla probabilità casuale. Inoltre non sempre è semplice distinguere tra un vero tentativo di suicido (suicido non riuscito per cause indipendenti dalla volontà del paziente) e un gesto di autolesionismo (nel quale non vi è l’intenzionalità di morire).
Tutto ciò che esiste nell'universo è frutto del caso e della necessità.
Democrito
I gesti autolesivi o minacce autolesionistiche
Altro capitolo sono i gesti autolesivi o le minacce autolesionistiche o i cosiddetti gesti dimostrativi (evidentemente dimostrativi come per esempio assumere poche compresse di qualche farmaco). In questi casi ci sono elementi psicopatologi piuttosto distinguibili, quindi più prevedibili e appartengono a tratti personologici. Grosso modo tali agiti rientrano nella modalità di gestione della rabbia e nel bisogno di urlare il proprio malessere e che lo stesso venga raccolto da qualcuno. Parliamo dei disturbi di personalità di cluster B (borderline, istrionico, antisociale).
“In un mondo in cui si tenta disperatamente di sopravvivere, come si possono giudicare le persone che decidono di morire?”
Coelho P
In questi casi rappresenterebbe buona pratica clinica che tutta la filiera che raccoglie e gestisce l’evento (da chi accompagna il paziente in pronto soccorso, al triage, al medico urgentista) avesse accortezza di sottolineare sì il bisogno di aiuto, ma di senza indicare per scritto “tentativo anticonservativo”, in quanto uno non corrisponde al vero, due complica non poco il lavoro successivo del medico urgentista e dello psichiatra, che spesso esita in dimissioni dagli ambienti del pronto soccorso.
Reale Intenzionalità Suicidaria
Yourcenar Marguerite
Tornando invece al più delicato caso di reale intenzionalità anticonservativa, possiamo affidarci solo ai cosiddetti fattori di rischio che possono guidarci nella valutazione della probabilità.
Innanzitutto dobbiamo ricordare che l’ideazione suicidaria è piuttosto comune mentre, fortunatamente, il suicido è un evento piuttosto raro. L’idea di morire può presentarsi in qualsiasi individuo sano e può rientrare nel normale processo di crescita di una persona, una fase nella quale si cerca di capire il significato della vita e della morte. Da ciò ne deriva che l’ideazione suicidaria molto spesso non si accompagna all’agito.
Fattori di Rischio e Valutazione Clinica
La letteratura ci dice che i principali fattori di vulnerabilità sono il sesso maschile, l’età giovanile o anziana, l’abuso di sostanze (in particolare l’alcool, mentre sostanze più attivanti sembrano più correlabili ad aggressività eterodiretta), vissuti di rabbia e/o disperazione, vergogna, colpa, solitudine. Un elemento da non sottovalutare è la familiarità per suicidio o l’aver assistito ad agiti drammatici, come pure un recente lutto. Lasciare un biglietto di addio è sicuramente un fatto preoccupante e da non sottovalutare.
All’esame obiettivo desta preoccupazione l’impossibilità a esprimere i propri vissuti e le motivazioni del proprio stato d’animo. Tra i disturbi psichiatrici il disturbo bipolare è quello più correlato con eventi drammatici, seguito dal disturbo psicotico che a volte esordisce proprio con seri gesti estremi. Tra le patologie organiche rappresentano fattore di rischio il dolore cronico, la malattia terminale, i quadri cerebrali organici, lo stato confusionale.
Tra i fattori di rischio rientra anche la presenza di gesti autolesivi e/o tentativi anticonservativi in anamnesi e la disponibilità di mezzi atti a procurasi danno (medicinali, possesso di armi) pur sapendo che i mezzi a disposizione sono pressoché infiniti. Va sottolineato come a volte pure i gesti con valore comunicativo, cioè dimostrativi, possono esitare in evento drammatico, al di là delle reali intenzioni del soggetto, per errore o per sottovalutazione delle modalità di azione.
Nella mia personale esperienza un elemento da valutare con attenzione è la rete familiare/relazionale. Se è presente rappresenta un fattore protettivo importante, anche se l’elevata conflittualità potrebbe essere miccia per gesti prevalentemente di natura dimostrativa.
Conclusione
In conclusione non esiste la ricetta per riconoscere chi realmente è a rischio suicidio, almeno nel breve termine. Penso che la consulenza psichiatrica sia quasi sempre indicata, pur sapendo che nemmeno lo psichiatra più esperto avrà, al termine della valutazione, la certezza in un senso o nell’altro.
Mi avvalgo della facoltà di psichiatria, per cercare di capirvi.
Urgentista - Richiesta di consulenza
Rispetto alle gestione mi preme sottolineare come il parlare con un paziente dell’ideazione di morte non aumenti il rischio in generale. Anzi, il paziente può sentirsi sollevato nel rendersi conto che qualcuno raccoglie la sua sofferenza. Può essere che l’aspirante sucida non tenti tanto di porre fine alla propria vita, quanto piuttosto di porre fine alla sofferenza psicologica che lo attanaglia. Se qualcuno si fa carico di questa sofferenza, potrebbe intravedere uno spiraglio. Unica eccezione alcune forme di psicosi, nelle quali parlare di intenzionalità anticonservativa può concretizzare una possibilità fino ad allora non contemplata.
Forse, chissà, in futuro l’intelligenza artificiale potrebbe darci una mano?
E il caso della bella paziente incontrata da Davide?
Direi che in questo caso si è creato un allarme eccessivo in un caso di probabile demoralizzazione e/o rabbia. E forse con una certa superficialità qualcuno ha scritto “ideazione anticonservativa”? Non mi sembra ci fossero gli elementi per ipotizzare una reale intenzionalità anticonservativa, quindi, pur essendo stato Davide coraggioso, penso abbia fatto bene.
E noi possiamo riassumere tutto questa scienza in un algoritmo di valutazione?
Il tentativo è il seguente che, senza nessun pretesa di efficacia o dimostrazione di validazione, può però aiutarci a capire sicuramente in quale caso il paziente non può non essere persuaso a rimanere in pronto a cercare di trovare una soluzione al suo mal di vivere.
Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato
Montale Eugenio