Guardo la lista d’attesa, sconsolato.
E’ un inizio turno d’estate, al pronto soccorso di una città di mare: il che significa che la popolazione è decuplicata, e quindi anche le richieste di assistenza in pronto soccorso (più o meno urgenti, anzi, raramente urgenti).
Ma non è solo il pronto soccorso di una città di mare, è un pronto soccorso ligure: la regione più anziana d’Italia, con un turismo in buona parte costituito da pazienti anziani e con plurime patologie.
Quindi, lista d’attesa che può essere definita, con un linguaggio tecnico, “da paura”.
Bene, testa bassa e si affronta il lavoro, senza eccessive lamentele e recriminazioni. Abbiamo già parlato dei lati oscuri del lavoro del medico di medicina d’emergenza in un’altra serie di post, e in particolare sul lavorare in un ambiente caotico e sovraffollato. Non posso farci nulla, conosco bene le motivazioni di questo assalto al fortino, e so che non devo perdere la calma. Quando succede, immancabilmente, te la prendi con il paziente sbagliato, quello che nasconde una sorpresa inattesa e quindi ti devi anche scusare. Non voglio quindi parlare nuovamente di burn out, demotivazione, crisi del medico dell’emergenza.
Adesso vorrei affrontare l’aspetto opposto, ovvero gli aspetti positivi che contraddistinguono – o che dovrebbero contraddistinguere – un buon medico d’emergenza.
Le virtù, che in latino si chiamano “virtus”, ossia forza.
Quindi gli aspetti che rendono forte un medico d’emergenza, saldo nelle sue decisioni, e sicuro delle sue capacità. Ma anche forte per difendere se stesso, perché oggi, purtroppo, c’è molta ostilità nei confronti delle professioni sanitarie.
Guardando una lista d’attesa con più di venti persone in attesa, ed un numero imprecisato di ambulanze in procinto di scaricare nuovi pazienti, la decisione più sensata e più di buon senso che mi verrebbe da pensare è di andarmene via… invece rimango.
Perchè rimango?
Quali sono le virtù che un medico d’emergenza dovrebbe possedere?
La prima, la più importante, è la prudenza. Già Aristotele la definiva la prima tra le virtù, colei che guida tutte le altre. La prudenza è così importante che il libro dei proverbi, nell’Antico Testamento, afferma:
“Con la sapienza si costruisce la casa, con la prudenza la si tiene salda“.
Perchè la prudenza è così importante nel nostro lavoro, e cosa intendiamo per prudenza?
La prudenza viene intesa come sinonimo di cautela, ma non è così. La prudenza è colei che guida il nostro intelletto all’analisi attenta della situazione per scegliere gli strumenti più opportuni per il raggiungimento del nostro fine. In soldoni, la prudenza guida il nostro operato per raggiungere una diagnosi, o per eseguire una procedura, scegliendo con attenzione gli esami più appropriati e valutando correttamente il contesto clinico in cui operiamo.
La prudenza, però, non è paura o incertezza.
Qualcuno ha scritto che “La prudenza è la parte più nascosta del vero coraggio“, e in effetti ci vuole molto coraggio a svolgere il nostro lavoro evitando le pastoie della medicina difensiva.
Ma come si può intendere la prudenza nel nostro lavoro?
Prudenza non significa richiedere una TC toracica a tutti i pazienti con dolore toracico per escludere una dissecazione aortica senza aver prima stratificato il rischio. E non significa richiedere una radiografia diretta dell’addome per valutare un dolore addominale aspecifico.
Prudenza significa esattamente il contrario.
Un medico d’urgenza prudente è colui che utilizza tutti i suoi strumenti per valutare un sintomo nella sua interezza e decide l’iter più appropriato: una anamnesi precisa, un esame obiettivo completo, un esame ecografico clinico, e infine decide. Un medico d’urgenza prudente è colui che scrive sulla cartella in modo completo e chiaro, per far comprendere il proprio ragionamento e le ragioni delle proprie decisioni.
Ernest Shackleton è stato uno degli uomini più prudenti della storia. Capitano dell’Endurance, e capo di una spedizione in Antartide nel 1914, dopo il naufragio per via dei ghiacci e il riparo sull’isola di Elephant a bordo delle scialuppe, Shackleton prese la decisione più prudente: anziché attendere i soccorsi su un isola deserta, decise di prendere il mare con un manipolo di uomini per attraversare 1600 chilometri di uno degli oceani più burrascosi del pianeta per raggiungere la Georgia del Sud, armato solo di un sestante e di un cronometro.
In inverno
E riuscì nell’impresa. Arrivato nella parte non abitata dell’isola, prese un’altra decisione estremamente prudente: anziché circumnavigare l’isola e rischiare il naufragio, decise di attraversarla a piedi, superando i 60 km di catene montuose e ghiacciai che lo separavano dai porti. Senza cartine, senza tende o attrezzatura alpinistica. Riuscì anche in questa impresa, con una marcia che a fatica viene eguagliata oggi con l’attrezzatura moderna da parte di alpinisti esperti – e fu anche il primo ad attraversare la Georgia del Sud a piedi.
Una volta raggiunto uno dei porti balenieri, organizzò una spedizione di salvataggio degli uomini rimasti sull’isola Elephant.
Shackleton ritornò in Inghilterra senza perdere un solo uomo del suo equipaggio, e tutto grazie alla prudenza con cui seppe prendere le decisioni, che non furono mai solo coraggiose, ma sempre ponderate: e anzi, lui non si considerò mai un eroe (una sua massima, a sottolineare il concetto di prudenza, è stata “Meglio un asino vivo che un leone morto”).
La prudenza è quindi l’anima della competenza.
Per carità, non voglio esagerare, e di certo un turno di un medico di pronto soccorso non può essere paragonato ad una simile impresa, ma il concetto di “prudenza” è comunque lo stesso.
Un medico prudente non è quello che non usa il propofol per una sedazione procedurale perché ha letto da qualche parte che è di appannaggio dell’anestesista rianimatore, ma è colui che lo utilizza con perizia, conoscendo bene le sue caratteristiche, e con gli strumenti necessari per condurre una sedazione procedurale in sicurezza.
Tommaso d’Aquino scriveva che la “Prudenza è la retta norma dell’azione”.
Il medico d’urgenza prudente è colui che agisce con perizia, cerca di applicare le linee guida nei casi particolari (ed esce dalle linee guida quando necessario), e che utilizza la propria cultura ed esperienza in aggiunta al buon senso per decidere ed operare per il bene del paziente.
La prudenza è dunque in netta opposizione alla medicina difensiva, perché della medicina difensiva rigetta le basi: una pratica medica guidata dalla paura e, in fondo, dall’incertezza, che non solo danneggia il sistema, ma che in determinati casi può danneggiare il paziente.
L’impatto della medicina difensiva sui sistemi sanitari è ben noto
per quanto riguarda i rallentamenti dei servizi, l’aumento dei costi e quindi il depauperamento delle casse pubbliche, e forse la comprensione della prudenza come una virtù imprescindibile di ogni medico è forse una delle strade da percorrere.
“Bisogna fare cose folli, ma farle con il massimo della prudenza” ha detto Henry de Montherlant.
Questo deve fare, un medico d’emergenza: agire come un folle prudente, fare, pensare – sempre con la prudenza come guida, ma una prudenza che è l’altro aspetto della competenza.
Ma attenzione, non significa essere supermedici:
il medico d’emergenza prudente fa quello che sa fare e che ha imparato a fare, secondo le proprie competenze ed esperienze, ma non significa che non avrà mai bisogno dell’aiuto dei colleghi dell’ospedale. Deve iniziare ad interagire con loro da specialista a specialista, e non come un vigile che dirige il paziente da un medico all’altro. La prudenza è quindi un gioco di equilibrio e di destrezza
Facile? no, tutt’altro.
Ma la strada per essere virtuosi è difficile per definizione.
E infatti, siamo sempre tutti virtuosi?
No, perlomeno non lo sono io, e non sempre è facile non perdere la strada. Anzi, a volte la strada che porta alla medicina difensiva sembra in discesa e più facile da percorrere. Ma ricordiamoci sempre quello che ha detto uno dei più grandi medici d’emergenza italiani, Rodolfo Sbrojavacca, che “Esiste un limite al pararsi il culo, superato il quale il culo diviene il bersaglio“
(segue)
Ringrazio Mauro Cardillo, per un suo post di qualche anno fa, “Vento a Tindari”, a tutt’oggi – a mio avviso ma non solo mio – il post più bello e toccante mai apparso su empills, ed una delle pagine più poetiche ed emozionanti sulla medicina d’emergenza. L’idea di scrivere sulle virtù in medicina d’emergenza mi era balenata leggendo le sue parole – e invito tutti a rileggere il suo post.
Alessandro, ti ricordo per la citazione e per questo splendido post sul vero significato della PRUDENZA!
Forse ho iniziato con “Vento a Tindari” la stagione dei post introspettivi… ma tu se certamente diventato il MAESTRO indiscusso!
Grazie Mauro! Il tuo post aveva mostrato a tutti un potenziale del blog!
Che dire? Ti adoro!
La passione per il nostro fantastico lavoro, la esprimi con ogni tua singola parola.
Grazie a te!!! Ci pensavo stamane, facciamo un lavoro unico e dobbiamo difenderlo da tutte le difficoltà che ci circondano. Davvero, quanti altri Specialisti si devono interfacciare con questioni così varie e profonde della vita, lungo tutto l’arco dell’esistenza? Sarà un caso, ma molte serie mediche, la maggior parte, ruotano sull’emergenza! Grazie del tuo commento! Scrivere sul blog, per me, è una cura contro il burnout
Ecco lo hai detto. Metterci la passione per continuare a divertirsi. Solo così è possibile evitare il burnout. E per divertirsi veramente continuare a studiare. L’accrescere le proprie conoscenze è l’unico vero antidoto al burnout.
Che dire.Complimenti! Un bellissimo articolo.Spero di conoscerti personalmente x condividere alcune tue ed anche mie riflessioni sulla nostra bellissima professione
DavideEusebio
Primario P.S. Melegnano
Grazie del commento e dei complimenti. Sì, anche io spero di fare una chiacchierata de visu, perché la condivisione, soprattutto nel nostro lavoro, è fondamentale!