Ma sappiamo perfettamente chi siamo e cosa facciamo
Siamo diversi! Fuori e dentro l’ospedale
La medicina d’urgenza è una specialità che a differenza di molte altre non ha un organo bersaglio ma si caratterizza per operare in un lasso temporale ben definito cioè le prime ore del percorso clinico del paziente critico dal territorio al pronto soccorso.
In questo lasso di tempo e nei setting operativi interessati, la medicina d’urgenza è, nel bene e nel male, tutte le specialità.
Il medico d’emergenza quindi non si può caratterizzare per specifiche abilità tecniche né per l’esecuzione “automatica” delle tecniche stesse, tipico di altre specialità che operano su organi bersaglio ben specifici, in regime d’elezione ed in ambiente controllato.
Il medico d’emergenza si caratterizza piuttosto per dover effettuare scelte cliniche complesse nel setting e nelle tempistiche tipiche dell’emergenza su pazienti critici non “controllati” affetti da qualsiasi tipo di patologia nella sua fase acuta.
Scelte cliniche complesse, setting e tempistiche peculiari, pazienti critici “non controllati”, variabilità ed imprevedibilità nosologica; questa è la natura intrinseca della medicina d’urgenza.
Abbiamo tecniche e strumenti diversi!
L’applicazione di tecniche è sicuramente fondamentale al fine del raggiungimento degli obiettivi clinici anche in medicina d’urgenza ma non può non tenere conto di quanto detto in precedenza.
La mancanza di training specifico, perché legato alla variabilità di presentazione delle varie situazioni cliniche ed alla molteplicità di patologie che incontriamo, il setting particolare in cui devono essere applicate ed i pazienti “non controllati” su cui devono essere eseguite le procedure, rende necessario per il medico d’urgenza fare proprie ed adattare o sviluppare autonomamente ex novo tecniche che abbiano caratteristiche peculiari: curva di training veloce, bassa complessità e tempi d’esecuzione rapidi.
L’acquisizione del bagaglio tecnico da parte del medico d’urgenza ha quindi una genesi di due tipi; sviluppo di tecniche e procedure che mutuano alcune già in atto in altre specialità ma che subiscono un percorso di trasformazione per renderle adatte al setting specifico in cui verranno applicate; creazione di tecniche nuove e peculiari pensate fin dall’origine da medici d’urgenza per la medicina d’urgenza.
Questo processo di trasformazione o di creazione fa si che lo specialista in medicina d’urgenza sia padrone del suo bagaglio tecnico. Deve di conseguenza essere completamente autonomo non solo nelle scelte cliniche ma anche nell’applicazione delle tecniche atte a raggiungere gli obiettivi prefissati.
Altri specialisti che hanno una sfera di competenze sicuramente più specifica rispetto a quella del medico d’urgenza, utilizzano device e tecniche con riconosciuta proprietà e perizia alimentata sicuramente da un training quotidiano, ma operano in un frame temporale ed in setting operativi completamente differenti, e pensare di traslare tecniche, device e competenze specifiche in un ambito caotico, clinicamente aspecifico e dai ritmi incalzanti come la medicina d’urgenza è francamente utopistico e controproducente sopratutto per la salute del paziente.
Il terreno delle tecniche non può e non deve quindi essere un campo di battaglia tra specialità perché esse sono differenti e peculiari per ogni specialità come differente è dal punto di vista clinico ed organizzativo la collocazione di esse all’interno del percorso assistenziale del paziente critico.
Facciamo fare le procedure a chi le deve fare nel contesto clinico in cui devono essere fatte con tecniche adatte al profilo professionale al ed al livello di training del professionista che le esegue.
Alla medicina d’urgenza ciò che è della medicina d’urgenza.
Non solo tecnica
In medicina d’urgenza è differente oltre alla tecnica anche l’approccio mentale ed il flusso cognitivo che porta all’esecuzione delle procedure. Mentre in elezione ed in ambiente protetto domina l’indicazione come determinante principale per l’esecuzione delle procedure, in emergenza dobbiamo tenere conto di altri fattori legati al setting ed alla tipologia di paziente.
Indicazione ed opportunità
L’indicazione all’esecuzione di una procedura deve sempre essere messa in relazione all’opportunità di eseguirla in quel momento su quel tipo di paziente. Solo quando questo rapporto diventa favorevole per l’outcome clinico la procedura deve essere presa in considerazione.
Questo vale sia dentro che fuori dall’ospedale.
Se per esempio su un trauma stradale esiste l’indicazione alla gestione avanzata delle vie aeree perché il basso livello di coscienza non garantisce la presenza dei riflessi del paziente, anche se l’indicazione è chiara, va sempre considerata l’opportunità ad eseguire la manovra per strada o su un mezzo di soccorso.
Per valutare l’opportunità devono essere adeguatamente considerati i parametri clinici (stato di ossigenazione e la competenza del drive respiratorio), la predizione di difficoltà della manovra (legata alle caratteristiche anatomiche o alla presenza di sangue o altri liquidi biologici), e messi in rapporto alla possibilità ed ai tempi di poter eseguire la manovra in ambiente maggiormente “protetto” con un setting più controllato e la possibilità di avere a disposizione un team più ampio.
Questa valutazione deve fare sistematicamente parte del flusso di ragionamento che precede la decisione e la scelta delle tecniche da adottare. Indicazione ed opportunità per il medico d’urgenza devono sempre andare di pari passo.
Fattibilità
La fattibilità di una procedura è legata all’esperienza dell’operatore, alla qualità del team e delle dotazioni a disposizione.
Esempio estremo ma molto chiaro è l’esecuzione della toracotomia resuscitativa in emergenza sui traumi penetranti del torace in arresto cardiaco o in peri-arresto. La manovra oramai indicata come di classe I da tutte le linee guida e che viene frequentemente eseguita sia in ambito extra che intra ospedaliero nei sistemi d’emergenza di molte nazioni Europee e non, per il sistema d’emergenza italiano è ancora, nella stragrande maggioranza dei casi, nonostante esista l’indicazione e l’opportunità ad eseguirla, non fattibile per mancanza di esperienza e di training degli operatori e per la mancanza di dotazioni adeguate tra quelle del medico d’urgenza.
Cultura, tecnica, ricerca ed aggiornamento continuo
Ragionare clinicamente in modo articolato e “outcome oriented”, sviluppare ed eseguire tecniche peculiari al nostro setting ci permette di riappropriarci della nostra professione e di tutto ciò per cui abbiamo deciso di intraprendere questo percorso di vita prima che di lavoro.
La stabilizzazione del paziente nelle prime ore di tutti i percorsi tempo dipendenti, l’esecuzione di tutte le tecniche atte a raggiungere gli obiettivi clinici prefissati, la ricerca continua e l’apertura di nuovi orizzonti clinici e tecnici sono la medicina d’urgenza.
Lo studio quotidiano ed il training costante il nostro carburante fisico e mentale.
Il medico d’urgenza deve essere sempre aggiornato e sempre preparato al massimo delle sue capacità cognitive e tecniche per poter esercitare in modo adeguato la sua funzione.
Stanchi, sfiduciati e tanto “incazzati”
Ma esercitare la medicina d’urgenza deve essere prioritario anche organizzativamente rispetto al resto del carico di lavoro che non ha niente a che fare con la nostra disciplina.
Sappiamo sopperire a tutte le carenze organizzative di quello che sta prima e dopo di noi, dentro e fuori dall’ospedale perché non neghiamo una risposta un aiuto o una semplice carezza a nessuno. Questa è l’etica del medico d’urgenza.
Sappiamo che quando gestiamo il boarding per carenza di posti letto nei reparti di destinazione, assistiamo le non-urgenze o il disagio sociale per mancanza di risposte nella rete territoriale, noi sappiamo che quello non è parte dei nostri compiti.
Sappiamo riconoscere le priorità e distribuire le nostre energie fisiche e mentali ma alla fine anche noi crolliamo
Sappiamo che il sovraccarico di lavoro, il burnout e la fuga dalla medicina d’urgenza non derivano dalle procedure che facciamo in più o dai pazienti critici che gestiamo, perché è da essi che noi traiamo le energie fisiche e mentali per continuare a credere nel nostro lavoro.
Sappiamo che siamo stufi di risolvere i problemi e le carenze organizzative di tutti gestendo situazioni che non dovrebbero nemmeno arrivare dalle parti del medico d’urgenza.
Sappiamo che la nostra frustrazione deriva dalle pressioni dell’organizzazione del sistema sanitario che ci chiede di fare delle “non urgenze” il nostro obiettivo professionale prioritario impedendoci di trovare il tempo clinico per curare i pazienti effettivamente critici e fare tutte quelle procedure che sappiamo e vogliamo fare.
“È il contesto che deve cambiare, non la disciplina!”
Mario Guarino
Ridateci il nostro contesto e noi vi daremo la nostra anima.
Grazie Mario per la citazione. È un concetto banale ma che è difficile da far acquisire.
Parliamo di queste COMPETENZE SPECIFICHE…
Dici bene, sono fondamentali…
Però, diversamente da altri specialisti noi MEU durante la specializzazione dobbiamo pagarci molti dei corsi BASE necessari (ACLS, ALS, ATLS, PALS, etc…).
Tali corsi son solo una base e non un punto di arrivo come molti pensano…
Servirebbero dei percorsi facilitati che ci rendano formati e in grado di formare a nostra volta, bypassando associazioni che ci guadagnano sopra…
Come cambiare questo paradigma del lucrare sulla formazione?
Inoltre vorrei sapere cosa ne pensi di questi corsi DEU che ultimamente son tornati in molte regioni…
Come può un corso di poche centinaia di ore “mettere su strada” e in ps medici preparati e quindi garantire sulla sicurezza del paziente?
Vuol dire che i nostri 5 anni di spec sono inutili?
Il mio parere è che il DEU sia svilente e che farà tornare il servizio territoriale indietro di almeno un decennio…
Come è possibile che alcuni colleghi che lavorano grazie al DEU abbiano impieghi sull’elisoccorso quando anche per noi MEU per anni è stata una cosa blindata?
Mi pare che il DEU contribuisca a svalutare il nostro mestiere e quindi le competenze di cui pari, facendo credere che basti poco per essere un vero Urgentista e che ci allontani inoltre dal riuscire a creare la nostra identità contribuendo al problema di essere ancora considerati dei “mancati anestesisti”, “i vigili del PS” o “i quasi cardiologi”, etc…
Un Urgentista è un medico preparato a 360°, non uno che “caccia giù un tubo” pensando che l’importante sia arrivare in ospedale e nemmeno uno che stando in PS chiama a consulenza chiunque per qualunque cosa…
Noi dobbiamo imparare e conoscere quali sono e saranno i percorsi dei nostri pazienti, sia quelli che raccattiamo dalla strada che quelli che bussano alla nostra porta.
Un Urgentista è un medico serio, in grado di prendere decisioni anche quando è da solo, scomodo e alle intemperie…
Un vero specializzando MEU
Ciao, domanda articolata provo a risponderti per punti
1. Sono d’accordo. I corso classici oltre ad essere di assolutamente di base alimentano un business della formazione che le aziende sanitarie dovrebbero, ed in parte lo fanno, avere il coraggio di disincentivare. Per la mia realtà al fine od ovviare al palese vuoto di competenze sulle procedure per gli specializzandi come struttura formazione 118 diamo la possibilità a tutti loro di partecipare liberamente e senza limiti di posto a tutti i nostri percorsi specifici: vie aeree, ecografia, ventilazione meccanica e simulazione. Questa sinergia permette se non di colmare completamente perlomeno di alleviare il gap. Purtroppo il periodo di tutoraggio in 118 che dovrebbe completare l’iter formativo ad oggi è pochissimo e sarebbe sicuramente da aumentare.
2. Non entro in merito ai corsi DEU perché dirigo una struttura formazione che come quella di altre aziende sanitarie in italia da attuazione all’ACN e realizza tali corsi. Mi permetto solo di dirti senza pericolo di creare incidenti diplomatici che un corso di poche ore non può avere la dignità culturale e formativa del percorso di specializzazione e che anche l‘inquadramento lavorativo dei colleghi che frequentano il DEU ad oggi da meno chance di progressione di carriera rispetto agli specialisti che entrano nel sistema per concorso. Mi permetto di aggiungere che una guerra tra “poveri” non giovi ad alcuno anche perché lo specialista dovrebbe essere solidamente orgoglioso della propria scelta e del percorso formativo che ha intrapreso e che ad oggi è sicuramente quello più congruo dal punto di vista culturale e professionale per esercitare la medicina d’urgenza sia fuori che dentro l’ospedale.
Lo specialista in medicina d’urgenza è sicuramente il professionista del “time frame” per il paziente critico ed in quel frangente è tutte le specialità e non ne può tralasciare alcuna. Quindi oltre alla parte tecnica del passaggio del tubo come può dimenticare l’emodinamica, l’ossigenzazione e la ventilazione come a volte accade all’ultraspecialista non solo delle vie aeree.
Grazie per il commento mi ha dato veramente la possibilità di approfondire concetti spero di utilità generale.
Grazie a te;
mi sembrava necessario approfondire il discorso, perchè oltre al carico di lavoro la nostra professione è gravata anche dal fardello della difficile acquisizione di tali COMPETENZE SPECIFICHE e dalla falsa impressione, per alcuni, di averle…
Ciao dr Capra. Finalmente uno specializzando che dice cose giuste. Posso chiederti due cose? Come ti chiami di nome ? Sei su un social?
Un medico d’urgenza (ps e 118) quasi del tutto disilluso.
Dr Mosca Carlo
20 anni di PS e 118. Da un anno solo 118.
Professore universitario a contratto .
Da sempre mi sono pagato tutti i corsi sopra citati
Ritengo ancora oggi insufficienti la formazione offerta dalle ASST. (anche se qualche lieve miglioramento c’è stato)
Ritengo come tutor degli specializzandi di Medicina d urgenza sui mezzi di soccorso avanzato che la specialità è fondamentalmente un surrogato di una medicina interna con qualche Timida presenza nelle icu, nei dea, sui mezzi di soccorso.
Alla base di questo arte serve trovare un bravo maestro, dedizione completa, formazione continua, armonia del gruppo di lavoro.
Sono d’accordo che i corsi organizzati per i medici di emergenza territoriale da parte di alcune regioni siano assolutamente inutili