Tanto (forse troppo) si è scritto in passato ed anche in tempi recenti a proposito di questo argomento.
Per capire a che punto siamo prendiamo spunto da un recente articolo pubblicato sul British Journal of Anaesthesia, Videolaryngoscopy versus direct laryngoscopy for adults undergoing tracheal intubation: a Cochrane systematic review and meta-analysis update. Esso come dice anche il titolo altro non è che un update di una precedente review sistematica con meta-analisi (Videolaryngoscopy versus direct laryngoscopy for adults undergoing tracheal intubation) degli stessi autori che mette a confronto la laringoscopia diretta e la videolaringoscopia rispetto ad alcuni end point clinici.
Lo scopo di questo post è, attraverso l’analisi metodologica delle fonti, capire quali sono le ricadute cliniche dei risultati sulla pratica clinica quotidiana per il medico di medicina d’urgenza che opera in ambito intra o extra-ospedaliero.
Analisi dell’articolo
Disclaimer
Ha senso sottoporre ad analisi critica metodologica il vertice della piramide delle evidenze quali sono le review sistematiche con meta-analisi a maggior ragione se provengono dal massimo delle autorità in merito (vedi Cochrane)?
La mia risposta è SI, ed a proposito cito Ian Roberts professore di Epidemiologia a Londra ed il suo gruppo di lavoro che da anni denunciano l’assenza di controllo sulla qualità degli studi inclusi nelle review sistematiche ed affermano che si arriva anche a punte del 50% d’inclusione di articoli non pubblicati o di scarsissima qualità metodologica con comprensibili bias nelle conclusioni delle review stesse.
Per chi vuole approfondire questo aspetto a questo link è possibile rivedere un webinar sul tema https://youtu.be/3BXEOey62O4
L’analisi
Detto ciò, procediamo all’analisi della fonte secondo questi step
- Aderenza al setting della medicina d’urgenza degli studi inclusi nella review
- Caratteristiche e qualità delle evidenze degli studi selezionati
- Analisi dei risultati della review
- Considerazioni sulle conclusioni finali
Aderenza al setting della medicina d’urgenza
Nella review sono compresi in totale 222 studi e tra questi solo 21 sono condotti al di fuori della sala operatoria. Tra questi ultimi 13 riguardano il nostro setting clinico di pronto soccorso o emergenza preospedaliera, (6 l’ambito preospedaliero, 7 il pronto soccorso). Ne deriva che solo una piccola percentuale dei 26149 pazienti partecipanti alla mesta-analisi sono pazienti non controllati che rispecchiano il setting operativo e clinico dell’emergenza-urgenza.
Questo indica una scarsa riproducibilità di risultati per la medicina d’urgenza.
Caratteristiche e qualità degli studi
Non è stata fatta una sub analisi dedicata al setting della medicina d’urgenza quindi dovremo fare riferimento alla qualità generale degli studi inclusi nella review. Partendo dal presupposto che tutti gli studi sono categorizzati come clinical trials randomizzati (RCT), in base ai dati analizzati gli autori individuano alti rischi di bias in tutti gli studi, in particolare nel “blinding” dei partecipanti e degli operatori (performance bias) e nel “blinding” di chi determina l’outcome (detection bias).
Questo rende il rischio generale di errore alto.
Analisi dei dati
Viene analizzato il rischio relativo (RR) di intubazione fallita tra i due gruppi d’intervento, laringoscopia diretta e videolaringoscopia. Di pari passo viene analizzato anche il livello delle evidenza (scala GRADE) per ogni studio compreso nella review.
Come risultato finale viene evidenziato un rischio relativo in termini di intubazioni fallite favorevole alla videolaringoscopia (lama Macintosh e iperangolata) rispetto alla laringoscopia diretta. Tale risultato cumulativo per tutti gli studi raggiunge la significatività statistica nell’intervallo di confidenza del 95%.
Viene d’altra parte ribadito il basso livello di evidenza dei dati analizzati (GRADE) e l’alto rischio di bias.
Considerazioni sulle conclusioni finali
Gli autori concludono che la videolaringoscopia rispetto alla laringoscopia diretta riduce il rischio di fallimento dell’intubazione e migliora il gradi di visualizzazione della glottide (POGO score).
Aggiungono che le lame iperangolate riducono la probabilità di intubazione esofagea nei pazienti con predizione anatomica di via aerea difficile.
Alla luce dei dati direi che le conclusioni possono essere condivisibili ma che la scarsa aderenza al setting della medicina d’urgenza l’alto rischio di bias ed il basso livello di evidenza deve fare in modo che essi vengano presi in considerazione con estrema cautela da chi lavora in Pronto Soccorso o in Emergenza territoriale.
Lo stato dell’arte
Non è un miracolo!
Faccio outing! Adoro la videolaringoscopia! La utilizzo regolarmente e la insegno da anni con soddisfazione e discreto successo. Ma devo assolutamente mettere in guardia coloro i quali credono di avere in mano il Sacro Graal della gestione delle vie aeree.
Come tutte le tecniche la videolaringoscopia ha una curva di training che se pur breve deve essere percorsa scrupolosamente e sotto la guida di tutor esperti; necessita di un esercizio pratico regolare, anche se, vista l’intuitività della tecnica e della visualizzazione, non sono richiesti grossi volumi di procedure per mantenere un livello di training sufficiente.
La velocità del training, la facilità di ritenzione, la regolare ma non quantitativamente improbabile necessità di refresh la rendono una delle tecniche che devono necessariamente far parte del bagaglio del medico d’urgenza.
Se associata poi all’utilizzo degli introduttori essa diventa veramente performante in termini di “first passage success” anche in mani relativamente esperte su pazienti e situazioni che rendono la via aerea “avanzata” (la via aerea difficile non esiste!!!!!)

E la laringoscopia diretta?
Penso che l’avvento del videolaringoscopio releghi questa tecnica ai margini della gestione delle vie aeree in medicna d’urgenza.
Nell’approccio mentale all’intubazione orotracheale in emergenza essa diventa il piano B da mettere in atto in caso di fallimento “tecnico” del videolaringoscopio.
È comunque per tale motivo una tecnica che ha ancora senso insegnare e dimostrare in fase di training, esplorandone implementazioni ed aggiunte ma che in pratica clinica deve necessariamente segnare il passo.
Mi piace vincere facile….per il bene del paziente.
La videolaringoscopia deve essere il piano A per il medico d’urgenza perché l’esperienza dell’operatore il setting ed il tipo di paziente rende l’approccio alla gestione delle vie aeree sempre un passaggio critico che merita di essere affrontato al massimo delle possibilità tecniche fin dal primo tentativo. Al di là dei narcisismi e nell’interesse del paziente.
A mio parere questo deve essere il punto di arrivo, anche se ad oggi le dotazioni tecniche e livelli di training sono diffusamente disomogenei sia sul territorio che in pronto soccorso, per cui la carenza di videolaringoscopi nelle dotazioni e la scarsa cultura sulla videolaringoscopia renderà il passaggio di consegne tra le due tecniche lento e graduale, ma verosimilmente ineluttabile.
Tranquilli, abbiamo una linea guida
Pubblicata di fresco, multisocieatria, con panel di esperti internazionali ed autorevoli!
Non penso che le linee guida siano tutto, anzi penso che il bravo professionista dell’emergenza le debba conoscere tutte proprio per sapere quando uscire dalla standardizzazione utilizzando il proprio discernere clinico per adeguarle alla situazione ed al paziente che sta trattando. Che per definizione non sono STANDARD!
Ma ritornando alla linea guida citata essa, al fine di prevenire l’intubazione accidentale dell’esofago, raccomanda:
“Routine use of a videolaryngoscope is recommended whenever feasible.”
Chrimes et al. Guidelines for preventing unrecognised oesophageal intubation Anaesthesia 2022
A fronte di una linea guida così autorevole, con una raccomandazione così perentoria a favore dell’utilizzo routinario del videolaringoscopio, per un fine clinico fondamentale come evitare l’intubazione accidentale dell’esofago, sfido qualsiasi amministratore “clinicamente miope” a non aprire gli occhi verso l’adeguamento delle dotazioni nel senso indicato dalla scienza e dalla ragione.
Patient oriented question?
E per concludere in modo semiserio, proviamo a fare un gioco di fantasia.
Immaginiamo di poter chiedere ad un nostro ipotetico futuro paziente, come vorrebbe venissero gestite le proprie vie aeree in caso di necessità di intubazione ortracheale in urgenza:
- Con uno strumento che risale a più di 80 anni fa (1941, Robert Reynolds Macintosh) e che è rimasto praticamente invariato dalla sua nascita ai giorni nostri, con caratteristiche tecnologiche primordiali, il cui utilizzo è gravato da alte percentuali di insuccesso e per questo oramai snobbato dalle ultime linee guida?
- Con uno strumento moderno, che molti lavori scientifici e le linee guida indicano come di prima scelta perchè più efficace e le cui caratteristiche tecnologiche avanzate lo rendono efficace e sicuro a prescindere dall’esperienza di chi lo utilizza?
Naturalmente un gioco, una provocazione (qualcuno dirà faziosa), ma (forse) anche uno spunto in più di riflessione da buttare come un sassolino nello stagno dell”emergenza urgenza che per motivi vari ed a tutti i livelli ai pazienti pensa sempre meno.
Un giorno qualcuno mi disse “fa che ogni tuo tentativo sia il tuo MIGLIOR tentativo”.
Le alte percentuali di insuccesso che giustificano gli studi ci sono se si prende in considerazione medici non esperti nella gestione delle vie aeree… In molti casi l’intubazione soprattutto all’aperto, ma chi sa gestire veramente le vie aeree (anestesisti) lo sa bene, è più agevole in laringoscopia diretta. I casi in cui serve il videolaringo sono per fortuna molto limitati.
Ciao e grazie per il commento che mi permette di specificare un punto a mio parere molto importante. Come evidenziato dalla recentissima review di Cochrane (2022) citata nel post solo un numero limitato di studi sono stati condotti fuori dalla sala operatoria ed in particolare “six were in the prehospital setting, seven in the emergency department and eight in the intensive care unit”. Quindi il numero di pazienti gestiti da “non anestesisti” si può ricondurre ad un numero molto limitato di casi. Ciò ci fa capire che l’alta percentuale di intubazioni fallite (tra il 5 ed il 6 %) in laringoscopia diretta riguarda prevalentemente il setting anestesiologico e con l’utilizzo del videolringoscopio tali percentuali vengono più che dimezzate (RR 0,41 CI 95%). Tale dato è comune anche allo studio NAP 4 (4th National Audit Project (NAP4) of the Royal College of Anaesthetists and Difficult Airway Society) citato dalle linee guida sulla prevenzione dell’intubazione esofagea (citate nel post) e da questo recente articolo pubblicato su JAMA (Intubation Practices and Adverse Peri-intubation Events in Critically Ill Patients From 29 Countries) in cui gli operatori sono prevalentemente anestesisti. Concluderei la mia risposta al tuo commento con le parole delle linee guida (stilate da un panel di estrazione prevalentemente anestesiologico): “Oesophageal intubation occurs after both straightforward and challenging intubations and whether undertaken by experienced or inexperienced airway practitioners” (Holland R, Webb RK, Runciman WB. Oesophageal intubation: an analysis of 2000 incident reports) e con quelle della raccomandazione numero 2 delle linee guida stesse. “Routine use of a videolaryngoscope is recommended whenever feasible”
Colgo l’occasione per complimentarmi per questo bell’ articolo e fare due riflessioni forse un po’ fuori tema, ma stimolate dai commenti.
Inutile negarlo. Questo argomento è la vera, enorme spaccatura tra medici d’urgenza e anestesisti. I primi che necessitano di un’affermazione culturale importante, per potersi emancipare ed essere autonomi nella gestione delle urgenze, ovvero nel lavoro per cui sono pagati. E, ahimè, ad un certo punto, il malato critico deve essere intubato, perché quella é una via obbligatoria, ed è un punto importantissimo, non una mansione scimmiesca come tanti ignoranti ritengono: lo è decidere il come, il quando e il perché.. significa aver ben presente il paziente, l’emodinamica, i farmaci, la patologia di base, l’ecografia, la procedura… e, se il medico d’urgenza decide di farlo e proseguire nella gestione del suo paziente critico fino alla stabilizzazione, sta operando nel suo range d’azione, e non vedo perché debba per forza confrontarsi con un’altra figura, a mio avviso estremante valida ma più adeguata per altri setting. Gli anestesisti dal loro punto di vista reclamano il fatto che talvolta hanno un background maggiore in termini pratici, e, in una procedura così delicata, una maggior probabilità di successo. Inoltre vogliono sempre essere coinvolti precocemente su questo tipo di pazienti per decidere quando e come intervenire, considerando che il paziente sarà di loro gestione nei giorni seguenti (quasi come se non ci fosse una fiducia nella consegna del collega di ps sullo stato clinico pre-iot): per l’urgentista un buon lavoro da impacchettare, per l’anestesista la necessità di un buon inizio.
Chi “ha ragione”? Ovviamente: il paziente.
Entrambi i modelli potrebbero avere un senso. Ma a una condizione: che chi gestisce il paziente abbia le skills teorico pratiche per gestire un’emergenza: lettura di ecg, emogas, ecocardiografia, ecografia addominale, CUS, IOT, CVC, drenaggi. E, ovviamente, un importante background clinico. IOT vuol dire almeno 500 intubazioni in specialità, e almeno 60 intubazioni all’anno. Personalmente mi ritengo autonomo in questa procedura da quando ho raggiunto e da quando mantengo questi numeri. Detto ciò … Abbiamo creato una specialità, quindi per forza abbiamo accettato il modello urgentistico, perché non si crea una specialità per tenere un medico a vedere codici verdi. Io credo pertanto che il futuro sia l’emergenza in mano al medico d’urgenza (non solo IOT ma esperienza nell’inquadramento istantaneo del paziente eco-based) ma solo se c’è stato questo percorso e solo se durante la quotidianità il medico di pronto soccorso può approcciare la gestione delle vie aeree senza essere crocefisso, cosa che accade quasi sempre (dentro l’ospedale). Gli anestesisti non sono più bravi per definizione. Lo sono perché in Italia, come categoria, ma non come singoli (io ho imparato tutto ciò che è vie aeree da tre meravigliose anestesiste oltre che da un urgentista).. non vogliono cedere di un millimetro, anche in termini didattici, e capire che in pronto soccorso, ormai, ci sono medici che sono o saranno o dovranno essere autonomi sulle emergenze, e questo passaggio di consegne lo dobbiamo fare per forza se abbiamo deciso di creare una specializzazione. E questa, ahimè, è una delle più grandi ragioni per cui ce ne stiamo andando tutti dai ps, demoralizzati da un lavoro demansionato e senza possibilità di crescere sui malati piú complessi, e in cui c’è un drammatico rischio di perdere le skills faticosamente acquisite, proprio perché su ogni malato critico bisogna per definizione chiamare qualcunaltro. E sono pochissimi i primari che dicono questo. Anzi. Nessuno. Il problema percepito è solo il bording e lo stipendio. O le aggressioni. Un giovane medico di 35 anni, che ha scelto l’urgenza nella
vita, secondo loro se ne va perché viene aggredito dal parente di un paziente.
Detto ciò.. grazie per la disamina.
Io mi sento un po’ purista, forse sbagliando. Dopo anni di sala operatoria e emergenza territoriale oltre che intraospedaliera, e una buona manualità sulla tradizionale (pur non essendo anestesista), non riesco a pensare al videolaringoscopio se non come piano B. E nella pratica resta il problema che le intubazioni difficili sono poche, e usando il VL una volta all’anno non si matura l’esperienza adeguata per raggiungere autonomia nella skill.
Ma i nostri colleghi anziani non riuscivano a pensare in questi termini riguardo all’ecografia vs fonendoscopio.. e non dobbiamo fare lo stesso errore. Quindi é sacrosanto guardare in avanti. Ma per farlo bisogna permettere ai nostri specializzandi di arrivare a quelle 500 intubazioni e garantire loro una quotidianità di malato critico, dopo la specializzazione. Questi sono i problemi. Che nessuno dice.
Ciao. Condivido molto di quello che hai scritto in particolare il non vivere le manovre come una “guerra” tra specialità ma come un valore aggiunto verso il beneficio di salute per il paziente. Chi sa fa a prescindere dalle etichette. Capisco anche il tuo affetto per la laringoscopia diretta che fa parte del tuo ma anche del mio bagaglio esperenziale. D’altro canto visto che oramai da molti anni utilizzo e provo videolaringoscopi, sono fermamente convinto che sia arrivato il momento di passare a questa tecnica come quella “universale” per la gestione delle vie aeree. Condivodo a proposito questo bell’editoriale pubblicato di recente sul British Journal of Anaesthesia dal titolo “Has the time really come for universal videolaryngoscopy?” (https://www.bjanaesthesia.org/article/S0007-0912(22)00433-0/fulltext) a firma Tim Cook che approfondisce riassume nel dettaglio i motivi di questa scelta.
Il tuo commento è pura follia. La vostra visione del medico d’emergenza super eroe che sa fare è puro delirio di onnipotenza.
Hai un medico che mangia tutti i giorni a colazione pazienti critichi in stato di shock e che gestisce le vie aeree da manuale (specialità in anestesia, rianimazione, terapia intensiva e del dolore) e vuoi gestire il paziente tu ed impaccaterlo per lui che se lo deve prendere in terapia intensiva dopo che l’hai impacchettato a tuo modo in PS?
Follia.
Se il paziente è di pertinenza della terapia intensiva chiami il consulente e sarà lui che da l’indicazione al ricovero in terapia intensiva e decide con le migliori delle risorse se intubare o fare altro e decide se farlo in ps o se farlo in ambiente protetto in rianimazione dove c’è il personale ed il materiale adeguato a gestire qualsiasi complicanza. Se c’è un politrauma si attiva il trauma team. E se si attiva il trauma team chi sta alle vie aeree deve essere il più qualificato (e questo è scritto su ogni linea guida del mondo). Ed ancora una volta il più qualificato è l’anestesia se è disponibile.
Altro discorso e nell’emergenza dove non si può aspettare. Li fai pure quello che ritieni necessario. Se ritieni che vada intubato al volo fai pure. Ma se non attivi il rianimatore sei un criminale.
Ti faccio l’esempio di un caso capitato in sala operatoria. Intubazione impossible per lesione alla trachea misconosciuta che durante la laringoscopia inizia a sanguinare. Si fa il reverse del curaro e si tiene in maschera. 2 tra gli anestesiti più bravi di tutto l’ospedale erano pronti a fare la teacheo d’emergenza se ce ne fosse stato bisogno, ma nessuno si è sognato di non chiamare gli otorini. Se arrivano loro in tempo è chiaro che i più esperti e quelli che devono dare l’indirizzo giusto alla gestione del problema siano loro.
Ci vuole umiltà e nei vostri deliri di onnipotenza l’umiltà è totalmente assente. Pensate più al paziente e meno al vostro ego.
Alex apprezzo molto la tua schiettezza e la tua passionalità che denotano amore per l’argomento e quindi ti ringrazio per il commento. Mi dai la possibilità di chiarire ulteriormente il mio pensiero. Quando parlo di gestire le vie aeree in emergenza da parte del medico d’urgenza mi riferisco a quello che correttamente indicavi te, cioè il paziente in cui non è possibile attivare in tempi utili il consulente. Questo capita praticamente sempre sul territorio meno spesso in pronto soccorso. Ribadisco il medico d’urgenza non è lo specialista delle vie aeree così com non lo è dell’ecografia o della cardiologia. Il medico d’urgenza è lo specialista di un frame temporale in cui per il bene del paziente deve applicare conoscenze e tecniche non ulteriormente procarstinabili a scapito della compromissione delle funzioni vitali. Per questo motivo deve possedere alcuni skill fondamentali, tra cui la gestione delle vie aeree, utilizzando tecniche, device e farmaci adatti al suo profilo di conoscenza ed al suo livello di training. Ad ognuno il suo, nessun delirio di onnipotenza. Ritengo che non ci sia specialità che pensi al paziente più di quella in medicina d’urgenza i cui professionisti medici ed infermieri affrontano tutti i giorni con grande umiltà e coscienza dei propri limiti una quantità spropositata di “urgenze” confrontandosi con varia umanità e varia criticità pensando sempre e solo ai pazienti. Grazie di nuovo per avermi dato la possibilità di chiarire un concetto a me molto caro.
Se il tuo pensiero è questo siamo perfettamente in sintonia, e ti dirò di più, riconsidererei anche molto di più sovraglottici e videolaringoscopio. Da quel che vedo e leggo però non tutti i tuoi colleghi hanno la tua giusta e saggia visione
Grazie Alex concordo sulla rivalutazione dei PSG che per esperienza personale ossigenano e ventilano in modo egregio in particolare quelli di ultima generazione conformati anche per il passaggio del tubo orotracheale. La diversità di opinione nel nostro mondo è fisiologica e la ritengo uno stimolo a studiare ed imparare per capire e lavorare meglio.
A completamento della bibliografia a corredo del post consiglio la lettura di “First-Attempt Intubation Success Among Emergency Medicine Trainees by Laryngoscopic Device and Training Year: A National Emergency Airway Registry Study” un recente articolo pubblicato su Annals of Emergency Medicine ed il cui abstract può essere visualizzato a questo link: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36669924/