lunedì 17 Febbraio 2025

Ma la sappiamo curare?

Luigi

Luigi è sempre stato bene. Fino a ieri sera. Quando ha iniziato ad avere mal di pancia. La tisana della moglie assunta nella notte non era stranamente servita a lenire il dolore addominale; anche la borsa dell’acqua calda era stata inutile, avendo lasciato il segno solo come ustione di primo grado e non sulla sofferenza.

Quando anche il massaggio addominale mattutino pieno di amore eseguito dalla stesse mani che lo avevano accompagnato per 35 anni di vita insieme si era rivelato inutile, era diventata chiara la necessità dell’accesso in DEA.

In Pronto Soccorso conosco prima Luigi e poi la sua pancia. Alla simpatia del primo fa contrapposto l’odio per la seconda: lui simpatico e spiritoso; lei dura, ostica, assolutamente intrattabile. Box mi mostra solo aria, tantissima aria, talmente tanta che non capisco se sta dalla parte giusta o sbagliata dell’intestino. La Tac mostra invece acqua: edema del pancreas ed iniziale colata di liquido nelle fasce retroperitoneali addominali. Gli esami ematici mostrano tanta lipasi nel sangue e tanta flogosi. La faccia di Luigi mostra solo una cosa: la paura di morire.

Alexa

Alexia ha male alla pancia da dieci giorni ma nessuno poteva sostituirla: la signora anziana che sorveglia, cura e protegge non aveva nessuno altrimenti a cui affidarsi. Nel suo giorno libero può finalmente recarsi in pronto Soccorso per un dolore che col tempo si è acuito diventando insopportabile. Il triage è severo affindandole un bianco quasi punitivo per il tempo intercorso dall’esordio dei sintomi.

Ma il verdetto della visita clinica è impietoso e ribalta l’esito del triage: addome difeso. Il laboratorio, l’ecografia ed il tempo identificano il vero responsabile: si chiama pancreas, è poco conosciuto, ma crea molto male e spesso fa grandi danni.

Alexia e Luigi non lo conoscevano. Conoscevano l’ictus, l’infarto, l’aorta che si rompe, il cuore che si ferma, la setticemia, il rene che non fa più pipi, l’intestino che si blocca. Ma il pancreas che brucia, quello no, non lo avevano mai sentito.

E noi? Noi lo conosciamo?

Ma noi invece ne siamo esperti? Sappiamo cosa, come e quando farlo?

Parlo per me, pochi dubbi: no e sicuramente, non come dovrei.

E, almeno per me, un decalogo per una corretta gestione dei pazienti con la Pancreatite Acuta (PA) è strumento buono ed, ahimè, necessario.

Dieci comandamenti più uno

  1. La PA non è una malattia del chirurgo o del gastroenterologo; è la patologia dell’urgentista.
  2. Non ho mai conosciuto una stessa patologia con forme così diverse di gravità clinica. La PA è una malattia anomala il cui tasso di mortalità va dallo 0 al 100%; lo stesso nome comprende forme lievi dmissibili dopo 6-12 ore di osservazione e forme severissime, costituite di mesi di lotta in reparti ad alta intensità di cura, battaglia e cura condivisa fra medico e paziente.
  3. Per la diagnosi è sufficiente il dolore addominale tipico associato ad un incremento della lipasi (le amilasi possiamo ritenerle inutili ormai) di 3 volte rispetto al limite superiore di normalità. Pertanto per la semplice diagnosi clinica non è necessaria un indagine radiologica.
  4. Maggiore è il livello di lipasi maggiore è la specificità della diagnosi di Pancreatite Acuta, ma non la sua severità.
  5. Fai POCUS a tutti: ricerca i calcoli nella colecisti e soprattutto la dilatazione del dotto biliare principale.
  6. Aspetta ad eseguire la TAC addome. Se hai dubbi diagnostici richiedila; altrimenti effettuala a 48 – 72 ore nelle forme moderate severe che non migliorano per una corretta stratificazione nel caso e nel momento del peggioramento clinico del paziente per ricercare le eventuali drammatiche complicanze.
  7. Identifica la severità della flogosi pancreatica e STRATIFICA il rischio; probabilmente non esiste un score migliore di un altro, ma usane almeno uno.
  8. PA non significa per forza decalitri di fluid resuscitation e non significa che il paziente fluid responsive debba ricevere ulteriori liquidi. Dai liquidi in quantità moderata, dalli come Ringer Lattato, dalli facendoti guidare dalla valutazione emodinamica bedside; volemizza in prima giornata e stabilizza, successivamente cerca un bilancio idrico netto in pari; somministra precocemente le amine per ottenere una MAP adeguata. L’approccio all’instabilità emodinamica determinata dalla PA non deve essere cosi dissimile dai moderni protocolli di gestione del shock settico: entrambi sottintendono uno maldistribuzione ed una vasodilatazione.
  9. Se puoi, non lasciare il pancreas a riposo completo: un precoce (entro 24 ore) supporto nutrizionale entrale migliora la funzione intestinale riducendo l’ileo e la traslocazione ematica di batteri, riduce il rischio di necrosi epatica infetta, sepsi, MOF, mortalità e la lunghezza della degenza ospedaliera. La Nutrizione Pareterale Totale è l’ultima ultima ultima ed ultima scelta.
  10. Applica una buona terapia antalgica; nel tentativo di ridurre l’uso degli oppiacei e dei suoi effetti collaterali (ileo e sindrome compartimentale addominale), ricordati il paracetamolo ad orario e l’infusione di ketamina a dosaggio analgesico (0.1-0.3 mg/kg/h; 200-500 mg nelle 24 ore).
  11. Se il paziente non ha una colangite ascendente, evita l’utilizzo dell’antibiotico precocemente e nella prima settimana. Il paziente con PA sembra infetto (ipoteso, ipoperfuso, tachicardico, febbrile con incremento degli indici di flogosi) ma è il riflesso di una infiammazione sterile, no di una infezione. Non usare l’antibiotico in modo profilattico: gli antibiotici ti serviranno nella seconda settimana, quando il tessuto pancreatico necrotico inizierà a sviluppare infezione. Il valore di PCT può aiutarti a non prescrivere l’antibiotico se questa è negativa, non a prescriverla se questa è positiva, dato i possibili Falsi Positivi. Resisti e non cedere alla forza prescrittiva perchè nella seconda settimana di un viaggio molto lunga te ne potresti pentire.
  12. Ricordati dell’esistenza e della sua gestione della sindrome compartimentale addominale

Luigi ed Alexia

Luigi ed Alexia erano compagni di stanza ed avventura sia durante il ricovero in terapia subintensiva che in terapia intensiva. Da li è tornata solo Alexia. Di Luigi sono rimaste solo le scarpe dimenticate in un veloce ma disperato invio in sala operatoria.

Bibliografia

  1. Crockett S et al. “American Gastroenterological Association Institute Guideline on Initial Management of Acute Pancreatitis”. Gastroenterology. 2018;154(4):1096-1101
  2. Leppäniemi A et al. “2019 WSES guidelines for the management of severe acute pancreatitis”. World J Emerg Surg (2019) Jun 13;14:27.
  3. Working Group IAP/APA Acute Pancreatitis Guidelines. “IAP/APA evidence-based guidelines for the management of acute pancreatitis”. Pancreatology. 2013 Jul-Aug;13(4 Suppl 2): e1-15.
  4. Goodchild G et al. “Practical guide to the management of acute pancreatitis”. Frontline Gastroenterol. 2019 Jul;10(3):292-299.
Davide Tizzani
Davide Tizzani
Specialista in Medicina Interna, ma specializzando ancora nell'anima. Esperto di Niente. Interessato a Tutto. Appassionato delle tre E: ecg, ega, ecografia. @DavideTizzani |

2 Commenti

  1. Grazie mille, da cucciolo di rianimatore ho visto qualche caso simile: le pancreatiti arrivano in rianimazione precedute o seguite da altre pancreatiti. Due o tre insieme in un breve periodo e seguono la strada che hai descritto.
    Da cucciolo di anestesista vorrei aggiungere: una peridurale precoce può aiutare sia nella gestione del dolore che nella ipoperfusione splancnica. Chiedetecela o chiedete di valutarne le indicazioni presto. Potreste fare il bene del malato anche solo in termini di analgesia -e non è poco-.

    • Grazie Mille, Simone, Me lo ricorderò la prossima volta che la incontrerò. Hai esperienze positive in merito? esiste letteratura?

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