venerdì 25 Aprile 2025

La violenza stradale ci riguarda

Il dieci giugno ci ha lasciato il Dott. Stefano Subioli, medico d’urgenza e amico con cui ho condiviso 8 anni sul campo, tra pronto soccorso e centro Covid. Dal mio primo giorno da specialista fino a sette giorni fa.

Scrivo dal treno praticamente vuoto che mi riporta a casa dal suo funerale, che si è svolto solo oggi perché Stefano non ci ha lasciato per una malattia, ma per una morte violenta: un drammatico scontro tra la sua moto e un’automobile, che sin da subito non ha lasciato nessuno spazio alla medicina. E, a differenza della malattia, nessuna possibilità di assistenza da parte della famiglia, di programmazione, di lenta elaborazione del lutto.

Giornata in memoria delle vittime della strada 2023 – Fonte Interna

Evento traumatico che viene genericamente chiamato “incidente”, ma che qui per il valore della semantica chiameremo “violenza stradale”.

Perché se fosse stato veramente un incidente (“avvenimento inatteso che interrompe il corso regolare di un’azione”) non sarebbero morti nei giorni successivi, solo a Roma e dintorni, una ragazza di 18 anni e un bambino di 5. E non staremmo parlando della prima causa di morte nell’età compresa tra i 5 e i 29 anni.

Indagare le cause di un decesso può sembrare irriverente di fronte al singolo dramma, al lutto familiare. Di fatto quando la violenza stradale miete vittime ci si limita alle condoglianze, invocando l’imprevedibilità della vita o un destino già segnato.

Ma questo è l’esatto opposto della storia della Medicina, dove proprio studiando le malattie incurabili sono state fatte grandi scoperte che hanno migliorato e salvato vite future. E mai come in questo caso parliamo di eventi prevedibili e prevenibili

Dobbiamo tenere bene a mente un dato drammatico: il 50% dei decessi per politrauma avviene immediatamente. Mentre circa il 35% nelle prime ore dall’evento.

Quindi la prevenzione è fondamentale e sarebbe molto più efficace del miglior sistema dell’emergenza possibile.

L’Italia è tra i paesi più veccchi del mondo. Mentre curiamo ultranovantenni non possiamo rimanere inerti di fronte ai numeri di una “guerra civile” che per lo più attanaglia i giovani. Il Belpaese ha un numero di vittime e feriti gravi su milione di abitanti nettamente superiore ai vicini europei, e il divario si sta allargando negli ultimi anni. Mentre numerose città europee si avvicinano alla vision zero (zero morti in strada), da noi dopo decenni di costante calo i numeri stanno paurosamente aumentando.

Questo per tante ragioni su cui servirebbe un convegno a parte, ma che proveremo a sintetizzare. In primis abbiamo un tasso di motorizzazione (auto/100 abitanti) nettamente superiore ai nostri vicini europei. In Italia l’automobile rimane dagli anni sessanta uno status symbol, sinonimo di affermazione sociale, libertà e ricchezza. La dipendenza dall’automobile a livello sanitario, oltre alla violenza stradale, portà con sé le malattia da inquinamento e da vita sedentaria.  

Mentre altri paesi europei da decenni investono convintamente sul trasporto pubblico, sulla mobilità attiva (bicicletta e piedi) e sull’intermodalità. Stravolgendo l’urbanistica anni settanta e realizzando città a misura di persona, in particolare di bambino. Città dove l’arredo urbano impedisce fisicamente alle auto di prendere velocità.

Tornando in Italia già di per sé avere un maggior numero di veicoli pesanti e motorizzati sulle strade aumenta il rischio di collisioni mortali. A questo si aggiunge la recente “moda” di importazione statunitense dei SUV. Noi medici studiamo poca fisica al primo anno, ma basta ricordare la formula della quantità di moto per capire quanto sia drammatico l’effetto della massa del veicolo in caso di urti. Oltre al paradosso di vedere veicoli di due tonnellate infilati dentro vicoli medioevali.

A ciò si aggiunge una diffusa riluttanza a seguire le regole, spesso meschinamente confusa con il “genio italico”: alta velocità, mancata precedenza ai pedoni, scarso uso delle frecce, guida distratta con il sempre più diffuso fenomeno della guida a testa bassa per scrivere sullo smartphone, sosta irregolare che limita la visibilità. Il tutto condito spesso da una guida distratta e/o aggressiva, in un circolo vizioso che aumenta il grado di violenza.

Questa intolleranza verso le regole raggiunge talvolta persino i vertici politici e istituzionali. Con le sanzioni verso chi viola il codice della strada definite come “tasse ai poveri automobilisti”, o agli autovelox passati per “strumenti per fare cassa”.

Questa è la drammatica “normalità” delle persone comuni. A cui si aggiunge in un numero ristretto di casi (sotto il 10% dei sinistri mortali) il fenomeno della guida sotto sostanze stupefacenti, la ricerca del brivido e l’emulazione della guida spettacolare da pubblicare sui social.

Questi fenomeni sono assolutamente da condannare ed arginare, ma il rischio è quello di sentirsi assolti paragonandosi a questi casi limite. Quando la violazione delle regole e l’aggressività alla guida sono fenomeni pressoché quotidiani e ubiquitari tra le diverse fasce d’età.
Perché i giovanissimi che compiono questi atti assurdi sono figli di un modello consumistico che celebra la potenza, la velocità e la sopraffazione degli altri.
Non possiamo celebrare sui giornali i “segreti del SUV del calciatore” e le auto “nate per stravolgere le regole”, descrivendo nel dettaglio in quanti secondi vanno da zero a cento, e poi indignarci per la morte di un bambino di 5 anni.

Concludendo chi ci ha lasciato sulla strada non merita solo il cordoglio e la disperazione, ma l’agire per prevenire le future tragedie, che lasciando tutto com’è inevitabilmente continueranno ad accadere in modo sistematico.

Sicché da medici la violenza stradale ci riguarda e va affrontata in modo razionale. Anche quando il dramma ci tocca personalmente.

Roma – Giornata in memoria delle vittime della strada – Fonte interna

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8 Commenti

    • Grazie. Parole difficili da mettere nero su bianco, visto il dramma personale. E che rimarranno per lo più inascoltate. O rese vane ed esagerate dal marketing, da un giornalismo che spesso celebra velocità e potenza e dalle abitudini consolidate. Però necessarie da scrivere.

  1. Ottimo articolo… bravo. Purtroppo il trauma è vissuto come qualcosa di inevitabile… prevenzione primaria, secondaria e terziaria sono ai limiti inferiori nella spesa e investimento globali.
    Per la prevenzione terziaria (dopo il crush) pensiamo all’investimento che si fa su prehospital care, Centri Trauma, formazione e risorse, Riabilitazione, rispetto a quanto si spende (correttamente) per trattare patologie a volte end stage o con aspettativa di vita inferiore (vedi trapianti, robot chirurgici, trattamenti endovascolati) che coinvolgono comunque una popolazione con età media più alta.
    Se da un punto di vista umano l’impatto del trauma, in particolare quello che coinvolge l’eta medio-giovane, è una tragedia, lo è anche dal punto di vista economico in termini di disability-adjusted life year o DALY rispetto a molte altre patologie… (https://www.who.int/data/gho/data/themes/mortality-and-global-health-estimates/global-health-estimates-leading-causes-of-dalys)
    Purtroppo il Trauma è ancora “The neglected desease”… almeno per la politica sanitaria e il percepito globale…

    • Grazie. Sì, purtroppo la nostra mobilità e la nostra carenza di educazione stradale ha un impatto anche economico devastante. Sia diretto (mantenere praticamente un’automobile a testa è la seconda voce in bilancio dopo mutuo/affitto), sia indiretto (costi sanitari, manutenzione ampie superfice asfaltate, danni all’arredo urbano etc). In periodi di costo della vista crescente come questo ha un ulteriore impatto sanitario, riducendo la possibilità economica di accesso alle cure. Soprattutto nelle tante regioni italiane dove le liste d’attesa nel SSN sono molto lunghe. La prospettiva è tutt’altro che buona.. La piaga della guida distratta per lo smartphone e la diffusione dei SUV stanno aumentando il numero di morti e feriti gravi. Mentre a livello culturale (politico, sociale e giornalistico) spesso ci si limita alla colpevolizzazione delle vittime, invece di puntare sulla limitazione delle fonti di pericolo. Mentre nei nostri ospedali si pratica sempre di più l’accanimento diagnostico e terapeutico sui grandi anziani, si assiste impotenti alle morte e all’invalidità permanente di tanti giovani..

  2. Se posso un commento ti consiglio la formula dell’energia cinetica (mv^2)/2 rende meglio l’idea di come la velocità sia quadraticamente più pericolosa della massa

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