Alcune settimane fa un amico cardiologo mi ha fatto leggere questo editoriale del New England. Ho deciso di farne un post perché a mio modo di vedere, racchiude un po’ tutto il senso del nostro lavoro
Consiglio a tutti di leggerlo. Per chi non ne avesse voglia ne farò una breve sintesi
Un giovedì in tarda mattinata una donna di 69 senza gravi patologie accusa improvvisamente cardiopalmo .
La situazione non le sembra critica così, anziché chiamare i servizi di emergenza, decide di farsi accompagnare in pronto soccorso dal marito.
Dopo circa un’ora di attesa viene visitata in uno dei più importanti ospedali della West Coast e le viene diagnosticata una fibrillazione atriale.
Il medico d’urgenza di turno ed il cardiologo decidono di ricoverare la paziente in cardiologia dove, dopo aver eseguito un ecocardiogramma transesofageo,sarebbe stata sottososta a cardioversione elettrica.
Nel frattempo viene iniziato un trattamento anticoagulante mediante eparina ev..
Purtroppo però il letto in cardiologia non è disponibile cosi rimane in osservazione in DEA sino alle 12 del giorno successivo quando viene trasferita in reparto.
Nel primo pomeriggio la paziente viene visitata dal cardiologo il quale le comunica che, poiché si era fatto tardi, non era più possibile eseguire l’ecocardiogramma programmato prima della cardioversione e che il tutto doveva per forza di cose essere posticipato al lunedì successivo.
La paziente sarebbe comunque rimasta in ospedale sotto terapia eparinica endovena.
Il giorno successivo all’improvviso, essa sviluppa un catastrofico ictus embolico con occlusione della carotide comune ed estensione alle arterie intracraniche.
Il neurochirurgo decide di portarla in sala operatoria nel tentativo di eliminare il trombo ma lacera l’arteria ed, a causa anche della terapia anticoagulante, la paziente va incontro ad una massiva emorragia con erniazione del tronco encefalico.
Viene quindi trasferita in terapia intensiva dove, vista l’entità del danno neurologico e l’assenza di ripresa ,viene deciso di sospendere ogni trattamento.
Alla richiesta dei famigliari di poter attendere altre 24 ore in modo da poter approntare i funerali viene risposto che il letto in terapia intensiva poteva essere utile a qualcun altro e che quella era una richiesta egoista
La paziente decedeva 112 ore dopo l’ingresso in ospedale. Il figlio, un noto chirurgo con interesse nella medicina d’emergenza, è l’autore dell’articolo. Fin qui la storia
La prima riflessione credo che faremmo tutti è che quando le cose devono andare male vanno male: non c’è scienza in questo, ma tutti abbiamo avuto esperienze simili.e sappiamo che semplicemente è così
Non è inoltre scontato sottolineare che la situazione già critica nei giorni feriali diventa a volte drammatica durante il week end, ovviamente non solo in America e non solo nei pronto soccorso.
Su queste carenza l’autore dell’articolo esercita tutta la sua critica.
Astraendoci per un attino dal contesto umano ed entrando in quello clinico, noi avremmo gestito questa paziente nello stesso modo? Probabilmente no. Eparina endovena ed ecocardiogramma transesofageo raramente vengono usati alle nostre latitudini in situazioni analoghe. Ma questo è un altro discorso….
Ricovero in Cardiologia per fibrillazione atriale? Da noi? Ma quando? Ma dove? Se stiamo a vedere questo post, è meglio così, ma io credo sia un caso isolato…. (o no?).
Da noi ormai in DEA gli urgentisti non amano più chiamare il cardiologo per questa patologia. Fanno tutto da soli…
Io credo, invece, che – benché possano capitare cose come quella scritta nel post, l’atteggiamento giusto sia quello di stabilizzare (compito del Pronto Soccorso!!) eventualmente il paziente, valutare la profilassi eparinica e consultare il cardiologo per l’idonea presa in cura. Non che si debba arrivare per forza al ricovero, no, si può fare il tutto nel DEA, ma bisognerebbe essere umili e chiamare lo specialista per l’idonea presa in cura e l’eventuale PCAE (Percorso Clinico-assistenziale Esterno)…