mercoledì 22 Gennaio 2025

Le regole d’ingaggio

Anche quest’anno è arrivato il momento della pubblicazione delle graduatorie che riguardano il concorso delle scuole di specializzazione.

Di conseguenza comincia l’analisi della copertura dei posti rispetto alle borse di studio disponibili:

Medicina d’Emergenza Urgenza 69% di borse disponibili non assegnate per mancanza di richieste.

Anche quest’anno ci stupiamo che questi giovani medici iuxta trentenni neolaureati, che vengono da 6 anni di studio pesante con ritmi serrati e qualità di vita personale necessariamente scarsa, cresciuti in un mondo in cui i modelli di riferimento sono sempre più giovani, di successo e sproporzionatamente ricchi (a fronte di poca e cultura ed altrettanto poco apparente sacrificio personale), non scelgano la prospettiva di praticare una specialità professionalmente rischiosa e poco remunerativa.

A mio parere questa disaffezione ha radici che affondano fin dalle regole d’ingaggio che la Medicina d’urgenza propone ai giovani medici neolaureati:

  • 5 anni di ulteriore formazione con tempi ed argomenti obbligati, che nella maggior parte dei casi non hanno niente a che fare con la medicina d’urgenza, effettuati con metodi e materiali obsoleti in strutture fatiscenti ed erogata da docenti che la medicina d’urgenza non la praticano quotidianamente e che a volte non l’hanno mai praticata
  • Turni massacranti obbligati a coprire carenze d’organico in reparti in cui si pratica tutto tranne che la medicina d’urgenza con pochissime prospettive di poter praticare quello che sognano di fare in futuro con scarsissimo spazio per il resto
  • Una borsa di studio che a malapena gli permette di coprire le spese vive (e comunque fosse non avrebbero il tempo per spendere l’eventuale extra!!!)
ragazzo
Foto di Oyemike Princewill su Unsplash

MA E’ STATO SEMPRE COSI’!
PERCHE’ ORA!

Mentre fino ad alcuni anni fa non esisteva alternativa per chi coltivava una genuina passione per la medicina d’urgenza, oggi l’alternativa esiste:

  • Fare formazione nei tempi e nei modi che più si addicono alle loro esigenze di vita, a costi accessibili ed in luoghi facilmente raggiungibili (sia virtuali che reali), su temi e pratiche cliniche mirate alle esigenze del medico d’urgenza, effettuata con metodi e materiali efficienti, in strutture moderne ed erogata dai migliori esperti provenienti da tutte le parti del mondo che la medicina d’urgenza la praticano ad altissimo livello tutti i giorni.
  • Effettuare turni ben remunerati a gettone in Pronto Soccorso e/o in 118, con contratti “leggeri”, che possono distribuire a piacimento nel tempo (e volendo anche sul territorio nazionale) rispettando esigenze di vita personale e familiare.
  • Avere carichi di lavoro rispettosi della salute fisica e mentale in cambio di una retribuzione più che dignitosa che gli permette di utilizzare il tempo a disposizione per fare esperienze sia di vita che clinico-formative.

E noi dibattiamo sul perché  i giovani medici dovrebbero SCEGLIERE quello che la specializzazione e poi la carriera lavorativa in Medicina D’Emergenza Urgenza gli offre: sacrificio, ritorno culturale non adeguato alla futura pratica clinica e ristrettezze economiche.

La risposta a questo punto la lascio al GRANDE Massimo Catalano. 

“È meglio lavorare poco e fare tante vacanze, piuttosto che lavorare molto e fare poche vacanze.”

È molto meglio essere giovani, belli, ricchi e in buona salute, piuttosto che essere vecchi, brutti, poveri e malati. 

Massimo Catalano,  Quelli della notte, 1985

I fatti ci dicono che i giovani SCELGONO strade “alternative” perché ricalcano in modo più consono il loro background culturale, i loro modelli di riferimento le loro esigenze materiali ma sopratutto.

L’attualità ci dovrebbe far capire che  E’ ARRIVATO IL MOMENTO DI CAMBIARE non solo l’esercizio della Medicina d’Urgenza ma anche le sue regole d’ingaggio.

Dichiarazione di PESANTISSIMO conflitto d’interessi PERSONALE: Ho 55 anni. Mi sono laureato nel 1993. Non ho fatto la specializzazione perché a quei tempi non c’era una specialità che insegnasse quello che volevo imparare. Dopo 30 anni purtroppo devo constatare che non esiste ancora una specializzazione che insegni quello che ho imparato. Sono Mario Rugna e sono un medico di medicina d’emergenza urgenza.

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Mario Rugna
Mario Rugnahttp://www.medest118.com
Sono un medico del 118. Dopo anni di lavoro tra pronto soccorso e territorio da qualche anno mi dedico esclusivamente all'emergenza preospedaliera. Vago tra i turni in centrale operativa, automedica ed elisoccorso. Mi occupo da anni di formazione per imparare più che per insegnare. Sono appassionato di letteratura scientifica alla cui ricerca e disamina dedico molto tempo della mia giornata. Faccio tutto ciò di cui parlo e parlo solo di quello che faccio quotidianamente nella mia attività clinica.

8 Commenti

  1. Mi presento, sono Lorenzo e sono uno specializzando MEU c/o l’università di Modena e Reggio Emilia, ormai giunto al IV anno di specializzazione.

    Sono profondamente in disaccordo con Lei e lo dico dispiacendomene perché La stimo. Leggo medest e ho apprezzato molto il Suo intervento al nostro update interno sul trauma (Ospedale di Baggiovara).

    Penso che abbia dipinto le SdS in MEU in maniera non veritiera. La mia di sicuro, ma penso che colleghi di altri atenei possano pensare lo stesso (liberi di farlo o di contraddirmi).

    I nostri turni non sono più intensi di quelli dei nostri strutturati e comunque non sono mai “massacranti”. La nostra formazione, almeno a Modena, è in mano agli specializzandi. Nel bene e nel male, possiamo scegliere cosa approfondire, chi chiamare a farci lezione e su cosa. Ci sono persone nella scuola che si occupano proprio di questo.
    Io e altri colleghi ci occupiamo di simulazione ad alta fedeltà e senza troppe modestie posso dire che siamo nel centro di simulazione una volta alla settimana fissi da almeno quando sono nella scuola, probabilmente da prima.

    La borsa di studio non è elevata, è vero e su questo penso che nessuno possa argomentare contro.

    Non mi piace la Sua descrizione della scuola di specialità perché forse, e qui sarò brutale, Lei la scuola di specializzazione in MEU non l’ha fatta. Mi sembra che abbia descritto la scuola di specializzazione media in chirurgia, ecco.

    Davvero, non voglio metterla sul personale, ma questo Suo intervento proprio non mi è piaciuto.

    Cordiali saluti

    Dott. Lorenzo Fornaciari
    Medico in Formazione Specialistica
    Responsabile dell’attività di simulazione ad alta fedeltà
    Medicina d’Emergenza-Urgenza
    UNIMORE

    • Ciao Lorenzo, mi permetto di darti del tu nonostante la differenza anagrafica. La tua scuola, quello che il direttore i docenti e voi specializzandi avete creato è probabilmente la scuola che tutti i MEU avrebbero sognato di frequentare, anche quelli che come me, come correttamente mi fai notare, quando avevano l’età giusta non avevano la scuola ed ora che c’è la scuola non hanno più l’età giusta per frequentarla 😂. Ma penso che anche tu sappia come in Italia esistono realtà “differenti” in cui non tutto funziona come a Modena ed io ho solo voluto dare voce a tutti gli specializzandi che vivono queste realtà “differenti”. La mia esperienza di formatore e di tutor mi ha dato la fortuna di conoscere giovani MEU che frequentano e lavorano a differenti latitudini. Mi hanno dato la forza e lo stimolo di studiare, approfondire per poter trasmettere la mia esperienza di “dottorino d’emergenza”. Questo post è un modo per dir loro grazie, e dir loro che non ho dimenticato tutte le difficoltà che mi hanno raccontato in questi anni in e che nel mio piccolo provo a raccontarle non per generalizzare o accusare ma per poter migliorare. Non penso che dare uniformità su tuto il territorio nazionale e più senso pratico alla formazione in emergenza sarà la cura per tutti i mali del nostro settore, ma se vogliamo che lo specialista MEU sia l’attore principale nel futuro dell’Emergenza Urgenza extra ed intraospedaliera bisogna, a mio parere, cominciare dalla formazione. A me il tuo commento è piaciuto tanto, viene dal cuore ed è scritto con passione autentica. Ti assicuro che anche il mio post è ispirato dagli stessi sentimenti con cui spero di non aver offeso te ne alcun altro. Grazie.

  2. Più che discutere sui 5 anni di specializzazione (in cui chiunque se appassionato sarebbe disposto a fare sacrifici soprattutto in termini economici) sarebbe meglio discutere sulla qualità di vita di chi poi nel 99% dei casi finirà a lavorare in pronto soccorso (in molti casi senza nemmeno afferire al reparto di medicina d’urgenza e/o alla emergenza extraospedaliera).

    Il lavoro quotidiano è costituito da bassa intensità e grandi numeri.
    A che serve quindi essere il fenomeno che fa cose avanzatissime a pazienti gravissimi? Ve lo dico io: nulla…perché la % di pazienti che ne ha realmente bisogno è esigua, perché ci sono altre figure preposte in ogni ospedale a cui dal punto di vista delle procedure aziendali è stato affidato quel compito lì e non c’è nessuna volontà a cambiare le cose.
    Ovunque gli obiettivi da rispettare sono: tempi di attesa, tempi di processazione, tasso di ricoveri. A nessuno importa che tu sappia fare una cricotomia.

    Volete che gli assegnati (che parliamo chiaro non sono nemmeno iscritti ma solo assegnati, potrebbero benissimo non iscriversi o licenziarsi alla prima occasione utile) diventino di più?
    – più soldi
    – lavoro usurante a pensionamento anticipato (perché la vedo dura a 60 e passa anni continuare a chiudere 40 persone a notte più volte al mese)

    • Ciao Andrea secondo me è doveroso parlare di efficacia formativa, di retribuzione e qualità di vita anche durante i 5 anni di specializzazione se vogliamo cambiare il nostro destino. Parte tutto da lì. E’ lì che formiamo le nuove generazioni di professionisti ed è lì che acquisiamo (o perdiamo) dignità e qualità professionale. Concordo su tutto il resto di cui tu parli. Con SIMEU e tutto il suo direttivo nazionale lottiamo tutti i giorni per quello che tu chiedi. Ma io sono principalmente un medico d’emergenza appassionato di formazione e ricerca e parlo di quello che mi sta a cuore senza dimenticare il resto. Grazie.

  3. Purtroppo per la pelle di leopardo che è l’ Italia avete tutti ragione e tutti torto.
    Abbiamo modelli virtuosi poco seguiti e modelli tristi che vanno per la maggiore.
    Per aspera ad Astra…….forse

  4. Il problema a mio avviso non è la formazione, che per quanto in alcune realtà “diretta” da persone di altra estrazione spesso lascia spazio agli specializzandi di scegliere almeno per periodi più o meno prolungati la sede dove andare e comunque i tirocini da frequentare.
    Il fatto che sia completamente assente la prospettiva di una vita qualitativamente decente, che sia assente la possibilità di cambiare setting o comunque orario di lavoro con l’avanzare dell’età senza dover cambiare disciplina è un motivo molto importante di disagio ed abbandono ma non di mancata scelta della specializzazione.

    Il vero problema è la totale mancanza di un profilo professionale, di un ruolo definito. Manca la figura del medico di emergenza urgenza, dopo 10 anni e più dall’apertura della scuola.
    Ancora nella maggior parte dei PS l’anestesista gestisce l’emergenza, il chirurgo mette il drenaggio toracico ed il cardiologo fa le cardioversioni!

    Questo perché nessuno ha mai scritto che è il MEU il responsabile del paziente nell’ambito dell’emergenza, in tutte le sue sfaccettature, il “proprietario” della gestione completa di quel paziente, come lo è l’anestesista in terapia intensiva.
    Invece l’attuale ruolo del MEU è quello di medico generalista, smistatore. Il medico del “mal di pancia”, della tosse, della colite che “non si sa mai che poi sia un tumore”.
    Anche grazie a qualche esponente di famosa società
    scientifica, del quale non faccio nome, il MEU è quello che ascolta i problemi delle persone, è il faro nella notte che c’è sempre, ma che quando si tratta di curare davvero o gestire l’emergenza delega ai dottori veri.
    A conferma di questo, ultimamente sono sufficienti corsi, corsetti, 2 o 3 anni di specializzazione o anche solamente la laurea per lavorare in PS/118. Neolaureati che fanno lo stesso lavoro di specialisti avviene solo nel nostro ambito, in nessuna altra disciplina, e questo perché nei fatti non facciamo un lavoro da specialisti!!

    Quindi, mi domando, come può essere attrattiva una specializzazione che non crea Specialisti?

    Questo a mio avviso è l’unico vero problema, un problema però non risolvibile a meno che non ci sia la vera volontà istituzionale di farlo, e questa volontà non c’è e non ci sarà mai.
    C’è chi parla di fare uscire la specialità MEU dall’area medica e portarla in quella dei servizi, cosa secondo me corretta ma non credo rivoluzionaria.
    Sicuramente un allontanamento dall’idea della medicina d’urgenza come branca sfortunata della medicina interna sarebbe utile, come sarebbe utile trovare una vera collaborazione con gli anestesisti che sono stati disegnati come il diavolo dai vecchi internisti di PS ma che invece ad oggi sono più disposti a collaborare di molti altri.

    Ma alla fine se si vuol provare nell’impresa impossibile di riconoscere questa specialità andrebbe probabilmente creata una associazione di soli MEU, con la quale dialogare ed interagire con le varie società scientifiche e creare piano piano una nostra identità professionale.

    Ma per ora siamo solo inutili fari nella notte.

    • Ciao Claudio. Nel tuo commento secondo me c’è la domanda cruciale: “come può essere attrattiva una specializzazione che non crea Specialisti?”. A mio parere questa figura specialistica deve prima di tutto essere definita a livello di scuola. Essa deve essere adeguata a formare uno figura professionale peculiare che sia in grado di gestire in autonomia il malato critico nelle prime ore del suo contatto con il servizio sanitario sia fuori che dentro l’ospedale. La realtà ci dice che c’è estremamente bisogno di questa professionalità perché gli altri specialisti non sono formati per esercitare in quel frangente temporale ed in quel contesto clinico. E quando come dici :” l’anestesista gestisce l’emergenza, il il chirurgo mette il drenaggio toracico ed il cardiologo fa le cardioversioni” lo fa al di là della sua mission formativa e professionale provando ad adeguare ciò che si fa solitamente in ambiente “controllato” su paziente “controllato” in un ambito e su un paziente che di controllato non ha niente. Lo specialista MEU ha queste peculiarità e deve essere formato per esercitare il suo essere “differente”. La MEU NON E’“the most interesting 15 minutes of every other specialty” e’ una specialità differente dalle altre. Ci sarà la volontà di fare il salto qualità sia a livello di formazione che a livello di inquadramento professionale? Tutti noi lavoriamo a differenti livelli per fare in modo che ciò accada perdere la speranza sarebbe svuotare di senso il nostro agire quotidiano.

  5. Ciao Mario, comprendo quello che dici ma purtroppo non è sufficiente garantire una formazione di alto livello per costruire una professione specialistica.
    Ci sono ospedali dove sto lavorando adesso dove ci sono MEU formati a Padova dove hanno una formazione quasi intensivistica e sono abituati a gestire in autonomia i pazienti critici, costretti a delegare agli anestesisti perché queste sono le procedure ospedaliere.
    Comunque sia finché verranno mescolati ed equiparati medici specialisti a Neolaureati il livello rimarrà sempre estremamente eterogeneo.

    Quello che doveva essere fatto fin dall’inizio, e che ora risulta quasi impossibile fare, era definire un ambito di intervento specifico, una serie di attività che spettano al medico di emergenza e che è abilitato e tenuto a fare in qualsiasi contesto. La gestione del paziente critico dovrebbe essere compito nostro, invece nella maggior parte dei casi veniamo richiamati se si intuba un paziente critico senza prima chiamare i rianimatori, pur avendo competenze e skills necessarie.
    Il PS dovrebbe diventare come attualmente, per necessità, è il territorio, ovvero un ambito dove abbiamo la completa autonomia decisionale.

    Dovrebbero essere separate aree ad alta intensità gestite da MEU, ed aree ad intensità medio-bassa gestite da medici generalisti, internisti, neolaureati ecc.

    La domanda (retorica) che mi faccio ed alla quale un mio collega ha dato una risposta molto soddisfacente è se questo interessi veramente alle istituzioni. Serve, per loro, il MEU? Oppure è solamente un lusso del quale possiamo fare tranquillamente a meno soprattutto in periodo di crisi? Serve il MEU che gestisca il paziente critico oppure serve soprattutto un medico generalista che tamponi le falle di un sistema sanitario decadente?
    E poi…
    Esiste una associazione di categoria che tuteli questi nostri interessi?

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